Anima e Fisica Quantistica

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    אילון

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    Aialon tu credi nella preesistenza dell'anima?
     
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    CITAZIONE (Alessandro< @ 28/10/2015, 12:03) 
    Aialon tu credi nella preesistenza dell'anima?

    Lo ritengo ovvio, non distinguo neanche tra materiale e spirituale, è sempre
    la stessa energia che si può percepire in varie forme, in base ai sensi che si
    possiedono, normalmente usiamo i cinque che chiamiamo fisici, ma già se
    ci dotiamo di apparecchiature scientifiche possiamo percepire molto di più.
     
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  4. Duenda
     
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    Bene, bravo Aialon!!! Shabbat Shalom, anche se lo leggerai Domenica ;-) ti abbraccio.
     
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    Ma Dio per te è energia?
     
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    CITAZIONE (Alessandro< @ 31/10/2015, 13:19) 
    Ma Dio per te è energia?

    "Dio É"
     
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    Ok certo, anche per me, ma oltre a questo per me Dio è Spirito, per te?

    Oppure spiegami, sennò mi sembra una risposta retorica

    Edited by Alessandro< - 1/11/2015, 00:45
     
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    CITAZIONE (Alessandro< @ 1/11/2015, 00:27) 
    Ok certo, anche per me, ma oltre a questo per me Dio è Spirito, per te?

    Oppure spiegami, sennò mi sembra una risposta retorica

    Cosa intendi per spirito?
     
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    Ok, provo a descriverlo.
    Lo Spirito è qualchecosa che si può paragonare al vento per come si avverte. Solo alcune creature ce l'hanno, nell'uomo credo che la sua sede sia nel cuore e ogni uomo ne possiede uno. Appartiene ad un altra dimensione diversa da quella sensoriale, per se stesso non è influenzato dalla dimensione materiale, semmai viceversa, avvertire un certo spirito, o riprendere un certo spirito può riaccenderci dei ricordi o farci stare bene fisicamente. Lo Spirito è una parte essenziale dell'essere perché esercita una volontà, e come tale ci "anima", indirizza i nostri pensieri e le nostre azioni.
    Ogni spirito potremmo dire che ha "una carica" e tale si avverte e si comunica tra uno spirito e un altro spirito, è impossibile non comunicare. Possiamo accogliere o rifiutare un certo spirito, è un pò come "sintonizzarci".Per dirla in termini moderni spirito è quella sensazione che definiamo "a pelle" che ci piace o non ci piace di una persona, è quella "sensazione" che ci trasmette una persona quando parla o fa qualcosa.
    Ci sono spiriti e spiriti, non sono tutti uguali, ce ne sono di buoni e negativi, nell'uomo insieme possono essercene di "mescolati insieme" a 'strati" più o meno forti e marcati, ma saperli leggere e distinguere dipende dalla nostra condizione spirituale e anche dalla nostra conoscenza, un po' come un bambino che può sentire un dolore alla pancia ma non sa che è fame.
    Noi tutti siamo immersi in mondo spirituale, Dio come Spirito è onnipresente e noi in un certo senso "ci muoviamo in lui" e sonda ogni cosa, perché Egli è il Padre degli spiriti.
    Dio è propriamente spirito, ed è uno Spirito puro, santo, di pace, d'amore, forte, pensa e agisce in virtù di quello che è.
     
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    CITAZIONE (Alessandro< @ 2/11/2015, 01:01) 
    Ok, provo a descriverlo.

    Andiamo sullo specifico.


    Anima composizione

    "Il Signore Dio formò l'uomo di polvere della terra, gli inspirò nelle
    narici un soffio vitale; e l'uomo divenne un essere vivente "

    Egli soffia nelle sue narici il NISHMAT HAIM=RESPIRO DI VITA e viene usato
    il termine nishmat che indica respiro ed anche ANIMA INDIVIDUALE SUPERIORE (NESHAMA).
    quindi mentre dà la vita all’uomo come essere vivente fatto con la polvere dalla terra, gli soffia
    l’anima superiore nishmat haim.

    *******************************************************
    Anima - composizione

    1) YECHIDAH : UNICA
    2) CHAIAH : ANIMA UNIVERSALE O "VIVENTE" : YOD
    3) NESHAMAH : ANIMA INDIVIDUALE SUPERIORE : HEH
    4) RUACH : SOFFIO O SPIRITO : VAU
    5) NEFESH : ANIMA ANIMALE O INFERIORE : HEH


    Haim vita
    Nefesh è più vicina al corpo; la somma di tutti i processi biologici che ci tengono in vita.
    Viene attirata dai piaceri fisici e sensuali e condizionata dagli istinti.
    Ruach è lo spirito che pervade emozioni e sentimenti, la libertà dai condizionamenti della materia,
    ed è il primo a differenziarsi dal mondo animale.In esso sono presenti ideali anche se in forma
    molto legata al sentimento.
    Neshamah è l' anima umana vera e propria, la sede della consapevolezza e dell' intelletto, del
    libero arbitrio, della percezione.
    Chaiah è una parte dell' anima che non risiede nel corpo, troppo elevata e rarefatta per poter essere contenuta nel corpo umano. Essa è uno stato di unione con i cosmo, di partecipazione
    diretta con le intelligenze che governano stelle e galassie.
    Yechidah è lo stato supremo dell' anima, unione assoluta con Dio, il ricongiungimento perfetto .


    Fra tutti i problemi di cui si occupa la filosofia, quello della nostra essenza, e della sua immortalità, non ha mai cessato di preoccupare l'umanità. Dappertutto e in tutti i tempi, i sistemi
    e le dottrine su questo soggetto si sono avvicendati, con varietà e contraddittorietà, e la parola Anima è servita a designare i più svariati concetti di esistenza e le più svariate sfumature di essere. Di tutte queste dottrine, a volte antagoniste, incontestabilmente la più antica e la più vicina al vero è quella della Qabalah. Tramandata oralmente - come rivela il suo nome - essa risale all'origine della specie umana e, perciò, forse, in parte è anche il prodotto di quella intelligenza non ancora offuscata, di quello spirito penetrante verso la verità che, secondo l'antica Tradizione, l'uomo possedeva nel suo stato primordiale.
    Per quanto la natura sia un tutto complesso, secondo la Qabalah, vi troviamo comunque tre aspetti apparentemente distinti: il corpo, l'anima e lo spirito [la massa, l'energia e il noumeno principiale]. Essi si differenziano tra loro come il concreto, il particolare e l'universale, in modo che l'uno è il riflesso dell'altro e ciascuno, anche in se stesso, offre questa triplice distinzione.
    Il primo aspetto, il corpo, con la sua triplice modalità, nella Qabalah prende il nome di Nephesh; il
    secondo, l'anima, sede della volontà-intelletto, che costituisce propriamente la personalità umana,
    con la sua triplice espressione, si chiama Ruah; il terzo, lo spirito, con i suoi tre poteri, nella Qabalah prende il nome di Neshamah.

    Come prima accennavamo, questi tre aspetti dell'uomo non sono completamente distinti e separati, ma sono l'uno dentro l'altro come i colori dello spettro, i quali, sebbene si susseguano, non possono essere distinti completamente perché fusi l'uno nell'altro. A partire dal corpo, dal potere più basso di Nephesh e attraverso l'anima (Ruah) risalendo fino al più alto grado dello spirito (Neshamah) si trovano tutte le gradazioni, come quando si passa dall'ombra alla luce attraverso la penombra. Inversamente, dalle parti più elevate dello spirito fino a quelle fisiche grossolane, si percorrono tutte le sfumature di radiazione, come dalla luce si passa all'oscurità attraverso il crepuscolo. E soprattutto, grazie a questa unione interiore, a questa fusione degli aspetti, il numero Nove [la triplice modalità di ogni aspetto] si perde nell'Unità per produrre l'uomo, spirito vitale che unisce in sé i due mondi.
    Ora, se tentiamo di rappresentare questa dottrina con uno schema, otteniamo la figura che apre questo documento.
    Il cerchio a indica Nephesh, e i cerchi interni 1, 2, 3 sono le sue modalità suddivise: 1 corrisponde al corpo, la parte più bassa e materiale nell'uomo; b è Ruah (l'anima) e i cerchi interni 4, 5, 6 sono le sue qualità. Infine c'è Neshamah (lo Spirito) con i gradi della sua essenza, 7,8,9. Quanto al cerchio esterno 10, questo rappresenta la totalità dell’essere vivente.
    Consideriamo più da vicino queste diverse parti fondamentali, cominciando da quella di grado inferiore, Nephesh. Questo è il principio della vita, o forma dell'esistenza concreta, e costituisce la parte esteriore dell'uomo; in esso domina la passiva sensibilità per il mondo esterno, mentre troviamo una minore attività ideale. Nephesh è in diretta relazione con gli esseri concreti. Solo a causa dell'influenza di questi, egli produce una manifestazione vitale, però è ugualmente attivo nel mondo esteriore perché fa emergere dalla sua esistenza materiale nuove forze vitali grazie alla sua potenza creatrice, sì da ridare ciò che riceve. Questo grado concreto costituisce un tutto armonico e in esso l'essere umano trova la sua esatta rappresentazione esteriore. Osservato come un tutto unico, questo aspetto vitale comprende, a sua volta, tre gradi che stanno tra loro come il concreto, il particolare e l'universale o come la materia plasmata, l'energiaforza plasmante e il principio, e che nello stesso tempo costituiscono gli organi nei quali e per i quali l'aspetto interiore, lo spirito, opera e si manifesta esteriormente. Questi tre gradi sono, dunque, sempre più elevati e interni, e ognuno di essi possiede diverse sfumature. Le tre modalità di Nephesh in questione sono disposte e agiscono nel modo che fra poco esporremo a causa delle tre divisioni di Ruah.
    Questo secondo elemento dell'essere umano, Ruah (l'anima), non è così sensibile come Nephesh alle influenze del mondo esteriore; la passività e l'attività si trovano in proporzioni uguali; esso consiste piuttosto in un essere interno, ideale, nel quale tutto ciò che la vita corporea e concreta manifesta esteriormente come quantitativo e materiale, si ritrova interiormente allo stato virtuale. Questo secondo elemento umano fluttua dunque tra l'attività e la passività o, meglio, l'introversione e l'estroversione; nelle sue funzioni, esso non appare chiaramente né come qualcosa di passivo e esteriore né come qualcosa di attivo e interiore, ma come qualcosa di mutevole che dall'interno all'esterno si manifesta sia attivo che passivo e che, sebbene di natura ricettiva, dà. Da ciò il perché l'intuizione e il concetto non coincidono esattamente nell'anima, benché non siano così nettamente separati da non confondersi facilmente l'una con l'altro. La modalità esistenziale di ciascun essere dipende esclusivamente dal grado più o meno elevato della sua coesione con la natura e dalla maggiore o minore attività o passività che ne è la conseguenza; l'appercezione dell'individuo è in proporzione alla sua attività. Più egli è attivo interiormente, più è elevato e più gli è possibile indagare nelle intime profondità dell'essere.
    Questo Ruah, composto di forze che sono alla base dell'essere materiale oggettivo, gode anche della proprietà di distinguersi da tutte le altre parti come un individuo speciale, di disporre di se stesso e manifestarsi al di fuori con un'azione libera e volontaria. Questa anima che rappresenta ugualmente il trono e l'organo dello spirito è, come abbiamo già detto, anche l'immagine dell'intero uomo; come Nephesh, essa si compone di tre gradi dinamici che stanno, l'uno in rapporto all'altro, come il concreto, il particolare e l'universale o come la materia azionata, la forza-energia agente e il principio: in modo che esiste un'affinità non solo tra il concreto in Ruah, che è il suo grado più basso e più esteriore (il cerchio 4 dello schema), e l'universale in Nephesh, che forma la sua sfera più alta (cerchio 3), ma anche tra l'universale in Ruah (cerchio 6) e il concreto nello spirito (cerchio 7).
    Nello stesso modo in cui in Ruah e in Nephesh sono compresi tre gradi dinamici, questi hanno i loro tre corrispondenti anche nel mondo esteriore, come apparirà più chiaro col paragone tra Macrocosmo e Microcosmo. Ogni forma particolare di esistenza nell'uomo ha una vita propria nella sfera del mondo che le corrisponde, con la quale essa è in rapporto di continui scambi, dando e ricevendo, per mezzo dei suoi sensi e dei suoi organi speciali.
    Inoltre, questo Ruah, a causa della sua parte concreta, ha bisogno di comunicare col concreto che sta sotto di lui; allo stesso modo la parte universale gli conferisce una tendenza verso le parti universali che gli sono superiori. Nephesh non potrebbe congiungersi a Ruah se non ci fosse qualche affinità tra loro, né Ruah si congiungerebbe a Nephesh e a Neshamah se tra loro non ci fosse qualche affinità.
    Così, da una parte, nel concreto che la precede, l'anima attinge la pienezza della sua realtà oggettiva, e dall’altra, nell'universale che la domina, attinge l'interiorità pura, l'Idealità che si organizza da sola nella sua attività indipendente. Dunque Ruah è il legame tra l'Universale o Spirituale e il Concreto o Materiale, i quali uniscono nell'uomo il mondo interno intelligibile col mondo grossolano esterno; esso è, nello stesso tempo, il supporto e la sede della personalità umana.
    L'anima, in questo modo, si, trova in un duplice rapporto coi suoi tre oggetti, cioè:

    1) col concreto che è al di sotto di lei;
    2) col particolare che risponde alla sua natura e che è al di fuori di lei;
    3) con l'universale che è al di sopra di lei.

    In lei, in due sensi contrari, avviene una c circolazione di tre correnti frammischiate, perché:

    1) è eccitata da Nephesh che è al di sotto di lei e a sua volta essa agisce su di lui ispirandolo;
    2) si comporta anche attivamente e passivamente con l'esterno corrispondente alla sua natura, cioè col particolare;
    3) tale influenza che trasforma nel suo seno, dopo averla ricevuta o dal basso o dall'esterno, dà a lei il potere di elevarsi sufficientemente così da stimolare Neshamah nelle regioni superiori. Attraverso questa operazione attiva, le facoltà superiori eccitate producono un'influenza vitale più elevata, più spirituale, che l'anima, ridivenendo passiva, riceve per trasmetterla all'esterno e al di sotto di lei.

    Perciò a Ruah, benché abbia una forma di esistenza particolare, benché abbia un'esistenza propria, non è affatto vero che il primo impulso della sua attività vitale gli venga dall'eccitazione del corpo concreto che gli è inferiore. E così anche il corpo, per uno scambio di azioni e di reazioni con l'anima, grazie alla sua impressionabilità, è penetrato da lei, mentre essa stessa diviene come partecipante del corpo. In egual maniera, l'anima, attraverso la sua unione con lo Spirito, ne è riempita e ispirata.
    La terza parte fondamentale dell'essere umano, Neshamah, può essere designata con la parola Spirito, nel senso in cui è impiegata nel Nuovo Testamento. In essa la sensibilità passiva verso il mondo esterno non si ritrova più; l'attività domina la recettività. Lo Spirito vive di vita propria e soltanto per l'universale, o per il mondo spirituale col quale si trova in rapporto, costante. Tuttavia, come Ruah, Neshamah non soltanto ha bisogno, in ragione della sua natura ideale, dell'Universale assoluto o Infinito divino, ma anche, a causa della sua reale e concreta espressione, di qualche relazione col particolare e col concreto che sono al di sotto di lui e se ne sente attratto.
    Anche lo Spirito è in doppio rapporto col suo triplice oggetto: verso il basso, verso l'esterno e verso l'alto; in lui avviene dunque, in due sensi contrari, una triplice corrente intrecciata, del tutto simile a quella descritta più sopra per Ruah. Neshamah è un essere puramente interiore, ma anche passivo e attivo nello stesso tempo, e Nephesh, col suo principio vitale il suo corpo, e Ruah, con le sue forze, rappresentano le sue immagini esteriori. Ciò che c'è di quantitativo in Nephesh e di qualitativo in Ruah viene dallo Spirito - Neshamah - puramente interiore e ideale.
    Ora, siccome Nephesh e Ruah racchiudono tre gradi diversi di esistenza, o potenzialità di spiritualizzazione, in modo che ognuno è un'immagine più piccola dell'intero essere umano (vedere lo schema), così la Qabalah distingue ancora tre gradi in Neshamah.
    É particolarmente a questo elemento superiore che si applica ciò che è stato detto all'inizio, che le diverse forme di esistenza della costituzione umana non sono esseri distinti, isolati, separati, ma, al contrario, sono frammischiati gli uni agli altri perché tutto qui si spiritualizza sempre più, sempre più tende all'unità.
    Delle tre forme superiori d'esistenza dell'uomo che sono riunite nella più larga accezione della parola Neshamah, quella inferiore può essere designata come il Neshamah propriamente detto. Essa ha ancora qualche affinità con gli elementi superiori di Ruah; consiste in una conoscenza interiore e attiva del qualitativo e quantitativo che sono al di sotto di lei. Il secondo potere di Neshamah, che è l'ottavo elemento nell'uomo, è chiamato, dalla Qabalah, Chajoth. La sua essenza consiste nella conoscenza della forza interna superiore, intelligibile, che serve di base all'essere oggettivo manifestato e che, per conseguenza, non può essere percepito né da Ruah né da Nephesh e non potrebbe essere riconosciuto da Neshamah propriamente detto. Il terzo potere di Neshamah, il nono e il più elevato elemento nell'uomo, è Jechidad (cioè l'unità in se stessa), la sua propria essenza consiste nell'Unità fondamentale assoluta di tutte le varietà, dell'Uno assoluto originario.
    Ora questo rapporto, segnalato fin dall'inizio, di Concreto, di Particolare e di Universale che collega Nephesh, Ruah e Neshamah in modo che ciascuno offra l'immagine del tutto, si ritrova in questo quadro: primo grado di Nephesh, il corpo, il concreto nel concreto; secondo grado, il particolare nel concreto; terzo, l'universale nel concreto.
    Ugualmente in Ruah: primo potere, il concreto nel particolare; secondo, il particolare nel particolare; terzo, l'universale nel particolare.
    Infine in Neshamah: primo grado, il concreto nello universale; secondo grado (Chajoth), il particolare nell’universale; terzo (Jechidad), l'universale nell'Unità. É così che si manifestano le diverse attività e le virtù di ciascuno di questi elementi dell'essere. L'anima (Ruah) ha senza dubbio una sua propria esistenza, ma tuttavia essa è incapace di uno sviluppo indipendente senza la partecipazione della vita corporale (Nephesh), e così avviene nei confronti di Neshamah. Inoltre Ruah è in un duplice rapporto con Nephesh: influenzato da questo, è rivolto allo stesso tempo all’esterno per esercitare una libera reazione, in maniera che la concreta vita corporale possa partecipare allo sviluppo dell'anima. La stessa cosa avviene per lo Spirito in rapporto all'anima, ovvero per Neshamah in rapporto a Ruah; attraverso Ruah esso è anche in duplice rapporto con Nephesh. Tuttavia Neshamah ha, inoltre, nella propria costituzione la sorgente della sua azione, mentre le azioni di Ruah e di Nephesh non sono che le emanazioni libere e viventi di Neshamah.
    Parimenti Neshamah si trova, in una certa misura, nello stesso doppio rapporto con la Divinità perché l'attività vitale di Neshamah è già in sé un incitamento per la Divinità di intrattenere questo rapporto, di procurargli l'influenza necessaria alla sua sussistenza. Così lo Spirito o Neshamah, quale intermediario, e Ruah con Nephesh vanno ad attingere del tutto involontariamente all'eterna sorgente divina, facendo irradiare continuamente l'opera della loro vita verso l'alto, mentre la Divinità penetra costantemente in Neshamah e nella sua sfera per dare la vita a lui, a Ruah e a Nephesh.
    Ora secondo la dottrina della Qabalah, l'uomo, invece di vivere nella Divinità e di ricevere costantemente da lei l'influsso di cui ha bisogno, si è immerso sempre più nell'amore di se stesso e nel mondo dell'errore, dal momento della sua caduta o subito dopo, così da lasciare il suo centro eterno per la periferia. Questa discesa e l'allontanamento sempre maggiore dalla Divinità hanno avuto come conseguenza un decadimento dei poteri nella natura umana, e quindi nell'umanità intera. La scintilla divina sempre più si è oscurata nell'uomo, e Neshamah ha perso l'unione intima con Dio. Allo stesso modo Ruah si è allontanato da Neshamah e Nephesh ha perso la sua intima unione con Ruah. A causa di questo decadimento generale e del rilassamento parziale dei legami tra gli elementi, la parte inferiore di Nephesh, che nell'uomo originariamente era un corpo luminoso, è diventata il nostro corpo materiale; perciò l'uomo è stato assoggettato alla dissoluzione nelle tre parti principali della sua costituzione.

    Secondo la Qabalah, la morte dell'uomo non è che il passaggio a una nuova forma di esistenza. Egli è chiamato a ritornare finalmente nel seno di Dio, ma questa riunione non gli è possibile allo stato attuale a causa della materialità del suo corpo. Questo stato, come gli altri che compongono l'essere umano, deve dunque subire una purificazione necessaria per raggiungere quel grado di spiritualità richiesto dalla nuova vita.
    La Qabalah distingue due cause che possono portare la morte: la prima consiste nella diminuzione graduale o repentina dell’influenza continuamente esercitata dalla Divinità su Neshamah e su Ruah in modo che Nephesh, diminuendo la forza con la quale vitalizza il corpo grossolano, ne provoca la morte. Nel linguaggio dello Zohar essa potrebbe essere definita la morte dall’alto o dall'interno all’esterno.
    Invece, la seconda causa della morte potrebbe essere denominata la morte dal basso, o dall'esterno all'interno. Essa avviene quando il corpo, forma di esistenza inferiore ed esteriore, disorganizzandosi sotto l'influenza di qualche turbamento o qualche lesione, perde la duplice proprietà di ricevere dall'alto e di esercitare l'influenza necessaria per stimolare Nephesh, Ruah e Neshamah a scendere fino a lui.
    Poiché ciascuno dei tre gradi di esistenza dell'uomo nel corpo ha la sua sede particolare e la sua sfera d'azione corrispondenti al grado della sua spiritualità, ed essendosi trovati tutti e tre legati a questo corpo in periodi diversi della vita, essi abbandonano il cadavere in momenti differenti e secondo un ordine inverso. Ne deriva che il processo della morte si estende per un periodo di tempo molto più lungo di quanto si pensi comunemente.
    Neshamah, che ha la sua sede nel cervello e che, nella sua qualità di principio di vita spirituale superiore si e unito per ultimo al corpo materiale - quest'unione ha inizio all'età della pubertà - è il primo a lasciare il corpo; solitamente ancora prima del momento che noi indichiamo col nome di morte. Esso non lascia nella sua Merkavah che un'illuminazione, poiché l'individualità umana, come si dice nell'Esarah Maimoroth, può sussistere, anche senza presenza effettiva di Neshamah.
    Prima del momento che a noi sembra quello della morte, la coscienza sale al grado più elevato di Ruah da dove l'individuo scorge ciò che nella vita era nascosto ai suoi occhi; spesso la sua vista penetra lo spazio e può distinguere gli amici e i parenti defunti. Appena arriva l'istante critico, Ruah si espande in tutte le membra del corpo e prende congedo da loro. Poi tutta l'essenza spirituale dell'uomo si ritira nel cuore e là si mette al riparo dai Masikim [entità subconscie] che si precipitano sul cadavere, come una colomba inseguita si rifugia nel suo nido.
    La separazione di Ruah dal corpo è sentita e Ruah o l'anima vivente fluttua, come dice l'Ez-ha-Caiim, tra le alte regioni spirituali, infinite (Neshamah) e quelle inferiori corporali, concrete (Nephesh), piegando ora verso l'una, ora verso l'altra, essa che, in quanto organo della volontà, costituisce l'individualità umana. La sua sede è nel cuore, questo dunque è come la radice della vita, è il Melekh, Re, il punto centrale, la linea che unisce il cervello col fegato, e siccome è in tale organo che l'attività vitale si manifesta all'origine, è anche in questo che finisce. Così al momento della morte Ruah sfugge e, secondo l'insegnamento del Talmud, esce dal cuore, attraverso la bocca, con l'ultimo respiro.
    Il Talmud distingue novecento specie di morti diverse. La più dolce è denominata il bacio, la più penosa è quella nella quale il morente prova la sensazione di una spessa corda di capelli strappata dalla gola.
    Appena Ruah si è separato, l'uomo sembra morto; tuttavia Nephesh abita ancora in lui. Nephesh è l'anima della vita elementare nell'uomo e ha la sua sede nel fegato. Esso, in quanto potenza spirituale inferiore, possiede molta attrazione per il corpo separandosene per ultimo, come è stato il primo a unirglisi. Tuttavia, dopo la separazione di Ruah, i Masikim prendono possesso del cadavere. Questa invasione, unita alla decomposizione del corpo, obbliga ben presto Nephesh a ritirarsi; tuttavia esso resta ancora a lungo vicino alla sua spoglia per piangerne la perdita. Di solito, soltanto quando sopraggiunge la putrefazione completa egli si eleva al di sopra della sfera terrestre.
    La disintegrazione dell'uomo, conseguente alla morte, non è una separazione completa, perché ciò che una volta è stato un solo tutto non può disgiungersi completamente; rimane sempre qualche rapporto tra le parti costitutive, di modo che sussiste un certo legame tra Nephesh e il suo stesso corpo già putrefatto. Dopo che questo recipiente materiale esteriore è scomparso con le sue forze vitali fisiche, resta ancora qualcosa del principio spirituale di Nephesh, qualcosa di imperituro che discende fino nella tomba, nelle ossa, come dice lo Zohar; è ciò che la Qabalah chiama il respiro delle ossa o lo spirito delle ossa. Questo principio, imperituro, del corpo materiale che ne conserva completamente la forma e le pieghe (portamento), forma lo Habal di Garmin, che possiamo tradurre con il corpo della resurrezione (corpo sottile luminoso).
    Dopo che le diverse parti costitutive dell'uomo sono state separate dalla morte, ciascuna si reca nella sua sfera attirata dalla propria natura e costituzione; esse sono accompagnate dagli esseri a loro simili che già circondavano il letto di morte. Siccome nell'Universo intero tutto è nel tutto, ciò che nasce, vive e perisce è retto da una sola e identica legge; così il più piccolo elemento è la riproduzione del più grande e gli stessi principi reggono ugualmente tutte le creature, dalla più bassa alla più spirituale, dai poteri più elevati. L'Universo intero, che la Qabalah chiama Aziluth e che comprende tutti i gradì, dalla materia più grossolana fino alla pura spiritualità - l'Uno -, si divide in tre mondi: Assiah, Yetzirah e Briah, corrispondenti alle tre divisioni fondamentali dell'uomo: Nephesh, Ruah e Neshamah.
    Assiah è il mondo in cui noi ci muoviamo, tuttavia ciò che di questo mondo percepiamo con i nostri sensi è solo la sfera inferiore, la più materiale, per il fatto che con gli organi sensoriali non percepiamo che i principi inferiori, i più materiali dell'uomo, cioè il suo corpo. Lo schema precedentemente proposto, dunque, è uno schema dell'Universo e anche dell'uomo, perché secondo la Qabalah il Microcosmo è del tutto analogo al Macrocosmo; l'uomo è l'immagine di Dio che si manifesta nell’Universo.
    Così, dunque il cerchio a rappresenta il mondo Assiah, e le sfere 1, 2, 3 corrispondono a quelle di Nephesh; b rappresenta il mondo Yetzirah analogo a Ruah, e 4, 5, 6 ne sono i poteri.
    Infine il cerchio c raffigura il mondo Briah, le cui sfere 7, 8, 9 raggiungono, come quelle di Neshamah, il più alto potere della vita spirituale.
    Il cerchio 10 è l'immagine del Tutto-Aziluth, e rappresenta anche l'insieme della natura umana.
    I tre mondi che corrispondono, secondo la loro natura e il grado della loro spiritualità, ai tre principi costitutivi dell'uomo, rappresentano anche i diversi soggiorni di questi principi. Il corpo, guaina più materiale, rimane nella sfera inferiore del mondo Assiah, nella tomba; lo spirito delle ossa resta solo sepolto in esso, formando, come abbiamo detto, lo Habal di Garmin. Nella tomba è in uno stato di oscuro letargo che, per il giusto, è un dolce sonno; molti passi di Daniele e dei Salmi di Isaia vi fanno allusione. Poiché lo Habal di Garmin conserva nella tomba una sensazione oscura, il riposo di coloro che dormono quest'ultimo sonno può essere turbato in tutte le maniere. Ecco perché presso gli Ebrei era vietato sotterrare una accanto all'altra persone che, nella loro vita, erano state nemiche; o collocare un santo vicino a un criminale. Al contrario si aveva cura di seppellire insieme due persone che si erano amate, perché nella morte questo attaccamento potesse continuare ancora.
    Il più grande turbamento per coloro che dormono nella tomba è l'evocazione, poiché quando Nephesh lascia la sepoltura, 1o spirito delle ossa resta ancora attaccato al cadavere e può essere evocato; ma questa evocazione raggiunge anche Nephesh Ruah e Neshamah. Senza dubbio sono già in soggiorni distinti ma rimangono anche, sotto certi rapporti, uniti l'uno all'altro, in maniera che uno risente di ciò che provano gli altri. Ecco perché le Sacre Scritture vietavano di evocare i morti.
    Poiché i nostri sensi non possono percepire che il cerchio più basso, la sfera inferiore del mondo Assiah, solo il corpo grossolano dell'uomo è visibile agli occhi fisici, corpo che - anche dopo la morte - resta nel dominio della sfera sensibile; le sfere superiori di Assiah non sono più percepibili a noi, e allo stesso modo lo Habal di Garmin sfugge già alla nostra percezione; anche lo Zohar dice: Se ciò fosse permesso ai nostri occhi, potremmo vedere nella notte, quando viene lo Shabath, alla luna nuova o nei giorni di festa, i Diuknim (gli spettri) drizzarsi nelle tombe per lodare e glorificare il Signore.
    Le sfere superiori del mondo Assiah servono da soggiorno a Nephesh. Lo Ez-ha-Chaiim dipinge questo soggiorno come il Gan-Eden inferiore, che nel mondo Assiah si estende a sud del paese Santo al di sopra dell’Equatore.
    Il secondo principio dell'uomo, Ruah, trova nel mondo Yetzirah un soggiorno appropriato al suo grado di spiritualità. E poiché Ruah, che costituisce l'individualità, è il supporto e la sede della Volontà, è in lui che risiede la forza produttiva e creatrice; così il mondo Yetzirah è, come lo designa il suo nome, il mundus formationis, il mondo della formazione.
    Infine, Neshamah risponde al mondo Briah che lo Zohar chiama il mondo del trono divino, e che comprende il più alto grado della spiritualità.
    Come Nephesh, Ruah e Neshamah non sono forme completamente distinte di esistenza, ma al contrario procedono l'una dall'altra elevandosi in spiritualità, così le sfere dei vari mondi si incatenano l'una all'altra e si elevano dal cerchio più basso, più materiale, del mondo Assiah, che è percepibile ai nostri sensi, fino ai poteri più elevati, più immateriali del mondo Briah. Da ciò si vede chiaramente che, benché Nephesh, Ruah e Neshamah soggiornino ciascuno nel mondo che loro conviene, essi restano uniti in un tutto unico. Specialmente a causa degli Zelem, questi rapporti intimi tra le parti sono resi possibili.
    Con il nome di Zelem la Qabalah intende la figura, l'abito sotto il quale sussistono i diversi principi dell’uomo e attraverso il quale essi operano. Nephesh, Ruah e Neshamah, anche dopo che la morte ha distrutto il loro involucro corporale esteriore, conservano una certa forma che corrisponde alla sembianza dell'uomo originario. Questa forma, per mezzo della quale ogni parte persiste e opera nel suo mondo, è possibile solo grazie allo Zelem; così è detto nel Salmo XXIX,7: Essi sono dunque come nello Zelem (il fantasma).
    Secondo Luria, lo Zelem, per analogia con tutta la natura umana, si suddivide in tre parti: una luce interiore spirituale e due Makifim o luci avvolgenti. Ogni Zelem e i suoi Makifim corrispondono, nella loro natura, al carattere o al grado di spiritualità di ognuno dei principi ai quali essi appartengono. É soltanto attraverso il loro Zelem che è possibile a Nephesh, Ruah e Neshamah manifestarsi al di fuori. É su di essi che riposa tutta l'esistenza corporale sulla terra, poiché tutto l'influsso dall'alto sui sentimenti e sui sensi interni dell’uomo avviene per la mediazione di questi Zelem, suscettibili d'altronde di essere affievoliti o rinforzati.
    Il processo della morte si produce unicamente nei diversi Zelem, poiché Nephesh, Ruah e Neshamah non sono modificati da essa. Così la Qabalah dice che trenta giorni prima della morte, i Makifim si ritirano dapprima da Neshamah, per poi scomparire, successivamente, da Ruah e da Nephesh, in questo senso c'è da comprendere che essi allora cessano di esercitare la loro forza; tuttavia, nello stesso istante in cui Ruah se ne va, essi si aggrappano, come dice la Mishnath Chasidim, al processo della vita per sentire il gusto della morte. Tuttavia bisogna guardare gli Zelem come esseri puramente magici; ecco perché lo Zelem dello stesso Nephesh non può agire direttamente nel mondo della nostra percezione sensibile esterna.
    Ciò che si offre a noi nell'apparizione di persone morte è il loro Habal di Garmin e la sottile materia aerea o eterea del mondo Assiah di cui si riveste lo Zelem di Nephesh per rendersi percettibile ai nostri sensi.
    Ciò si applica a qualsiasi specie di apparizione, si tratti di un angelo, di un defunto o di uno spirito inferiore. Allora non è lo Zelem stesso che possiamo vedere e percepire con i nostri occhi, ma solo una sua immagine che, costruita col vapore sottile del mondo esteriore, prende una forma capace di dissolversi immediatamente.
    Per quante varietà offra la vita degli uomini sulla terra, altrettanto varia è la loro sorte negli altri mondi; infatti, più infrazioni alla legge divina sono state commesse quaggiù, più bisogna subire purificazione nell'altro mondo.
    Lo Zohar dice a questo proposito: La bellezza dello Zelem dell'uomo pietoso dipende dalle buone opere che ha compiuto quaggiù, e più oltre: Il peccato macchia lo Zelem di Nephesh. Luria dice anche: Nell’uomo pio questi Zelem sono puri e chiari, nel peccatore sono torbidi e oscuri». Ecco perché ogni mondo, per ognuno dei principi dell'uomo, ha il suo Gan-Eden (Paradiso), il suo Nahar-Dinur (fiume di fuoco per la purificazione dell'anima) e il suo Gei-Hinam, luogo di tormento; da ciò anche la dottrina cristiana del paradiso, del purgatorio e dell'inferno.

    LE PARTI DELL'ANIMA
    La mistica ebraica spiega (Bereshìt Rabbà, 14,9) che l'anima umana è composta di cinque parti o gradi: "nèfesh", "ruach", "neshamà", "yechidà e "chayà": “Nèfesh': D-o ha preso un blocco di materia dalla terra, adamà , e gli ha dato la forma di Adamo, l'uomo (Adamo deriva da adamà). Nel corpo fisico dell'uomo esiste una parte divina e spirituale, vale a dire nèfesh la sede della nèfesh è il sangue, come è detto Perche il sangue è la nèfesh" (Deuteronomio, 12,23). Questo significa che la nèfesh "circola in tutto il corpo, in tutte le membra dell'uomo e presta loro una vita spirituale; la vista e gli altri sensi dell’ l'uomo come tutti i movimenti che egli compie, vengono fatti agire dalla nèfesh. Secondo quanto dice lo Zòhar spiegando il versetto biblico ,t D-io alitò ' sul volto deii’'uomo un soffio vitale" ( Genesi, 2,7): "Chi ha alitato ha dato qualcosa di Suo", vale a dire che l'essenza della foI7.a che fa agire l'uomo è stata data da D- io stesso, e fa si che l'uomo "funzioni": e questa è la parte divina che dirige il suo corpo. Ogni uomo possiede questo grado fondamentale de1l' anima. -" Ruach': Questo grado spirituale è più elevato di nèfesh. La sua sede è nel cuore. A questo grado di evoluzione si giunge mediante l'adempi- mento delle mitswòt. -Neshamà": questo grado spirituale è molto elevato e la sua sede è il cervello. A questo grado di evoluzione che le pertiene si giunge soltanto per mezzo dello studio della Torà, come spiega ltschaq Loria. -. Yechidà e "Chayà"sono gli stadi dell'anima più .elevati:, è possibile raggiungeli soltanto dopo una lunga azione ed In relazione all’ evoluzione delle altri parti dell'anima.

    ANIMA DELL' UOMO NELLE FONTI

    Principali fonti bibliche e talmudiche 1) "E D-o formò l'uomo dalla polvere della terra ed alitò su di lui uno spirito vivente e l'uomo diventò una creatura viva" ( Genesi, 2,7) .Vale a dire che proprio la presenza della nèfesh e della neshamà in lui distingue l'uomo dagli animali. 2) " La polvere tornerà alla terra com'era prima e lo spirito tornerà a D-io che lo ha dato" (Ecclesiaste, 12,7). La polvere presa dalla terra ritorna alla terra; e se con la morte lo spirito ritorna a D-io, ciò significa che lo spiri- to viene da Lui, è cioè la parte spirituale dell'uomo, vale a dire "l'immagi- ne e somiglianza" divine dell'uomo (cfr. Genesi, 1,26). 3) Nelle Benedizioni del Mattino diciamo: " Mio D-io) l'anima che Tu hai posto nel mio corpo... la toglierai da me per farla ritornare in me in un tempo futuro". Di nuovo viene evidenziato il concetto dell'anima che esce dal corpo. 4) A proposito della morte di Rachele sta scritto: " Ed avvenne quando fa sua anima usciva, perche lei stava morendo" ( Genesi, 18,35). Di nuovo si dice chiaramente che l'anima esce dal corpo. 5) Avigall dice a Davide: " L'anima del mio signore sarà racchiusa nel fascio della vita" (1 Samuele, 25,29). 6) E' stato insegnato nel Talmud: "Rabbl Eliezer ha detto: L'anima dei giusti è custodita sotto il trono divino, come è detto 'L'anima del mio signore sarà racchiusa nel fascio della vità " (1àlmud Bab., tratt. Shabbàt, 152b). 7) Come è stato insegnato nel Talmud: "Tutti i dodici mesi in cui il cor- po continua ad esistere, l' anima sale; e scende, dopo dodici mesi, quando il corpo si disfà" (TàlmudBab., tratt. Shabbàt, 152b). Inoltre nella letteratura cabalistica dello Zòhar e" nel Talmud c'è molto . materiale su questo argomento. Lo Zòhar spiega cosl il versetto 'Perche l'uomo non può vederMi e restare in vita' (Esodo, 33,20): tutto il tempo in cui l'uomo vive non può vede- re D-o, perfino Mosè nostro Maestro, il più grande fra gli uomini; ma quando la parte divina dell'uomo esce dal corpo non possiede più le limitazioni degli occhi e degli altri organi del corpo: allora la sua esistenza spirituale e metafisica si librerà senza limitazioni fisiche e potrà vedere tutto, anche la luce divina e tornerà al luogo in cui venne formata. In un altro punto dello Zòhar è scritto che tutte le anime ritornano al io della Verità passando per la grotta di Makhpelà, dove sono sepolti i Patriarchi. Nel Talmud, trattato Shabbàt, è scritto che quando una persona abbandona questo mondo, i suoi famigliari defunti gli vanno incontro per accoglierlo, e se sorridono è un buon segno per lui: significa che è destinato al :lo della Verità; se invece i suoi famigliari son tristi, questo è un brutto segno. Nello Zòhar e nei Pirqè de Rabbì Elièzer è scritto che quando l'uomo arriva nel Mondo della Verità "gli si fa vedere le vicende della sua faccia", gli si fa vedere cioè la sua vera faccia, come è nel Mondo della Verità, non : appariva in questo basso e mendace mondo: nel Mondo della Verità vedono la loro vera faccia e provano vergogna, non esiste una punizione più severa di questa, rispetto alla quale le punizioni del corpo non sono neppure da paragonarsi. Èb il Nachmanide scrive che i 60 anni delle tribolazioni di Giobbe non furono che un istante in confronto alle sofferenze del Ghehinòm. Il Talmud (trattato Chaghigà, 8) parla della situazione dell'uomo che ritorna al mondo dopo la sua morte. sorprendente notare la corrispondenza fra le ricerche degli studiosi ebrei di parapsicologia e quanto venne scritto nelle nostre fonti, anche di 2000 anni fa, su questo soggetto.

    ALLE RADICI DELLE PAROLE BIBLICHE DELL'ANIMA L’uomo, persona integrale inscindibile o invece dissociabile in corpo e anima, è perciò un tema molto ampio che ha risposte diverse perché trovano la loro radice nell’idea antropologica che hanno dell’uomo le varie religioni. Tra queste per noi però ha particolare interesse comprendere e recepire come il concetto si sia sviluppato nell’ebraismo, nel cristianesimo e nell’islam, cioè nelle tre religioni monoteiste che si rifanno all’Antico Testamento; tutto ciò ovviamente a partire dall’ebraismo che fu l’origine delle altre. Ricordo che alla base c’è una rivelazione, cioè una manifestazioni spontanea, ritenuta extraterrestre, del Dio del roveto ardente e del Sinai, che ha riversato conoscenza che hanno portato frutto. In primis è da porre attenzione sul termine che definisce "l’anima", per il quale nell’ebraico biblico si hanno due termini: noepoeshn, dallo stesso radicale npsh, respirare, alito, respiro, anima di uomini e animali, animo come sede dei sentimenti, desideri affetti; nishamah - nishamat, dal radicale ansare , alito soffio, spirito, anima, essere vivente. Ora, la storia d’Abramo, il padre della fede, al quale si rifanno le tre le religioni monoteiste, è narrata nel libro del Genesi, ed è là, allora, che è da cercare la chiave di volta dell’idea "sull’anima". Questa idea viene poi avvalorata dalla constatazione che, scrutando tutti i libri che costituiscono il canone ebraico della Bibbia, esce in modo inconfutabile il fatto singolare, senz’altro voluto, e perciò d’eccezionale interesse, che l’unico versetto in cui entrambi tali due termini e si trovano impiegati assieme è nel Capitolo 2 della Genesi, proprio al versetto 7 in cui è descritto il modo particolare con cui Dio creò l’uomo e lo pose nel paradiso terrestre, che così recita: "(allora) plasmò il Signore Dio l’uomo con la polvere della terra (rossa) e soffiò nelle sue narici un alito di vita e divenne l’uomo un essere vivente." (Gen. 2,7) Le precedenti volte che si trova sono in: Gen. 1,20 al momento della creazione dei primi animali, pesci e uccelli (5° giorno); Gen. 1,21 alla creazione dei mostri marini; Gen. 1,24 alla creazione del bestiame (6° giorno); Gen. 1,30 quando Dio parla di tutti gli esseri viventi eccetto l’uomo. Cioè si trova a caratterizzare l’aspetto della vita primitiva del regno animale soggetto all’uomo, mentre la prima volta che si trova è proprio nel versetto Gen. 2,7 quando è formato l’uomo, e la volta successiva è in Gen. 7,22 al momento del diluvio, quando è raccontato che morirono tutti gli esseri viventi, animali e uomini compresi, salvo i salvati nell’arca. Inoltre c’è un atto di Dio specifico: soffiò. È perciò indiscutibile la volontà dell’autore del libro del Genesi d’evidenziare una peculiarità dell’uomo rispetto agli animali, per la presenza d’una esplicito atto di Dio che l’ha dotato di parte del proprio respiro che è espressione antropomorfica per riferire il disegno d’includere l’uomo nella sua Santità e nella sua Luce, come è antropomorfica l’immagine di Padre e Figlio, che così in termini umani presentano realtà altrimenti incomprensibili. L’autore del Genesi pone, peraltro, in evidenza che "plasmò il Signore Dio l’uomo con la polvere della terra", che cioè usò materiale preesistente, ma nel contempo tiene ad evidenziare che ci fu un vero e proprio atto creativo. È così nel Genesi si può captare l’uomo quale essere particolare, in cui pur se esiste "un’anima - un respiro" come negli animali, cioè plasmato dalla terra, da Dio è stato evoluto fino a dotarlo di un’anima specifica , "un alito divino" unico, proprio solo dell’uomo, in quanto chiarirà il Genesi: "Dio creò l’uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò." (Gen. 1,27) Per lo "creò" usa ed i segni, che dicono di più sulla parola, suggeriscono "da dentro la mente (testa) l’originò ". Cioè lo progettò e l’attuò! E per riallacciarmi ad idee espresse prima e come vedremo più avanti: "con l’energia il Nome li segnò", "con l’energia che accende la vita li segnò." (Tra l’altro la parola Adamo = Adam = può separarsi in = A = Uno = Unico e dam = = () = "essere simile", quindi all’Uno simile.) Maschio e femmina ; non uomo e donna, ma entrambi uomo (come essere umano); vale a dire che il progetto di Dio è lo stesso ed il sesso è un accidente non fondamentale, ma contingente all’esistenza (tanto che la tradizione ebraica pensa che Adamo, prima d’essere separato da Eva, fosse un essere androgino). Così, è inequivocabile, entrambi, uomo e donna, hanno l’anima (tra l’altro in Gen. 1,27 è usato due volte creò), checché volesse insinuare l’illuminismo attribuendo alla Chiesa dubbi su questo tema, mai da questa seriamente avuti, come ben chiarisce nel testo "L'anima delle donne" di Vittorio Messori. Il fatto poi che l’anima fu infusa da Dio in Adamo prima della separazione di Eva dal suo costato ha provocato l’idea della ricerca dell’anima gemella. Chiaro avviso di ciò è nel libro della Sapienza (non canonico per l’ebraismo, ma per il cattolicesimo) scritto da un ebreo alessandrino del I° secolo a.C. in cui pare apparire un dualismo "un corpo corruttibile appesantisce l’anima." (Sap. 9,15) Per contro in tutta la descrizione della creazione del libro del Genesi non è usata la parola corpo, geviyyah, che indica corpo vivo o morto anche d’animale, bensì è usata la parola bashar tradotto in genere con carne, ma "ogni carne" in ebraico è usato per dire anche "ogni individuo", "ogni uomo", che è ben più che sola carne. Tra l’altro è di più di in quanto quest’ultimo è vicino a carcassa o a strumento di puro lavoro (come l’uso che si faceva dei corpi degli schiavi), con un accenno dispregiativo (popolo pagano si scrive con le stesse lettere). La parola appare per la prima volta nel versetto Gen. 2,21, e poi nel 23 (due volte) e nel 24, proprio quando da Adamo, fatto addormentare, Dio trasse fuori Eva, la prima donna, madre di tutti i viventi. Anche i termini uomo (Gen. 2,23) e donna (Gen. 2,22) appaiono per la prima volta in questi versetti: Gen. 2,21 "Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull'uomo, che si addormento: gli tolse una delle sue costole e richiuse la carne al suo posto." Gen. 2,22 "Il Signore Dio plasmò con la costola che aveva tolto all'uomo, una donna () e la condusse all'uomo." Gen. 2,23 "Allora l'uomo () disse: Questa volta essa è carne della mia carne e osso delle mie ossa. La si chiamerà donna perché dall'uomo () è stata tolta." Gen. 2,24 "Per questo l'uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne." La parola carne riapparirà (Gen. 6,3-12-13-17-19) al momento della decisione del diluvio universale, perché la carne s’era corrotta: "Allora il Signore disse: Il mio spirito non resterà sempre nell’uomo perché egli è carne () …" (Gen. 6,3) "Allora Dio disse a Noè: È venuta per me la fine di ogni uomo (di ogni carne, dice letteralmente in ebraico) perché la terra a causa loro, è piena di violenza." (Gen. 6,12) Questa carne corruttibile fu dal platonismo considerata contrapposta ad un’anima immortale (Sap. 3,1-3). Tale dualismo, che può implicare una superiorità dell’anima sul corpo, l’ebraismo cercò di evitarlo ed il pensiero che questi ha dell’anima traspare dalla seguente preghiera recitata al mattino al risveglio: "Mio Dio l’anima (nishamah) che mi hai dato è pura. Tu l’hai plasmata in me, con il Tuo alito l’hai ispirata in me e tu la custodisci in me; un giorno tu la riprenderai, per rendermela in un futuro di cui siamo in attesa. Per tutto il tempo in cui l’anima resterà in me, ti ringrazierò, o Signore, mio Dio e Dio dei miei padri, sovrano di tutti i mondi, Signore di tutte le anime. Sii benedetto Signore che rendi le anime ai corpi morti." (da Berachot 60 b) Per far soppesare la consistenza dell’idea unitaria corpo-anima pensata nell’ebraismo propongo invece la parabola di Rabbi Jehuda ha-Nasi, che evidentemente si riferisce al racconto del giardino dell’Eden: "Un guardiano storpio e un guardiano cieco dovevano custodire un frutteto. Disse quindi lo storpio al cieco: Vedo della frutta primaticcia nel frutteto, vieni, prendimi in spalla e raccogliamola per mangiarla. Il guardiano storpio salì quindi sulle spalle del cieco, raccolsero la frutta e la mangiarono, ma quando giunse il padrone del frutteto capì cosa avevano fatto i due guardiani; fece sedere lo storpio sulle spalle del cieco e li giudicò come una sola persona. In tal guisa anche il Santo, benedetto Egli sia, riconduce l’anima nel corpo e li giudica come una sola cosa." (Sanhedrin 91 a - b) Ovviamente si parla dell’anima perfetta, nishmat, soffiata da Dio che risorgerà la carne purificandola col fuoco della risurrezione. Molte di queste idee si trovano peraltro anche nella seguente parabola ebraica, di cui in qualche modo sono simili le forme, che dimostra la continuità di pensiero in questo campo delle due spiritualità che hanno lo stesso fondamento: "Come il Santo, Benedetto Egli sia, colma il mondo intero, così l’anima colma tutto quanto il corpo; Come il Santo, Benedetto Egli sia, vede e non è visto, così anche l’anima vede e non è vista; Come il Santo, Benedetto Egli sia, nutre il mondo intero, così l’anima nutre tutto quanto il corpo; Come il Santo, Benedetto Egli sia, è puro, così anche l’anima è pura; Come il Santo, Benedetto Egli sia, dimora nelle stanze più interne, così anche l’anima dimora le stanze più interne. Venga dunque colei che raccoglie in sé queste cinque qualità e lodi Colui che raccoglie in se queste cinque qualità." (in Berachot 10a) E c’è il senso dell’amata che attende l’amato, perché sono un’anima sola. Non a caso l’idea di fondo della parabola (midrash) tracciata dal Genesi è di Adamo ed Eva in una carne sola. Eva, tratta da Adamo ha per la logica del racconto la stessa anima d’Adamo, perché Dio non risoffiò su Eva, ma "Il Signore Dio plasmò con la costola che aveva tolto all'uomo, una donna e la condusse all'uomo." (Gen. 2,22) Per l’Islam, sotto l’influsso greco l’anima (dall’arabo nafs, vicina al noepoesh ebraico) è incorporea, "non è racchiusa nel corpo", né gli sta vicina, essa gli sta attaccata come l’amante lo sta alla sua amata, "è creata, quando i corpi sono completi, ma è immortale" (Al Baydawi); l’anima lascerebbe il corpo nel sonno, quando si sogna. (Ibn Qayyim al Diawzziyya)

    In ultima analisi non c'è distinzione tra materiale e spirituale, è sempre
    la stessa energia che si può percepire in varie forme, in base ai sensi che si
    possiedono.
    Esiste solo Lui.
     
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    La Coscienza è il tessuto della realtà – Fisici affermano l'unità di tutte le cose
    Dioni - Riccardo Lautizi

    “Cos’è la coscienza? Io credo che siamo in grado di rispondere a queste domande, anche se le risposte non hanno un consenso totale nella comunità scientifica. Con la scoperta del campo unificato, il cosiddetto campo della superstringa, siamo in grado di comprendere che la vita è fondamentalmente ‘Uno’. Alla base della diversità della vita c’è ‘unità’. Alla base, ‘io e te siamo uno’. È questa unità, alla base di mente e materia, è coscienza, coscienza universale. C’è questa profonda comprensione che la coscienza non è creata dal cervello, che non è semplicemente il risultato di una reazione molecolare, di processi chimici nel cervello, ma è l’aspetto fondamentale in natura, è il nucleo essenziale della natura, quello che chiamiamo il ‘campo unificato’.”

    John Hagelin. (Fairfield, 9 giugno 1954) è un fisico teorico quantistico statunitense di fama mondiale, specializzato nella teoria delle superstringhe. Noto per le sue ricerche nelle teorie di unificazione dei campi. Maharishi lo considerava essere ‘la voce del Campo Unificato’.

    “Tutta la materia origina ed esiste solo in virtù di una forza, che porta la particella di un atomo allo stato vibrazionale, e che tiene assieme questo piccolissimo sistema solare dell’atomo. Dobbiamo assumere, dietro a questa forza, l’esistenza di una mente cosciente ed intelligente. Questa mente è la matrice di tutta la materia.”

    Max Planck. Karl Ernst Ludwig Marx Planck, detto Max (Kiel, 23 aprile 1858 – Göttingen, 4 ottobre 1947), è stato un fisico tedesco. Ha ideato la teoria dei quanti e la meccanica quantistica che, insieme con la teoria della relatività di Albert Einstein, è uno dei pilastri della fisica moderna.

    “Ad un livello molto profondo la materia e la coscienza sono completamente inseparabili e interconnesse, proprio come in un videogame il giocatore e lo schermo sono uniti dalla partecipazione in un processo comune. In questa visione, la mente e la materia sono due aspetti di un unico tutto e non sono più separabili di quanto non lo siano la forma e il contenuto. A livelli molto profondi la coscienza dell’umanità è una. Questa è una certezza virtuale perché anche nel vuoto la materia è una, e se noi non vediamo questo, è perché siamo ciechi di fronte a questa realtà… Vorrei dire che nel mio lavoro scientifico e filosofico il mio principale interesse è stato di comprendere la natura della realtà in generale e della coscienza in particolare come un tutto coerente, che non è mai statico o completo ma che è un processo senza fine di movimento e di apertura… Come un’attenta osservazione mostra, uno può sentire un senso di flusso nella corrente della coscienza che non è dissimile dal senso di flusso nel movimento della materia in generale. Non potrebbe dunque il pensiero stesso una parte della realtà come un tutto?’ ‘La nozione di identità permanente andrebbe messa da parte. Questo sarebbe terrificante all’inzio. La mente presente, identificata com’è con la personalità, reagirebbe per proteggere il senso di “sè” personale contro tale terrore.”

    David Bohm. (Wilkes-Barre, 20 dicembre 1917 – Londra, 27 ottobre 1992) è stato un fisico e filosofo statunitense. Ha elaborato la cosiddetta interpretazione di Bohm della meccanica quantistica (nota anche come teoria De Broglie-Bohm). Bohm ha inoltre elaborato la cosiddetta teoria olografica, per cui nell’universo esisterebbe un ordine implicito (implicate order), che non vediamo e che Bohm paragona ad un ologramma, nel quale la sua struttura complessiva è identificabile in quella di ogni sua singola parte, e uno esplicito (explicate order) che è ciò che realmente vediamo.

    “La coscienza è il teatro, e precisamente l’unico teatro su cui si rappresenta tutto quanto avviene nell’Universo, il recipiente che contiene tutto, assolutamente tutto, e al di fuori del quale non esiste nulla. La sola possibilità è di accettare l’esperienza immediata che la coscienza è un singolare di cui non si conosce plurale; che esiste una sola cosa, e ciò che sembra una pluralità non è altro che una serie di aspetti differenti della stessa cosa, prodotta da un’illusione (il maya indiano); la stessa illusione è prodotta da una serie di specchi, e allo stesso modo Gaurisankar e il monte Everest risultano essere la stessa vetta vista da differenti vallate.”

    Erwin Schrödinger. Erwin Rudolf Josef Alexander Schrödinger (Vienna, 12 agosto 1887 – Vienna, 4 gennaio 1961) è stato un fisico e matematico austriaco. È noto per i suoi contributi alla meccanica quantistica, in particolare per l’equazione d’onda, poi chiamata equazione di Schrödinger in suo onore, per la quale vinse il Premio Nobel per la fisica nel 1933, e per il famoso esperimento mentale del gatto di Schrödinger.

    “La coscienza è il fondamento dell’esistenza. In cui il cervello è una possibilità materiale, che può essere un canale di espressione della coscienza, e tuttavia non è che un epifenomeno della coscienza stessa. La coscienza è il fondamento dell’esistenza al di là del cervello e di qualsiasi e di qualsiasi cosa possiamo immaginare, ipotizzare o intuire. È incredibile, per me, che tutte quelle persone intelligenti capaci di costruire grandi acceleratori e condurre ricerche, diciamo così, avventurose, non nutrano poi il minimo dubbio sulla loro metafisica di base, secondo la quale tutto è solo e unicamente materia. La mente, la consapevolezza, non sono altro che epifenomeni del cervello. Se davvero fossimo fatti in questo modo, non esisterebbe il libero arbitrio, la libertà di dare un nuovo significato alle cose. In altre parole, non avremmo alcuna creatività. Dobbiamo porre la nuova concezione della consapevolezza mondiale alla base di tutto l’essere, perché la fisica quantistica ci insegna ad includere tutte e quattro queste esperienze. La fisica quantistica semplicemente afferma che se la materia consiste in possibilità di consapevolezza, allora anche la mente, le energie vitali che percepiamo e gli archetipi che intuiamo possono rientrare tra le possibilità della consapevolezza, e se qualcuno solleva l’obiezione del dualismo, la mia risposta è molto semplice: qual è il mediatore tra la mente e la materia? La consapevolezza. E in che modo si attua questa mediazione? Tramite la comunicazione non-locale, una comunicazione che non richiede segnali, perché essi fanno tutti parte della consapevolezza stessa. La consapevolezza interagisce con se stessa. Non richiede segnali locali, per cui non viene violata nessuna legge fisica. La consapevolezza è il fondamento di tutto l’essere, inclusa la materia. La materia consiste di onde di possibilità tra cui la consapevolezza può scegliere. Considerando le cose in questo modo, si possono spiegare anomalie come l’effetto osservatore, paradossi come quello della misurazione quantica e molti altri ancora. Prima ho cominciato a spiegare il paradosso della percezione. Tutte queste cose possono essere spiegate benissimo dalla nuova scienza. Di fatto, stiamo assistendo alla nascita di una scienza libera da paradossi, a patto che cominciamo a lavorare con l’idea che la consapevolezza è il fondamento di tutto l’essere.”

    Amit Goswami, fisico quantistico nato in India, ha conseguito il dottorato in Fisica nucleare teorica all’Università di Calcutta nel 1964. È stato professore di Fisica all’Università dell’Oregon fino al 1968; attualmente insegna all’lnstitute of Noetic Sciences, ail’Holmes Institute di Los Angeles, all’UNIPAZ in Brasile, alla Theosophical Society, all’Holma College of Holistic Studies in Svezia, al Sivananda International Yoga and Vedanta Centers. È autore di cinque libri.

    “C’è una sola Anima nell’universo. Una Coscienza capace di far venire alla luce una realtà e toglierla dalla manifestazione. Se hai questa esperienza è perché ti sei identificato o stai lavorando per riconoscere questo tipo specifico di consapevolezza o ne fai parte. Non è che tu abbia una mente e il signor Jones un’altra e la signora Smith un’altra ancora, ma tu, Jones e Smith siete una mente sola. Il riconoscere che sei una sola mente – mentre può apparire spirituale, bello – dal punto di visto quantico puoi darne una prova logica. Questo accendersi e spegnersi della realtà è una parte molto importante: indica che la mente o questa Mente unica fa parte del mondo fisico. La realtà non è solo il mondo fisico, è la relazione della mente con il mondo fisico che ci procura la percezione della realtà. Non c’è realtà senza la percezione di quella realtà. Quello che potrebbe essere la realtà senza quella percezione della realtà è inconoscibile. Non sappiamo che cosa sia. Possiamo solo assumere che è quello che è, quando non l’osserviamo – una supposizione densa di problemi. Vi è un antico problema filosofico di questo tipo: sono in una stanza e osservo un giardino da una finestra. Decido di lasciare la stanza, vado in quella attigua, chiudo la finestra, creando il buio completo. Risultato: cosa accade al giardino? La risposta è: se fossi la sola coscienza che è mai esistita ora ed in futuro, il giardino sparisce all’istante in cui vado nella stanza buia. La gente lo trova incomprensibile. Allora la questione è la seguente: supponiamo che vi sia un’altra persona che continua a guardare e a vedere il giardino ed io sono nella stanza buia, che cosa mi dice questo? In fondo ci dice che una parte di te vede la luce e una parte di te osserva il buio. Ma tu stesso non sei né nel buio né nella luce completamente. Sei una sola coscienza in quello che sembra diviso in due parti, ma è pur una sola coscienza. Anche se sembra essere in due posti diversi, non lo è. Se supponi che vi è una coscienza separata o menti separate nel mondo, sei in un paradosso, poiché dal tuo punto di vista, se sei una mente sola, se guardi il mondo, lo esamini e cerchi di capire come funziona, concludi scientificamente che la fisica quantica governa queste leggi operative. Esiste da piu’ di 100 anni e le sue leggi funzionano universalmente. Quello che preannuncia riguardo al mondo non è come il mondo sembra apparire. Preannuncia strani accavallamenti di realtà, realtà parallele e oggetti che esistono in due luoghi allo stesso tempo e questo tipo di cose. Allora ti domandi: com’è che gli oggetti non appaiono in due posti diversi allo stesso tempo, il mondo sembra coincidere ed appare unico? Secondo la fisica quantica questi paradossi sono spesso risolti: ossia quando ha luogo un’osservazione tutto quanto cade insieme in una realtà singola e non multipla. Questo è quanto fa la mente.”

    Fred Alan Wolf, chiamato anche Dottor Quanto, Oltre ad essere un fisico quantistico e uno scrittore, ha insegnato in numerose università, in USA e in Europa. La sua passione e la sua competenza nell’ambito della fisica quantistica e negli studi sulla coscienza emergono con evidenza dalle sue numerose pubblicazioni scientifiche. Fred Alan Wolf durante la sua vita ha incontrato e collaborato con alcuni dei più famosi scienziati del nostro tempo, tra cui Bohm, Feynman e Heisenberg.
     
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    Aialon mi prendo un attimo per risponderti, comunque molto interessante, avrei bisogno di qualche chiarimento in più.
    Scusami se non riesco a risponderti subito
     
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    Interessantissimo, grazie.
    Una domanda per vedere se ho ben compreso quello che sto studiando:

    Leggendo nei Salmi, spesso vedo come ci siano invocazioni dirette alla propria nefesh, di lodare l'Eterno e richieste all'Eterno di "innalzarla": dato che parli di un continuum tra i vari "gradi" dell'anima, così come credo avvenga, al di là della loro schematizzazione per le Sephiroth, si può dire che nei Salmi e nelle preghiere con "nefesh", per estensione, si intenda tutto il "corpus" dei diversi gradi dell'anima? (Includendo anche il corpo ovviamente).
     
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    Eccomi :)
    Forse non ho capito bene, ma con Nefesh si intende uno "spirito" del corpo, ma non la "polvere" con cui è composto giusto? In tal caso una distinzione tra materiale e spirituale sussisterebbe, dimmi se sbaglio.

    Poi non ho capito bene una cosa, all'inizio scrivi che Nefesh è anima animale e che Ruach è soffio o spirito, ma subito dopo nel discorso dici diversamente, cioè che Ruach è l'anima e Neshamat lo spirito.
    Quale delle due versioni è corretta?

    È interessante perché sono legate insieme e riprende un po' quello che credo anch'io, oltre ai principi della psicosomatica, credo anche che sia giusto "porre l'anima tra il corpo e lo spirito". Per un cristiano la vera vita è inizia quando lo spirito di Dio si lega allo spirito dell'uomo, facendolo rivivere e "ricollegandolo" a Dio, e poi nella disciplina facendo si che sia lo Spirito ha indirizzare, nutrire l'anima e quest'ultima non si faccia trascinare dai desideri del corpo, ma che anche questi debbano essere guidati dallo Spirito per essere vissuti e curati bene. È interessante perché quello che hai scritto lo troco vicino a ciò che credo.

    "Ora secondo la dottrina della Qabalah, l'uomo, invece di vivere nella Divinità e di ricevere costantemente da lei l'influsso di cui ha bisogno, si è immerso sempre più nell'amore di se stesso e nel mondo dell'errore, dal momento della sua caduta o subito dopo, così da lasciare il suo centro eterno per la periferia. Questa discesa e l'allontanamento sempre maggiore dalla Divinità hanno avuto come conseguenza un decadimento dei poteri nella natura umana, e quindi nell'umanità intera. La scintilla divina sempre più si è oscurata nell'uomo, e Neshamah ha perso l'unione intima con Dio. Allo stesso modo Ruah si è allontanato da Neshamah e Nephesh ha perso la sua intima unione con Ruah. A causa di questo decadimento generale e del rilassamento parziale dei legami tra gli elementi, la parte inferiore di Nephesh, che nell'uomo originariamente era un corpo luminoso, è diventata il nostro corpo materiale; perciò l'uomo è stato assoggettato alla dissoluzione nelle tre parti principali della sua costituzione."

    E mi ritrovo anche in queste parole e mi chiedo... Chi crede nella Qabalah come ritiene possibile un ricongiungimento? O pensate che in ogni caso una piccola scintilla, da alimentare, sia rimasta e da tale un uomo può farcela da se a ritornare al principio? Perché noi cristiani crediamo che solo dall'alto può avvenire questo, una volta che lo spirito si è scollegato per opera del peccato, che è il contrario dell'amore, è stata necessaria un opera di rigenerazione.

    Poi sulla teoria della morte e del rapporto tra gli elementi che ci compongono eccetera, la trovo interessante, volevo chiederti se c'è qualche base per osservarla dal Tanach?
    In realtà mi interesse leggere anche in altri punti dove si parla di Nefesh, dove di Ruach e dove di Neshamath, perché già un anno fa avevo visto che nelle bibbie italiane sulla traduzione di questi termini c'era un po' di confusione.
     
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    Poi non ho capito bene una cosa, all'inizio scrivi che Nefesh è anima animale e che Ruach è soffio o spirito, ma subito dopo nel discorso dici diversamente, cioè che Ruach è l'anima e Neshamat lo spirito.
    Quale delle due versioni è corretta?

    Dopo (se non sbaglio) espone la nomenclatura delle "anime" per la Qabbalah.

    La nefesh include anche il corpo, dopo il Soffio l'uomo diviene una nefesh, in tutto il suo essere: fisico, mentale, animico ecc ecc

    CITAZIONE
    Chi crede nella Qabalah come ritiene possibile un ricongiungimento? O pensate che in ogni caso una piccola scintilla, da alimentare, sia rimasta e da tale un uomo può farcela da se a ritornare al principio?

    Sembra paradossale, ma (qui mi rifaccio un po' a come la dice rav Laitman, per lo piú), l'uomo può farcela di per sé e... Non puó senza l'aiuto di D-o.

    L'uomo, con la scintilla che nulla puó estinguere, perché divina, arriva nel corso del gilgul a sentire prima o poi esigenza della gioa autentica, quella non distruttibile nello spazio tempo.
    Questa è la Luce che D-o emana e che, attraverso dei "filtri", arriva fino a questo Olam.

    Elevandosi spiritualmente, combattendo l'egoismo l'uomo si innalza spiritualmente e diventa sempre più capace di godere la Luce con sempre meno filtri: è come sintonizzare la propria volontà sulla frequenza di quella del Creatore.

    Ma tutto allo stesso tempo proviene da ed è D-o stesso.
    Quindi senza la Sua Luce, che comunque arriva, senza il Suo aiuto, non si potrebbe salire la "scala".

    È un incontro di volontà, e in ultima analisi alla fine si esperisce che solo Lui è e che c'è solo infinita gioa, luce e amore.

    Ho fatto un riassunto proprio brutto :lol:
     
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14 replies since 26/10/2015, 20:02   821 views
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