GENESI 14,22 NEL 1QAPGEN E IL TERMINE QANÁ

Confutazione a Mauro Biglino

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    OMAR DI BENEDETTO, JOE FALLISI

    GENESI 14,22 NEL 1QAPGEN E IL TERMINE QANÁ

    Mauro Biglino scrive ne La Bibbia non parla di Dio:

    «Elyon era un El che occupava una posizione di comando: era quello che “stava sopra”, e non a caso la Bibbia annota che Abramo dovette pagare a lui la decima (Gn 14,20). Ma ciò che va evidenziato in modo specifico e che nel versetto 22 i redattori dei codici biblici, da cui dipendono in sostanza le bibbie tradizionali che possediamo, hanno effettuato un’operazione finalizzata all'assimilazione di Yahweh con Elyon. […] Nel corrispondente testo reperito nei Rotoli del Mar Morto non si registra questo abbinamento tra Yahweh e Elyon: nei testi di Qumran Yahweh non è parte di questa scena specifica, non è uno degli attori. Inoltre bisogna rilevare che nel testo Elyon è accompagnato da una qualifica che nelle bibbie è tradotta con il termine “creatore”, ma che in ebraico è resa con il participio del verbo קנא, qana, che ha il significato letterale di “acquisente” e indica con chiarezza che Elyon aveva “acquisito” quella terra, ne era entrato in possesso e non ne era certo il creatore. Dunque il termine Elyon non ha nulla a che vedere con il Dio della tradizione religiosa: era un epiteto che indicava il comandante supremo della gerarchia militare degli Elohim (אלהים)1.

    Iniziamo col dire che l’Apocrifo della Genesi, è uno dei sette rotoli del Mar Morto scoperti nel 1947 dai pastori beduini nella prima grotta (Cava 1) di Qumran2. La lingua usata nel testo è l’aramaico, in uso al tempo di Gesù, anche se non è dato sapere quali differenze ci fossero, nell’aramaico dell’Apocrifo della Genesi, rispetto alla lingua parlata3. Quanto alla sua definizione, si tratta di aramaico medio (200 a.C-200 d.C.) contrassegnato da numerosi ebraismi, in parte dovuti all’influsso del testo ebraico della Genesi, ma soprattutto conforme all’aramaico del tempo4. La datazione del manoscritto, in base all’esame paleografico, è compresa tra il 50 a.C. al 70 d.C.5 ed esso, nonostante preceda il testo masoretico, va considerato una riscrittura narrativa della Genesi di una comunità specifica, appunto quella di Qumran6.

    Ma veniamo al passo di Genesi 14,22.

    Quanto affermato da Biglino è in realtà ripreso da Emanuel Tov, professore del Dipartimento di Bibbia dell'Università Ebraica di Gerusalemme, il quale afferma, riguardo a 1QapGen (XXII, 1.21):

    «Il testo presumibilmente originale di questo versetto, riflesso nella versione più breve di P, S e 1QapGen, si riferisce a Dio come עליון, “l’Altissimo”, un termine che ricorre anche nei testi cananei, in cui 'Elyon ha la funzione di יצרנית, “creatore”, come anche qui. M, C, B tuttavia, ha aggiunto una sola parola, יהוה, “il Signore”, identificando così “l'Altissimo” con il Dio di Israele, come se Abramo si rivolgesse a Lui. La forma presumibilmente originale del testo è anche conservata in esso nel v. 19: “Benedetto sia Abramo da Dio Altissimo, creatore del cielo e della terra”»7.

    Joseph A. Fitzmyer (1920-2016) sostiene a sua volta:

    «Nella traduzione di Gen 14,22 (אל יהוה אל עליון), l'autore di questo testo ha omesso il tetragramma, o più probabilmente tradotto semplicemente ciò che era nel testo di Genesi. [...] Poiché l'omissione in questo testo concorda con la LXX (προς τόν Θεόν τον ύψιστον) e la Peshitta contro i Targunim, è probabile che יהוה nella MT di Gen 14,22 sia una glossa successiva introdotta nel MSS della tradizione biblica»8.

    Bisogna inoltre tenere presente che l'omissione potrebbe essere dovuta al rispetto per il sacro nome, poiché è noto che gli scribi di Qumran usavano molti sostituti per il nome יהוה: così אל [11QMelch (4),11; 1Q22 3,6, cfr. Deut. 15,2; Sal. 7,9], come una forma completa del pronome הואהא [1QS 8,13], o quattro punti [1Q1sa 33,7; 1QS 8,14, citando Isa. 40,3], o יהוה scritto in caratteri paleo-ebraici [1QpHab 6,14; 10,7,14; 11, 10; 11QLev 2,2, 6; 11Q5 Frg. 1,3], o אלהיך scritto in inchiostro rosso [11Q22 1,2].9

    Un perché dell’assenza di הוה in Genesi 14,22 nella LXX e Peschitta ci è anche dato da John Adney Emerton (1928-2015), teologo, accademico e Regius Professor di ebraico all'Università di Cambridge, il quale così argomenta:

    «La LXX e la Peshitta non hanno l’equivalente di yhwh nel verso 22, ma l'omissione potrebbe essere accidentale e potrebbe essere stata influenzata dalla vicinanza della preposizione ’el al sostantivo ’êl nella frase ’l yhwh ’l. [...] L’apocrifo di Genesi non è una traduzione, ma una libera narrazione della storia di Genesi. Inoltre, il tetragramma non si verifica mai al suo interno».10

    In ogni caso, sia Fitzmyer sia Emerton non affermano che Elyon non sia comunque un titolo di Yhwh, e quindi il medesimo individuo.

    Fitzmyer ad esempio scrive quanto segue:

    «Ὁ ύψιστος “Dio Altissimo”, è la traduzione greca dell'Ebraico עליון, che si presenta in aramaico come עלין (Sefire I A 11). Era il nome di un dio cananeo e alla fine divenne l'epiteto di El. 'El' Elyon fu adottato dai primi ebrei come epiteto di Yahweh nel culto patriarcale di Gerusalemme (Gen 14, 18-20; vedi anche Deut 32, 8-9; Num 24,16). Nella forma aramaica עליא, si presenta in Dan 3,26; 5,18. Sotto forma di aramaicoעליא, si presenta in Dan 3,26; 05,18. Cf. Marco 5,7; Atti 7,48, dove è persino usato come sostanziale, “l'Altissimo”»11.

    La stessa locuzione di Genesi 14,22 (1QapGen XXII, 21) su Elyon la si trova infatti nei versetti 14,19 (1QapGen XII.17), come precedentemente detto da Emmanuel Tov. Fitzmyer, a tal proposito, ritiene che sia proprio Yhwh, in quanto la benedizione di Abramo riflette quando detto in Levitico 19,24 a nome diאֱלוֹהִים, Elohim12.

    Similmente afferma Emerton sui termini El e Elyon:

    «La maggior parte dei passaggi pertinenti usa ovviamente le parole con riferimento a Yahweh. Sal. LXXXII parla dell’“assemblea di El” nel versetto 1, e di Elyon nel versetto 6, e l'assenza del tetragramma è probabilmente dovuta solo al fatto che questo è uno dei salmi eloistici in cui il nome Yahweh sembra essere stato cambiato in Elohim. Ci sono anche altri salmi in cui El o Elyon vengono usati per Yahweh (e.g. Sal. VII 18: yhwh ’elyôn; Sal. I,I: ’ēl ’ĕlōhîm – originariamente ’ēl yhwh) ed Elyon è anche usato per Yahweh in altri libri (ad esempio Lam. III 35, 38). L'identificazione di Yahweh con El ed Elyon è profondamente radicata nella Bibbia ebraica, specialmente nel Salterio»13.

    Poniamo quindi a Biglino, senza attenderci nessuna risposta, tre domande inevitabili:

    1. Chi era “l’attore” della Genesi, dato che Yhwh non c’è?

    2. Con chi parlarono, insomma, Abramo, Noè, e gli stessi Adamo ed Eva?14

    3. Perché gli scribi di Qumran omettono il tetragramma?

    Chiarita la questione di 1QapGen passiamo al termineקנה qäná.

    Biglino afferma perentoriamente che in Genesi 14,19, Elyon non è il “creatore” ma un “acquisente”. Bisogna ammettere che la questione è piuttosto intricata15.

    Iniziamo dicendo che i verbi che significano “creare” nel Tanàkh sono diversi (disá, bäná, jäsad, jäsar, kónén, qäná, hólid); il loro senso preciso e differenziato va afferrato sempre nei vari contesti16.

    Per quanto riguarda il nostro termine, nel dizionario Brown-Driver-Brigg si danno i significati di «ottenere, acquisire, creare, acquistare, possedere»17. Ugualmente il Gesenius «creare, acquisire, comprare»18.

    Quest’ultimo dizionario, che non possiamo non dire sia datato (1857), aggiunge in nota: «Non sembra esserci alcun terreno sufficiente per attribuire il senso di creare a questo verbo; in tutti i passaggi citati per quel senso, possedere, sembra essere il vero significato»19.

    Il professore Paul Humbert, in tempi più recenti (1950), analizzò l’uso di קנה in tutto il Tanàkh e concluse che nella maggior parte dei casi qäná era la parola comune per “comprare”; in altri annullava l'acquisizione o il possesso di un oggetto (o schiavo) con mezzi diversi dal pagamento di denaro. Solo nei seguenti passaggi poteva significare “creare” (Gen. 4,1; 14,19, 22; Es. 15,16; Deut. 32,6; Sal. 74,2; 78:54; 139,13; Prov. 8,22). Humbert sostenne questa visione per il contesto e facendo riferimento al verbo ugaritico qny, che significa chiaramente “creare”, funzione della dea ʼA ṯirat “creatrice (qnyt) degli Dei”20.

    Pure l’archeologo e linguista William Foxwell Albright (1891-1971) era d’accordo nel derivare il termine qäná dall’ugaritico qny e lo collegava a sua volta all’arabo qyn, i quali hanno entrambi il significato di “forgiare, formare, creare”21. E come loro altri studiosi22. Anche il recente dizionario di ebraico biblico del linguista e rabbino Ernest Klein (1899-1983) rimanda a questo significato: “קָנָה ha creato (detto solo di Dio); […] Ugar. qny (ha creato, prodotto)”23.

    Secondo gli accademici citati il termine qäná in Genesi 14,19 non va tradotto con “acquisente” ma con “creatore”. Ed è interessante notare che la LXX e la Peshitta (ritenute “autorevoli” da Fitzmyer) concordano proprio con quest’ultimo significato24. Lo stesso professore Emanuel Tov ci conferma esplicitamente, su 1QapGen, che «Elyon ha la funzione di יצרנית, “creatore”»25. Smentendo dunque quanto affermato da Biglino.

    Ecco, per concludere, alcuni commenti dei più celebri rabbini, che a loro volta smentiscono quanto sostenuto dallo scrittore torinese.

    Rabbi David Kimchi (1160-1235), meglio noto come “Radak”, rabbino medioevale francese, grammatico e linguista, dice chiaramente che la parola qäná è intesa nel sento di “aver creato”:

    ויברכהו...קונה שמים וארץ, la parola קונה qui non deve essere intesa nel senso consueto di acquisire qualcosa da una terza parte. Malki Tzedek certamente non pensava che “il Dio del cielo e della terra” avesse “acquistato” la sua posizione da un’altra forza. La parola è usata nel senso di “aver creato o inventato”. Fu usata in questo senso da Chavah quando diede alla luce Kayin e disse קניתי איש את ה', “Ho prodotto, prodotto un uomo, con D'o”, quando intendeva dire che ora era una compagna di D'o.” (Genesi 4,1).
    קונה, אינו לשון קונה מאחר, אלא הרי הוא כאילו אמר, עושה או ממציא, וכן "קניתי איש" כמו שפרשתי.
    (Radak, Genesi 14,19.1)26

    Rabbi Shlomo Yitzhaqi (1040-1105), “Rashi”, l’esegeta ebraico più influente di tutti i tempi, afferma invece che “creare” e “acquisire” sono in realtà la stessa cosa, argomentando come segue:

    קנה שמים וארץ “Creatore del cielo e della terra – simile a (Salmi 134,3) עשה שמים וארץ “Creatore del cielo e della terra”: avendoli fatti li acquisì come suo possesso.
    קנה שמים וארץ. כמו עשה שמים וארץ (תה' קל"ד); על ידי עשיתן קנאן להיות שלו.
    (Rashi, Genesi 14,19.1)27.

    Moshe ben Nahman Girondi (1194–1269), meglio noto come “Nahmanide”, opta per “possessore”:

    קונה שמים וארץ כתב רש"י “Creatore del cielo e della terra. Rashi dice: Acquisire è lo stesso di עושה (Creare). [vale a dire:] Con la sua creazione li ha acquisiti per essere suoi. Queste sono 2 interpretazioni. Forse è così che la parola קנין può significare “fare”, e così [troviamo] “Sei stato tu a creare (קנית) i miei reni” (תהלים קלט יג) (apparentemente ית significa “hai fatto”), poiché [il verso] ripete “Mi hai circondato [con carne e ossa] nel grembo di mia madre”. Inoltre, “Non è tuo padre il tuo creatore? (קנך) Ti ha creato e consolidato” דברים לב ו) Perché l'ebraico usa קנין per significare “fare”. E anche il contrario è vero, [come vediamo nel Passuk] “[le anime] che hanno acquisito (עשו) in Charan (לעיל יב ה)” [dove עשו significa “hanno acquisito”] e “è da ciò che apparteneva a nostro padre, ha accumulato (עשה) [tutta questa fortuna] (sotto, 31,1)”. Il più corretto è ciò che [Rashi] afferma ulteriormente: “Li acquisisce perché siano suoi”. Perché tutto quel che uno possiede diventa le sue “acquisizioni”. [Per esempio,] le greggi di pecore e capre sono chiamate מקנה (bestiame, lumi, acquisizioni) perché le greggi erano considerate i principali possedimenti di una persona. Nel linguaggio dei rabbini “se uno raccoglie un oggetto trovato per conto di un amico, il suo amico lo acquisisce (קנה)” (Bava Metzia 8a) “guardando un oggetto senza proprietario lo acquisisce” (ibid. 118a), e “il cortile di qualcuno acquisisce per sé (oggetti senza proprietario) a sua insaputa” (ibid 11a). E così in molti luoghi in cui [קניה] viene usato al posto della parola זכיה, significando che [l'oggetto] diventa suo. Questo è ciò che Onkelus intendeva tradurre (“I cui possedimenti sono il cielo e la terra”), e non ha detto (“Creatore [o Acquirente] del cielo e della terra”).
    קונה שמים וארץ כתב רש"י קונה כמו עושה על ידי עשייתו קנאן להיות לו ואלה שני פנים הם ואולי כן הדבר שיבא לשון קנין בענין העשייה וכן כי אתה קנית כליותי (תהלים קלט יג) שיכפול תסוכני בבטן אמי וכן הלא הוא אביך קנך הוא עשך ויכוננך (דברים לב ו) כי הלשון יאמר "קנין" בעשייה וההפך אשר עשו בחרן (לעיל יב ה) קנו ומאשר לאבינו עשה (להלן לא א) והנכון מה שאמר עוד קנאן להיות לו כי כל אשר לאדם יקרא קנינו ויקראו הצאן "מקנה" בעבור היותו עיקר רכוש האדם ולשון חכמים (ב"מ י) המגביה מציאה לחבירו קנה חבירו הבטה בהפקר קניא (שם קיח) חצרו של אדם קונה לו שלא מדעתו (שם יא) וכן בכל מקום תבוא להם במקום זכיה כלומר שהוא שלו ולזה נתכוין אונקלוס שתרגם דקניניה ולא אמר "קנה".
    (Ramban, Genesi 14,19)28.

    Rabbi Jacob ben Asher (1269-1343), detto, “Ba'al ha-Turim”, ritiene che il termine vada meglio tradotto con “proprietario”:

    קונה שמים וארץ, “Proprietario del cielo e della terra”. Rashi capisce la parola קונה qui nel senso di עושה, cioè “Creatore di”. Lo aveva acquisito in virtù di averlo fatto. Nachmanide afferma inoltre che Rashi ha compreso la parola קונה qui, citando Deuteronomio 32,6 הלא הוא אביך קנך הוא עשך ויכוננך, “Non ti possiede dal momento che è tuo padre, che ti ha creato e consolidato?” Le radici קנה e עשה sono usate in modo intercambiabile nella Torah. Un altro esempio importante di questo uso della parola עשה nel senso di un'acquisizione si trova in Genesi 12,5, dove Abramo e Sara sono descritti come portatori di un ואת הנפש אשר עשו בחרן, dove chiaramente il significato della parola עשו non è “fatto”, ma che essi hanno acquisito, nel senso che avevano convinto le persone in questione a riconoscere il D'o in paradiso, il Creatore. Tutto ciò che appartiene a una persona è descritto come suoינו, “sua proprietà”, ciò che ha fatto suo. I nostri saggi, discutendo a proposito di un oggetto trovato che diviene acquisito, hanno dichiarato che nel momento in cui il cercatore lo prende esso è diventato suo, è suo קנין.
    קונה שמים וארץ. פירש"י קונה כמו עושה על ידי קנייתו קנאו להיות שלו, והרמ"בן אמר כן הדבר שיצא לשון קניין בעשיי' כמו הלא הוא אביך קנך הוא עשך כי בלשון עשיי' יאמר במקום קניין ובמקום עשיי' ועשיי' במקום קנין כמו הנפש אשר עשו בחרן והנכון לפרש כי הוא קנאן להיות שלו שכל מה שיש לאדם נקרא קניינו וכן בלשון חכמים המגביה מציאה לחבירו קנה.
    (Tur HaAroch, Genesi 14,19.1)29.

    Quand’anche fosse veritiera tale interpretazione, è altrettanto vero ciò che chiosa il rabbino spagnolo Bahya ben Asher (1255-1340), conosciuto come “Rabbeinu Bahya”, che a tal riguardo scrive:

    Secondo Bereshit Rabbah 43,7 sembra che le parole קונה שמים וארץ fossero intese come riferite ad un’acquisizione letterale nel senso di proprietà che passa da un proprietario all'altro. Si riferirebbe quindi alla materia prima originale da cui è stato costruito l'universo. La formulazione del Midrash è: “Da chi l’avrebbe acquisita?” Risposta: “Se i suoi occhi sono belli, questo non dimostra che anche i suoi capelli sono belli?” Malki Tzedek ha sottolineato che non solo parte dell'universo è di D’o, ma tutto. Secondo il nostro autore, il punto è che il Midrash significa che il fatto che D’o “avesse acquisito” la materia prima originale non significa che non fosse stato Lui a creare anche quel materiale.
    אבל בב"ר נראה שהבינו החכמים מלת קונה כפשוטו שקנאן מאחר והוא החומר הראשון שממנו ברא הכל והוא שדרשו קונה שמים וארץ ממי קנאן כהדין דאמר פלניא עינוהי יאי שערוהי לא יאי בתמיה, ובאור זה כי ממה ששבח את העינים לא תבין מזה שאין שערו נאה כי כולו נאה אבל לא בא ספור השבח אלא במה שהיה מדבר, וכן בבריאת העולם כשהוא אמר קונה שקנאן מהחומר לא תבין שאותו חומר קדמון היה אצלו מתחלה כי גם החומר מחדש בראו וחדשו מאין.
    (Rabbeinu Bahya, Genesi14,19.1-3)30.

    Se ne deduce che nessuno dei saggi ebrei più autorevoli concorda con l’opinione di Mauro Biglino. Quanto al mondo accademico, esso ritiene, su solide prove linguistiche, che sia proprio “creare” il significato diקנה qäná in Genesi 14,19 e negli altri passi di cui sopra. L’affermazione bigliniana che in tutta la Bibbia non esista né il termine né il concetto stesso di “creazione” (ex nihilo) è senza fondamento. Allo stesso modo non è per nulla sicuro che Elyon e Yahweh siano (da considerarsi) due entità diverse. Anzi è semmai più verosimile e probabile il contrario.

    NOTE


    1 Mauro Biglino, La Bibbia non parla di Dio, Mondadori, Milano 2015, p. 43.

    2 Joseph A. Fitzmyer, The Genesis Apocryphon of Qumran Cave 1 (1Q20): A Commentary, Pontificio Istituto Biblico, Roma 1996, p. 13.

    3 Ibidem, pp. 20-21; Luigi Moraldi, I manoscritti di Qumran, UTET, Torino 2017, p. 606.

    4 Harold Henry Rowley, Notes on the Aramaic of the Genesis Apocryphon, Hebrew and Semitic Studies presented to G. R. Driver, Oxford 1963, pp. 116-129.

    5 Nahman Avigad, Yigael Yadin, Genesis Apocryphon, Magnes Press of the Hebrew University and Heikhal Ha-Sefer, Jerusalem 1956, p. 15; Joseph A. Fitzmyer, The Genesis Apocryphon of Qumran Cave 1 (1Q20): A Commentary, Pontificio Istituto Biblico, Roma 1996, pp. 14-19.

    6 Moshe J. Bernstein, Professore di Bibbia e storia ebraica presso l’Università di Yeshiva precisa: «L’Apocrifo della Genesi è composto da una serie di mini-riscritture di portata limitata, che potremmo chiamare i libri di Lamech, Noè e Abramo, che, una volta giustapposti, formano una narrazione continua e, quindi, quella che potremmo chiamare una forma secondaria di “Bibbia riscritta”». (Moshe J. Bernstein, Reading and Re-Reading Scripture at Qumran (2.vol. set). BRILL, Leida 2013, pp. 291). Si veda anche Giovanni Garbini, L’Apocrifo della Genesi nella letteratura giudaica, Annali 37, Boston 1977, p. 6.

    7 Emanuel Tov, Textual Criticism of the Hebrew Bible, Augsburg Fortress Publishers, Minneapolis 2001, p. 282.

    8 Joseph A. Fitzmyer, The Genesis Apocryphon of Qumran Cave 1 (1Q20): A Commentary, Pontificio Istituto Biblico, Roma 1996, p. 251

    9 Ibidem, p. 251. Tesi che Fitzmyer rigetta per l’omissione nella LXX e Peschitta.

    10 Graham Davies, Robert Gordon, Studies on the Language and Literature of the Bible: Selected Works of J.A. Emerton, Brill Academic Pub, 2014 Leida, p. 514.

    11 Joseph A. Fitzmyer, Tobi, Walter de Gruyter gmbH, 2003 New York, p. 114.

    12 Joseph A. Fitzmyer, The Genesis Apocryphon of Qumran Cave 1 (1Q20): A Commentary, Pontificio Istituto Biblico, Roma 1996, p. 162.

    13 Graham Davies, Robert Gordon, Studies on the Language and Literature of the Bible: Selected Works of J.A. Emerton, Brill Academic Pub, 2014 Leida, p. 534.

    14 Mauro Biglino ha anche sostenuto che El-Shaddai, cioè il nome con qui la divinità si rivelò ad Abramo, non è Yhwh, ma il padre di quest’ultimo. Una teoria assurda già ampiamente confutata (cfr. Omar Di Benedetto, Joe Fallisi, El Shaddai e Yahweh, Sonnenmenschen, 2019; Omar Di Benedetto, Il vero significato di El Shaddai, 2019. id.

    15 Victor P. Hamilton, The Book of Genesis, Chapters 1-17, Eerdmans, Michigan 1990, p.219; Alice M. Sinnott, The Personification of Wisdom, Routledge, London 2005, p. 25 sgg. A proposito del participio presente per il quale opta Biglino, esso deriva dal verbo acquisire che, recita il Vocabolario Treccani, ha il significato di: “Acquistare (…): diritti che si possono o non si possono a.; a. una certezza, a. profonde cognizioni. Con accezione più specifica, soprattutto nel linguaggio giudiziario, a. agli atti, a. al processo, un documento, una prova testimoniale, ecc., inserire tra gli atti processuali, mostrando con ciò di ritenere il documento, la testimonianza ecc., efficace ai fini del processo stesso”. “Acquisente” il cielo???...

    16 Bibbia e Oriente, Volumi 1-2, Centro Studi e Arte Grafiche, 1959, p. 204 sgg.

    17 Francis Brown, Samuel Driver, Charles Briggs, The Brown-Driver-Briggs Hebrew and English Lexicon: With an Appendix Containing the Biblical Aramaic: Coded With the Numbering System from Strong's Exhaustive Concordance of the Bible, Hendrickson Publishers, Massachusetts 1991, p. 823.

    18 Wilhelm Gesenius, Samuel Prideaux Tregelles, Gesenius's Hebrew and Chaldee Lexicon to the Old Testament Scriptures, Bagster, London 1857, p. 735.

    19 Ibidem, p. 735.

    20 Paul Humbert, 'Qaˉnâ' en Hébreu biblique, in: W. Baumgartner, Festschrift für Alfred Bertholet, Tübingen 1950, pp. 259-267. Cf. G. Levi Della Vida, El Elyon in Genesis 14.18-20, Journal of Biblical Literature 63, 1944, p. 1.

    21 William Foxwell Albright, Some Canaanite-Phoenician Sources of Hebrew Wisdom, SVT 3, 1955, pp. 1-15.

    22 Si vedano D. J. McCarthy, “Creation” Motifs in Ancient Hebrew Poetry', CBQ 29, 1967, p. 78; Werner H. Schmidt, קנא, in DTAT II, pp. 586-587.F. Vattioni, Il significato della radice qànàh, RivBib 3, 1955, p. 222. John Skinner, A critical and exegetical commentary on Genesis, Charles Scribner's Sons, New York 1910, p. 102.

    23 Ernest Klein, A Comprehensive Etymological Dictionary Of The Hebrew Language, Carta Jerusalem, Jerusalem 1987, p. 584.

    24 «La LXX e Peshitta hanno l'idea di “creare”» (David E. Garland, Proverbs-Isaiah, Zondervan, Michigan 2008, p. 101.

    25 Emanuel Tov, Textual Criticism of the Hebrew Bible, Augsburg Fortress Publishers, Minneapolis 2001, p. 282.

    26 David Kimchi, Commento alla Torà, Vol. I, Rabbi Kook Institution, [Ed. Ebr.], Gerusalemme 1970, p. 61. Si veda anche O. Plöger, Sprüche Salomos, BKAT, Berlin 1984 p. 17 il quale rende il termine קנה qäná come “prodotto”.

    27 Rashi, Chumash: Bereshith, Silbermann Family, [Ed. Ebr.], Gerusalemme 1934, p.2.

    28 Naḥmanide, Perushe ha-Torà Vol. I, Rabbi Kook Institution, [Ed. Ebr.], Gerusalemme 1967, p. 88. Si veda la traduzione della Bibbia Edizione Mamash: «Sia benedetto Avràm dal Dio Altissimo, Possessore del cielo e della terra» (Genesi-Bereshìt, traduzione di Avigail H. Dadon, Mamash Edizioni Ebraiche, Milano 2010, p. 152).

    29 Jacob ben Asher, Commento alla Torà, Vol. I, Gitler, [Ed. Ebr.], Gerusalemme 1981, p. 31. La traduzione della Bibbia dell’ Edizione Giuntina si rifà a questa interpretazione: «Benedetto tu sia, Abramo, dal Dio Altissimo, padrone del cielo e della terra.» (Pentateuco e Haftarot di Rav Dario Disegni, Giuntina, Firenze 1995, p. 25).

    30 Bahya ben Asher, Commento alla Torà, Vol. I, Rabbi Kook Institution, [Ed. Ebr.] Gerusalemme 1966, p. 93.
     
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