Poiché il Giudizio appartiene a D-o

tesi master UCEI di Negev

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  1. Abramo
     
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    Il concetto di eguaglianza


    La procedura giuridica ebraica differisce in modo sostanziale rispetto al diritto degli altri popoli. Mentre in quest’ultimo sono gli avvocati dell’accusa e della difesa a condurre gli interrogatori e a richiedere le prove a carico di ogni parte, nel diritto ebraico sono invece i Giudici a dirigere gli interrogatori e a richiedere le prove a ciascuna delle parti. Questo metodo è di gran lunga più efficiente, perché principalmente tende ad eliminare il problema della contraffazione delle prove e la falsa efficienza di una retorica ingannevole. Il verdetto dovrà essere equo nel suo massimo grado possibile. In esso si dovrà anche tenere conto dell’appartenenza di ceto sociale di ciascuna delle due parti.
    Il concetto di eguaglianza non può prescindere dal considerare le potenziali possibilità o impossibilità a compiere determinate azioni, che possono essere molto diverse in base alla classe sociale di appartenenza.
    Un ricco dispone di molte risorse ed i valori che egli attribuisce alle cose sono di gran lunga differenti rispetto al povero. Se dunque un povero dovrà essere multato, dovranno essere tenute in considerazione le sue effettive possibilità, in base al valore che queste hanno per lui, poiché dispone di scarse risorse. Questo principio valeva ad esempio, nelle regole del culto dei sacrifici. Nel caso di un povero che non avesse avuto la possibilità economica di offrire un animale costoso, l’obbligo, da parte del Bet Din, era di presentare un’offerta adeguata alla sua disponibilità e condizione. (Waykrà 5,5-13)
    Pertanto, il concetto di eguaglianza non può essere vero ed esatto se non implica dapprima in sé un’eguaglianza di valori. Nel diritto dei popoli, al contrario, una sanzione pecuniaria ha lo stesso valore per tutti i soggetti, in quanto non prende in considerazione i valori secondo le possibilità di ciascuno. Vi è quindi l’illusione di conseguire un’eguaglianza assoluta mentre, al contrario, con questo metodo non si applica una punizione equa, poiché il benestante, potrà considerare irrisoria una sanzione e, non ricevendo una lezione adeguata e una sanzione proporzionale al suo status economico, continuerà a manifestare la tendenza a trasgredire nuovamente, data l’inefficienza della punizione.
    Si consideri anche che un ricco potrà disporre di avvocati prestigiosi e di fama, con la possibilità di gestire molto più agevolmente la procedura giuridica a suo favore, pur essendo egli trasgressore in maniera certamente non diversa dall’indigente.
    Nel diritto ebraico invece, il concetto principe è il conseguimento della Verità e questo compito è riservato ai Giudici, i quali gestiscono tutta la procedura in modo attivo, mentre le due parti in causa rimangono passive ed attente alle richieste dei magistrati. Compito basilare della procedura giuridica ebraica è quello di conseguire una completa eguaglianza delle parti in causa.
    Davanti ai Giudici (in fase istruttoria), le due parti sono perfettamente uguali.
    Dinanzi a loro in udienza, non c’è né ricco né povero, né padrone né servo, né piccolo né grande: unico obbiettivo è una perfetta indagine della verità.
    Diversamente, al momento della promulgazione della sentenza, sarà emesso un verdetto che prenda in debita considerazione le diseguaglianze di ceto sociale e di condizione economica, affinché il Giudizio sia il più equo possibile.

    Un’ulteriore differenza sostanziale fra il diritto ebraico e quello dei popoli, è riscontrata nel principio, nel diritto ebraico, secondo il quale l’uomo fu creato ad immagine di D-o e pertanto, in virtù di questo concetto, ogni uomo ha l’obbligo di mantenere elevato il proprio onore e quello del suo prossimo in quanto tale.
    Se ad esempio, durante un’indagine sia richiesta una perquisizione, questa dovrà essere eseguita in maniera tale che l’indagato non debba sentirsi umiliato.
    Il compito di ricerca della verità e dell’identificazione dei colpevoli non ha la liceità di violare l’onore del sospettato. Il sospetto non è mai una giustificazione, se tende a violare l’alto principio dell’onore dell’uomo in quanto uomo. Ciò vale sia per l’accusa che per l’accusato. Le due parti dovranno fare di tutto per salvaguardare l’onore e la dignità dell’indagato.

    Nel diritto dei popoli, la Morale e la Legge appartengono a due campi diversi mentre nel diritto ebraico, questi due campi sono perfettamente integrati. La procedura giuridica dei popoli si fonda sulla legge stabilita e nulla può aver luogo se non espressamente scritto in un dato comma. Le considerazioni morali hanno valore relativo e, nel caso che si sovrappongano alla legge scritta o che vadano in conflitto con questa, sarà la norma scritta che predominerà.
    Nel diritto ebraico, all’opposto, si tende a conseguire il diritto equo in ogni circostanza e quindi si può derogare dalla legge scritta, sostituendo ad essa una derivazione da una Norma Morale Elevata che abbia relazione con l’indagine. Esso obbedisce perfettamente al principio generale:

    ועשית הישר והטוב

    “Farai ciò che è diritto e buono”. (Devarim 6,18)
    La Norma Morale ha sempre la precedenza, quando la circostanza lo richieda. (Ramban, Parashat Qedoshim).
    Già dal periodo biblico, i popoli intravedevano un’alta morale e pietà nel diritto ebraico.
    Ad esempio, i servi del re di Aram così si esprimevano riguardo ai Re di Israel:

    ויאמרו אליו עבדיו הנה נא שמענו כי מלכי בית ישראל כי מלכי חסד הם נשימה נא שקים במתנינו וחבלים בראשנו ונצא אל מלך ישראל אולי יחיה את נפשך

    Traduzione:
    “I suoi servi gli dissero: ecco, per favore, abbiamo sentito che i Re della casa di Israel sono Re di bontà, permettici per favore di metterci dei sacchi nei nostri lombi e corde sulla nostra testa e usciamo incontro al Re di Israel, che forse non ti salvi la vita”.
    (1 Malachim 20,31 )

    Secondo il diritto ebraico sono più importanti il principio del perdono e della riconciliazione, rispetto alla ricerca e all’applicazione di una pena esemplare.
    In altri termini, il verdetto dovrà perseguire la pace e la riconciliazione delle due parti in causa.
    L’applicazione del diritto ebraico dunque ha la massima efficienza, perché integra in sé anche i principi morali su cui si basano tutte le sue Leggi. Dato che l’origine di tale diritto è attribuito a D-o nella Rivelazione del Sinai, i cittadini hanno la tendenza a rispettarlo e a mettere in pratica i loro doveri con un alto senso di timore della Divinità. Come abbiamo precedentemente sottolineato, il principio che è alla base del diritto ebraico è: “Ama per il prossimo tuo come per te stesso”, cui segue solennemente la firma con il nome sacro di HaShem: “Anì ****” “Io sono HaShem”.
    Colui che comanda è il Sommo Legislatore, la massima autorità in assoluto, oltre la quale non vi può essere alcun tipo di appello:

    אני אמית ואחייה
    מחצתי ואני ארפא
    ואין מידי מציל



    Traduzione:
    “Io farò morire e farò vivere, ho colpito ed Io guarirò e non c’è chi potrà salvare dalla mia mano” (Devarim 32,39)
     
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