Qual è il Vangelo più antico ?

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  1. Giovanni Dalla Teva
     
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    CITAZIONE
    Sig. Aialon scrive:
    Ho letto qualche decina di articoli che dimostrano "incontrovertibilmente" che il Vangelo più antico è... quello di cui si occupa l'articolo.
    In breve mi sembra che ci siano varie scuole di pensiero, ma ci sarà un opinione prevalente o no?

    L'opinione prevalente indica sicuramente il vangelo di Marco tra i canonici, ma nella realtà

    Il primo vangelo scritto fu quello di Tommaso, almeno il nucleo primitivo, perchè subì anche questo delle aggiunte successive



    L'ultima riga della raccolta, attribuisce il Vangelo a Tommaso, mentre nell'introduzione recita di Didimo Giuda Tommaso.

    Tommaso è un 'espressione semitica che significa "gemello" e Didimo trasmette lo stesso significato in greco, quindi soltanto Giuda è un nome vero e proprio, e questo significa che il vero autore, è nientedimeno che Giuda fratello di Giovanni il Galileo o di Gamala o il Nazireo, il futuro Gesù inteso come salvatore, non come nome proprio ad esempio, Gesù figlio di Dammeo.

    Sicuramente ci fu un periodo storico in cui qualcuno aveva interesse a far credere che il Vangelo di Tommaso fosse stato scritto da Didimo Giuda Tommaso che alla fine risulta essere niente che di meno il Teuda figlio di Giuda il Galileo e fratello di Giovanni di Gamala.

    Voglio sottolineare interesse a fa credere, certo io sono consapevole che effettivamente non si sa chi sia stato l'autore di qualsiasi vangelo, canonico o apocrifo che sia.

    Ebbene il vangelo di Teuda fratello di Giovanni di Gamala, il salvatore, per questo chiamato Gesù molto umano e umanamente saggio è stato il primo di una lunga serie, su cui è stato costruito in modo progressivo, un Gesù Nazareno figlio di Dio che ha avuto la sua apoteosi con l'imperatore Costantino, seguendo i consigli di sua eminenza grigia, Eusebio di Cesarea.


    Quindi formalmente, l'autore è il Teuda accoppato da Fado procuratore in Giudea dal 44 al 45 d.c. (Antichità Giudaiche di Giuseppe Flavio libro XX, 97) e falsificato negli atti degli apostoli in 5,36.

    Si, proprio del Vangelo di Didimo Giuda Tommaso, camuffato il nome, per nascondere Teuda il fratello di Giovanni di Gamala. Il vangelo di chi combatté, nel 36 d.c. a Gerusalemme, e che vide suo fratello maggiore diventare Re dei Giudei e subito dopo venir crocifisso.

    Formalmente il vangelo scritto da colui che, nove anni dopo, tenterà di riprendersi ciò che fu tolto a suo fratello, rimettendoci la testa, che venne portata a Gerusalemme come segno della forza di Roma.

    Il vero grande e primitivo nucleo storico, dei successivi vangeli cristiani é stato questo vangelo di Teuda, chiamato di Tommaso ma che in realtà era di Didimo Giuda Tommaso. Tolto il nome Giuda nel vangelo di Giovanni, è diventato l'apostolo "Tommaso, uno dei dodici, chiamato Didimo, Gv 20,24.
    Ma questa volta, Eusebio ci aiuta, in Storia Eclesiastica 1, 13,11 ci dice "Dopo che Gesù tornò in cielo, Giuda, detto anche Tommaso....... " Quindi il nome completo dell'apostolo era Tommaso Giuda Didimo, quello del nostro evangelista. Confermato anche da Efrem, da Taziano e dalla Didachè e mi sembra pure dagli atti Apocrifi di San Tommaso.
    Anche David Donnini arriva alle seguenti conclusioni con: Nuove ipotesi su Gesù, pag.182.

    "Ma allora, chi è Giuda non l’Iscariota, Tommaso o Taddeo?
    Mi pare che non ci siano più dubbi: è tutti e due contemporaneamente, perché Tommaso e Taddeo sono la stessa identica persona. Si tratta di un certo Giuda, fratello di Cristo, che forse somigliava molto a Giacomo, da cui le espressioni «gemello» e «di Giacomo»; che è distinto dal famoso traditore Giuda, da cui l’espressione «non l’Iscariota»; che era un combattente messianista, da cui l’espressione «Giuda lo Zelota» e il soprannome «coraggioso».
    Ci troviamo di fronte ad uno sdoppiamento di persona, un trucco che ricorre numerose volte nel testo dei Vangeli canonici."

    Ora il Tommaso Didimo o Giuda non l'Iscariota del vangelo di Giovanni, corrisponde ai due apostoli sdoppiati dei sinottici, Giuda Tommaso e Giuda Taddeo (il coraggioso) per nascondere il Giuda fratello del Cristo cioè Teuda figlio di Giuda il Galileo.


    Uno dei motivi per cui è stato scritto il vangelo canonico successivo di Giovanni è quello per sminuire o rendere ridicolo il Vangelo di Tommaso/Teuda.

    Già da questa affermazione che nelle righe successive andrò a dimostrare, si capisce che il vangelo di Tommaso/Teuda è anteriore al vangelo di Giovanni.

    Il vangelo di Tommaso/Teuda ha come introduzione:

    "Queste sono le parole segrete che Gesù il Vivente ha detto e che Didimo Giuda Tommaso ha scritto"

    In questo modo si deve dichiarare che il vangelo in questione è stato scritto proprio formalmente dall'apostolo Didimo Giuda Tomaso riportato dal vangelo di Giovanni dove viene screditato, denigrato e diffamato.


    Quindi screditando, denigrando, e diffamando l'apostolo Didimo Giuda Tommaso, automaticamente si screditava, denigrava e diffamava il suo vangelo.

    Infatti, quando successivamente nel tempo la santa cattolica chiesa romana riuscì a censurare, nel senso di distruggere, bruciare, far scomparire tutte le copie del vangelo di Tommaso/Teuda, (tranne sicuramente una, dovuta mi sembra ad una disobbedienza del personale esecutivo, a noi arrivata) si lasciò cadere il nome Giuda; a Didimo Giuda Tommaso nel vangelo di Giovanni.



    Avendo, i Padri Apostolici maturato, la presunzione della totale distruzione del Vangelo di Tommaso /Teuda, a loro non serviva più confutarlo, e quindi apparve nel vangelo di Giovanni solo il nome dell'apostolo Didimo Tommaso.


    Ma questa volta, Eusebio da Cesarea l'ha combinata grossa, perchè in Storia Eclesiastica 1, 13,11 ci dice "Dopo che Gesù tornò in cielo, Giuda, detto anche Tommaso....... " Quindi il nome completo dell'apostolo era Tommaso Giuda Didimo, confermato anche da Efrem, da Taziano e dalla Didachè e mi sembra pure dagli atti Apocrifi di San Tommaso.


    Marco, Matteo e Luca citano Tommaso soltanto come uno dei «dodici».



    L'evangelista Giovanni lo distingue dagli altri, caratterizzandolo come il dubbioso, l'apostolo che non capisce né chi è Gesù, né quello che dice, e non crede alla testimonianza dei compagni.

    Addirittura, in questo episodio l'evangelista Giovanni, fa tornare dal regno dei morti Gesù/Giovanni di Gamala a rimproverare Tommaso.

    Luca nel suo vangelo specifica che, dopo la crocifissione, Gesù apparve agli «undici» e anche Matteo scrive che si manifestò agli «undici discepoli», cioè a tutti tranne Giuda Iscariota, e conferì loro il potere dello Spirito Santo.

    Ma il racconto di Giovanni è diverso: «Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Didimo, non era con loro quando venne Gesù».



    Tommaso dunque si era perso un incontro fondamentale. Dopo avere salutato e benedetto i dieci presenti, Gesù li designò formalmente suoi apostoli: «Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi». Poi <alitò su di loro> lo Spirito Santo e il potere di rimettere i peccati.

    Il senso implicito del racconto è inequivocabile: Tommaso, che non era presente, non è un apostolo, non ha ricevuto lo Spirito Santo e non ha il potere, che gli altri hanno ricevuto direttamente da Gesù risorto, di assolvere i peccatori. E, come se non bastasse, quando gli altri discepoli gli raccontano che Gesù è apparso, Tommaso risponde con parole divenute proverbiali: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederà». Una settimana dopo Gesù riappare e, in una scena altamente drammatica, rimprovera a Tommaso la sua mancanza di fede e gli raccomanda: «Non essere più incredulo, ma credente». Tommaso, sopraffatto, capitola e balbetta il suo atto di fede: «Mio Signore e mio Dio!». (Elaine Pagels - Il vangelo segreto di Tommaso- religione oscar saggi mondadori pag. 59- 60)



    L'evangelista Giovanni, prima fa dire al risorto alla Maddalena, "non mi toccare", successivamente fa dire sempre al risorto puro spirito perchè entrato con le porte chiuse a Tommaso "Metti qui il tuo dito nel mio corpo materiale.........."


    La conclusione è una sola, quella trasmessa, per quasi due millenni ai cristiani e cioè che Didimo Tommaso era un discepolo piuttosto ottuso e di poca fede. In poche parole, Tomaso è apparso, un tardo di mente.

    Con questa scena Giovanni gli assesta il colpo di grazia. Finalmente Tommaso ha capito. E al discepolo mortificato Gesù rivolge un rimprovero: «Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quellii che pur non avendo visto crederanno!

    Con queste parole, naturalmente, Giovanni ammonisce i lettori, se non vogliono incorrere nell’ira divina, a credere a ciò che non possono verificare, cioè al messaggio evangelico di cui si dichiara testimone. E non dev’essergli dispiaciuto scrivere l’ultima scena: in essa infatti Tommaso rinuncia alla ricerca della verità attraverso l’esperienza, si spoglia dell’«incredulità» e professa la verità che Giovanni proclama nel suo vangelo. I seguaci di Tommaso avranno sicuramente colto il messaggio.


    Parlando a coloro che hanno una visione diversa, l'evangelista Giovanni (o chi per Lui) cerca di imporre la sua certezza assoluta: solamente la fede in Gesù offre la salvezza.

    Poiché il Didimo Tommaso corrispondeva al Taddeo dei sinottici, in un testo ho trovato che in alcune regioni italiane il termine Taddeo, significa un ritardato mentale. (Se volete posso riportare anche i riferimenti precisi).


    Eppure al tempo di Giovanni molti lo veneravano come un apostolo straordinario, quello al quale Gesù/ Giovanni di Gamala, aveva affidato le sue «parole segrete».

    Se Giovanni, traccia questo ritratto di Tommaso è per screditare il suo vangelo.


    Il Gesù di Giovanni esalta coloro che «pur non avendo visto, crederanno» senza chiedere prove e a Tommaso, che vuole verificare sperimentalmente la verità, rinfaccia il suo scetticismo. (Elaine Pagels - Il vangelo segreto di Tommaso- religione oscar saggi mondadori pag. 59- 60)

    All'evangelista Giovanni questo non basta e insiste altre due volte per far apparie l'apostolo Didimo Giuda Tommaso un perfetto tonto e ottuso, e precisamente in Gv 11,16 e Gv 14,3-4.


    Gli aramismi contenuti in questo vangelo, fanno pensare a una sua redazione in aramaico, e quindi, rende impossibile che l'autore sia andato a far un riassunto dei sinottici in greco, per poi tradurre il tutto in aramaico.

    Formalmente Didimo Giuda Tommaso, conosceva bene l'aramaico, essendo il figlio del dottore o rabbi Giuda il Galileo.

    Tale vangelo per questo è stato scritto prima del 45 d.c., quindi uno degli scritti più vicini temporalmente a Giovanni di Gamala il salvatore cioè Gesù e ritrovato nel 1945 nel villaggio di Nag Hammàdi, in Alto Egitto, nella zona di Khenoboskhion perchè fuggito alla feroce e spaventata distruzione cristiana.

    Sii, spaventata nel senso di paura violenta e incontrollabile, che tutto ciò che era stato falsificato potesse essere scoperto.

    Se non c'era nulla da nascondere, se tutto era ispirato dal divino quindi dal perfetto, perchè costruire una scienza con il preciso scopo di trovare delle giustificazioni alle contraddizioni che si erano venute a creare in seguito alle falsificazioni?

    Certamente non ci deve meravigliare che sul Vangelo di Tommaso/Teuda manchino l'epos e tutte le vicende riguardanti suo fratello Giovanni di Gamala il futuro Gesù Cristo dei cristiani.
    Ebbene, quando a Gerusalemme nella primavera del 36 d.c. crocifiggono l'effimero re dei Giudei, suo fratello Giovanni chiamato con il nome di Gesù generico, per identificarlo come salvatore; la croce aveva un significato estremamente e orribilmente negativo senza alcuna attenuante e giustificazione. La croce era uno status accordato ad una persona che aveva subito la più vergognosa delle morti, condannato come un criminale secondo la legge romana e maledetto da Dio secondo la legge ebraica Dt (21,23) " Quando un uomo ha commesso un peccato che merita la pena capitale, è stato messo a morte e tu l’hai appeso a un albero, il suo cadavere non passi la notte sull’albero; lo devi seppellire in quello stesso giorno, perché un impiccato è una maledizione di Dio e tu non devi contaminare il suolo che il Signore tuo Dio ti dona in eredità."


    In questa ben chiara e precisa realtà culturale come poteva suo fratello parlare o scrivere della morte o dell'epos di suo fratello Gesù (inteso come salvatore)? Era ancora vivo il ricordo del presunto Messia osannato dalla folla e poi finto in croce, tradito dagli uomini e maledetto da Dio. L'evangelista Tommaso/Teudas, del Messia suo fratello poteva ricordare solo i suoi detti e dimenticare più che poteva la sua figura storica. Ecco, il suo vangelo sincero dal volto umano, un vangelo di un uomo saggio come poteva essere suo fratello Giovanni conosciuto con il nome di Gesù inteso come salvatore.

    Si, anche un po' gnostico perché il presunto Messia doveva apparire alle folle, come uno che conosceva bene i segreti per comprendere la volontà del Padre, come molte volte riferito nel suo vangelo. Suo fratello era un buon predicatore che sapeva convincere le folle raccontando delle parabole. Teuda non può attribuire miracoli a suo fratello Giovanni/Gesù, perchè la gente è ancora viva, e non li aveva mai visti. Non era proprio il caso che parlasse di nascita da Vergine riferita a suo fratello, o cori di angeli, o della resurrezione che ancora non era stata programmata. A dir il vero, meno ne parlava meglio era, perciò scrisse un vangelo onesto e estremamente umano, che servì ai futuri evangelisti, per riempire i loro vangeli quando dovevano descrivere il loro Gesù Nazareno, il Cristo figlio di Dio, nel suo aspetto umano.
    Teuda non poteva parlare di Apostoli perchè non sono mai esistiti, giustamente la Palestina è stata calpestata da fratelli e discepoli del Giovanni di Gamala.



    Quando si parla del vangelo di Teuda/Tommaso, diventa imperativo ricordarsi che il san Paolo o chi per lui, non era ancora arrivato con le sue lettere a capovolgere i concetti della croce e della crocifissione.
    Solo successivamente, le lettere e le prediche di S.Paolo o chi per lui, incominciarono a trasformare lo scandalo della croce e la maledizione di Dio in un motivo di vanto, (1 Cor. 1.23- Gal 5,11- Gal 6,14).


    Con San Paolo o chi per lui, la croce diventa un motivo di vanto perché Dio aveva agito attraverso essa, e facendo questo, Dio aveva espresso il suo giudizio sulla sapienza del mondo, che giudicava il messaggio cristiano riguardo alla croce come una completa follia (1 Cor 1,1 8-31). SanPaolo o chi per Lui considerò la croce anche come un evento escatologico divino che segnava la fine della vecchia era e l’inizio di una nuova creazione (Gal 6,14-15). Di conseguenza, la croce da un simbolo di infamante vergogna, diventa un simbolo glorioso, e si riferisce a un’esistenza umana trasformata. Con la croce, i credenti sono uniti a Cristo mediante la fede e il battesimo, e condividono così la sua crocifissione. Attraverso questa crocifissione essi vengono liberati dai poteri che controllavano le loro vite precedenti — la legge e il peccato — e vengono resi capaci di nuove vite di grazia (Gal 2,19-21; Rm 6,1-6).
    La croce diventa perciò il simbolo supremo dell’amore di Dio (Rm 5,8) e nello stesso tempo è il massimo simbolo dell’obbedienza di Cristo (Fil 2,8). Come tale, diventa un modello per l’esistenza dei nuovi cristiani, che deve essere caratterizzata dall’amore del prossimo (Fil 3,18).

    Solo dopo aver diffuso questi concetti, poterono esser scritti tutti i vangeli canonici, e così è stato.
     
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13 replies since 14/10/2009, 00:52   10451 views
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