Consulenza ebraica per lo studio del Cristianesimo e dell'Islam

Posts written by bgaluppi

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    Lo so, perché ci sono passato anche io. Ovviamente, come hai capito, non sono ebreo, però dialogando con gli ebrei e studiando, mi sono "ripulito" la mente da quelle incrostazioni che inevitabilmente si formano nascendo in una cultura cattolica. Per carità, non intendo demonizzare questa o quella cultura, ma in generale tutti i meccanismi che tendono ad inculcare dogmi e dottrine. Mi sono appassionato allo studio della Scrittura e della cultura ebraica, conosco il greco e mi piacerebbe imparare l'ebraico. In futuro, quando ne avrò la possibilità in termini di organizzazione, mi piacerebbe venire a Gerusalemme e iscrivermi ad una scuola per imparare l'ebraico e restare lì alcuni mesi.
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    Si, ho letto...
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    CITAZIONE
    La versione logica tiene conto esclusivamente del testo e della sua logica. L'ebraico, che originalmente è senza vocali, per leggerlo bisogna porre le giuste vocali e il lettore li deduce dalla logica del contesto. Così fa qualunque israeliano che legge un giornale in ebraico moderno.

    Si, è un bel casino, come diremmo in Toscana... Questo, senza studiare l'ebraico, è difficile da capire e immagino possa in ogni caso indurre un traduttore che non è ebreo o che comunque non ha sviluppato questo sistema di lettura, all'errore. Se il tutto è condito con un pensiero religioso o un dogma preconcetto,il gioco è fatto. Grazie per la risposta!
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    Vi seguo con grande interesse e ho poco da aggiungere, se non due parole sulla cena. Il pane e il vino sono simboli, non un mezzo per una pagana transustanziazione (dogma stabilito in seguito dalla chiesa già apostata) o per un rito di teofagia. Si tratta di un segno che rende vivo nel presente un evento avvenuto una volta in passato, e viene fatto “in memoria” di quell'evento. Tutto qui.

    Il rito eucaristico cattolico, oltre a non avere nulla a che fare con la cena, è presentato come necessario per ottenere salvezza, dunque nega di fatto il potere salvifico del sacrificio avvenuto una volta e per sempre sul palo (tralasciamo ora le differenze tra il concetto di “salvezza” secondo l'ebraismo e il cristianesimo, altrimenti ci perdiamo). Quel rito, legato a pratiche pagane di teofagia e all'adorazione del Sol Invictus (i fedeli si inginocchiano davanti all'ostia dentro l'ostensorio/sole nascente), svilisce il significato della morte del Gesù dei vangeli, che rimarca il valore dell'amore assoluto e incondizionato, in cui chi ama il prossimo come se stesso è disposto a sacrificare — se necessario — la propria vita per quella del prossimo, poiché considera la vita di colui che è vicino di pari valore rispetto alla sua.

    CITAZIONE
    L'importante - al di là della chiacchierata che ci piace fare - è chiarire che la risposta può essere solo "no". Dio si incarna secondo le piu svariate concenzioni di vedere la cosa e con i più svariati espedienti solo in India, nell'ebraismo no.

    Vorrei sottoscrivere questa conclusione.

    Edited by bgaluppi - 27/10/2018, 00:46
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    CITAZIONE
    D-o non si incarna, nessuna parte di lui si incarna, non si incarna nel messia/mashiach che è un unto e non una incarnazione.

    CITAZIONE
    Io penso questo: qualsiasi cristologia che veda Gesù come subordinato ad HaShem , e quindi inferiore a Lui,non contrasta il monoteismo biblico,benché possa invero racchiudere concezioni non esattamente compatibili con la tradizione ebraica nel suo complesso

    Molto d'accordo. C'è anche da considerare il fatto della rappresentanza. Il re rappresentava Dio. In quanto Suo rappresentante, faceva la Sua volontà. Il profeta parlava in nome di Dio ed era Dio a parlare. Il malak rappresentava Dio, e Abraamo si rivolge a lui come se si rivolgesse a Dio. Stessa cosa fa Mosè nel Sinai, ma è ovvio che sia Abraamo che Mosè non stessero parlando con Dio. Nessuno può letteralmente “parlare” con Dio, neppure Mosè. E il sacerdote non rappresenta forse Dio quando benedice il popolo? Di certo la benedizione non viene dall'uomo, ma è Dio che la espleta attraverso di lui. Dunque, il Gesù dei vangeli “è Dio” nel senso che Lo rappresenta. Ma non in un senso di unità essenziale. Anche quando dice “io e il Padre siamo uno” (Gv 10:30), non fa riferimento ad un'unità essenziale, ma spirituale ed intimamente relazionale, poiché dopo, parlando dei credenti e rivolgendosi a Dio in preghiera, chiede che “siano uno come noi siamo uno; io in loro e tu in me; affinché siano perfetti nell'unità” (Gv 17:22-23). Si tratta di unità spirituale e relazionale, come un uomo può essere “uno” con sua moglie.

    Edited by bgaluppi - 26/10/2018, 01:47
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    Grazie Amos74 per l'interessante citazione. Acquisterò quel libro senz'altro. Effettivamente il cristianesimo, infiltrato dal paganesimo per via dell'imperatore Costantino, non ha risparmiato neppure certe frange dell'ebraismo. Ho riscontrato ad esempio la dottrina dell'immortalità dell'anima all'interno dell'ebraismo chassidico. Per fortuna non tutti i “cristiani” (termine che, tra l'altro, fu usato per la prima volta dai pagani ad Antiochia nei confronti dei discepoli di Gesù in tono dispregiativo, cfr. At 11:26) sono rimasti intrappolati nei dogmi. Ti cito due esempi:

    Scrive il pastore anglicano Maurice Wiles, Regius Professor of Divinity all’università di Oxford, nel suo The Making of Christian Doctrine, The Hulsean Lectures (Londra 1973; SCM Press, 1974):

    “Nella tradizione Cristiana, il Nuovo Testamento è stato letto attraverso il prisma di un credo conciliare che è venuto dopo... Parlare di Gesù come Figlio di Dio, aveva un significato molto diverso nel primo secolo da quello che è venuto ad avere dopo il Concilio di Nicea (325). La sua preesistenza dovrebbe, probabilmente in quasi tutti, o addirittura in tutti i casi, essere intesa, per analogia, come la preesistenza della Tora, per indicare l’eterno divino proposito che si sta compiendo attraverso lui, invece d’una preesistenza in senso completamente personale.”

    Scrive E. C. Dewick in Primitive Christian Eschatology, The Hulsean Prize Essay for 1908 (Cambridge University Press, 1912, pp. 253, 254):

    “Quando un Giudeo diceva che qualche cosa era “predestinata” egli la pensava già “esistente” in una sfera di vita più alta. La storia del mondo è così predestinata perchè è in un certo senso preesistente e conseguentemente stabilita. Questa concezione tipicamente Giudaica di predestinazione puo essere distinta dall’idea Greca di preesistenza attraverso la predominanza del pensiero di “preesistenza” nel proposito Divino.

    In The Doctrine of the Trinity: Christianity's Self-Inflicted Wound, di A. F. Buzzard e C. F. Hunting, leggiamo:

    “Avendo afferrato questo fatto elementare di teologia e di pensiero ebraico (e biblico), non dovrebbe essere difficile applicare il nostro intendimento ad altri passaggi dove lo stesso principio di “esistenza” seguita dalla reale manifestazione è trovato. Così Gesuù dice in Giov. 17:5: “... glorificami [adesso] con la gloria che io avevo con Te prima che il mondo fosse.”. In base a 2Cor. 5:1 un cristiano, nel futuro, dopo la resurrezione al ritorno di Cristo, potrà dire che ha adesso ricevuto quello che già “aveva” (era stato preparato) per lui nel piano di Dio. È detto che i Cristiani hanno un tesoro nei cieli (Marco 10:21), vuol dire, un premio conservato in Dio per adesso e destinato ad essere concesso nel futuro. E questo è soltanto per dire che essi, un giorno nel futuro “erediteranno il Regno preparato per [loro] sin dalla fondazione del mondo” (Matt. 25:34).
    Quando Gesù dice che egli “aveva” la gloria per la quale egli adesso prega (Giov. 17:5), egli semplicemente sta chiedendo per la gloria che egli sapeva essere stata preparata per lui da Dio fin dal principio. Quella gloria era esistita nel piano di Dio, ed in quel senso Gesù già la “aveva.” Notiamo che Gesù non ha detto “Dammi indietro” o “restituiscimi la gloria che io avevo quando ero vivo con Te prima della mia nascita”. Questa nozione sarebbe stata completamente estranea al Giudaismo. È del tutto superfluo ed in verità sbagliato leggere idee Gentili nei versi della Bibbia quando esprimono buon senso nel loro ambiente Giudaico. L’ onere spetta a quelli che credono in una preesistenza letterale di dimostrare che i versi non possono essere spiegati nel loro contesto Giudaico. E si dovrebbe ricordare che la Bibbia Ebraica, che ha tanto da dire sulla futura venuta del Figlio di Dio, non presenta alcun riferimento che suggerisca che il Messia fosse Dio destinato ad arrivare da una personale esistenza prenatale nei cieli. L’idea che Dio possa nascere uomo è un concetto estraneo all’ambiente Giudaico nel quale Gesù ha insegnato.”

    Aggiungo che i vangeli e le lettere apostoliche — cioè i testi del cosiddetto erroneamente “Nuovo Testamento” — hanno subìto una stratificazione di interpretazioni nel corso dei secoli, per cui oggi è davvero difficile leggerli senza essere condizionati in qualche modo da quelle interpretazioni. Oltretutto, i manoscritti greci in nostro possesso sono copie di copie e presentano alcune interpolazioni e “manomissioni”, fortunatamente identificate dall'ampio lavoro dei critici testuali.
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    Amos74 è un vero piacere parlare con te. È vero che il lògos era Dio, ma era anche presso Dio, come in Pr 8 in cui la sapienza personificata racconta di quando era presso Dio come un artefice, mentre Dio creava. Giovanni riprende esattamente Pr 8: la parola era in principio, era presso Dio come un artefice, ed era la sapienza di Dio, dunque era Dio che creava (per mezzo della Sua parola).

    “Nella Scrittura la “parola di Dio” denota comunemente il discorso [lògos significa discorso] indirizzato al patriarca o al profeta (Gn 15:1; Num 12:6;23:5; 1Sam 3:21; Amos 5:1-8); ma frequentemente denota anche la parola creatrice: “I cieli furono fatti dalla parola del Signore, e tutto il loro esercito dal soffio della sua bocca.” (Sl 33:6; cfr. “Poich’egli parlò, e la cosa fu”; “Egli manda la sua parola e li fa sciogliere [i ghiacci]”; “fuoco e grandine, neve e nebbia, vento impetuoso che esegui i suoi ordini”; Sl 33:9; 147:18; 148:8). In questo senso, è detto “Per sempre, Signore, la tua parola è stabile nei cieli” (Sl 119:89).” — Jewish Encyclopedia

    Le frasi di Gesù che i trinitari usano per sostenere la loro (pagana) dottrina sono da intendersi secondo il concetto di preesistenza ebraico, non cristiano.

    “Sette cose furono create prima che il mondo fosse: la Torah, il pentimento, il Giardino dell'Eden (ie. Paradiso), Gehinnom, il Trono della Gloria, il Tempio, e il nome del Messia” — Pesahim 54a.
    “Il Re Messia nacque fin dall'inizio della creazione del mondo, perché è entrato nella mente (di Dio), prima ancora della creazione del mondo.” — Pesiqta Rabbati 152b.

    Secondo questo pensiero, come sai, il Messia esiste da prima della creazione, ma non in senso letterale e fisico; come la Torah stessa, o il Tempio e il Giardino dell'Eden, il Messia entra a far parte della “mente” di Dio (se Dio può avere una mente), ossia del Suo progetto per l'essere umano a venire, già prima della creazione. È per questo che Gesù nei vangeli dice “io sono prima di Abraamo”, e il battezzatore “Colui che viene dopo di me mi ha preceduto, perché era prima di me” (Gv 1:15). :)
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    Ciao Amos74. Il vangelo dice “tutto è stato fatto per mezzo di lei”, cioè della parola di Dio, non di “lui”, cioè Gesù. Nessun riferimento a Gesù è ancora menzionato. Poi dice che la parola di Dio “si fece carne” ed abitò per un tempo tra gli uomini, ossia che un uomo parlò per conto di Dio. Come dici tu: la sapienza (Pr 8) di HaShem si incarnò in un uomo, ovviamente in senso traslato, cioè un uomo ebbe in sé sapienza divina, la stessa che ha creato il mondo. Tutto il prologo è scritto in stile poetico e non contiene nessuna indicazione riguardo ad una “natura divina” dell'uomo Gesù.
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    CITAZIONE
    si parlava della presenza di Dio in generale e della ricerca dell'uomo o era contestualizzato alla religione ebraica e per derivazione alle altre religioni monoteistiche ?

    Un po' entrambe le cose, ma la domanda iniziale riguardava piuttosto il manifestarsi di Dio a Israele oggi, il Suo rendersi presente in mezzo al popolo, in relazione a come si è manifestato in passato. Io non credo Dio abbia smesso di manifestarsi, perché la sopravvivenza di Israele e il suo ritorno nella terra indicano esattamente il contrario.

    CITAZIONE
    Per quanto concerne l'ambito cristiano, anch'esso suddiviso se non addirittura frantumato in mille costellazioni di credo, Dio continua a conversare amabilmente con i suoi fedeli. Inipendetemente che gli altri uomini ascoltino o no. Posso solo dire che se vuoi sentire Dio devi metterti nelle condizioni di volerlo fare, di ascolto e di volontà.

    Giusto mettersi nelle giuste condizioni nei confronti di Dio. Il problema con le molte religioni, secondo me, è che non lo fanno, perché se preghi in ginocchio davanti a una statua, magari recitando l'ave maria o altre preghiere “a pappagallo” senza neppure capirle, o profferendo fiumi di parole, ciò non costituisce affatto mettersi nelle giuste condizioni. Le giuste condizioni sono quelle di cui parla Heschel: è necessario ricordare che se ci presentiamo davanti a Dio, ci presentiamo davanti al Creatore dell'universo, dunque dobbiamo spogliarci e abbassarci del nostro io, semplicemente lasciandoci conoscere da Lui, che già conosce ogni intimo aspetto di noi stessi ancor prima che noi profferiamo parola. Per questo Heshel, nell'opera citata, dice di aprirci a Lui “con la lingua debole ma sensibili nel cuore”, e “Il porre orecchio all’impulso della meraviglia non dà forse valore al silenzio, invitando ad astenerci dal proclamare noi stessi?”. Questo è un concetto profondamente ebraico e biblico. Il Sl 19:1-3 dice che “I cieli raccontano la gloria di Dio e il firmamento annuncia l'opera delle sue mani. Un giorno rivolge parole all'altro, una notte comunica conoscenza all'altra. Non hanno favella, né parole; la loro voce non s'ode”; allo stesso modo, “Bisogna invece essere uno di coloro che concepiscono e percepiscono la verità, anche se non la esprimono a parole, com’è il caso dei virtuosi, dei quali si dice: ‘Parlate in cuor vostro sui vostri giacigli, e tacete’ [Sl 4:5]” (Maimonide, La guida dei perplessi, I,L).

    Restare muti davanti a Dio, ma “sensibili nel cuore”, che non riguarda solo la sfera emozionale ma anche quella intellettiva (il cuore, nella Bibbia, rappresenta spesso l'intelletto), forse è la cosa migliore.

    Edited by bgaluppi - 24/8/2018, 13:28
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    CITAZIONE
    Fra l'altro nessuno che sia intervenuto finora, me compreso, è di religione ebraica.

    Dici bene.
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    Benvelox, lo dice Dio stesso che “l'uomo non può vedermi e vivere” (Es 33:20). La presenza di Dio era reale, ma cosa vide e sentì Mosè? Una manifestazione di Dio, non certo Dio. Infatti, la Bibbia dice: “Il messaggero del Signore gli apparve...” (Es 3:2). Però era come se fosse Dio, perché Lo rappresenta. Dunque il messaggero parla e dice: “Io sono il Dio di tuo padre, il Dio d'Abraamo, il Dio d'Isacco e il Dio di Giacobbe” (v.6). È Dio che parla tramite il messaggero. Questa è la mia lettura. E quando la Bibbia dice che Dio combatte in battaglia col Suo popolo vuole indicare la Sua presenza accanto a Israele, non che fisicamente è presente. Come insegna Maimonide, non si può pensare a Dio in termini di ciò che è, ma piuttosto di ciò che non è. È la negazione dei Suoi attributi - perché Dio non è un “essere” che ha una corporeità essenziale e dunque degli attributi - che ci avvicina al concetto di Dio (non alla comprensione di Dio).

    Israele è sopravvissuto, come aveva detto il profeta molte volte, ma la terra gli è stata data indietro, non se l'è ripresa, perché questa era la volontà di Dio.

    Edited by bgaluppi - 23/8/2018, 09:34
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    «Confida nel Signore con tutto il cuore, non appoggiarti sulle tue convinzioni. In tutto quel che fai ricordati del Signore ed egli ti indicherà la via giusta.» — Proverbi‬ ‭3:5-6‬ ‭TILC
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    aldonet, parlando di Io superiore ti cito Assagioli. Parlando della connessione con il superiore, dice:

    “È questa la sfera o dimensione della Volontà transpersonale, che è la Volontà del Sé transpersonale. È anche il campo in cui in ogni individuo la volontà dell’io o sé personale si collega con la volontà del Sé transpersonale. Questo collegamento porta all’interazione, ed infine alla fusione, del sé personale con il Sé transpersonale e li collega con la realtà assoluta, il Sé universale, che racchiude ed esprime la Trascendente Volontà Universale.” (L’Atto di Volontà, ed. Astrolabio)

    CITAZIONE
    Lui parlava con loro, gli spiegava quello che voleva, li premiava e li puniva direttamente, li guidava anche in battaglia, diceva addirittura loro come disporre l'accampamento.

    Ma in che senso Dio faceva direttamente tutte queste cose? Di certo non scendeva dal cielo in persona. Lo faceva tramite i profeti, tramite i re, tramite gli uomini che si sceglieva per essere Suoi rappresentanti. Loro prendevano decisioni essendo ispirati da Dio. E in che modo Dio ha restituito la terra al popolo di Israele? Non lo ha fatto certo direttamente, però gli israeliti sono tornati nella terra, come gli fu promesso. Dunque, non mi pare corretto dire che Dio non agisce più.
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    yesyes, poesia, ma che comunica un concetto: la creazione rivela la gloria di Dio. Non è forse vero?

    aldonet, ci arrivi attraverso la preghiera. Ti riporto alcune frasi del grande pensatore ebreo Abraham Joshua Heschel:

    “Il fine ultimo a cui tendere è l’adesione del sé a qualcosa che è più grande del nostro io, piuttosto che l’espressione di se stessi.”; e parlando di Dio, afferma che “Non possiamo renderlo visibile, ma possiamo renderci visibili a Lui. Dunque Gli apriamo le nostre menti, con la lingua debole ma sensibili nel cuore.” (A. J. Heschel, L’uomo alla ricerca di Dio).
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    “I cieli raccontano la gloria di Dio e il firmamento annuncia l'opera delle sue mani” - Sl 19:1

    “I cieli annunciano la sua giustizia e tutti i popoli vedono la sua gloria” - Sl 97:6
117 replies since 2/12/2016
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