STRAGI A GAZA, l'ONU DENUNCIA

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  1. Yitro ha Kushi
     
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    Vorrei stimolare riflessioni da una prospettiva biblico-religiosa relative alle immagini di questo video:

    https://www.youtube.com/watch?v=UdCP27RuFbU

    Non partiamo con le accuse di anti-semitismo per cortesia perchè il video è stato postato da Ebrei ultra-ortodossi.

    In esso si mostrano stragi di civili ed in gran quantità di bambini; ad esempio all'inizio si vede una bicicletta di un bambino perchè è stato bombardato un mercato.

    Desideravo confrontarmi su questo tema.

    Nel seguente, sconvolgente articolo, pubblicato su Il Corriere della Sera, un palestinese DENUNCIA HAMAS come una piaga per il popolo palestinese; ciò nondimeno quest'uomo la mattina del 5 gennaio HA PERSO 18 PARENTI (Dio ce ne guardi, non ci sono parole) a seguito di un'esecuzione a danno di civili da parte dell'esercito Israeliano.

    «Rinchiusi nel deposito e poi bombardati» Israele: «Mai sparato»
    L' Onu denuncia un' altra strage di civili a Gaza

    DAL NOSTRO CORRISPONDENTE GERUSALEMME - Un magazzino colpito, trenta morti, decine di feriti. Ancora a Zeitun. Il sobborgo di Gaza City dove giovedì erano state trovate quattro larve di bambini, vivi, intorno alla mamma morta da giorni. Il luogo dove ora si racconta di un' altra casa degli orrori. Un caso che arriva all' Onu e probabilmente porterà a un' inchiesta: 110 civili, donne, vecchi, bambini, sarebbero stati costretti nei rastrellamenti israeliani a lasciare le loro abitazioni e a rinchiudersi tutt' insieme in una specie di deposito, ventiquattr' ore, per poi venire bombardati. L' ufficio per gli Affari umanitari delle Nazioni Unite non ha dubbi, parla d' «inaccettabile violenza su persone indifese». Un portavoce dell' esercito israeliano, il maggiore Jacob Dalal, sostiene che l' episodio non è vero: «Stiamo facendo le verifiche. Ma non ci risulta che in quel giorno sia mai stato impartito l' ordine d' evacuare un palazzo di civili, né di trasferirne gli occupanti in un altro luogo. Non c' è mai stato un ordine specifico di colpire abitazioni civili con l' insistenza descritta. Abbiamo fatto anche un controllo negli ospedali di Gaza: non risulta un evento com' è stato raccontato». Abbiamo raccolto la testimonianza di uno che c' era: Ahmad Talal al Samuni, 23 anni, insegnante di religione. Quella mattina del 5 gennaio ha perso padre, madre, diciotto parenti. Ecco la sua versione: «Da sei mesi, da quando mi sono sposato, abitavo in una casa di tre piani a Ezbet al Samun, zona sud di Zeitun. Con me c' erano mia moglie, i miei sei fratelli, le loro cinque mogli, i bambini. Più di venti persone. Il primo bombardamento comincia il 3 gennaio, di pomeriggio. Dal mare, dal cielo, da terra. Pesante. Ci rifugiamo tutti al pianoterra, 12 metri per sei. La sera, la notte, non fanno che sparare. I proiettili entrano in casa, centrano il terrazzo. Stiamo tutti abbracciati, non dorme nessuno. Domenica all' alba, arrivano due altre famiglie, Abu Adnan e Nafez al Samuni, con dodici bambini. Alle 7, il mio vicino Faris al Samuni mi chiama, grida che il terzo piano sta bruciando. Saliamo, proviamo a spegnere le fiamme. Inutile. Quando scendo, da una finestra vedo una ventina di soldati, hanno accette in mano e grandi jeep, la faccia sporca di nero. Stanno lì fuori, mentre la mia casa brucia. Alle sette e mezzo, battono alla porta. Ci puntano le armi, dicono a mio padre che dobbiamo uscire tutti. Obbediamo. Camminiamo 600 metri verso est, sulla Salah Eddin, e raggiungiamo il magazzino d' un parente, Wael al Samuni. C' è solo un muro intorno, una piccola entrata, un grande spazio. Saranno 200 metri coperti. Ci mettiamo lì. Un' ottantina di persone, credo. La domenica 4 passa senza cibo, né acqua. E la sera si dorme per terra, senza coperte. Uomini, donne, bambini, tutt' insieme al freddo. Fuori sparano così forte che non riusciamo a distinguere gli Apache dai tank. È una notte orrenda. Mia moglie ha la febbre, i miei fratelli vomitano. Non c' è nemmeno un po' di latte per i bambini. Arriva così il lunedì mattina, 5 gennaio. Alle 6 e mezzo, c' è un' esplosione alla porta: mio cugino Muhammad, 25 anni, muore subito. Poi arrivano altri colpi dall' alto: uccidono la moglie di mio fratello, Maha, 20 anni, incinta di due mesi. Altre esplosioni. C' è un fumo nero, denso. Non riesco a vedere le mie dita. Però vedo un corpo senza testa, lo riconosco dai vestiti: è mia madre. Si chiamava Rahmeh. Aveva 45 anni. Ci sono cadaveri tutt' intorno. Dico: Dio, dammi la forza d' uscire vivo. Appena si fermano i colpi, scappiamo fuori. Siamo una cinquantina. Qualcuno è ferito. Mia nonna Shifa ha 72 anni, molto malata, non può muoversi, non c' è tempo di portarla: la lasciamo lì. Camminiamo due chilometri. Mio fratello Iyad sanguina alle gambe, gli stringo dei lacci. Passa una macchina. Alt! Lo caricano con altri sei. Lo portano all' ospedale Al Quds. Prima d' andarmene ho contato 25 morti. Dieci adulti. Gli altri, bambini. Mia nipotina Sala aveva 5 anni e un' enorme ferita alla testa. Ha roteato gli occhi, ha detto: "Baba! Baba!". Mi è morta davanti. Non ho mai visto ammazzare così la gente. Dio punisca chi ha fatto questo. Ma il Dio vero, non quello di cui parla Hamas. Loro se ne stanno a Gaza nei rifugi, o a Damasco a dare ordini. Hanno da mangiare, sono al sicuro. Dicono a noi di resistere, di gridare slogan. Hamas è la nostra disgrazia. Non c' è resistenza che possa fermare le armi sofisticate. E se la tempesta è troppo forte, devi pensare alla gente che non può ripararsi. Il giorno del funerale, un uomo ha detto che dovremmo andare tutti nelle strade di Gaza. Tenerci per mano. Dire una sola cosa a israeliani e a Hamas: piantatela di ammazzarci». Francesco Battistini (ha collaborato Said Ghazali) L' orrore: macerie e morte

    Battistini Francesco

    Pagina 5
    (10 gennaio 2009) - Corriere della Sera


    Shalom
     
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0 replies since 14/1/2009, 00:12   29 views
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