La lingua ebraica restituita

di Antoine Fabre d'Olivet

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    Ho trovato on-line l'edizione francese del libro La lingua ebraica restituita di Fabre d'Olivet (vedi link sotto) e mi chiedevo se qualcuno dei Consulenti lo conoscesse e, soprattutto, se la sezione dedicata alla "radici" sia realmente affidabile.
    Grazie!
    LA LANGUE HEBRAÏQUE RESTITUÉE

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    Conosco molto bene l'opera di Antoine Fabre d'Olivet. Il personaggio è po' controverso. Di solito ignorato dai linguisti moderni e schifato dal semiologo Umberto Eco in quanto tipico rappresentante del pensiero "reazionario". In realtà fu apprezzato dal famoso linguista Whorf. Possiamo dire che Fabre d'Olivet è stato uno dei precursori dimenticati della cosiddetta "fonosemantica", ovvero quella disciplina della linguistica che si occupa del rapporto naturale tra il suono e il significato delle parole. Fabre d'Olivet riprende certe sue idee da A. Court de Gèbelin, che a sua volta si rifà a Charles de Brosses, ma con un progressivo spostamento dalla "meccanica" al "misticismo" del linguaggio. La "Lingua ebraica restituita" contiene una grammatica ebraica ricostruita, un dizionario radicale, la traduzione dei primi dieci capitoli del Sepher Bereshit (Genesi) in francese e inglese. Personalmente ritengo il lavoro di Fabre d'Olivet estremamente valido anche se un po' ostico per la sua impostazione antimoderna. Si basa sull'idea che le singole lettere dell'alfabeto ebraico abbiano un significato simbolico specifico. La combinazione delle lettere implica la combinazione dei significati. Per fare un esempio abbastanza comprensibile: Shin (movimento circolare) + Resh (movimento rettilineo) = radice SH.R = combinazione del movimento circolare e rettilino, vale a dire qualcosa di attorcigliato, come ad esempio il cordone ombelicale SHOR, un tralcio di vite SHURAH, intrecciare SARAG, attorcigliare SERAD, catena o braccialetto SHERAH, etc. Un po' più complicato spiegare come si passi da questo concetto a quello di "scettro" o "principe"...
     
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    Grazie, Filippo Maria Leonardi, proprio in merito a quanto spiegato molto bene da te:
    CITAZIONE (Filippo Maria Leonardi @ 5/5/2017, 17:18) 
    La combinazione delle lettere implica la combinazione dei significati. Per fare un esempio abbastanza comprensibile: Shin (movimento circolare) + Resh (movimento rettilineo) = radice SH.R = combinazione del movimento circolare e rettilino, vale a dire qualcosa di attorcigliato, come ad esempio il cordone ombelicale SHOR, un tralcio di vite SHURAH, intrecciare SARAG, attorcigliare SERAD, catena o braccialetto SHERAH, etc. Un po' più complicato spiegare come si passi da questo concetto a quello di "scettro" o "principe"...

    dal momento che sto seguendo un corso di ebraico, mi piacerebbe riuscire a fissare il significato di ciascuna lettera, in modo da poter memorizzare meglio i vocaboli che, man mano, incontrerò.
    Non avendo trovato neppure in inglese e in francese (purtroppo non sono ancora in grado di leggere un testo in ebraico!) nulla a riguardo delle shorashim - se non legate alle forme verbali -, mi chiedevo se l'interpretazione data da Fabre d'Olivet su ciascuna lettera, corrisponda al significato che effettivamente viene dato loro da un madrelingua o da chi insomma conosce bene l'ebraico, per non partire col piede sbagliato :)

    Edited by ahdut - 5/5/2017, 20:01
     
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    No. I significati tradizionali dei nomi delle lettere sono ALEPH = bue, BETH = casa; GIMEL = cammello, etc. Alcuni sono incerti. Per esempio la lettera QOPH talvolta si trova indicata come "scimmia". Tale è il significato in ebraico moderno e biblico. Ma tramite l'aramaico (Talmud) si può dedurre che QOPH significa "cruna dell'ago". I significati attribuiti da Fabre d'Olivet sono simbolici anche se collegati ai nomi tradizionali. ALEPH = potenza, poichè tale parola indicava originariamente il "capo" inteso sia come "guida del popolo" sia come "capo di bestiame" e quindi graficizzato come "testa di bue". BETH = creazione, perchè esprime l'idea di contenimento e costruzione, da cui l'immagine della casa... Questo tipo di interpretazione presume che gli stessi oggetti indicati dai nomi delle lettere, siano da intendere come principi generali ed astratti. Per fare un esempio: GHIMEL in principio non indica il cammello ma la gobba, cioè qualcosa che si accumula. Ecco perchè in ebraico la stessa radice è messa in relazione con la ricchezza, la rendita, etc. DALETH, che significa "porta", secondo Fabre d'Olivet è la "divisione" cioè esprime l'idea di qualcosa che si divide, si distribuisce, si disperde. Ecco perchè la stessa radice in ebraico significa "povero". Lo Zohar interpreta le due lettere GHIMEL e DALETH come il ricco e il povero... Insomma, l'approccio di Fabre d'Olivet è di tipo simbolico. Approfondisce l'origine della lingua ebraica e in un certo senso anche del mitico linguaggio universale... ma se devi semplicemente studiare la grammatica ebraica, ne puoi fare anche a meno. Anzi, potrebbe farti confusione. Se però ti interessa questo genere di argomenti, ti segnalo uno dei miei documenti disponibili online *mod*

    Edited by leviticus - 9/5/2019, 18:30
     
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    Il motivo per cui ho chiesto la consulenza è che conosco un po' gli ambiti in cui ha trovato accoglienza e applicazione il pensiero di Fabre d'Olivet ed ero un po' in dubbio sulla validità del suo lavoro, vista dall'ottica di un madrelingua.
    L'oggetto a cui faccio riferimento è questo (tra l'altro, nelle grammatiche ebraiche scolastiche, mi è stato detto, che ciò è oggetto di spiegazione, ma la mia ignoranza della lingua non mi permette di consultarle):
    "The word רוֹכְבִים (rochvim) riders, cyclists in the article to the right, is based on the root letters ר-כ-ב. This root is used in words that express riding on or in something, being carried or becoming part of a unit. For example, the Hebrew word for vehicle is רֶכֶב (rechev) because people ride in it.
    The words מֶרְכָּבָה (merkava) carriage, chariot and רַכֶּבֶת (rakevet) train are based on the same idea. [...]"
    (Tratto dal magazine on line Bereshit, num. 145)
     
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    PS: ho dato uno sguardo alla preview dell'articolo che hai pubblicato su academia, è interessante, lo scaricherò e lo leggerò con calma, grazie.
    Tra l'altro ho visto che in bibliografia hai citato G. Lahy, di cui puoi trovare qui nel forum anche il testo completo, in traduzione italiana.
     
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    Preciso che io ho studiato l'ebraico da autodidatta e mi sono concentrato più sul lessico che sulla grammatica. Non conosco l'ebraico moderno. Ma da cristiano osservo che nella terra benedetta di Israele non risorgono solo i corpi, ma anche le lingue. Infatti credo che l'ebraico sia l'unico caso di lingua morta e risorta. Nel senso che già all'epoca di Gesù non si parlava più correntemente. Gli Ebrei parlavano abitualmente l'aramaico e i più colti il greco. Per via della dominazione romana, anche un po' di latino. Ma i testi ebraici letti in sinagoga erano commentati proprio perché difficili da intendere per i più. La ricostituzione dell'identità ebraica è stata fondata sul recupero e la rivitalizzazione della lingua ebraica. Soprattutto è stato fatto un grande lavoro a livello lessicale, per riadattare la lingua alla complessità della vita moderna. La parola MERKAVA che tu citi, indicava un tempo una sorta di trono o carro. La qabbalah lo ha identificato con il carro della visione del profeta Ezechiele e ci ha costruito sopra tutta una mistica di contemplazione. Oggi lo stesso nome identifica i carri armati dell'esercito israeliano!
     
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    Sì, infatti, avevo intuito che non stessi facendo riferimento all'ebraico moderno.
    Tuttavia, non so se sia corretto, nel caso dell'ebraico, parlare in senso proprio di lingua morta poi risorta. Questa è una lingua che è sempre stata usata all'interno delle comunità ebraiche per comunicare, per redigere documenti, sonetti, ecc.
    C'è stato, inoltre, un gruppo numeroso di rabbini che veniva dalle 4 città Sante (Gerusalemme, Safed, Hebron e Tiberiade) per raccogliere la tzedakà che, una volta arrivato in Europa, insegnava nelle yeshivot del luogo. Qui era, quindi,possibile studiare non solo la Torah, il Talmud, ecc. ma ovviamente anche l'ebraico.
    Ho visto in una Sinagoga, ad es. un sonetto d'amore, scritto nel 1850 in occasione del matrimonio di due membri della comunità, che non aveva finalità religiose. Mi diceva l'archivista, quindi, che lì c'era una élite che era in grado di parlare l'ebraico correntemente, prima del suo "revival", avvenuto nel Novecento.
    Di fatto, è sorprendente vedere come persone che arrivassero da luoghi molto diversi, riuscissero a comunicare con l'uso dell'ebraico biblico mai caduto in disuso anche nella vita di tutti i giorni.
    C'è un libro molto bello, edito dalla Bocconi, "I pochi eletti. Il ruolo dell'istruzione nella storia degli ebrei, 70-1492", in cui appunto si attesta che uno dei compiti del padre era quello di trasmettere la conoscenza dell'ebraico ai figli, su suggerimento dei sacerdoti, perché il Popolo non perdesse la sua identità anche se in diaspora.

    Edited by ahdut - 6/5/2017, 10:41
     
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    Dobbiamo ringraziare la provvidenza se il popolo ebraico è riuscito a conservare questa lingua così antica nonostante tutte le sue vicissitudini. Mi riferisco all'ebraico biblico. Si può disquisire se sia morta o soltanto ibernata, ma quello che conta è che sia arrivata integra fino ai nostri giorni. Sotto certi aspetti è bene che sia stata conservata da élite e quindi non sia stata corrotta dall'uso corrente. Per mezzo del suo studio possiamo ancora oggi riesumare certe forme di pensiero arcaico e originale che purtroppo la modernità ha quasi completamente perduto. Fabre d'Olivet ha appunto cercato di ricostruire la lingua ebraica dagli elementi costitutivi. L'ha smontata nelle sua lettere, poi ne ha ricostruito il lessico e la grammatica come composizione fonosemantica di tali elementi. Devo a lui il mio interesse per l'ebraico e per l'esegesi biblica.
     
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    CITAZIONE (Filippo Maria Leonardi @ 6/5/2017, 15:26) 
    (...) quello che conta è che sia arrivata integra fino ai nostri giorni.

    Sono totalmente d'accordo con te! :)
     
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    אריאל פינטור

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    CITAZIONE (Filippo Maria Leonardi @ 5/5/2017, 20:34) 
    Preciso che io ho studiato l'ebraico da autodidatta e mi sono concentrato più sul lessico che sulla grammatica. Non conosco l'ebraico moderno. Ma da cristiano osservo che nella terra benedetta di Israele non risorgono solo i corpi, ma anche le lingue. Infatti credo che l'ebraico sia l'unico caso di lingua morta e risorta. Nel senso che già all'epoca di Gesù non si parlava più correntemente. Gli Ebrei parlavano abitualmente l'aramaico e i più colti il greco. Per via della dominazione romana, anche un po' di latino. Ma i testi ebraici letti in sinagoga erano commentati proprio perché difficili da intendere per i più. La ricostituzione dell'identità ebraica è stata fondata sul recupero e la rivitalizzazione della lingua ebraica. Soprattutto è stato fatto un grande lavoro a livello lessicale, per riadattare la lingua alla complessità della vita moderna. La parola MERKAVA che tu citi, indicava un tempo una sorta di trono o carro. La qabbalah lo ha identificato con il carro della visione del profeta Ezechiele e ci ha costruito sopra tutta una mistica di contemplazione. Oggi lo stesso nome identifica i carri armati dell'esercito israeliano!

    Se ti rivolgerai all'ebraico moderno, avendo una preparazione di ebraico cosiddetto biblico, vedrai che le due lingue sono la stessa cosa e corrispondono perfettamente. Impossibile conoscere l'una senza l'altra. Certo, modernamente non troverai il vav inversivo e le forme solenni e poetiche del Tanach ma troverai una corrispondenza al 90%, per i vocaboli e per la costruzione sintattittica
    Il Tanach è la letteratura classica, la base linguistica. Come la Divina Commedia o i promessi sposi lo sono per l'italiano, con la differenza che in italiano, anche una persona con un livello di studi elevato, potrebbe non comprendere benissimo Dante, mentre qualsiasi ebreo israeliano, anche di livello culturale basso, capirà perfettamente ciò che legge nel Tanach.
    La lingua non è mai morta ed è sempre stata parlata e scritta nei secoli, sia per la preghiera che in famiglia, che per l'uso comune. Solo alcune comunità askenazite, la consideravano troppo sacra, per l'uso quotidiano e per le attività profane e la parlavano solo di shabbat o per la preghiera, adoperando per il resto dei giorni le lingue locali e l'Yddish
    Da qualche parte, nel forum biblico, Abramo ha mostrato dei libri di scienze naturali scritti in ebraico, almeno 100 anni prima che Eliezer ben Yehudah, codificasse la lingua attualmente parlata.
     
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  12. Jean Paul Vanoli
     
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    CITAZIONE (ahdut @ 5/5/2017, 19:13) 
    Grazie, Filippo Maria Leonardi, proprio in merito a quanto spiegato molto bene da te:
    CITAZIONE (Filippo Maria Leonardi @ 5/5/2017, 17:18) 
    La combinazione delle lettere implica la combinazione dei significati. Per fare un esempio abbastanza comprensibile: Shin (movimento circolare) + Resh (movimento rettilineo) = radice SH.R = combinazione del movimento circolare e rettilino, vale a dire qualcosa di attorcigliato, come ad esempio il cordone ombelicale SHOR, un tralcio di vite SHURAH, intrecciare SARAG, attorcigliare SERAD, catena o braccialetto SHERAH, etc. Un po' più complicato spiegare come si passi da questo concetto a quello di "scettro" o "principe"...

    dal momento che sto seguendo un corso di ebraico, mi piacerebbe riuscire a fissare il significato di ciascuna lettera, in modo da poter memorizzare meglio i vocaboli che, man mano, incontrerò.
    Non avendo trovato neppure in inglese e in francese (purtroppo non sono ancora in grado di leggere un testo in ebraico!) nulla a riguardo delle shorashim - se non legate alle forme verbali -, mi chiedevo se l'interpretazione data da Fabre d'Olivet su ciascuna lettera, corrisponda al significato che effettivamente viene dato loro da un madrelingua o da chi insomma conosce bene l'ebraico, per non partire col piede sbagliato :)

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    Edited by leviticus - 9/5/2019, 18:31
     
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    Grazie mille a tutti!
     
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    Ribadisco. I significati attribuiti da Fabre d'Olivet ad ogni lettera dell'alfabeto ebraico non corrispondono a quelli comunemente accettati. Il nome di ogni lettera, così come la sua forma grafica o il suo suono, è solo una allusione al significato simbolico del SEGNO inteso come un elemento universale polisemantico (cioè implica una moltitudine di significati analoghi) che combinato con gli altri segni, determina i significati particolari. Non serve a nulla per l'apprendimento della lingua (nella funzione comunicativa). Caso mai serve per ricostruire una etimologia di tipo esoterico.
     
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    CITAZIONE (Filippo Maria Leonardi @ 28/5/2017, 11:45) 
    Ribadisco. I significati attribuiti da Fabre d'Olivet ad ogni lettera dell'alfabeto ebraico non corrispondono a quelli comunemente accettati. (...)
    Non serve a nulla per l'apprendimento della lingua (nella funzione comunicativa). Caso mai serve per ricostruire una etimologia di tipo esoterico.

    E' proprio questo, infatti, il motivo che mi ha spinta a chiedere la consulenza: temevo appunto che il libro potesse essere più adatto ad una ricostruzione "etimologia di tipo esoterico" dell'ebraico, - che esula dai miei interessi e finalità - che non allo studio della semantica e del lessico ebraici.
    Le tue considerazioni, @Filippo Maria Leonardi, mi sono state molto utili. Grazie. :)
     
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