Consulenza ebraica per lo studio del Cristianesimo e dell'Islam

Posts written by Ayalon

  1. .
    CITAZIONE (zerzan @ 28/10/2017, 20:32) 
    Qualcuno mi può spiegare? Grazie

    Antropomorfismi biblici
    il caso di Esodo 33:18-23
    Parte 1
    Autore:©
    Avraham Israel, diritti riservati – Ultima revisione
    : 13/10/2007

    Per antropomorfismo (dal greco
    ¥nqrwpoj
    = uomo e
    morf»
    = forma, aspetto esteriore) si intende
    l’attribuzione di forme fisiche e di sentimenti uman
    i alle figure divine nelle varie culture religiose.
    Nelle diverse traduzioni della Bibb
    ia ebraica si riscontrano passaggi
    che, per la forma in cui sono
    stati resi in traduzione dal testo ebraico originar
    io, sembrano conferire a D-
    o caratteristiche umane.
    In un importante passaggio del libro dell’Eso
    do, Es. 33:18-23, D-o che parla a Mosè sembra
    possedere un volto visibile dagli altri esseri uman
    i, appare confinabile al
    l’interno dell’universo,
    camminare sulla terra ed avere persino mani e spa
    lle, come fosse simile ad una delle sue creature
    terrestri. Un attento studio del testo ebraico condo
    tto da Avraham Israel illustra il reale significato
    dei termini ebraici che ricorrono in
    Es. 33:18-23 e ci restituisce
    il senso più probabile del passo,
    dedotto in base al contesto letterario, alla tecni
    ca di composizione della Bi
    bbia ebraica, che utilizza
    spesso espressioni figurate e allegorie, alla trad
    izione rabbinica e alle complesse sfumature della
    lingua ebraica, spesso ostiche al semplice lettore
    e persino al biblista “o
    ccidentale”. L’analisi
    dimostra come le parole che ricorrono nel test
    o ebraico abbiano un significato altamente simbolico
    e non possano essere ricondotte semplicemente a te
    rmini comunemente utilizzati per esprimere parti
    del corpo umano, come appare leggendo le divers
    e traduzioni della Bibbi
    a ebraica. Anche per
    questo, più che di “traduzioni” dovremmo parlare di
    “versioni” od “interpretazioni” della Bibbia
    ebraica nelle varie lingue, del resto già la vo
    calizzazione masoretica,
    dalla quale provengono le
    varie traduzioni dall’ebraico, è una
    forma di interpretazione di un testo ebraico che anticamente era
    consonantico. La relazione di Avraham Israel ci rest
    ituisce la visione che la religione ebraica ha da
    sempre di D-o, che non può essere descritto da
    un punto di vista antropom
    orfo oppure confinato
    all’interno di uno spazio, fosse anche l’intero universo
    materiale, in quanto “E
    gli Stesso è lo spazio,
    il Luogo, è la Presenza Divina che genera lo Spazi
    o, alimenta ogni cosa, l’
    energia da Lui emanata
    mantiene in movimento le particelle degli atomi e permette l’esistenza della materia che sta sempre
    all’interno di uno spazio”.
    2. Alcuni antropomorfismi nella Bibbia ebraica
    Nella Bibbia ricorrono comunemente
    espressioni figurate e simbolic
    he quali: “braccio del Signore”,
    “dito di D-o”, “mano di D-o”, ecc. Queste espres
    sioni non vengono riferite solamente alla Divinità,
    inoltre frasi come “per mano di” oppure “la mano di
    ” non sempre vanno intese in senso letterale ma
    spesso indicano la causa dell’azione in modo
    figurato. La stragrande maggioranza di queste
    espressioni sono parte de
    llo stesso linguaggio bi
    blico, il quale
    si esprime spessissimo con
    espressioni figurate e metaforiche. Ad esempio, in ita
    liano usiamo la parola “accanto”, per dire “al
    lato”, la corrispondente traduzione
    in ebraico è “al yad” o “leiad” ch
    e letteralmente significa: “sopra
    mano”, “a mano”. Il senso della costruzione, quindi
    , non ha nulla a che vedere con la mano di un
    essere umano. Le espressioni che contengono la
    parola “yad” = mano nell
    ’ebraico comune sono
    numerosissime (al ydei, miyad, ecc.) così come mo
    lto comuni sono le espressioni che contengono il
    termine “pi” = bocca (lefi, al pi, ecc.). Anche
    termini utilizzati nel cap
    itolo 33 dell’Esodo come
    “panim” = “faccia” – che nello stesso libro incont
    riamo nelle sue varie co
    struzioni: “panai” (mia
    faccia: è proprio il caso di Es. 33:20), “panav” (s
    ua faccia) “pnei” (la f
    accia di) – nell’ebraico
    comune sono impiegate in numerosissime espressi
    oni, da intendersi molte
    volte in senso figurato
    anche se spesso non sono propriamente figurate, in
    quanto fanno parte del normale uso delle parole
    dell’ebraico. Ad esempio le parole “mipnei” (= a cau
    sa di), “lignei” (prima
    di, davanti a), ecc., sono
    2
    tutte composte con il termine “panim” (faccia). Il termine “panim” (= faccia) in ebraico esiste solo
    al plurale, ma non è da intendersi come il plurale
    italiano “facce” perchè in ebraico esso è un plurale
    di indefinibilità ed esprim
    e pertanto un conc
    etto singolare indefi
    nito, pur rimanendo
    grammaticalmente un plurale. L’indefinibilità la
    si può intuire per esempio nella moltitudine dei
    lineamenti del viso esistenti nell’u
    manità. “Panim”, tuttavia, non de
    nota soltanto il volto dell’uomo
    ma in senso estensivo è utilizzato
    anche per quello degli animali,
    degli oggetti e di ogni altra cosa.
    “Panim” significa anche “davanti”, la parte anteri
    ore di tutte le cose, il suo esatto contrario è
    “achor” = dietro, la parte posteriore. Nei seguen
    ti due versi, che riportia
    mo secondo due diverse
    traduzioni/versioni dell
    a Bibbia in lingua italiana, ricorro
    no proprio i due opposti, “davanti” e
    “dietro”:
    1 Cr. 19:10 (Trad. Nuova Diodati)
    – “Quando Joab si rese conto ch
    e aveva contro di sé due fronti
    di battaglia, uno
    davanti
    e l’altro
    dietro
    ...” (ebr.: ‘êlâyw
    pâniym wæ’âxôwr
    )
    2 Cr. 13:14 (Trad. N. Riveduta)
    – “Gli uomini di Giuda si voltar
    ono indietro, ed eccoli costretti a
    combattere
    davanti
    e di
    dietro
    ” (hammilæxâmâh
    pâniym wæ’âxôwr
    )
    In italiano si usa dire “spalle”
    anche per designare la parte poste
    riore delle cose così in altre
    traduzioni dei suddetti versi biblici, come quella
    della C.E.I., si trova “s
    palle” anziché “dietro”.
    Sebbene le parole ebraiche
    utilizzate in 1 Cr. 19:10 e 2 Cr
    . 13:14 siano identiche (pâniym
    wæ’âxôwr), la Nuova Diodati in 1 Cr. 19:10 tra
    duce con “dietro” mentre in 2 Cr. 13:14 con
    “spalle”. Viceversa la Nuova Riveduta utilizza ne
    l primo v. “spalle” e nel secondo “dietro”. Quindi
    la stessa versione italiana a volte
    rende con termini diversi della lingua
    italiana parole
    che in ebraico
    sono esattamente le stesse. In E
    zechiele 2:10 abbiamo un terzo esem
    pio in cui ricorrono gli stessi
    due contrari, “davanti” e “dietro”
    . In questo caso, tuttavia
    , varie traduzioni sb
    agliano a rendere il
    termine che nel testo masoretico è vocalizzato “p
    anim” (= faccia, davanti), leggendolo come se
    fosse “pnim” (= dentro), un termine di radice del tu
    tto diversa: “Lo srotolò davanti a me; era scritto
    di dentro e di fuori” (trad. Nuova
    Riveduta). Il testo ebraico riporta
    in questo passo
    ancora una volta
    l’espressione “pâniym wæ’âxôwr”, che dunque ricorre in
    modo perfettamente iden
    tico in tutti e tre i
    versi sopraccitati: 1 Cr. 19:10, 2 Cr. 13:14 ed Ez. 2:10.
    Non desta dunque alcuna meraviglia se in Esodo
    33:23 “achorai” viene tradotto con “spalle” (“Poi
    toglierò la mia mano e vedrai
    le mie spalle
    ”, CEI) anziché con “parti post
    eriori”. Ma questa parola è
    da intendersi in senso fisico,
    come se D-o avesse spalle umane (antropomorfismo)? Nessun
    passaggio della Bibbia utilizza il
    termine “achorai” (= mie parti posteriori, costruzione con suffisso
    di “achor” = dietro) per designare le spalle uman
    e come organo. Esiste solamente un verso in tutta
    la Bibbia ebraica rife
    rito ad uomini che usa il termine “achor”,
    costruito al plurale, ma non indica le
    spalle o la schiena come regioni
    del corpo ma semplicemente esprime ciò che sta dietro di loro
    come direzione. Si tratta di Ez. 8:16, dove il te
    rmine ebraico usato è “achorehem” = “le loro parti
    posteriori”. Quando “achor” è riferito agli uomini è dunque logico tradurre con “spalle”, come
    giustamente fa la versione Diodati:
    Ez. 8:16 (Diodati)
    – “che aveano le spalle volte
    alla Casa del Signore, e
    le facce verso l’Oriente”
    Ma lo stesso identico termine “achorehem”, essendo
    esso questa volta rivolto ai buoi, in 1 Re 7:25
    viene reso dalla stessa versione
    Diodati con “parti di dietro”:
    1 Re 7:25 (Diodati)
    – “E tutte le parti di dietro
    di que’ buoi erano volte indentro”
    Il termine che invece designa propriamente le “spa
    lle” come parte fisica del corpo umano in ebraico
    è “shchem” ed è molto comune nella Bibbia.
    3
    3. Esodo 33:20 La faccia di D-o (panim)
    Appurato dunque che il termine “panim” non sempre
    si riferisce ad un or
    gano del corpo umano e
    non può essere tradotto ogni volta meccanicamen
    te con “faccia” oppure con “volto”, mentre
    “achor” non assume mai il significa
    to di “spalle”, resta ora da cap
    ire se il nostro brano di Esodo
    33:18-23 attribuisce realmente a D-o
    parti anteriori e posteriori. E’
    logico pensare che nel D-o di
    Israele, spesso definito il “luogo del mondo”, si
    possano distinguere parti
    riconoscibili, come in
    tutte le altre cose? Il testo ebraico della Bibbia
    non può esimersi da
    ll’utilizzare espressioni figurate
    e metaforiche, specialmente quando queste sono riferi
    te alla Divinità, perc
    hè questo è l’unico modo,
    l’unica tecnica letteraria per poter
    parlare di D-o e descrivere
    le Sue azioni. D-o parla con gli
    uomini nella lingua degli uomini per farsi da
    loro comprendere. Esamineremo ora i termini
    impiegati nel libro dell’Esodo che hanno dato l
    uogo ad interpretazioni
    antropomorfe. A tale
    proposito utilizzeremo la versione italiana della
    Bibbia Diodati che più lascia trasparire il senso
    figurato di alcune parole. Nel te
    sto ebraico dell’Esodo compreso fr
    a i capp. 32 e 34 si
    rintracciano,
    in varie forme, 18 occorrenze
    del termine “panim” = “faccia”:
    1) “Edificò un altare davanti ad esso” (Es. 32
    :5). L’ebraico ha “lefanav” (= alla sua faccia)
    2) “Ma Mosè supplicò al Signore Iddio
    suo” (Es. 32:11). L’ebraico ha “pne
    ****” (= la faccia del Signore)
    3) “D’in su la terra” (Es. 32:12);
    “Faccia della terra” (Nuova Riveduta)
    4) “Sopra dell’acqua” (Es. 32:20). L’ebraico
    ha: “al pne hamaim” (= sulla faccia dell’acqua)
    5) “E il Signore disse: La mia faccia andrà” (Es. 33:14)
    6) “Sopra la terra” (Es. 33:16); “Su
    lla faccia della terra” (Nuova Riveduta)
    7) “Tu non puoi veder la mia faccia” (Es. 33:20)
    8) “La mia faccia non si può vedere” (Es. 33:23)
    9) “Il Signore adunque passò davanti a lui” (Es. 34:
    6). L’ebraico ha “al panav” (= sulla sua faccia)
    10) “Davanti a me” (Es. 34:20). L’ebraico ha “panai” (= mia faccia).
    11) “Tre volte l’anno comparisca ogni maschio tu
    o davanti alla faccia del Signore” (Es. 34:23)
    12) “E quando tu salirai per comparir davanti
    alla faccia del Signore Iddio tuo” (Es. 34:24)
    13) “La pelle del suo viso” (Es. 34:29). L’ebraico ha “‘or panav” (= pelle della sua faccia)
    14) “La pelle del suo viso” (Es. 34:30). L’ebraic
    o ha “‘or panav” (= pelle della sua faccia)
    15) “In sul viso” (Es. 34:33). L’ebraico
    ha “ ‘al panav” (= sulla sua faccia)
    16) “E quando Mosè veniva davanti alla faccia del Signore” (Es. 34:34)
    17) “La faccia di Mosè” (Es. 34:35)
    18) “La faccia di Mosè” (Es. 34:35)
    Le espressioni contenenti il termine “panim” e
    che sono in relazione con
    D-o sono chiaramente da
    intendersi in senso figurato. Ad esempio “veder
    e la Faccia di D-o” biblicamente significa
    presentarsi al Tempio di Gerusalemme durante le festività ebraiche. Il testo ebraico scritto
    (consonantico) in Es. 34:24 legge: “Lir’ot et pnei
    ****” (= vedere la Faccia di D-o), ma il testo
    4
    ebraico orale masoretico lo vocalizza come se fo
    sse scritto nella forma
    passiva: “leheraot” (=
    vedersi) come in Deut. 3:24. Il prof. Izchack
    Seeligmann nel suo libro “Mechkarim besifrut
    hamikrà” (Ricerche nella le
    tteratura biblica, a pag.159) afferma
    che il verbo “lerao
    t” = “mostrarsi”
    (passivo di vedere), voc
    alizzato dai masoreti come un “nifal”
    (coniugazione passiva), anticamente
    era inteso come un “kal” (coniugazione sempli
    ce), da leggersi dunque: “lir’ot” (vedere). Ne
    consegue che l’azione fisica di presentarsi presso
    il Tempio di Gerusa
    lemme nel testo ebraico
    scritto viene espressa in senso fi
    gurato, come se i fedeli andassero
    a vedere la “faccia di D-o”. La
    forma verbale passiva “leraot”, adottata successivame
    nte dai masoreti, fa assumere alla particella
    dell’accusativo “et” il senso di “con”, cambiando
    il senso dell’intera frase: non più “Vedere la
    Faccia del Signore”, ma “Vedersi
    con la Faccia del Signore”, dove qu
    i “faccia” è il cospetto del
    Tempio, simbolo della presenza divina. Come vedr
    emo in seguito anche il verbo “yerau” (= si
    vedranno) di Esodo 33:23 (“La mia faccia non si può
    vedere”, trad. Diodati) è vocalizzabile come
    se fosse “yr’ru” (vedranno), da cui: “La mia Faccia non vedrà”, nel senso che D-o non vedrà, per
    giudicare il peccato di Mosè che consiste nell
    a rottura delle prime tavole di pietra divine.
    L’apparente antropomorfismo di Eso
    do 33:18-23 poggia su tre termini ch
    e se interpretati come parti
    corporee offrono il pretesto per assegnare a
    D-o sembianze umane. Questi termini sono:
    (1) “panai” (= mia Faccia), ricorre in Es. 33:20 e 33:23;
    (2) “accorai” (= mie parti posteriori), cfr. Es. 33:23;
    (3) “capì” (= mio palmo della
    mano; “caf”, raramente è usato per “mano”), cfr. Es. 33:22 e 33:23.
    L’interpretazione antropomorfa, oltre che su questi tr
    e termini, si insinua anche attraverso i verbi di
    radice “avar” (= passare), che apparentemente a
    lludono al movimento corpor
    eo, fisico. Nelle varie
    traduzioni D-o dice: “passerà la mia Gloria”, “fin
    ché sarò passato”, come se camminasse. A ciò si
    aggiunge la richiesta di Mosè a D-
    o di mostrare la Gloria Divina
    , cfr. Es. 33:18, interpretata qui
    come se egli chiedesse di vedere
    il volto di un dio
    antropomorfo avente sembianze umane. Ma,
    come vedremo fra breve, il termine ebraico usat
    o, “cavod”, tradotto in italiano con Gloria, non
    dovrebbe essere reso
    in tal modo a causa del suo ricorrente uso figurato. A smontare
    definitivamente la tesi dell’int
    erpretazione antropomorfa di Es
    odo 33:18-23 concorre poi l’esame
    del contesto letterario in cui è
    inserito il nostro brano, argomento di cui ci occuperemo in seguito.
    Esodo 33:22 La mano di D-o (capì)
    Ora prendiamo in considerazione il termine “cap
    ì”, tradotto con “mano”, che contribuisce
    marcatamente all’interpretazione antropomorfa di D-
    o. La traduzione italiana
    usa il verbo “coprire”
    in connessione con il termine “mano”, D-o infatti dice a Mosè in Es. 33:22 “Io ti porrò nella cavità
    della rupe e
    ti coprirò con la mano
    finché sarò passato” (CEI).
    Leggendo la traduzione pare di
    capire che D-o sarebbe passato come avrebbe fa
    tto un comune uomo e, dopo aver messo Mosè
    all’interno di una grotta, ne avre
    bbe poi coperto l’ingresso impede
    ndo in tal modo alla curiosità di
    Mosè di guardare il “volto divino” e rendersi così
    accidentalmente reo di morte. Inutile sottolineare
    quanto sia assurda una simile interp
    retazione riferita al D-o di Is
    raele, la cui presenza, secondo
    molti versi biblici, riempie l’intero universo: Egli
    siede in Cielo e poggia i piedi sulla terra. Il
    termine “capì” è il costrutto
    del nome “caf” (letteralmente = part
    e piatta, palmo della mano o pianta
    del piede). “Caf”, quando è seguito da “reghel”
    (= piede) significa “pianta del piede” ed è
    applicabile sia agli uomini che agli animali, per
    esempio in Genesi 8:9 è
    scritto che “La Colomba
    non trovò dove posare la pianta (ebr. “caf”) del piede”.
    Il termine “caf” indica anche la parte piatta
    della coscia, ne abbiamo un esempio in Gen. 32:26 dove
    il termine è seguito da
    “ierech” (coscia) ed
    estensivamente indica i genitali.
    Il termine “caf” indica non solo
    parti del corpo ma anche cose od
    5
    oggetti che hanno forma piatta come “cappot temarim”,
    le palme dei datteri, “caf ctoret”, un arnese
    d’oro usato nel Tempio dai sacerdo
    ti, anche l’impugnatura della manigl
    ia di una porta è detta “caf”
    (cfr. Cantico, 5:5), ecc.
    L’enciclopedia illustrata della Bi
    bbia in 24 volumi ‘Olam ha tanach
    (Mondo della Bibbia) aggiunge
    altri significati al termine “caf” che non sono sta
    ti elencati nei dizionari
    , analogamente HaMilon
    haEnziclopedi shel haMikrà (il Di
    zionario enciclopedico della Bibb
    ia) di Avnion e Milon ha’Ivrit
    hamikrait (= dizionario di ebraico biblico)
    di Kaddari. Secondo questa, “caf” designerebbe la
    “nuvola” e a tale proposito cita al
    cuni versi che riportiamo di segu
    ito, questa volta dalla versione
    italiana della Bibbia C.E.I:
    Giobbe 36:32 (CEI)
    – Arma le mani (ebr. “capaim” = palmi,
    ossia le nuvole) di folgori e le scaglia
    contro il bersaglio.
    Lam. 3:41 (CEI)
    – Innalziamo i nostri cuori al di sopra
    delle mani (ebr. “el capaim” letteralmente:
    verso i palmi [le nuvole]), verso Dio nei cieli.
    1 Re 18:44 (CEI)
    – Ecco, una nuvoletta, come una mano d’uomo, sale dal mare.
    Poi, nell’interpretazione in loco, di carattere scie
    ntifico, l’enciclopedia spiega che la “caf” di D-o,
    ossia l’espressione “la mia mano” (r
    iferita a D-o) di Es. 33:22-23 de
    signerebbe la nu
    vola protettiva
    vista di giorno, non una mano come quella degli
    uomini. Ma la dimostrazione che nel passo
    dell’Esodo qui analizzato non intend
    e riferirsi al palmo della mano
    di un corpo divino immaginato
    come quello di un uomo, cioè un dio antropo
    morfo, è data proprio dal verbo impiegato,
    “wesachoti”, di radice “sachach”, usato sempre per
    figurare protezione, in
    particolare protezione
    divina. Questa radice ha generato anche il nome della
    costruzione protettiva che stava sopra le mura
    delle città, come descrive Naum 2:6,
    che citiamo nella versione C.E.I.:
    Naum 2:6 (CEI)
    – Si fa l’appello dei più coraggiosi che
    accorrendo si urtano:
    essi si slanciano
    verso le mura, la copertura di scudi è formata.
    In nessun altro passaggio biblico si riscontra il
    termine “caf” nel modo in cui è usato in Esodo
    33:22, dunque esso deve necessariamente essere interp
    retato in modo figurato, come tutte le altre
    volte in cui ricorre il verbo di radice “sachach”. Solitamente, però, il verbo di radice “sachach” è
    usato in connessione con “canaf” (“ala”, per es
    empio di un uccello) ed è bene notare che
    probabilmente il nostro brano con “caf” (= palmo)
    intende “canaf” (= ala),
    in accadico infatti per
    indicare le due cose è usato lo
    stesso termine: “kappu”. Con
    “caf” (plurale: “cappot”; duale:
    “capaim”) si intende qualcosa che ha
    estensione superficiale e così come il termine indica le palme
    di datteri (ebr. “cappot temarim”)
    esso potrebbe indicare anche l’al
    a di un uccello, la cui struttura
    geometrica è simile. “Caf” potrebbe anche essere
    la forma assimilativa di “canaf” col decadimento
    della nun. Per esempio, in Geremia 2:34 l’ebraico
    riporta “cnafaim” (duale
    di “canaf” = ala,
    angolo), ma la versione greca dei LXX traduce come se vi avesse letto “capaim”
    (
    ™n ta‹j cers...n
    sou
    ). Anche altre traduzioni dall’e
    braico, fra cui la Peshitta, hanno
    fatto lo stesso. In Salmi 91:4 è
    descritta la protezione divina mediante un verbo
    di radice “sachach”, “canaf” ed un suo sinonimo:
    Salmi 91:4 (Diodati)
    – Egli ti farà riparo colle sue penne, e tu
    ti ridurrai in salvo sotto alle sue ale;
    la sua verità ti sarà
    scudo e targa.
    Anche con “nuvola” viene usato il verbo di radice
    “sachach”, come in Lamentazioni 3:44 il cui
    testo ebraico legge:
    תפלה
    מעבור
    לך
    בענן
    סכותה
    e viene reso in traduz
    ione dalla Diodati con:
    6
    Lam. 3:44 (Diodati) –
    Tu hai distesa una nuvola intorno a
    te, acciocché l’orazione non passasse.
    Il verbo “wesachoti” (Es. 33:22)
    Va però puntualizzato che il verbo “wesachoti” del nos
    tro brano è scritto con la lettera ebraica sin e
    non con la lettera samech. Il testo
    ebraico masoretico (vocalizzato) è:
    Esodo 33:22

    yrIêb][;Ad[' * ̋yl≤ç[; y ̋Piök'
    ytiàKoc'w“
    rWX– ̋h' tr"∞q]nI ̋B] * ̋yTiçm]c' ̋w
    “ ydI ̋bK]o rbo∞[} ̋B' h ̋y:h;w“
    In Giobbe 10:11 il verbo di radice “sachach” è in
    teso come “tessere” ed è tradotto con “mi
    intessevi”:
    Giobbe 10:11 (TNM)
    – “Mi vestivi di pelle e carne e
    mi intessevi di ossa e tendini”
    Sia nel Koren (il testo ebraico sc
    ritto tradizionale) che nel codice
    di Aleppo questo verbo di Giobbe
    10:11 è scritto con sin, il codice di Leningrado
    invece lo riporta con samech. Segno, questo, che la
    shin di questo verbo era letta come sin, che ha fone
    tica simile alla samech. Esistono alcuni termini
    ebraici nei quali la sostituzione delle lettere
    con altre aventi fonetica simile non comporta
    praticamente alcuna differenza di
    significato, in altri termini la
    differenza invece esiste ed è
    rilevante. La pronuncia de
    lla lettera ebrai
    ca “shin” (si può pronunciare
    nei due modi: shi e si) è
    stabilita dal sistema di punteggiatur
    a masoretico, che è una tradizione orale, ma il testo scritto lo si
    può leggere anche in base al contesto (
    1
    ). Quando vediamo una shin sc
    ritta nella Toràh (che non
    contiene la punteggiatura vocali
    ca aggiunta dai masoreti), non semp
    re sappiamo con certezza se si
    tratti di una

    (“shin”, nel testo masoretico
    è raffigurata con il puntino
    in alto a destra) oppure di
    una

    (“sin”, nel testo masoretico ha il puntino in a
    lto a sinistra) e dobbiam
    o dedurre la corretta
    lettura essenzialmente dal contesto letterario. Ora, il verbo
    “tiàyKc w
    ' ̋o
    (wesachoti) di radice
    שכך
    (sachach) è vocalizzato nel testo masoretico co
    me “sin” ed interpretato come di radice
    סכך
    (“sachach”, scritto con la “samech”)
    . Ma nella Bibbia esso non viene
    mai scritto con “sin”, tranne i
    tre casi seguenti:
    1) quello del nostro brano di Esodo, cfr. Es. 33:22;
    2) il caso di uso anomalo che ricorre in Giobbe
    10:11 (tessochcheni), dove
    è interpretato come
    “tessere” (riportato poco prima);
    3) un’altro di uso simile in Salmi 139:13 (tessuccheni).
    Mentre il secondo caso è difficilmente interpretab
    ile nei sensi di coprir
    e/proteggere, il terzo è
    invece interpretabile nei due modi: tessere oppur
    e proteggere/coprire. La versione CEI traduce
    Salmi 139:13 con: “Mi hai tessuto nel seno di mi
    a madre” e la TNM con: “Mi tenesti coperto nel
    ventre di mia madre”. La versione greca dei LXX presenta una variante: “dal ventre” (
    ™k gastrÕj
    ).
    Oltre ai tre verbi di cui sopra dell
    a stessa radice (scritta con la lett
    era “sin”) abbiamo solo altri tre
    nomi comuni ai quali sono stati at
    tribuiti i significati di “spine”
    e “tronchi di alberi” (con rami
    intrecciati o ricchi di foglie
    ). Questi nomi sono importanti per stabili
    re il senso base della radice alla
    quale appartengono, come vedremo prossimamente.
    Nel seguito di questa trattazione, quando
    esamineremo il testo parola per pa
    rola prenderemo in considerazione anche l’eventualità che il
    1
    La “sin” dell’alfabeto ebraico si pronuncia come l’italiano
    sera, la fonetica è simile alla lettera “samech”. La “shin”,
    invece, è pronunciata come l’italiano sci.
    7
    verbo “wesachoti” di Esodo 33:22
    si pronunciasse originariament
    e con “shin”, invece che con
    “sin”, acquistando così un senso del tutto diverso,
    quello della radice “shachach” = “calmarsi”. Per
    ora parliamo delle due radici di
    fonetica “sachach” ma scritte divers
    amente: l’una con “sin” e l’altra
    con “samech”. Dal confronto di alcune parole si
    può cercare di risalire all’etimologia di un dato
    termine (sempre che ciò sia possibile). Si può intuir
    e una certa somiglianza di base fra la serie di
    significati espressi da questa rara radice scritta
    con “sin” e quelli espressi dalla ricorrente radice
    scritta con “samech”. Pare che le due serie di term
    ini abbiano in comune il senso generico di base:
    “unità composta da una moltitudine di elemen
    ti o ramificazioni”. Il prof. Kaddari, nel suo
    dizionario, attribuisce, sebbene con incertezza, il
    senso di “grande moltitudine” alla parola “sach”
    (con samech) messa chiaramente in relazione con la radice “sachach” (con samech) da Rashi nella
    nota al verso di Salmo 42:5. Il senso base del gr
    uppo scritto con “samech” pa
    re sia: “coprire per
    proteggere con qualcosa composto da un insieme
    di elementi o intrecci”. Della radice “sachach”
    (con “samech”) fanno parte i termini Succàh e “schach”. La Succà (capanna, costruita durante la
    festa di “succot” = capanne) ha il tetto chiamato “schach” ed esso deve rigorosamente essere
    costruito da intrecci
    vegetali. Questo tetto non è
    dunque impermeabile, non può essere
    completamente coperto ed essendo fatto da intrecci lasc
    ia filtrare la luce di
    giorno e vedere le stelle
    di notte. Il senso dunque espresso
    da questa radice non è quello di “co
    prire per impedire di vedere
    attraverso” e pertanto in Esodo 33:22, sebbene
    scritto con Sin, non può avere nemmeno questo
    senso dato che gli si riconosce ta
    le equivalenza a quell
    i scritti con Samech. In sintesi, dunque, il
    senso stabilito da traduttori, interp
    reti e vari commentatori è basato
    su un termine classificato come
    corrispondente oltre che usato in
    modo anomalo e per di più di significato incerto (come vedremo
    meglio nel seguito di questa trattazione). Portiamo
    ora due esempi classici di verbi di radice
    “sachach” (con samech, dato che con sin esistono solo quei tre casi di cui abbiamo già parlato): il
    primo è “sochchim”, usato per esprimere la funzione
    di protezione svolta da
    lle “ale” dei cherubini
    sopra il coperchio dell’arca del Patto:
    Es. 37:9 (TNM)
    – “Ed erano cherubini che spiegavano due
    ali verso l’alto, coprendo il coperchio
    con le loro ali”
    L’altro esempio è “wesachota”, usato per esprimere
    la funzione di protezi
    one della Parochet, la
    tenda che copriva l’accesso al Santo
    dei Santi del Tempio di Gerusalemme:
    Es. 40:3 (TNM)
    – “E devi mettervi l’arca della testimoni
    anza e chiudere l’accesso all’Arca con la
    cortina”
    La Mishnàh (Shekalim 8:5)
    riporta le dimensioni di questa tenda
    o cortina, detta Parochet, la cui
    complicata struttura consisteva di 72 corde che
    intrecciandosi a rete avevano maglie tali da
    permettere la visione del Santo dei Santi. An
    che qui, dunque, il verbo di radice “sachach” è
    utilizzato per esprimere l’azione di
    copertura/protezione di
    un’unità composta da
    un intreccio e vari
    altri elementi. Lo stesso doveva essere analogament
    e anche per i misteriosi
    “cherubini” dell’Arca,
    che non potevano essere delle semplici raffigurazioni (c
    hiaramente proibite dalla Toràh). Si trattava
    probabilmente di un sofisticatissimo sistema di
    protezione, che impediva
    di aprire il coperchio
    dell’Arca. Questa infatti aveva
    il compito di custodire cose carissime e pericolose, fra cui le
    preziosissime Tavole del Patto e il miracoloso s
    cettro divino, che secon
    do il Midrash era un’arma
    molto potente. Il re Salomone fece inoltre costruir
    e, accanto all’Arca, altri due cherubini, la cui
    portata delle “ali” proteggeva l’in
    tero spazio del Santo dei Santi.
    Dato che il verbo in nostro esame
    esprime protezione ed è usato con sistemi ad in
    treccio, non si può fare a meno di considerare i
    moderni sistemi di allarme comunemente installati
    nei musei più importanti e negli scompartimenti
    delle casseforti delle Banche, sistemi appunto fatti ad
    intreccio di diversi raggi infrarossi. Consueto
    poi che le casseforti (analogament
    e all’arca), i loro magazzini, le
    varie porte (analogamente alla
    “Parochet”) e lo spazio dove sono contenute, abbia
    no degli allarmi separati. La “Parochet” o in
    italiano “cortina” (come tr
    aduce la TNM) aveva il compito di im
    pedire l’accesso al Santo dei Santi.
    8
    Essa era anche “cheruvim” (attributo plurale indefin
    ito) ossia protettrice, anche le porte e i cancelli
    hanno i loro sistemi d’allarme sepa
    rati. Il nome “Parochet” lo si
    può spiegare confrontandolo con
    l’accadico “paraku” il cui senso è
    “bloccare la strada”, qualche volta
    l’accadico usa anche il termine
    “pariktu” (derivante da “paraku” e con fonetica mo
    lto simile a “Parochet”), il cui senso è quello di
    “barricata”, “parete divisoria”.
    Solamente i due versi seguenti contengono verbi di
    radice “such” (scritta con Sin) variante di
    “sachach”, che esprime protezione con
    il senso di chiudere con un recinto:
    1)
    Osea, 2:8(a) (TNM)
    – Perciò, ecco, cingo di
    spine la tua via.
    2)
    Giobbe, 1:10 (TNM)
    – Non hai tu stesso posto una siepe
    attorno a lui e attorno alla sua casa e
    attorno a ogni cosa
    che ha tutt’intorno?
    Il verbo del secondo passaggio,
    שכת
    (“sachta” = hai protetto chiude
    ndo), è quello
    che si sarebbe
    dovuto impiegare nel nostro brano di Esodo 33:22
    per esprimere protezione chiudendo l’ingresso
    della “grotta”.
    Il verbo “wesacoti” è scritto
    ושכתי
    e leggendolo direttamente dalla Toràh, senza
    l’ausilio della vocalizzazione masoretica, lo si
    interpreterebbe “wesachti”, della stessa radice
    “such”, perchè si sarebbe influenzati dal contesto
    individuato, cioè la chiu
    sura dell’ingresso della
    grotta, fosse pure per impedire a Mosè di af
    facciarsi a guardare, come vuole quella assurda
    interpretazione antropomorfa di
    Esodo 33:22. “Wesachti” invece che “wesacoti” della forma
    anomala e non ricorrente della radice “sachach” scri
    tta con una sin, perchè come abbiamo detto, la
    forma ricorrente è quella scritta con samech e si v
    uole forzatamente intendere questo verbo come se
    fosse scritto con samech, ma senza
    alcuna dimostrazione di utilizzo
    in altre ricorrenze bibliche. Le
    uniche prove sarebbero la fone
    tica adottata dal testo masore
    tico, dunque non l’evidenza del testo
    scritto, e le varie tr
    aduzioni posteriori.
    La Roccia (Es. 33:22)
    A questo punto, però, sorge la domanda: per qual
    e motivo i masoreti non adottarono la fonetica
    “wesachti” che esprimerebbe perfettamente quel cont
    esto? Se esiste già un ve
    rbo scritto con “sin”,
    perchè allora vocalizzare il termine come se esso
    fosse scritto con “samech”? In ogni caso entrambi
    i verbi hanno senso di “proteggere” e non propriamente
    dalla vista, altrimenti si
    sarebbero usati altri
    verbi di radice del tutto diversa
    e compatibili con il complemento
    oggetto “capi” (mio palmo della
    mano). Con molta probabilità il ve
    rbo è da leggersi con “shin” e
    non con “sin”, come abbiamo già
    accennato precedentemente, cioè “weshicoti” (calmerò
    ), dato che questo ha la fonetica più simile a
    “wesicoti” e la tradizione orale masoretica, col
    trascorrere del tempo, lo ha potuto trasformare in
    “sin”, probabilmente influenzato dal verbo “wehas
    iroti” (toglierò). All’azione del “togliere” si è
    fatta precedere l’azione inversa
    del “porre” (la “palma” della mano divina per poi successivamente
    toglierla). I targumim Unkelos e pseudo Jonathan
    traducono il nostro verbo ebraico “wesacoti” da
    ebraico ad aramaico con “weaghen” (= protegge
    rò). Non solo, ma aggiungono anche altri termini
    esplicativi ben lontani da ogni antropomorfismo
    associato a D-o. Riportiamo l’antichissima
    traduzione in aramaico di Esodo 33:22, come dal Targum pseudo Jonathan:
    Esodo 33:22 (pseudo Jonathan)

    דאעיבר
    זמן
    עד
    עלך
    במימרי
    ואגין
    דטינרא
    באספלידא
    ואישוינך
    שכינתי
    יקר
    במיעיבר
    ײויהי
    che traduco letteralmente qui di seguito: “E avverrà
    nel passare della Gloria della Mia presenza ti
    metterò nella spaccatura della roccia e ti proteggerò c
    on la Mia Parola fino al tempo in cui passerò”.
    Il termine “spaccatura” nel targum aramaico è
    אספלידא
    (“ispelida”) un termine raro, la cui
    etimologia si è tentato di spiegare in vari modi.
    Secondo alcuni si trattere
    bbe di una assimilazione
    13
    Le lamentele del popolo all’esaurirsi del cibo
    che era stato condotto fuori dell’Egitto hanno
    costretto la profezia ad
    una dimostrazione pratica, tangibile,
    che dovette dimostrare senza alcun
    ombra di dubbio che era D-o il vero Condottiero de
    l popolo e non Mosè ed Aronne. Ma il vedere la
    Gloria del Signore consistette prin
    cipalmente nel mostrare la Sua
    Grazia procurando buon cibo in
    un deserto di morte, nonostante le lamentele del
    popolo, la cui ingiustificat
    a carenza di fede era
    vista da Mosè ed Aronne come un insulto alla
    Divinità, che aveva già mostrato in modi
    inequivocabili la Sua provvidenza. Vedere la Gloria
    di D-o significò dunque vedere la grandiosità
    delle sue opere, ma ancor più cogliere la pr
    ofondità delle Sue alte qualità morali spesso
    irraggiungibili e per tale ragione male interpretati
    dall’impazienza e dalla piccolezza umana. Ma la
    Gloria di D-o non era visibile solo
    nelle grandi opere come la liber
    azione dalla schiavitù dell’Egitto
    e nei miracoli della Manna e dell
    e quaglie nell’aridità
    del mortale deserto;
    la Sua provvidenza e
    guida erano ben visibili nella
    presenza di una strana nuvola:
    Es. 16:10 (N. Riv.)
    – Mentre Aronne parlava a
    tutta la comunità dei figli d’Israele, questi volsero
    gli occhi verso il deserto, ed ecco la gl
    oria del SIGNORE appa
    rire nella nuvola.
    Come si evince da questo verso,
    la Gloria del Signore non è il
    Signore stesso, ma è un suo mezzo,
    una Sua manifestazione. D-o mostra al popolo che
    Egli è presente e
    lo dirige, è la Sua Grazia a
    mostrare visivamente che il popolo non deve temere
    nulla di male perchè è nelle mani di D-o.
    Anche il “palmo di D-o”, secondo Rav. Saadia haGa
    on, il compilatore del primo dizionario ebraico,
    è la nuvola della Gloria. Dunque non sono stati per pr
    imi i professori delle uni
    versità israeliane ad
    interpretare il “palmo di D-o” del nostro brano
    di Esodo con la nuvola della Gloria, come abbiamo
    esposto precedentemente citando l’enciclopedia “O
    lam haTanach”. Anche lo scienziato rav. Levi
    ben Gershom (RALBAG), Ibn Ezra e Malbim avev
    ano inteso allo stesso modo. Secondo questi
    antichi commentatori “kaf” significa “nuvola” ed
    è il parallelo di “kevod ****” (= Gloria del
    Signore). A tale proposito
    è interessante notare ch
    e nei loro commenti a Gi
    obbe 36:32, dove figura
    il termine “caf” al plurale, Ibn Ez
    ra e Ralbag, per sostenere che si
    tratta di nuvole, portano come
    prova proprio Esodo 33:22. Doveva dunque essere chia
    ro ai loro dintorni che l’accoppiamento di
    “caf” con il verbo “wesachoti” no
    n può altro che dare il senso
    di “nuvola” al termine “caf”.
    Pertanto il termine “Kevodì” (kavod + i = Mio Onor
    e, Mia Gloria) di Esodo
    33:22 è interpretabile
    anche come un sinonimo di “capì” (caf + i = Mia palma, Mia nuvola) come vedremo quando
    prenderemo in esame le varie possibili letture ed interpretazioni. Il lettore ebreo, che legge
    direttamente dall’ebraico, non potrà
    fare a meno di notare che i termin
    i del nostro brano tradotti con
    “gloria” sono scritti in ctav chasser (= scrittura in
    completa) cioè senza la wav che segna la presenza
    di una vocale lunga, come consuet
    udine nel resto delle ricorrenze (c
    fr. ad esempio Genesi 45:13 e
    Isaia 48:11). In tutto sono solo 12 le ricorrenze in ctav chasser in cui la tradizione orale del TM
    ricorda come Kavod = Onore, Gloria invece di
    Koved = durezza o kaved = pesante, ostinato,
    potente, in confronto alle altre 179 volte in cui questo termine ricorre in ctav malè (= scrittura
    completa). Così interpreta il Midrash Tanchum
    a (parashat wayerà) i due opposti di Numeri 23:19:
    1)
    ויכזב
    אל
    איש
    לא
    = non è uomo D-o e non mentirà;
    2)
    יעשה
    ולא
    אמר
    ההוא
    = quello disse e non farà.
    (1) = Quando D-o promette del bene: non è come un
    uomo che promette un regalo al figlio e poi
    quando esso lo fa arrabbiare annulla la promessa
    . Il Signore invece promette di fare del bene e
    anche se i suoi figli peccano non
    si pente del regalo promesso.
    (2) = Ma se invece D-o minaccia una disgrazia ed
    il popolo si pente, Egli ri
    tira la Sua minaccia:
    “Quello disse e non farà”.
    14
    In Es. 23 20 è detto che D-o manda il suo “mal
    ’ach” davanti al popolo per custodirlo durante
    l’esodo e condurlo nel luogo che ha preparato. Tale
    promessa non fu mai annullata, neppure a causa
    del gravissimo peccato del vitello d’oro.
    Essa viene rinnovata in questi termini:
    Es. 33:1-3 (CEI)
    – 1. Il Signore parlò a Mosè: «Su, esci di qui tu e il popolo che hai fatto uscire dal
    paese d’Egitto, verso la terra ch
    e ho promesso con giuramento ad
    Abramo, a Isacco e a Giacobbe,
    dicendo: Alla tua discendenza la
    darò. 2. Manderò davanti
    a te un angelo e sc
    accerò il Cananeo,
    l’Amorreo, l’Hittita, il Perizzita, l’Eveo e il Ge
    buseo. 3 Va’ pure verso la
    terra dove scorre latte e
    miele... Ma io non verrò in mezzo a te, per non dove
    rti sterminare lungo il cammino, perché tu sei
    un popolo di dura cervice».
    D-o annuncia che la promessa, nono
    stante l’avvenuta trasgressione
    , sarà mantenuta, ma il popolo
    non sarà esente da punizione ed oltre alla pest
    e, gli viene inflitta la punizione più grave:
    l’abbandono divino, il distacco, la mantenuta di
    stanza. D-o minaccia di non rimanere più col Suo
    popolo, il testo qui dice che Egli “non
    salirà in mezzo al popolo”, similmente sono usate espressioni
    di questo tipo con l’uso del verbo: camminare,
    passeggiare. Egli non “passeggerà” più in mezzo al
    popolo come aveva fatto finora. Il verbo “passeggiar
    e” è usato più volte nella Bibbia per designare
    la Shekinàh, la Presenza Divina. D-o guida e cu
    stodisce il Suo popolo passeggiando in mezzo ad
    esso:
    ךלהתמ
    (“mithalech” = passeggia) co
    me in Deut. 23:5, che legge:
    Deut. 23:4 (Diodati)
    – “Conciossiachè il Signore Iddio tu
    o cammini nel mezzo del tuo campo, per
    salvarti, e per mettere in tuo potere i tuoi nemic
    i; perciò sia il tuo campo santo; e fa ch’egli non
    vegga alcuna bruttura in te, onde
    egli si rivolga indietro da te.”
    Lo stesso verbo
    מתהלך
    (“mithalech” = passeggia) è usato in
    Gen. 3:8, dove il soggetto è la Voce
    Divina:
    Gen. 3:8 (Diodati)
    – Poi, all’aura del dì, udirono la vo
    ce del Signore Iddio che camminava per lo
    giardino.
    La Presenza Divina è ugualmente resa
    con lo stesso identico verbo in:
    2 Sam. 7:6 (Diodati)
    – Conciossiachè io non sia abitato in casa,
    dal dì che io trassi fuori di Egitto i
    figliuoli d’Israele, infino a quest
    o giorno; anzi son camminato qua
    e là in un padiglione ed in un
    tabernacolo.
    La versione Diodati aggiunge le parole “anzi” e
    “qua e là”, assenti nel
    testo ebraico, che ne
    cambiano il senso, come hanno fatto in modo simile
    altre traduzioni. Il
    distacco, la mantenuta
    distanza, l’allontanamento della
    Shekinàh vengono messe in prati
    ca da Mosè, che subito obbedisce
    trasferendo il Tabernacolo fuori dall’accampamento:
    Es. 33:7 (Diodati)
    – “E Mosè prese il Padiglione, e se lo
    tese fuor del campo, lungi da esso; e lo
    nominò: Il Tabernacolo della
    convenenza; e, chiunque cercava
    il Signore, usciva fuori al
    Tabernacolo della convenenza,
    ch’era fuor del campo.”
    Il popolo ora è invitato a pentirsi
    , a fare “tshuvàh”, il ritorno a D-
    o. Ora è il popolo che deve cercare
    di avvicinarsi D-o, che offeso dalla
    grave trasgressione del vitello d’
    oro, si era allontanato da esso.
    L’allontanamento rappresenta dunque l’offesa e Mosè
    farà da intermediario per placare l’ira divina
    che ancora continuava a minacciar
    e la distruzione dell’intero popol
    o. A causa della gravità della
    trasgressione D-o aveva infatti proposto di mantenere le promesse fatte ai padri, attraverso una
    nuova discendenza il cui capostipite sarebbe stato Mo
    sè. Ma egli si rifiuta e
    lotta con tutte le sue
    forze perchè il popolo non venga distrutto. Egli cont
    ende con D-o come se
    contendesse con un
    https://digilander.libero.it/Hard_Rain/Antr...20parte%201.pdf
  2. .
    CITAZIONE (Armando(86) @ 22/6/2017, 21:08) 
    Volevo chiedere una cosa.

    Giosia generò Eliachin (o Ioachin o Ieconia) e a sua volta Ioachin generò Ieconia (Geremia 24). Ma Giosia aveva anche un altro figlio chiamato Ieconia oltre al Ioachim?

    Non lo so, ma prova a guardare qui:

    genealog_Bibl_0
  3. .
    CITAZIONE (Filippo Maria Leonardi @ 21/6/2017, 20:14) 
    CITAZIONE (Maurizio 1 @ 21/6/2017, 18:59) 
    Quindi i testimoni di Geova degli anni 60 sapevano con esattezza l'anno preciso in cui Dio inizio' a creare: il 46026 A.C.
    Cosa ti fa pensare questo?

    Ma se non ci hanno mai azzeccato sulla fine del mondo, figuriamoci sull'inizio...

    ....e poi, basta guardare il lunario, siamo nel 5777

    5777_0
  4. .
    Io ebreo italiano, con conoscenze buone di inglese scarse di francese, intellegibili di spagnolo,
    maccheroniche di latino studiato, scarse di ebraico di bar mitzvà e poco di ulpan, mi ritrovai in un
    kibbutz, dove tutti i giovani dEuropa versavano nelle mie drammatiche condizioni.
    Quando si mangiava ci si siedeva in tavoli da otto/nove rotondi eppure ci capivamo meglio che
    all'onu.
    Fu uno spasso, si cominciò a parlare una strana lingua in cui se non ti veniva la parola in una lingua,
    la tiravi fuori in un'altra, oppure mentre cominciavi una perifrasi, qualcuno dotato evidentemente
    di facoltà medianiche suggeriva la parola che serviva, in casi disperati si ricorreva al "disegnino".
  5. .
    CITAZIONE (ashkenazi @ 14/6/2017, 12:56) 
    ...

    OK spostiamo (io non sono capace), fai quello che vuoi, ma io a certa gente risponderò sempre
    fino a quando starò qui, sto parlando di Cultura Ebraica
    E non ritengo con ciò di snaturare la natura del forum.
    Shalom aky

    CITAZIONE (Eterea @ 14/6/2017, 12:57) 
    Non si dice di andare a caccia di streghe, ma se si inciampa in siti di matrice antisemita perché non segnalarli? Perché non evidenziare notizie manipolate?
    L’antigiudaismo cristiano prima, e l’antisemitismo poi, hanno basato le fondamenta del loro operato proprio sulla calunnia. Non possiamo dimenticare che è incredibilmente facile per una bugia diventare verità attraverso la ripetizione della stessa e non possiamo dimenticarlo anche perché ancora esistono questi fenomeni ai quali si è aggiunto pure il più recente antisionismo.
    E credo che sia anche un dovere morale per chi vuole seguire almeno le 7 leggi noachidi. Il girarsi dall’altra parte, sminuire un problema che potrebbe avere conseguenza ben più gravi se non fatali per altri, questo “non prestare soccorso”, per quanto a noi possibile, a chi è vittima di discriminazione, secondo me, ci rende complici degli antisemiti.
    E se vogliamo vederla da un punto di vista più egoistico il ragionare sulle calunnie, ecc.. alla fine aiuta anche noi stessi in quanto è una sorta di esercizio nel mantenere attivo lo spirito critico attivo e a non diventare del tutto delle manovrabili pecorelle.

    Non si dice di andare a caccia di streghe, ma se si inciampa in siti di matrice antisemita perché non segnalarli? Perché non evidenziare notizie manipolate?
    L’antigiudaismo cristiano prima, e l’antisemitismo poi, hanno basato le fondamenta del loro operato proprio sulla calunnia. Non possiamo dimenticare che è incredibilmente facile per una bugia diventare verità attraverso la ripetizione della stessa e non possiamo dimenticarlo anche perché ancora esistono questi fenomeni ai quali si è aggiunto pure il più recente antisionismo.
    E credo che sia anche un dovere morale per chi vuole seguire almeno le 7 leggi noachidi. Il girarsi dall’altra parte, sminuire un problema che potrebbe avere conseguenza ben più gravi se non fatali per altri, questo “non prestare soccorso”, per quanto a noi possibile, a chi è vittima di discriminazione, secondo me, ci rende complici degli antisemiti.
    E se vogliamo vederla da un punto di vista più egoistico il ragionare sulle calunnie, ecc.. alla fine aiuta anche noi stessi in quanto è una sorta di esercizio nel mantenere attivo lo spirito critico attivo e a non diventare del tutto delle manovrabili pecorelle.


    Edited by ashkenazi - 14/6/2017, 16:57
  6. .
    CITAZIONE (ashkenazi @ 14/6/2017, 12:06) 
    ...

    Pre messa
    In punta di regolamento hai ragione.

    Messa

    Siccome la questione è oltremodo grave e NON
    di interesse privato ti propongo di non essere troppo fiscale.
    Queste cose, secondo il mio modesto parere, più che in MP data
    la loro rilevanza ed importanza, che in passato hanno dato prova
    di dove vanno a sfociare, vanno scritte pubblicamente
    ben evidenziate.

    Edited by ashkenazi - 14/6/2017, 17:22
  7. .
    CITAZIONE (ahdut @ 14/6/2017, 11:57) 
    ...ma che male c'è a voler tenere sveglie le coscienze?
    E' strano come questo 3D contro l'antisemitismo, e il razzismo più in generale, abbia suscitato l'agitazione e il commento infastidito di diversi utenti.
    Mah! Senza parole.

    Carissima ed evidente giovanissima ahdut,
    non hai ancora imparato che gli EBREI sono buoni solo da morti?
    Non lo sai che l'ebreo Gesù, da morto, non prima, quando andava
    in giro con i suoi fedeli armati a tagliare orecchie e quant'altro di
    omesso, non solo diventò buono, ma anche il loro dio?
  8. .
    CITAZIONE (Nechama @ 14/6/2017, 09:14) 
    Mi è doverosa una premessa.
    Sono iscritta a questo forum da tempo, ma dopo un tentativo, subito abortito, di intervento,

    Sarebbe interessante conoscere il motivo dell'"aborto".

    CITAZIONE
    Perché far diventare un forum così prestigioso un punto di delazione?

    Non sei la prima persona che quando una cosa non gli piace dice che si cambia la natura del forum,
    fare una cosa non implica non farne un'altra.


    CITAZIONE
    Biglino ciò che dice in quel video l'ha sempre detto,

    Qui non si sa di cosa parli. (solo per curiosità, se vuoi specifica)



    CITAZIONE
    un certo Massimiliano Paleari, denuncia un altro gentile e lo fa a mo di Santa inquisizione.
    Perché abbassarsi a tanto? Non vi basta l'osservatorio Antisemita che funziona benissimo da anni?

    Dove vuoi andare a parare?


    CITAZIONE
    Trovo tutto questo umiliante, non per voi, ma per il "popolo" italico che pur essendo un popolo con antichissime origini ha prodotto elementi che mandano alla novella inquisizione altri appartenenti di un popolo che ormai non esiste più né in senso sociale, né economico.

    Bah, "popolo italico" ? Sarebbe quello del 1861?

    CITAZIONE
    Sono certa che fra gli ebrei nessuno denuncerebbe uno di loro.

    penso che hai troppe certezze sballate.

    CITAZIONE
    Pertanto i miei più vivi complimenti vanno a Massimiliano Paleari e al suo odio profondo, viscerale, quasi patologico, che lo porta persino a rinnegare la sua stessa cultura e a diventare un novello Torquemada,

    Affari suoi.


    CITAZIONE
    con delizia di chi non ha mai smesso di sentirsi perseguitato e coglie al balzo qualsiasi delazione.

    Questa te la potevi ampiamente risparmiare.


    CITAZIONE
    Non difendo Biglino, conosco i suoi errori, conosco ciò che sta facendo, ma non venitemi a dire che avete bisogno dell'aiuto dei gentili : è patetico.

    Io semplicemente me ne fotto.

    Comunque , lasciar sempre passare sotto silenzio tuttto
    trovo che sia anche colpevole, quantomeno, bisogna offrire
    la possibilità alla gente di scegliere tra le invenzioni e la realtà.

    La_Bibbia_dell_Uomo_Bianco.pdf

    http://dawn666blacksun.angelfire.com/La_Bi...Uomo_Bianco.pdf


    (pag 9 di 200)
    Gli Ebrei il Nostro Nemico Mortale. Chi lavora per la negrizzazione dell'America è la razza Ebrea. Spin
    gendo, graffiando, facendo
    propaganda, con una furia senza precedenti nella storia, gli Ebrei stanno lavorando verso il loro definitivo obiettivo storic
    o -rendere
    schiave tutte le razze del mondo -
    ed ogni Ebreo un re. Perché vogliono ridurre l'Uomo Bianco ad un deficiente imbastardito per
    dominare il mondo? La questione si risponde in pratica da sé. I deficienti sono più facili da controllare rispetto ad un'oppo
    sizione
    intelligente, aggressiva, e belligerante, quale la Razza Bianca è sempre stata. Mentre gl
    i Ebrei stanno spingendo per la negrizzazione
    dell'America e l'imbastardimento della Razza Bianca nel mondo intero, il loro programma, ovviamente, non include l'imbastardimento
    degli Ebrei. Al contrario, gli Ebrei sono molto consapevoli riguardo alla razza
    , e lo sono stati per migliaia d'anni. Essi sono i razzisti più
    fanatici di chiunque altro sulla faccia della terra. La loro lealtà fanatica è rivolta verso la loro razza. La loro unica leg
    ge immutabile è: ciò
    che è buono per gli Ebrei è buono, ciò che è c
    attivo per gli Ebrei è cattivo -
    punto.
  9. .
    Due link da usare:

    http://gerusalemmeitalia.altervista.org/se...365386962890625

    www.osservatorioantisemitismo.it/
  10. .
    CITAZIONE (dovellonsky @ 3/6/2017, 00:26) 
    Shalom Isra_EL

    Si potrebbe avere la traduzione di questa canzone ?

    Una terra, una terra, una terra,
    Una terra di un cielo azzurro senza nuvola,
    E il sole è ad esso (alla terra)
    Come latte e miele.
    Una terra in cui siamo nati
    Una terra dove viviamo,
    E continueremo a vivere qui
    qualunque cosa accada.

    Una terra che ci piacerà,
    Come Madre e Padre,
    Una terra della gente,
    Una terra per sempre.
    Una terra in cui siamo nati
    Una terra dove viviamo,
    qualunque cosa accada.

    Una terra, una terra, una terra,
    Il mare contro la costa,
    E fiori e bambini
    senza fine.
    Nel nord - il mare di Galilea,
    Nella sabbia meridionale,
    E l'Oriente all'ovest
    Bacia i confini.

    Una terra che ci piacerà ...

    Una terra, una terra, una terra,
    Terra della Torah,
    Tu sei la fonte della luce
    E il linguaggio della fede.
    Una terra, una terra, una terra,
    Una cara terra,
    hai promesso
    Che non è una favola.
  11. .
    i1125667_b1

    http://islamicamentando.altervista.org/

    I diritti d'autore negati al "povero" Umar.

    Non tutte le "RIVELAZIONI" presenti nel Corano sono opera esclusiva della mente di Maometto.
    In questo hadith ad esempio veniamo a sapere che Umar ibn Khattab era riuscito a GUIDARE il suo boss Maometto ben tre volte.
    1) Umar chiede a Maometto di farsi "RIVELARE" di considerare la pietra su cui Abramo avrebbe poi costruito la Kaaba (???) come luogo di preghiera (2:125).
    2) Umar chiede a Maometto di imporre il velo alle donne attraverso una "RIVELAZIONE" (24:31 e 33:59).
    3) Quando le mogli di Maometto si coalizzarono contro di lui a causa della sua "scappatella" con la schiava Miriam, Umar affrontò le suddette dicendo loro che Maometto avrebbe potuto decidere di divorziare da loro e ricevere una "RIVELAZIONE" che gli avrebbe magari garantito delle sostitute migliori. Come di consueto, ecco giungere con precisione maniacale il versetto "divino" (66:5) che contiene lo stesso ammonimento espresso da Umar.

    Incredibile come le stesse fonti islamiche dichiarino che l'intero apparato ideologico islamico sia il prodotto di macchinazioni puramente umane mosse da interessi tutt'altro che nobili.
  12. .
    La Berakhà: Benedizione

    Questo sabato leggiamo una delle benedizioni più belle della Torà: la Birkhàt Kohanìm, la benedizione dei Sacerdoti.
    יְבָרֶכְךָ יְהוָה, וְיִשְׁמְרֶךָ.
    יָאֵר יְהוָה פָּנָיו אֵלֶיךָ, וִיחֻנֶּךָּ.
    יִשָּׂא יְהוָה פָּנָיו אֵלֶיךָ, וְיָשֵׂם לְךָ שָׁלוֹם.

    “Ti benedica il Signore e ti custodisca.
    Faccia il Signore risplendere il Suo volto su di te e ti conceda grazia.
    Rivolga il Signore il Suo volto verso di te e ti dia pace” (Numeri 6:24-26).
    I vari nomi del popolo ebraico iniziano con la yod: Israel, Ya'aqov, Yehuda, Yeshurun. La lettera rappresenta il popolo d'Israele, è talmente minuscola che nonostante si cerca di reciderla, non può essere estirpata essendo simbolo di qedushà, santità. La yod rappresenta la discesa della benedizione divina, infatti, ogni frase nella "triplica benedizione" dei sacerdoti inizia con la yod.
    L'indicazione ai Kohanìm, che sono i canali della trasmissione celeste, è quella di benedire il popolo "beahavà", con amore. Il sentimento dell'amore è una benedizione in sé, colui che né è colmo può a sua volta, benedire gli altri. Questo compito è stato assegnato ad Aharon il sacerdote, fratello e latore della parola di Mosè poiché: “Aharon ama la pace, shalom, שלום, persegue la pace, ama le creature e le avvicina alla Torà” (Pirqé Avòt 1:12).
    Durante la benedizione, l’uomo si avvolge con il tallèt (scialle di preghiera), ricostruendo simbolicamente la “tenda della radunanza”, dove riprende contatto con la Shekhinà, ed è sotto la volta del tallèt che l’uomo accoglie e benedice i propri figli.
    La prima frase della benedizione esprime il trascendente e il contatto con la parte più elevata dell'anima, neshamà. Il secondo è l'avvicinamento, quando lo spirito divino, ruach, alleggia su di te. L'ultimo verso è di sette parole che rappresentano la Shekhinà e lo shabbàt che è per eccellenza il tempo della berakhà. Lo shabbat si accoglie con la preghiera di Lekhà Dodì: “Vieni mio amato incontro alla sposa, accogliamo lo shabbàt... andiamo incontro allo shabbàt perché è la sorgente della benedizione”.
    La Torà e lo shabbàt sono fonti di berakhà, di benedizione, oltre lo spazio e il tempo e devono essere “ricevuti” in ragione della loro origine divina infatti si usa dire qabbalàt-Torà e qabbalàt-shabbàt, ricezione della Torà e ricezione del sabato.
    E cosa ci rende degni alla benedizione? “L’uomo di buon occhio, tov ‘ayin, (generoso) sarà benedetto, poiché diede del suo pane al povero” (Proverbi 22:9).
    Chi vede il buono, il bello e il pieno in ogni cosa e in ogni uomo è benedetto e a sua volta è fonte di benedizione per l'intero creato.
    Shabbat Shalom a tutti, colma di Berakhà!
  13. .
    Premessa.
    Non ho letto tutto per mancanza di tempo e, tra l'altro,
    tante cose non le ho neanche capite.
    Però mi è venuta un'idea, magari è una fesseria e fate finta
    che non l'ho scritta.
    Forse si potrebbe risolvere questo scontento generale,
    unificando i due forum sotto un unico portale, e nel caso
    non guasterebbe un restyling, es:
    Home page: (ForumEbraico consulenza ec..... Oppure
    Mantenere il nome di uno dei due oppure come vi pare)
    Da qui si va o in:
    consulenzaebraica.forumfree.it
    (.......................)
    oppure in:
    forumbiblico.forumfree
    (.......................)
    Più una eventuale aggiunta di qualche sezione.

    Questo post può: A) Essere cestinato
    B) Essere il primo di una collaborazione
    comune al fine di rendere contenti tutti

    Piccolo problema: Occorrerebbe un'anima pia che si incaricasse del lavoro.
  14. .
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    Qualche anno fa, ho letto con grande stupore una notizia apparsa sul sito Yediòt Ahronòt: in Corea del Sud il Talmùd è diventato un libro obbligatorio in tutte le case. I coreani hanno spiegato che questa decisione è legata al fatto che, secondo loro, gli ebrei possiedono un’intelligenza particolare e sperano, attraverso lo studio del Talmùd, di poter diventare anche loro dei geni.
    I coreani hanno davvero scoperto uno dei nostri segreti? È questa la vera ragione per la quale numerosi Premi Nobel sono ebrei?
    Certamente si! Lo dice chiaramente la Torà: Poiché la Torà è la vostra intelligenza davanti ai popoli (Devarìm 4, 6).
    Il momento ideale per riflettere su questo argomento è Shavu'òt, che celebriamo questa sera, ricevendo di nuovo la Torà, come se fossimo ai piedi del Monte Sinày.
    Come ci sono arrivati i sud coreani, questa festa è l’occasione giusta per prenderne coscienza anche noi.

    Talvolta i gioielli più preziosi sono in casa, sotto i nostri occhi, e noi li cerchiamo altrove: l’erba del vicino è sempre più verde!
    Diventiamo anche noi Coreani e studiamo un po’ di Torà e Talmud ogni giorno!!!

    Kabalat haTorà besimkha ubepnimiut!
    Shlomo Bekhor
  15. .
    CITAZIONE (Negev @ 30/5/2017, 08:41) 
    CITAZIONE (acarlo @ 29/5/2017, 21:20) 
    "Ebraico lingua di santità"
    Santi e santità, termini abusatissimi, inflazionati, e in continua produzione nella religione cristiana.
    Ma cosa si intende in ebraico con il termine "santità"? E chi sarebbero i santi?

    non vi è in ebraico l'equivalente di "santo" e "santità"
    La parola "kadosh" tradotta con "santo" e "kedushà" tradotta con "santità" vogliono dire "Dedicato, esclusivo" e "gedizione , esclusività", nel senso di unico nel suo genere.
    Il santo (nel senso di individuo santificato nel senso italiano) non esiste. in quel senso lì solo Dio è considerato "Santo". l'uomo, fossero anche Moshè o Avraham non lo sono: può essere "Tzaddiq" (giusto), "Hassud" (pio)


    Questo è un concetto particolarmente ostico per i gentili.
1737 replies since 14/10/2007
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