Un'usanza pasquale?

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    Leggendo il racconto di Pasqua:

    Esodo 12:21-26
    21 Mosè convocò tutti gli anziani d'Israele e disse loro: «Andate a procurarvi un capo di bestiame minuto per ogni vostra famiglia e immolate la pasqua. 22 Prenderete un fascio di issòpo, lo intingerete nel sangue che sarà nel catino e spruzzerete l'architrave e gli stipiti con il sangue del catino. Nessuno di voi uscirà dalla porta della sua casa fino al mattino. 23 Il Signore passerà per colpire l'Egitto, vedrà il sangue sull'architrave e sugli stipiti: allora il Signore passerà oltre la porta e non permetterà allo sterminatore di entrare nella vostra casa per colpire. 24 Voi osserverete questo comando come un rito fissato per te e per i tuoi figli per sempre. 25 Quando poi sarete entrati nel paese che il Signore vi darà, come ha promesso, osserverete questo rito. 26 Allora i vostri figli vi chiederanno: Che significa questo atto di culto? 27 Voi direte loro: È il sacrificio della pasqua per il Signore, il quale è passato oltre le case degli Israeliti in Egitto, quando colpì l'Egitto e salvò le nostre case».

    Non sono un'esperto delle consuetudini durante le festività ebraiche e ho una curiosità da porre.
    Vorrei sapere se esiste un'usanza ebraica, o addirittura un precetto, che vieti di uscire la sera in cui si consuma il seder, oppure se l'indicazione di non uscire dipende semplicemente dal fatto che in quel momento stava passando l'angelo del Signore, e dunque chi fosse uscito sarebbe morto. Il divieto ad uscire è tra gli ebrei è valido anche oggi, è inteso come un divieto?
    Se ad esempio si invitano delle persone per la Pasqua, non possono tornarsene a casa fino alla mattina dopo? Mi parrebbe strano.

    Grazie dell'attenzione
     
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  2. Hard-Rain
     
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    Non si può uscire dal luogo in cui ci si trova neppure per lo shabbath se non per pochi metri o almeno ricordo che quando Avraham venne a trovarmi capitò di venerdì e mi ricordo che disse che non poteva viaggare (se non per una certa distanza massima ammessa) dal tramonto del venerdì fino a quello del sabato, quindi venne a trovarmi nella mattinata di un venerdì per non violare il sabato. Si veda anche qui: www.torah.it/archivio%2065/6516.htm

    Sentiamo nel caso delle festività di Pasqua, molto interessante da applicarsi nel caso di Gesù, che secondo i vangeli uscì dalla stanza in cui si celebrava la Pasqua per andare nell'orto degli Ulivi con i discepoli. Tra l'altro come si fa a conciliare la cronologia giovannea col divieto generale di non uscire in qualunque shabbath? Secondo giovanni la Pasqua di Gesù, l'ultima cena, fu celebrata un venerdì sera.
     
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    Infatti l'ho chiesto in riferimento all'orto degli ulivi.
    O Gesù se ne infischiò della legge (almeno il giorno della sua morte!), oppure c'è qualcosa che ci sfugge. Quanta strada può aver fatto per andare fino all'orto degli ulivi?
    Comunque sia, serve un halachista.
     
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  4. Hard-Rain
     
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    La pagina di cui ho dato il link afferma:

    QUOTE
    Il Sefer HaChinuch (Mizvà 24) codifica secondo Maimonide il divieto che vige di Shabbat di uscire dal limite fissato dalla Torà (12 mil). Si tratta della distanza massima che si può raggiungere di Shabbat oltre l’ultima casa di una città. I nostri Saggi hanno poi ristretto questo divieto ad un solo mil (2000 cubiti) [in unità moderne circa 1 km].

    Il sabato ebraico ovviamente inizia al tramonto del venerdì, quando in cielo si vedono le prime stelle. Sentiamo gli esperti, comunque. A dicembre/gennaio sarò in Israele e visiteremo i luoghi, cercherò di farmi un'idea sul posto delle distanze... Bisogna che mi faccia una lista di cose da verificare sul campo (sono parecchie, passando dal precipizio di Nazaret alle cave di Qumran....).
     
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    אריאל פינטור

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    Il sabato ebraico ovviamente inizia al tramonto del venerdì, quando in cielo si vedono le prime stelle. Sentiamo gli esperti, comunque. A dicembre/gennaio sarò in Israele e visiteremo i luoghi, cercherò di farmi un'idea sul posto delle distanze... Bisogna che mi faccia una lista di cose da verificare sul campo (sono parecchie, passando dal precipizio di Nazaret alle cave di Qumran....).

    Di Shabbat si esce regolarmente e si passeggia. Si marcia nell'ambito della città. Altrettanto vale per le feste solenni. Gli obblighi di Shabbat sono gli stessi che nelle festività (la regola si fonda sullo Shabbat). Vi sono poi delle festività in cui alcune cose si possono fare.
    Gesù può tranquillamente essere andato all'orto, dal cenacolo. A kiriat Arba si va a piedi per venti minuti per arrivare a Maarat hamachpelà (Tombe dei Patriarchi). non è permesso viaggiare da una città all'altra. Infatti non venimmo da te di Shabbat, perché tu abiti fuori Bologna, ma a Bologna ci siamo spostati senza nessun problema.

    Sul piano halachico la distanza massima percorribile è di 2000 cubiti, cioè 960 metri ma si intendono in linea retta. Quindi cambiando direzione la distanza può aumentare (cioè se "A" dista da "B" 960 metri lineari ma occorre fare varie giravolte e differenti cambi di direzione per arrivarci, si considera che si è semmpre nei limiti permessi).
    In ogni caso l'opinione rabbinica è che nei limiti della stessa città questo limite è definito dall'ultima casa. Sempre secondo alcuni rabbini, quando l'halachà fu promulgata le città erano circondate e delimitate da mura. Oggi se vi sono agglomerati urbani in continuità, questa distanza non si considera, in quanto non vi è soluzione di continuo tra le case e non vi è grande spazio che interrompa l'abitato. Laddove vi sia una demarcazione evidente allora quello è il limite.
    Secondo altri, invece, questo ragionamento non è valido, in quanto nei tempi biblici le città circondate da mura erano poche, Yerushalaim, Yerichò e Hevron, mentre la maggior parte non ne avevano. Quindi va intesa sempre la regola dell'ultima casa e l'agglomerato contiguo va inteso nel senso che può essere ampliato il perimetro grazie al fatto che vi sono vari "eruv", postazioni transitorie di riposo o di ristoro, come chioschi, capanne, tende ecc.
    Tutto questo va inteso sempre andando a piedi e non, ovviamente, in auto.

    CITAZIONE
    Il sabato ebraico ovviamente inizia al tramonto del venerdì, quando in cielo si vedono le prime stelle.

    Non esattamente: Shabbat inizia esattamente al tramonto di "yom shishì" (sesto giorno: venerdì) (si assumono circa 5 minuti dalla scomparsa del sole) e termina quando, l'indomani sono visibili TRE STELLE

    Edited by Negev - 30/11/2010, 20:37
     
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  6. Hard-Rain
     
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    La risposta di Negev è estremamente precisa ed esauriente. Grazie. Rispondo così sale in alto e Polymetis la legge...
     
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    אריאל פינטור

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    Il perimetro può essere ampliato creando, di Shabbat in Shabbat, degli "eruv", cioè delle installazioni, come una tenda, un chiosco con qualche bevanda, un posto di ristoro, una piccola postazione che sposti il punto più lontano della città e permetta di aggiungere un altro Km. Questa pratica è usuale in Israele, molto più complicata nella diaspora, ad esempio in una città come Roma o New York, dove le distanze sono immense
     
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    Avevo già letto la risposta, davvero esauriente, grazie.
     
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    אריאל פינטור

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    Dimenticavo un'altra risposta: la sera del seder di Pesach, dopo la cena rituale è perfettamente lecito uscire di casa e passeggiare
     
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  10. sky@line
     
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    Tra l'altro come si fa a conciliare la cronologia giovannea col divieto generale di non uscire in qualunque shabbath? Secondo giovanni la Pasqua di Gesù, l'ultima cena, fu celebrata un venerdì sera.

    Mi pare che la cronologia Giovannea sarebbe perfetta se non entrasse in conflitto con i sinottici. Intanto Giovanni non dice espressamente che l'ultima cena di Gesù fosse un seder di Pesah, e dovette comunque svolgersi al più tardi il giovedì sera, o se vogliamo all'inizio del venerdi. Giovanni sostiene infatti che il giudizio e la crocifissione di Gesù avvennero di venerdi, sottolineando, nel rispetto della tradizione, la premura di tirare giù i corpi dalle croci prima dell'inizio dello shabbath, e di deporre quanto prima il corpo di Gesù nel sepolcro più vicino al Golgota sempre a motivo del sabato incombente.
     
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    אריאל פינטור

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    Se si trattava del seder di Pesach, valgono le stesse regole di Shabbat.
    Bisognerebbe capire se la celebrazione seguiva il calendario ebraico o, come da alcuni sostenuto, seguiva il calendario esseno
     
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  12. sky@line
     
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    In effetti a sentire Giovanni sembra che la Peshac cui si fa riferimento sia quella propriamente ebraica, ancora da celebrarsi e che quell'anno cadeva di sabato con tutte le preoccupazioni del caso. In Giovanni vi è la certezza che alla cena della Pasqua ebraica l'esperienza terrena di Gesù si era sostanzialmente già conclusa.
    Nei sinottici la Pasqua, questa volta chiaramente riferita a Gesù e ai suoi discepoli, sembra invece cadere di venerdì. Anche per i sinottici il sabato è comunque escluso dagli eventi ma, come ci ricorda Negev, a Pasqua vigono le stesse regole dello shabbath. Mi riesce allora difficile credere che proprio nel giorno solenne della festività di Pasqua, invece di riposarsi e festeggiare, il sinedrio insieme ai romani e parte del popolo fossero tutti indaffarati nel pubblico giudizio e nella sentenza capitale di tre individui.
     
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    אריאל פינטור

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    il sinedrio insieme ai romani e parte del popolo fossero tutti indaffarati nel pubblico giudizio e nella sentenza capitale di tre individui.

    Già a momte è impossibile, perché:
    - Il Sinedrio non poteva nel modo più assoluto riunirsi di notte (dopo il tramonto) e ancora meno poteva deliberare di notte e ancora meno una condanna a morte (cosa tra l'altro impossibile sotto il dominio romano)

    - Il Sinedrio era composto da 70 membri e un presidente (nassì). Convocare e riunire 71 persone, senza telefono, e mail, sms ecc è molto complicato image.
    Possibile che non ci fosse nemmeno un osservante serio che si rifiutava di infrangere le regole, accettando di riunirsi di notte ecc?
     
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  14. sky@line
     
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    I sinottici affermano però che il sinedrio si riunì ufficialmente all'alba. Giovanni addirittura non parla proprio di sinedrio, e pone all'alba il rinvio di Gesù al pretorio dopo una notte di interrogatori presso le case di Anna e Caifa. Ed è lo stesso Giovanni che sottolinea il divieto per gli ebrei di emettere sentenze capitali.

    Il fatto è che per i sinottici saremmo nel giorno della solennità di Pasqua, con il sinedrio e il popolo un pò troppo "distratti" dalla vicenda gesuana, mentre per Giovanni gli ebrei esitano perfino ad entrare nel pretorio per non contaminarsi in vista della Pasqua imminente. Se l'osservanza religiosa degli ebrei è un metro di giudizio ai fini dell'attendibilità storica allora Giovanni mi sembra assai più credibile.
     
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  15. Hard-Rain
     
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    Ma l'anomalia si potrebbe in parte spiegare se si ammette che la Pasqua di Gesù non coincidesse con la Pasqua ebraica. Gesù avrebbe celebrato nell'ultima cena una Pasqua che, in base ai calendari, cadeva un po' prima di quella ebraica ufficiale di Gerusalemme (cioè il 14 di Nisan del suo calendario era anticipato risp. al 14 di Nisan ufficiale di Gerusalemme). In effetti non si parla mai della consumazione dell'agnello, nel corso dell'ultima cena, nè che qualcuno sia mai stato inviato per macellare l'agnello presso il tempio per la cena, i dodici probabilmente festeggiarono prima la Pasqua secondo un calendario religioso diverso da quello dei sacerdoti e del Sinedrio. Negev e Abramo sicuramente posso darci ulteriori spiegazioni di come si svolge il seder pasquale, anche se adesso il secondo tempio non c'è più e credo di non sbagliare se dico che attualmente non è previsto alcun agnello nel seder pasquale "moderno" (cioè post secondo tempio) (sentiamo comunque Negev e/o Abramo). La letteratura giudaica apocrifa e i testi di Qumran documentano il fatto che sono esistiti dei calendari solari a festività fisse, diversi da quello lunisolare ufficialmente in vigore a Gerusalemme. Se Gesù era un ebreo esseno, oppure si conformò a qusto calendario, si potrebbe spiegare la contraddizione. Gli Esseni all'epoca erano un bel movimento, Flavio Giuseppe afferma che ce n'erano in giro per la Palestina quasi quanto i Farisei. Far parte degli Esseni non era una cosa improbabile, Flavio Giuseppe stesso studiò presso gli Esseni ed ebbe una fase della sua vita in cui fece parte del gruppo, in giovane età.
     
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188 replies since 27/11/2010, 16:36   5881 views
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