SHEOL , ADE , INFERNO

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    https://consulenzaebraica.forumfree.it/?t=3...st=285#lastpost



    è in atto una discussione tra me e Polymetis

    su questo tema :

    da Luca XVI , 22

    “Stando nell'inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui.” (καὶ Λάζαρον ἐν τοῖς κόλποις αὐτοῦ).
    La frase di Plinio citata, che è l’esatto calco latino dell’espressione idiomatica greca, ci mostra che questo modo di dire andava oltre l’ambito linguistico greco ed era pan-meditteraneo.




    Al che dico a Polymetis

    CITAZIONE
    “Questo espisodio non ha nssuna possibilità di appartenere al Popolo della Torah , l'inferno tra i tormenti è l' invenzione di qualche catecumeno del II SECOLO.”

    Polymetis risponde :

    Credo che tu debba leggere meglio i dizionari che tu stesso scansioni. La tua obiezione è da smontare su tutti i piani, e non solo perché come al solito confondi i farisei con tutti gli Ebrei, ma perché per di più confondi i farisei di allora con quelli di oggi, o meglio, coi pareri dei discendenti dei farisei che conosci. Non c’è alcun dogma giudaico su cosa aspetti le anime dopo la morte, e questo non perché in generale il giudaismo sia un religione a-dogmatica come si vuole far credere quando si dice che non è un’ortodossia ma un’ortoprassi (due ebrei, tre opinioni), bensì perché è in generale l’argomento dell’immortalitù ad essere nebuloso nelle fonti. In effetti se ci si domanda che cosa deve pensare un ebreo della sua anima dopo la morte la risposta non può che essere: nulla di sicuro. Questa non è materia di Halakhah , di legge o di rituale, bensì di haggadah, di racconto L’idea di un tormento eterno delle anime non è affatto estranea al giudaismo, e infatti si sviluppa grandemente negli apocrifi giudaici .
    Possiamo notare come in Isaia gli abitanti dello Sheol mantengono una qualche pallida rassomiglianza con ciò che erano in vita:

    Sheol si agita sotto di te, per venirti incontro al tuo arrivo; per te sveglia le ombre, tutti i dominatori della terra, e fa sorgere dai loro troni tutti i re della nazioni. Tutti prendono la parola per dirti: “Anche tu sei stato abbattuto come noi, sei diventato uguale a noi”. In Sheol è precipitato il tuo fasto, la musica delle tue arpe".(Is 14, 9-11)

    Tra le opere apocalittiche giudaiche quella che offre l’immagine più ricca della vita dopo la morte è IEnoch, testo del III sec. a.C., che narra le peregrinazioni spirituali di Enoch nel mondo di Sheol o Gehinnom, prima, e nei cieli o in paradiso, poi. Enoch in entrambi i luoghi osserva un sistema ben strutturato di castighi e ricompense. Guidato in untour a un certo numero di arcangeli (tra i quali ci sono Raffaele, Uriel, Gabriele, Michele), Enoch visita prima lo Sheol, dove gli spiriti dei morti, ormai separati dai relativi corpi, si riuniscono in attesa del giorno del giudizio “quando gli atti degli uomini verranno pesati sul piatto della bilancia”. Il terreno che egli vede è diviso in quattro luoghi scavati, “profondi e scuri”. La divisione serve a separare gli spiriti dei giusti dagli spiriti dei peccatori. Cito:

    Questa parte (l’angelo rispose) è stata creata per gli spiriti dei giusti, in cui zampillano acque chiare. Questa parte per i peccatori, quando muoiono e sono sepolti senza che sia stato emesso su di loro alcun giudizio allorquando erano in vita. Qui i loro spiriti dimorano a parte, in un profondo dolore, fino al grande giorno del giudizio, tra i tormenti e le flagellazioni dei maledetti, affinché i loro spiriti siano retribuiti. Fino a quanto Egli li incatenerà per sempre” (I Enoch 22, 8-9)


    Dopo il giudizio, le anime dei giusti vengono ricompensate col passaggio “alla dimora sacra”, dove “la giustezza scorre come acqua e la grazia scorre come rugiada sulla terra. Così per i giusti, nei secoli dei secoli” (IEnoch 39,5)
    E’ questo, secondo le parole di Enoch, un “giardino di vita” (61,12)

    Le anime dei malvagi, al contrario, come spiega I Enoch, saranno punite eternamente per i loro peccati. Particolarmente temibile sarà il destino di coloro che non sono mai stati giudicati in terra. Il giorno del giudizio, la loro dimora temporanea e dolente nella grotta di Sheol si trasformerà in una “valle maledetta”, dove saranno “dannati per sempre”, soffrendo “in un abisso di tormenti”. Coloro che hanno peccato in terra saranno mandati già, saranno “banditi per sempre dalla faccia della terra, e periranno nei secoli dei secoli”. Cito estesamente:

    Mi guardati intorno e vidi un’altra parte della terra, una valle profonda e invasa di fiamme. Portarono i re e i potenti, e cominciarono a gettarli in questa valle profonda. Lì vidi coi miei occhi come fabbricavano i loro strumenti, catene di ferro dal peso insostenibile. Chiesi all’angelo di pace che mi accompagnava: Per chi sono queste catene?” Ed gli mi rispose” Sono per gli ospiti di Azazel, affinché restino incatenati negli abissi dell’eterna dannazione; ed essi saranno anche ricoperti fino alla testa di pesanti rocce, come il Signore ha comandato”(I Enoch 54,1-6)


    Saranno “gettati negli abissi, tra fuoco e fiamme, tra colonne di fuoco… E vidi allora come un simile abisso di fuoco si aprisse nel mezzo della terra, tra le fiamme; furono giudicato, ritenuti colpevoli, e gettati in questo abisso, dove bruciarono.” (I Enoch 90, 24-26) “Lo loro anime scenderanno a Sheol, e sciagurate saranno le loro tribolazioni. Nell’oscurità, in catene, tra le fiamme, dove atroce è il giudizio, voi spiriti entrerete”(63,10)
    Tra gli spiriti che vanno puniti in questo modo ci sono anche, e si capisce, quanti negano che l’anima, dopo la morte, sarà ricompensata per la propria giustezza o punita per la propria malvagità, quanti negano cioè l’immortalità dell’anima .

    Quando muori i peccatori parlano di te: “Come moriamo noi, così muore il giusto, e quali vantaggi egli ottiene per i suoi atti? Guarda, anch’egli muore nel dolore e nell’oscurità, e che cos’ha più di noi? Non siamo eguali? E che cosa riceve, che cosa vedrà per sempre? Guarda, anch’egli è morto, e non rivedrà più la luce” (IEnoch 102,6-8)

    Ovviamente non sarà accettata come punto di partenza per rispondere la teoria strampalata secondo cui Enoc non sarebbe un’opera ebraica… Certe risposte nascono infatti solo dalla mania di talmudizzare tutto l’ebraismo, cancellando il fatto che i farisei da cui discendono gli attuali rabbini erano solo una parte del giudaismo. La stessa logica infatti porta a sostenere che gli esseni non sarebbero stati ebrei. Entrambe queste teorie ovviamente, cioè la non ebraicità di Enoc e degli esseni, sono gratuite e non hanno alcuna eco accademica.
    Comunque sia, respingere l’ebraicità di Enoc non ti sarebbe di alcun aiuto. Giuseppe Flavio ci onforma infatti che i farisei della sua epoca credevano all’immortalità dell’anima e alla punizione eterna della anime malvagie: “credono che le anime abbiano un vigore immortale, e che sotto terra si assisterà a ricompense e punizioni, a seconda che si sia vissuto virtuosamente o viziosamente in questa vita; i virtuosi avranno il potere di vivere e rivivere ancora, mentre i viziosi saranno detenuti in un eterna prigione”(La guerra Giudaica, II,8,XIV)

    Non si tratta dunque della fantasia di alcun catecumeno cristiano del II secolo, e non era affatto estranea questa concezione al popolo giudaico.

    Un po’ di bibliografia per l’immagine del tormento eterno delle anime nei vari giudaismi (ci sono anche fonti epigrafiche):

    G.W.E. Nickelsburg, Resurrection, Immortality and Eternal Life in Intertestamental Judaism, Harvard University, Cambridge (Mass.) 1972;
    J.S. Park Conceptions of Afterlife in Jewish Inscription, Mohr, Tubingen, 2000.
    M Gilbert, Immortalité? Resurrection? Faut-il choisir?", in a cura di Ph. Abadie e J.-P. Lemonon, "Le judaïsme à l'aube de l'ère chrétienne, Cerf, Paris, 2001.
    Pieter W. Van Der Horst, Ancient Jewish Epitaphs: an Introductory Survey of a Millennium of Jewish Funerary Epigraphy (300 BCE–700 CE), Kampen: Kok Pharos, 1991.

    Inoltre il Vangelo da cui ho citato il brano non appartiene a nessun catecumeno del II secolo, ciascuno dei 4 Vangeli è stato composto nel I secolo in un arco di tempo tra il 70 e 100 d.C, quindi è perfettamente utilizzabile come stato della lingua greca per un confronto con Giovanni.
    Ho poi detto che dovresti leggere meglio i dizionari che citi, perché è il GLNT stesso a dirti che l’immagine del giacere nel seno di Abramo è ricorrente pure nella letteratura giudaica. Leggi pagina 776 del GLNT da te citato… Cito solo un pezzo, le coordinate complete e altre ricorrenze dell’espressione “giacere nel seno di Abramo” le trovate nelle scansioni offerte da Barionu a p. 776: “E vuoi tu che tutti i tuoi fratelli nel mondo futuro giacciano senza di te nel seno di Abramo?” (Pes. r. 43 180b)



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    Si tratta di un argomento molto interessante, vasto e complesso, e penso sia l' occasione per analizzarlo a fondo.

    Per la cultura Ebraica esiste L' inferno ?




    דוד אות
     
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    Per la cultura Ebraica esiste L' inferno ?

    La domanda è priva di senso. Ci sono varie correnti ebraiche, quindi la risposta andrebbe differenziata a seconda delle varie correnti e dei vari periodi storici. Un attestazione che abbiamo visto ad esempio è quella descritta nel libro di Enoc. Non necessariamente i pareri degli Ebrei attuali, discendenti della corrente farisaica, devono coincidere con quella dei pareri di altre correnti, anche perché come ho scritto la descrizione dell'oltretomba non è materia di halakhah , di legge, bensì di haggadah.
    Inoltre, se anche alcuni ebrei hanno creduto a qualcosa di simile a ciò che noi cattolici chiamiamo inferno, ovviamente non l'hanno mai chiamato così.

    Ad maiora
     
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    Riapro questo thread per porre una domanda diretta agli amici ebrei.

    Per l'ebraismo l'anima certamente esiste e rappresenta il soffio vitale di D-o. Riporto questo intervento di un amico su FB
    https://www.facebook.com/groups/2385473328...=group_activity
    Penso che occorra richiedere l'iscrizione al gruppo per visualizzare e partecipare, ma non lo so bene perché sono iscritto, anzi l'ho aperto io e ne sono l'amministratore.
    ------------
    il termine ebraico per "anima" è “nèfesh”, che secondo un dizionario biblico “di solito si riferisce all’intero essere vivente, a tutto l’individuo”. — The Dictionary of Bible and Religion. La Scrittura di Genesi 2:7 dice: “Dio il SIGNORE formò l'uomo dalla polvere della terra, gli soffiò nelle narici un alito vitale e l'uomo divenne un anima [nèfesh] vivente.”
    Un'anima vivente, dunque, non un vivente dotato di anima. Esistono parecchie altre Scritture del Vecchio Testamento dove il termine nèfesh è inteso come un individuo, una persona e non un entità spirituale (Levitico 5:1; 23:30; Deuteronomio 24:7; Giudici 16:16; Giobbe 19:2; Salmo 119:28).
    Nella Bibbia la parole “anima” spesso fa riferimento anche a degli animali. Ad esempio Genesi 1:20 dice: “Producano le acque in abbondanza esseri [ebraico “nèfesh”, anima] viventi, e volino degli uccelli sopra la terra per l'ampia distesa del cielo” (vedi anche Genesi 1:24; Numeri 31:28).
    E' chiaro, quindi, che la Bibbia con “anima” non fa riferimento ad un’entità spirituale che sopravvive alla morte del corpo, bensì all’individuo o alla vita stessa.
    ------------
    Poiché il mio interesse è il periodo della nascita del cristianesimo in ambito ebraico, vorrei sapere se in quel periodo, non oggi, si reputava che l'anima era immortale e quali erano le sue aspettative.
    Mi pare che esisteva l'inferno, sheol, ma non so se esisteva il paradiso.

    Infine, la cosa più importante, se gli ebrei credevano in una risurrezione, aspettativa di quasi tutte le religioni, ed eventualmente i tempi di questa aspettativa.

    Grazie

    Edited by Pier Tulip - 19/1/2012, 11:29
     
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  4. airin29
     
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    l'ebreo in generale non si chiede se esiste lo Sheol....molti ci credono, altri no....anche tra i più ortodossi
     
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    אילון

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    CITAZIONE (airin29 @ 16/11/2014, 01:00) 
    l'ebreo in generale non si chiede se esiste lo Sheol....molti ci credono, altri no....anche tra i più ortodossi


    Qualche informazione:




    Aldilà nell’ebraismo

    L'Ebraismo tradizionale crede saldamente che la morte non sia la conclusione dell' esistenza umana.
    Tuttavia, perché l’ebraismo è soprattutto concentrato sulla vita piuttosto che sulla vita dopo la morte, l’ebraismo non è dogmatico circa il vita dopo la morte e lascia moltissimo spazio per l'opinione personale.
    Per un ebreo ortodosso è possibile credere che le anime dei morti giusti vadano in un posto simile al cielo cristiano, o che sono reincarnate in molti corsi della vita, o che attendono semplicemente fino alla venuta del messiah, quando resusciteranno.
    Inoltre, gli ebrei ortodossi possono credere che le anime del cattivo siano tormentate dai demoni della loro propria creazione, o che le anime cattive sono distrutte semplicemente alla morte, cessando di esistere.
    I riferimenti biblici alla vita dopo la morte di alcuni eruditi sostengono che la credenza nel vita dopo la morte è un insegnamento che si è sviluppato in ritardo nella storia ebraica. È chiaro che la Torah mette in risalto le ricompense e le punizioni immediate, concrete, fisiche, piuttosto che nel futuro astratto, vedere, per esempio, Lev. 26:3-9 e Deut. 11:13-15. Tuttavia, c'è prova libera nella Torah di credenza nell'esistenza dopo la morte.
    La Torah indica in parecchi punti che i giusti saranno riuniti con il loro amato/i dopo la morte, mentre il cattivo sarà escluso da questa riunione. La Torah parla di parecchia gente considerevole "che è raccolta alla loro gente". Vedere, per esempio, Gen. 25:8 (Abraham), 25:17 (Ishmael), 35:29 (Isaac), 49:33 (Jacob), Deut. re 32:50 (Moses ed Aaron) 22:20 (re Josiah). Questa riunione è descritta come evento separato dalla morte fisica del corpo o della sepoltura.
    Determinati peccati sono puniti dal peccatore "che è tagliato dalla sua gente". Vedere, per esempio,Gen. 17:14 ed ex 31:14. Questa punizione si riferisce come kareit (kah-REHYT, letteralmente "tagliante", ma solitamente è tradotta come "asportazione spiritosa") e significa che l'anima perde la relativa parte nel mondo per venire. Le parti successive del Tanakh parlano più chiaramente di vita dopo la morte ed il mondo per venire. Vedere Dan. 12:2, Neh. 9:5. La credenza di Reincarnazione e di Resurrezione nella resurrezione finale dei morti è una credenza fondamentale dell’ebraismo tradizionale.
    La credenza nella resurrezione dei morti è uno dei principii di fede di Rambam. La seconda benedizione della preghiera di Shemoneh Esrei, che è recitata tre volte quotidiane, contiene parecchi riferimenti alla resurrezione.
    Rabbi David Y. Costa

    Gilgul (reincarnazione)

    Gilgul è il termine ebraico per “trasmigrazione delle anime”, “reincarnazione” o “metempsicosi”. Alcuni studiosi interpretano le parole di Giuseppe Flavio in Antichità giudaiche 18:1,3 e in Guerre giudaiche 2:8,14 “...Sui corpi santi meritati dei giusti, secondo le convinzioni dei Farisei...”, come un'indicazione della dottrina della metempsicosi e non della resurrezione dei morti, come ritiene la maggioranza.
    Anan B. David, il fondatore del Karaismo, sostenne questa dottrina, e in alcune delle sue affermazioni ci sono un’eco e una continuazione delle antiche tradizioni. La dottrina della trasmigrazione è da sempre prevalsa presso alcune sette gnostiche e specialmente tra i Manichei, e venne sostenuta in parecchi ambienti della Chiesa Cristiana (Anche da Origene). E’ possibile che questa dottrina abbia avuto origine in certi circoli giudaici, che potrebbero averla ereditata dalle filosofie indiane.
    Alcuni ebrei seguendo il movimento islamico dei Mu’tazila e attirati dai suoi principi filosofici accettarono la dottrina della trasmigrazione.

    In contrasto con la cospicua opposizione dell'odierna filosofia ebraica, la trasmigrazione viene data per scontata nella Cabala fin dalla sua prima espressione letteraria. Versetti biblici (ad esempio: …Una generazione passa e viene un'altra generazione…” (Ecclesiaste 1:4), viene intesa nel senso che "la generazione che passa è la stessa quella che deve venire, molte parabole talmudiche spiegano questo verso in termine di trasmigrazione.
    Moltissimi credenti nella trasmigrazione, insegnavano che l'anima si trasferisce anche i corpi di animali.
    La dottrina della reincarnazione si sviluppò in diverse direzioni e divenne una delle più importanti della Cabala, sebbene i cabalisti assumessero posizioni molto varie nei confronti e nei dettagli. Nel secolo XIII la trasmigrazione era considerata una dottrina esoterica alla quale si alludeva appena; ma nel XIV secolo apparvero molti scritti dettagliati ed espliciti sull'argomento. Nella letteratura filosofica il termine Ha’atakah “trasferimento” veniva generalmente usato per reincarnazione.
    Molti versetti biblici e comandamenti vennero interpretati in termine di reincarnazione. Le prime scuole cabalistiche vedevano le leggi del macello rituale Shehitah come prova biblica della metempsicosi in armonia con la loro credenza della trasmigrazione negli animali.
    Per i cabalisti il punto di partenza e la prova della reincarnazione era il comandamento del matrimonio del Levirato; il fratello del morto senza figli, sostituisce il marito morto della donna, al fine di meritare figli nella prossima vita.
    Tale credenza servirà anche come giustificazione razionale per l'apparente assenza di giustizia nel mondo e come soluzione del problema delle sofferenze dei giusti e della prosperità dei malvagi; il giusto, ad esempio, viene punito per i suoi peccati commessi in una precedente vita.
    L'intero libro di Giobbe e la soluzione del mistero della sua sofferenza, fu interpretata in termini di trasmigrazione.
    Moltissimi cabalisti consideravano la trasmigrazione con una legge universale, governante tutte le creature esattamente come avviene nelle credenze indiane, la vedevano connessa essenzialmente a colpe contro la procreazione e le trasgressioni sessuali. La trasmigrazione è vista come una durissima punizione per l'essere che deve subirla. Nel contempo, tuttavia, è un'espressione della misericordia del Creatore, che non getta via nessuno per sempre, offre un'occasione di riscatto anche per coloro che dovrebbero essere puniti con l'estinzione dell'anima. Mentre alcuni ponevano più particolarmente in risalto l'aspetto della giustizia nella trasmigrazione e altri quello della misericordia, il suo scopo singolare era sempre la purificazione dell'anima e la possibilità di una una nuova prova, di migliorare le proprie azioni. La morte degli infanti e uno dei modi in cui vengono punite le trasgressioni in vite precedenti.
    I cabalisti affermano che la trasmigrazione può continuare per innumerevoli generazioni. Tuttavia il giusto trasmigra indefinitamente per il bene dell'universo e non per il loro bene.
    La sepoltura è una condizione per una nuova reincarnazione dell'anima, ecco quindi la ragione della necessità della sepoltura nel giorno della morte.

    Talora può succedere che un'anima maschile entri in un corpo femminile producendo così sterilità.
    L’espandersi della nozione della trasmigrazione come una punizione contribuì alla nascita della credenza della trasmigrazione negli animali e persino nelle piante e nelle sostanze inorganiche.
    Un'opera anonima che commentava i comandamenti, registra molti dettagli sulla trasmigrazione delle anime umane nei corpi degli animali che in grande maggioranza erano punizioni per rapporti sessuali proibiti dalla Torah (legge).

    Un'elaborazione più generale dell'intero concetto appare nelle opere di Joseph S.Shalom e dei suoi seguaci. Essi affermano che la trasmigrazione avviene in tutte le forme d’esistenza, e che anche gli angeli possono incarnarsi in un corpo composto di materia organica. Secondo questo concetto, il mondo cambia continuamente forma, gli esseri discendendo nella forma più bassa e risalgono di nuovo alla più alta.
    Normalmente i cabalisti accettavano la dottrina della trasmigrazione in tutte le forme della natura e, per loro tramite, questo insegnamento divenne una diffusa credenza popolare.
    Soprattutto nella Cabala lurianica, era estremamente sviluppata l'idea più antica delle nizozot ha-neshamot (scintille delle anime). Ogni anima principale è inserita nella struttura spirituale delle membra mistiche dell’Essere Supremo, parallele alle membra del corpo umano, da cui si diffondono molte scintille, ognuna delle quali può fungere da anima o da vita in un corpo umano. Le incarnazioni di tutte le scintille mirano alla ricostruzione dell'occulta Struttura Spirituale della radice dell'Anima principale.
    La cabala successiva sviluppò ulteriormente l'idea dell'affinità delle anime appartenenti a una radice comune. Nei commenti cabalistici della Bibbia, molti eventi venivano spiegati mediante questa storia occulta della trasmigrazione di varie anime che ritornavano attraverso il processo di reincarnazione a situazioni simili a quelle di uno stato precedente, per rimediare ai danni causati allora.

    Dibbuk (Possessione)
    Nel folklore nelle credenze popolari ebraiche un spirito malefico un'anima dannata che entra in una persona vivente ne aggredisce l'anima, causa malattie mentali, parla per sua bocca e rappresenta una personalità separata e aliena, è chiamata Dibbuk (spirito maligno), talvolta nel nuovo testamento è chiamato “spirito immondo”.

    L’atto di un cattivo spirito di possedere una persona è chiamato Dibbuk me-ru’ah ra’ah (assalto di uno spirito maligno), o Dibbuk min ha-hizonim (assalto demoniaco). L'atto dell'attaccamento dello spirito al corpo divenne il nome dello spirito stesso ed è l’equivalente di possessione.
    Le storie sulle possessioni sono frequenti nel periodo del secondo Tempio e in quello talmudico e soprattutto nei Vangeli. All'inizio il Dibbuk era considerato un diavolo o un demone che entrava nel corpo di una persona malata. Più tardi fu aggiunta una spiegazione comune ad altri popoli, e cioè che alcuni dei Dibbukim sono gli spiriti di persone morte che non sono state sepolte e quindi sono divenuti demoni. Questa idea (comune anche tre cristiani del medioevo) si combinò con la dottrina della reincarnazione e divenne diffusa e accettata presso vasti segmenti della popolazione ebraica.
    I Dibbukim venivano generalmente considerate anime che a causa dell'enormità dei loro peccati, non potevano trasmigrare, e come “spiriti nudi” cercavano rifugio nei corpi di persone viventi. L'entrata di un Dibbuk in una persona era un segno che questa aveva commesso un peccato segreto che apriva la porta al Dibbuk. Una combinazione di credenze comuni nell'ambiente non ebraico e di credenze popolari ebraiche influenzate dalla Cabala forma tali concezioni.
    La letteratura cabalistica contiene molti episodi e “protocolli” sull'esorcismo dei Dibbukim. Numerosi manoscritti presentano istruzioni dettagliate sul modo di esorcizzarli. Il potere di scacciare era attribuito a speciali sacerdoti, a uomini pii ed eletti. Essi esorcizzavano il Dibbuk dal corpo ad esso legato, lo rimandavano all’inferno e contemporaneamente redimevano l’anima che era stata posseduta.

     
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  6. airin29
     
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    comunque converrai con me che non c'è un'unica spiegazione..il fenomeno dei Dibbuk è poi, come dici tu, folkloristico...quindi non appartiene ad una vera e propria "teologia"...UN pò come lo specchio che va coperto...
     
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    אילון

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    CITAZIONE (airin29 @ 23/11/2014, 22:40) 
    comunque converrai con me che non c'è un'unica spiegazione..il fenomeno dei Dibbuk è poi, come dici tu, folkloristico...quindi non appartiene ad una vera e propria "teologia"...UN pò come lo specchio che va coperto...

    Beh..io mi sa proprio che a casa li coprirò gli specchi, ogni volta che ci guardo,
    c' è uno con la faccia da matto che mi osserva. :P
     
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  8. airin29
     
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    ahahah..ovviamente mi riferivo alla pratica della copertura dello specchio dopo la morte di un caro, che è di chiara origine semitica e poi è diventata di uso comune anche tra gli occidentali(nonostante le autorità religiose si sgolino per dire che è superstizione)
     
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    אריאל פינטור

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    Io credo che, almeno in Campania , il coprire gli specchi non abbia relazione con la superstizione quanto piuttosto al volere evitare momenti di vanità di fronte al defunto se lo sguardo indugia sullo specchio
     
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    אילון

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    CITAZIONE (airin29 @ 27/11/2014, 13:43) 
    ahahah..ovviamente mi riferivo alla pratica della copertura dello specchio dopo la morte di un caro, che è di chiara origine semitica e poi è diventata di uso comune anche tra gli occidentali(nonostante le autorità religiose si sgolino per dire che è superstizione)

    Seriamente parlando, non è superstizione, se qualcuno tra voi ha avuto qualche esperienza di OOBE può capire.
     
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  11. airin29
     
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    ma è proprio quello il punto, nasce da quello...certo....nel Medioevo era in uso per non far fuggire l'anima, vallo a vadè perchè si fa....credo che sia per questo che le autorità almeno cristiane(i protestanti sono i più agguerriti)tentano di proibirla come cosa.
     
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    אילון

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    CITAZIONE (airin29 @ 28/11/2014, 17:06) 
    ma è proprio quello il punto, nasce da quello...certo....nel Medioevo era in uso per non far fuggire l'anima, vallo a vadè perchè si fa....credo che sia per questo che le autorità almeno cristiane(i protestanti sono i più agguerriti)tentano di proibirla come cosa.

    Non ho capito cosa vuoi dire circa le autorità cristiane, certo è che l'anima non è che
    fugge ma può rimanere disorientata di più di quello che già è.
    Ed è anche buona cosa aprire la finestra nella stanza in cui è avvenuto il decesso.
     
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    Come dice Negev credo sia un uso più legato a quella serie di regole intorno al radersi,al depilarsi, alla cura degli abiti, al fare indossare eventuali abiti nuovi ad altri, al truccarsi, al lavarsi solo a pezzi e con acqua fredda, al tagliarsi le unghie ecc. cioè all'evitare qualsiasi "vanità", al formalizzare il lutto, (detto così è superficiale, il discorso andrebbe sviluppato), che a superstizione (anche se alcuni, tipo la Moscati Benigni, così la definiscono)
    Tra l'altro è presente in altre culture


    Certo è che non la trovo tra le Regole Ebraiche di Lutto
     
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    אילון

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    CITAZIONE (ashkenazi @ 28/11/2014, 19:01) 
    Come dice Negev credo sia un uso più legato a quella serie di regole intorno al radersi,al depilarsi, alla cura degli abiti, al fare indossare eventuali abiti nuovi ad altri, al truccarsi, al lavarsi solo a pezzi e con acqua fredda, al tagliarsi le unghie ecc. cioè all'evitare qualsiasi "vanità", al formalizzare il lutto, (detto così è superficiale, il discorso andrebbe sviluppato), che a superstizione (anche se alcuni, tipo la Moscati Benigni, così la definiscono)
    Tra l'altro è presente in altre culture
    Certo è che non la trovo tra le Regole Ebraiche di Lutto

    Ashke cominciavo a darti per disperso :) ,

    www.torah.it/funerale/cerimonia%20funebre.pdf
    pag 8
    4 Nella stanza dove si trova la salma verranno coperti gli specchi affinchè
    l'immagine della salma non venga in essa riflessa.

    Ma ce l'hai mai avuta qualche oobe?
     
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    CITAZIONE (Aialon @ 28/11/2014, 21:07) 

    Ma ce l'hai mai avuta qualche oobe?

    Negli anni '70 assolutamente sì, e pure spesso.... cool2




    CITAZIONE
    Nella stanza dove si trova la salma verranno coperti gli specchi affinchè
    l'immagine della salma non venga in essa riflessa.

    In altre comunità si coprono o si rimuovono gli specchi da tutta la casa per l'intera durata del lutto. E non solo presso gli ebrei.

    Ps
    Non c'entra niente ma, a proposito di tradizioni, mi viene in mente mia nonna che ai piedi del mio lettino metteva una spazzola, così il diavoletto si fermava li per contarne le setole :)
     
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54 replies since 26/6/2011, 15:51   3659 views
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