Il Vangelo: un documento ebraico

recensione libro

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  1. dovid
     
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    (In onore ad un amico di mio padre)

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    Leo Baeck, Il Vangelo: un documento ebraico, saggio introduttivo di Maurice-Ruben Hayoun, traduzione di Vanna e Daniel Vogelmann, Firenze, Giuntina, 2004, pp. 168, € 13.

    Leo Baeck (1873-1956) è tra i maggiori esponenti dell’ebraismo del Novecento. Conseguito il titolo di rabbino a Berlino, fu rabbino nella stessa Berlino dal 1912 fino al giorno della sua deportazione (1943) nel campo di concentramento di Theresienstadt. Sopravvissuto alla Shoà, si trasferì a Londra dove divenne presidente dell’ebraismo progressista. Insegnò Storia della religione al Hebrew Union College di Cincinnati e fu anche presidente del Leo Baeck Institute per lo studio della storia degli ebrei di lingua tedesca.

    http://www.cjh.org/nhprc/LeoBaeck.html

    Il Vangelo: un documento ebraico pubblicato per la prima volta nel 1938, rappresenta la seconda parte di un trittico completato da L’essenza dell’ebraismo (1922) e Questo popolo: esistenza ebraica (1958). Lo scritto di Leo Baeck sul Vangelo si inserisce infatti in un organico percorso di pensiero che, come rileva Maurice-Ruben Hayoun nel suo saggio introduttivo, tese a «definire l’ebraismo ponendolo di fronte, o opponendolo, a una nuova concezione scaturita da esso» (p. 9): una concezione le cui origini andavano reinserite nell’ambiente che l’aveva generata, l’ambiente della Palestina ebraica. E i temi del Vangelo, cioè la vita, le parole e gli atti di Gesù, andavano ricondotti alla tradizione nel cui seno erano sorti:
    quella ebraica.
    Duplice è lo scopo di Leo Baeck: col ricondurre il Vangelo e la figura di Gesù alla loro originale essenza ebraica, Baeck infatti intese, da una parte, richiamare l’ebraismo rabbinico a non ignorare Gesù e a non prescindere dal cristianesimo anche quando rifletteva su se stesso; dall’altra parte il rabbino berlinese, come osserva ancora Hayoun, tentò di «dimostrare che all’origine nell’insegnamento di Gesù (e partendo dal Vangelo originale) non c’era niente che mettesse fondamentalmente in discussione l’ebraismo» (p. 6). E Baeck intraprese il suo tentativo in un momento drammatico della storia europea, pubblicando la sua opera nel 1938, a tre anni di distanza dalle leggi razziali di Norimberga, - come ad ammonire i cristiani tedeschi, che assistevano con indifferenza all’emarginazione di mezzo milione di connazionali ebrei.
    Il messaggio di Gesù, secondo Leo Baeck, non contraddiceva l’ebraismo, e anzi si inseriva integralmente nella tradizione ebraica: a dimostrazione di questa tesi, Baeck ricorda che tale messaggio si trasmise innanzitutto oralmente, rispettando un’usanza tipica delle scuole rabbiniche. Il destino della tradizione ebraica consiste infatti nella conoscenza e nella trasmissione di quanto appreso dai maestri sulle Scritture e in base alle Scritture; e anche e soprattutto all’epoca di Gesù, come si evince da numerose locuzioni del Vangelo, «la parola biblica aveva un valore vincolante su ogni punto e su ogni questione. Tutto ciò che avveniva, tutto ciò che era detto era sotto gli auspici del Verbo biblico che costituiva la misura di ogni cosa, l’ultima determinazione e la prova dell’autenticità o dell’apparenza. Solo il Verbo divino poteva rivelare ciò che era reale e veridico. [...] Il testo biblico non era solamente il luogo del pensiero e della speranza, ma vi si basavano anche, quasi esclusivamente, la conoscenza e il sapere. [.. .1 La parola biblica era il criterio di tutto il reale e dell’insieme della storia» (pp. 71-72). 11 commento del testo biblico rimaneva, tuttavia, sempre aperto a nuovi contributi; perciò, «cogliendo nella legge scritta o orale la sua propria specificità, ma anche il suo carattere innovatore, ogni generazione era spinta a modellarla, a prolungarla e a trasmetterla al punto di far apparire tutte quelle caratteristiche nuove e personali. Grazie a questa attività intellettuale e letteraria, la Bibbia irrigava la vita delle generazioni successive» (p. 74).
    - Muovendosi fra i due poli della lettera e dell’interpretazione, della parola fissata per sempre e della sempre rinnovata esegesi, del modello tradizionale che tutto manifesta e indirizza, e dell’innovazione che tutto rievoca e trasforma, l’ermeneutica ebraica realizzava (e continua a realizzare) un’opera sempre aperta; in questo modo «una grande impresa di riscoperta era messa in atto permanentemente, si facevano percorsi che portavano da un versetto biblico a un altro, dal mondo alla Bibbia» (p. 82). Così anche il Vangelo si configura come un’opera di commento alle Scritture, alla Torà, ai profeti, come un’opera in cui la narrazione della vita, delle gesta e delle dottrine di Gesù è sorretta da proverbi dell’Antico Testamento, da riferimenti alla Legge, e da richiami a profezie compiute o in via di adempimento: «Anche in questo caso», afferma Baeck, «la tradizione inglobava fatti e gesta assorbite da strutture preesistenti e forme più antiche. [.4 Anche qui l’immaginario ha operato in larga misura mentre la volontà di elaborazione ha apportato elementi nuovi e spiegazioni» (p. 83). La stessa predicazione di Gesù e il modo in cui i discepoli la comunicarono denotano la loro essenza ebraica: «Anche per quegli uomini, tutto ciò che poteva loro accadere, tutto ciò che vivevano era posto sotto l’egida della Bibbia normativa, eternamente vincolante e illuminante. Anche per quegli uomini un certo numero di principi religiosi esistevano da sempre, inglobavano l’insieme della realtà e incarnavano tutta la verità. Per loro, come per i loro discepoli, l’insegnamento dispensato dal loro maestro aveva valore di rivelazione ed era vincolante fin dalle origini» (pp. 83-84). Di conseguenza, sostiene Baeck, «la tradizione evangelica non è niente altro che la tradizione del mondo ebraico del tempo» (p. 84). Cosa produsse, quindi, il sempre più netto distacco del cristianesimo dalla radice ebraica?
    Leo Baeck individua le cause della separazione del cristianesimo dall’ebraismo in due fondamentali fattori: l’incidenza del fervore messianico nell’epoca di Gesù, che condusse i discepoli di quest’ultimo a identificare il loro maestro con il Messia, e l’influsso dell’universo culturale greco-romano, cui la nuova dottrina andò aprendosi «al fine di soggiogare e convertire quel mondo che riuscì a sua volta a imporre molto presto la sua lingua e il suo modo di pensare» (p. 98). E questi due fattori, amalgamandosi e influenzandosi a vicenda, resero sempre più profondo il solco che divise in breve tempo ebrei e cristiani.
    Già l’aver innalzato il maestro al rango di Messia proiettava il cristianesimo verso un destino specifico: dal momento che Gesù era il Messia, «era necessario che la sua essenza e la sua immagine integrassero progressivamente tutto ciò che la Bibbia e secoli di riflessione e di interpretazione attribuivano nelle visioni profetiche all’Unto del Signore, al figlio di David sul quale riposa lo spirito di Dio, al Salvatore e liberatore» (p. 86): il senso delle Scritture si compiva, dunque, con l’Avvento del Messia di Nazareth, e nessuna interpretazione divergente poteva essere tollerata. Configurandosi come una forma di messianismo compiuto, il cristianesimo destinò se stesso a stabilirsi e svilupparsi non come una mera articolazione dell’ebraismo, ma come una religione distinta da quella che l’aveva generata. In seguito, «un certo Saul di Tarso» (p. 91) inaugurò il processo di «ellenizzazione» e «romanizzazione» del cristianesimo. Quello della deriva ellenizzante e paganeggiante, impressa al cristianesimo a cominciare da Shaul-Paolo, è un tema caro alla cultura europea, cristiana dissidente o ateo-libertina, sin dagli albori dell’era moderna. Anche Baeck stigmatizza il fatto che con Paolo il senso del cristianesimo si trasformò radicalmente, e lo fa con parole particolarmente incisive: nelle Lettere paoline «non si tratta più dell’insegnamento di Gesù, ma di un insegnamento su di lui, non si tratta più della fede che egli portava in sé e che irradiava sui suoi discepoli, ma è la fede in lui che occupa tutto lo spazio. Non si tratta più del messaggio e della consolazione che Gesù dispensava agli oppressi, agli smarriti, ai sofferenti, ma di un sacramento che è devotamente ricevuto in suo nome; qui non si tratta più della vita di Gesù, del la sua azione, né di ciò che ha sofferto, ma della sua incarnazione, della sua morte e della sua risurrezione; non si legge più niente sulla sua preghiera rivolta all’uomo, la sua proclamazione del Regno di Dio, ma si legge della salvezza accordata a chi crede in lui; qui non si tratta più di dovere e di fiducia, ma di una grazia compiuta, di una dottrina della Redenzione che occupa una posizione centrale e determina assolutamente tutto» (p. 93).
    Dopo Paolo, altri elementi di filosofie e religioni pagane hanno poi plasmato lo sviluppo della teologia e della terminologia cristiana, distanziando sempre di più la nuova religione dalla fede e dalla cultura in cui si era originata. Ma la progressiva emarginazione degli ebrei, del popolo ebraico, nell’ambito del nuovo universo cristiano, fu dovuta non tanto a Paolo o alle filosofie pagane, quanto alle passioni messianiche dei cristiani, esasperatesi dopo la distruzione del Secondo Tempio nel 70 e. v. A proposito ditale questione, emerge ancora la grande originalità della posizione di Leo Baeck. Questi infatti sottolinea che la distruzione del Tempio fu intesa dai cristiani come una punizione divina contro gli «ostinati» ebrei e, al contempo, come un segno della fine dei tempi, sentita come sempre più vicina: «ormai», sostiene Baeck, «la comunità e la tradizione cristiana erano interamente contrapposte al popolo ebraico e all’ebraismo e neppure più collaterali. Si comprende facilmente che un tale atteggiamento abbia suscitato presso gli ebrei una reazione di rigetto similare e che questa abbia fortemente pesato anche sulla natura della tradizione, modellandola e trasformandola fino alla sua redazione definitiva» (p. 104). L’allontanamento del cristianesimo dal popolo ebraico si evince infatti, come Baeck dimostra attraverso un’attenta opera filologica ed ermeneutica, dalle versioni pervenuteci dei Vangeli, - molto più tarde rispetto alle prime narrazioni, perlopiù orali, della vicenda di Gesù, e anche rispetto alle Lettere di Paolo. Anche con l’affievolirsi delle speranze messianiche, «la tendenza antigiudaica e filoromana aveva ormai preso piede nella tradizione ed esercitò un’influenza determinante sulla presentazione del destino e delle parole di Gesù così come sulla stesura dei Vangeli. Il risultato fu che lo stile e il contenuto di tutta la tradizione si indirizzò quasi esclusivamente ai pagani che ormai erano i buoni e il prossimo ed erano loro che dovevano essere guadagnati alla causa, mentre gli ebrei erano ormai più lontani e diventavano il bersaglio degli attacchi. Da quel momento, ogni parola proclamata o scritta rifletté questo mutamento. Ormai le speranze erano rivolte verso il grande universo romano» (p. 105).
    La redazione dei Vangeli e la successiva codificazione del canone del Nuovo Testamento, frutto dell’esigenza di unità della nascente Chiesa cri stima contro le stridenti differenze fra le varie comunità, risultò dunque non da una «tradizione» bensì da una «intenzione», per cui «si contemplava il passato con gli occhi del presente e lo si dipingeva servendosi delle proprie esperienze, delle proprie attese e delle proprie parole» (p. 109). E così avvenuto che, alla storia di Gesù e al suo messaggio originario, si sono sovrapposte numerose stratificazioni, che Baeck esamina e cerca di svelare: egli legge nelle pieghe del testo evangelico e ne pone in luce gli influssi ebraici innanzitutto, ma anche le aggiunte, di epoca tarda, le quali manifestano le tendenze filoromane e antigiudaiche che caratterizzano i Vangeli canonici.
    Il Vangelo: un documento ebraico è un’opera che si lascia apprezzare per chiarezza, per profondità e accuratezza dell’indagine testuale, nonché per l’ampiezza dell’erudizione che emerge dalle sue pagine, integrandosi nell’esposizione senza appesantire affatto la lettura. Lo scritto di Baeck si segnala inoltre per la linearità e per l’eleganza dello stile, splendidamente rese dalla puntuale ed agile traduzione in italiano di Vanna e Daniel Vogelmann. Particolarmente interessante è anche il bel saggio introduttivo, in cui Maurice-Ruben Hayoun ripercorre la storia dell’atteggiamento ebraico nei confronti del Vangelo, illustrando i lineamenti della posizione di Baeck e la sua peculiarità. Lo scritto del grande maestro ebreo del Novecento, nato in Posnania nel 1873 e spentosi nel 1956, risulta infine affascinante e degno di considerazione soprattutto per le originali, ma perfettamente fondate, conclusioni che l’autore trae dall’analisi del Vangelo, opera che ha per protagonista «un uomo che con tutte le fibre del suo essere emana un’essenza ebraica, che riflette in modo puro e fedele la purezza e la bontà del]’ ebraismo» (p. 124). Baeck infatti definisce il Vangelo «un libro integralmente e perfettamente ebraico perché l’aria pura che esala proviene dalla Scrittura sacra, perché lo spirito ebraico, e lui solo, vi predomina e perché la fede ebraica, la speranza ebraica, le sofferenze ebraiche, la disperazione ebraica, la scienza ebraica e l’attesa ebraica ne costituiscono le armonie esclusive:
    in sintesi, un libro ebraico tra altri libri ebraici. L’ebraismo non ha il diritto di passare davanti a esso senza fermarsi, di ignorarlo né di cercare di rinunciarvi. Anche qui l’ebraismo deve cogliere e conoscere il proprio genio» (p. 125). E anche e soprattutto qui, aggiungeremmo, il cristianesimo deve cogliere e riconoscere la propria radice fondamentale, troppo a lungo emarginata, obliata e avversata, - nonché misconosciuta nella più grande indifferenza, e con conseguenze atroci, proprio negli anni in cui Leo Baeck scriveva e pubblicava il suo bel libro sul Vangelo.

    Diego Lucci (da La Rassegna mensile di Israel no. 2, 2004)


    Edited by dovid - 6/11/2008, 21:53
     
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  2. Veritas
     
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    CITAZIONE
    Leo Baeck, Il Vangelo: un documento ebraico, saggio introduttivo di Maurice-Ruben Hayoun, traduzione di Vanna e Daniel Vogelmann, Firenze, Giuntina, 2004, pp. 168, € 13.

    Leo Baeck (1873-1956) è tra i maggiori esponenti dell’ebraismo del Novecento. Conseguito il titolo di rabbino a Berlino, fu rabbino nella stessa Berlino dal 1912 fino al giorno della sua deportazione (1943) nel campo di concentramento di Theresienstadt. Sopravvissuto alla Shoà, si trasferì a Londra dove divenne presidente dell’ebraismo progressista. Insegnò Storia della religione al Hebrew Union College di Cincinnati e fu anche presidente del Leo Baeck Institute per lo studio della storia degli ebrei di lingua tedesca.

    http://www.cjh.org/nhprc/LeoBaeck.html

    Il Vangelo: un documento ebraico pubblicato per la prima volta nel 1938, rappresenta la seconda parte di un trittico completato da L’essenza dell’ebraismo (1922) e Questo popolo: esistenza ebraica (1958). Lo scritto di Leo Baeck sul Vangelo si inserisce infatti in un organico percorso di pensiero che, come rileva Maurice-Ruben Hayoun nel suo saggio introduttivo, tese a «definire l’ebraismo ponendolo di fronte, o opponendolo, a una nuova concezione scaturita da esso» (p. 9): una concezione le cui origini andavano reinserite nell’ambiente che l’aveva generata, l’ambiente della Palestina ebraica. E i temi del Vangelo, cioè la vita, le parole e gli atti di Gesù, andavano ricondotti alla tradizione nel cui seno erano sorti:
    quella ebraica.

    .......

    Personalmente ritengo l'opinione di Baeck, così come essa appare in questa recensione, antistorica, tanto più che ad esporla è un ebreo. Infatti, sembra che lo scrittore ebreo guardi al cristianesimo ed a Gesù non con gli occhi della tradizione giudaica, sostenuta da intere generazione giudaiche, esposte in tutti secoli della poco edificante storia catto-cristiana alla sanguinaria repressione clericale, proprio per i contenuti del Talmud rabbinico, che offre le prove di un Gesù e di una Maria madre totalmente diverse dall'artificiosa visione del clericalismo cattolico.

    In sostanza Baeck presta molta più fede alla falsificazione storica operata dall'apparato patristico circa 19 secoli fa, piuttosto che alle registrazioni storiche presenti nella letteratura sacra del suo popolo (il Talmud, per quanto se ne sappia, è considerato letteratura sacra alla stregua della stessa Bibbia). Insomma, sembrerebbe che per Leo Baeck siano vere le menzogne dei padri fondatori e false le registrazioni storiche della sua scrittura sacra. (intesa come scrittura sacra del suo popolo)

    L'opera 'Guerra Giudaica', composta da Giuseppe Flavio attorno al 75, venne pubblicata a meno di 10 anni dalla distruzione di Gerusalemme (anno 70, circa). E' altamente probabile, se non certo, che almeno una copia di tale lavoro abbia raggiunto la comunità ebraica di Babilonia o una delle accademie fondate non molto distante da questa città (v. Pumbenditha, per esempio).

    L'opera di G. Flavio era l'unico mezzo per conoscere i tragici eventi legati alla rivolta messianista del 66-70, per coloro che vivevano lontani da Gerusalemme, come appunto i giudei della diaspora babilonese.

    Dal momento che attraverso l'opera di Giuseppe era abbastanza facile rendersi conto dell'allucinante costruzione sincretica che i padri falsari edificarono attorno alla discutibilissima figura di Gesù di Nazareth, le autorità imperiali della prima metà del II secolo fecero requisire tutte le copie che poterono dei principali lavori di Giuseppe Flavio, tra cui Guerra Giudaica, Antichità Giudaiche e Vita di Giuseppe. In luogo di ciò, venne incaricato un erudito (romano o ellenico non fa differenza) con il compito di estrarre dalle opere di Giuseppe un lavoro ad-hoc, che si conciliasse con il sincretismo catto-cristiano. L'opera che ne risultò era composta di 5 volumi e all'autore venne applicato l'alias di 'Hegesippus': vale a dire colui che si era occupato delle opere di 'Iosippos', al secolo Giuseppe Flavio.(*)

    Con la repressione di Decio, fu chiaro a tutti che il 'feeling' tra i vertici cattolici ed il potere imperiale, iniziato con gli Antonini, era finito (salvo poi riprendere con Costantino I). Fu così che qualche copia delle opere di Giuseppe Flavio, tenuta nascosta sino ad allora, cominciò a rivedere il Sole. Sicuramente di ciò si giovò Porfirio e successivamente il suo allievo Hierocles. (con tutta probabilità anche lo stesso imperatore Giuliano)

    Tuttavia le copie che avevano raggiunto la Mesopotamia non subirono il medesimo destino di quelle 'occidentali', trovandosi questa regione fuori dei confini dell'impero e sotto il dominio dei parti. Con tutta probabilità, una copia delle copie delle copie, finì col raggiungere anche le fredde regioni della Russia, dove non mancavano anche lì colonie ebraiche della diaspora.(Ucraina)

    Tutto questo discorso ci porta a concludere che intere generazioni di rabbini e studiosi ebraici, hanno sempre conosciuto quasi tutto circa la figura di Gesù il nazareno detto il 'Cristo' e di sua madre(**), come le superstiti registrazioni rabbiniche del Talmud ci lasciano largamente intuire. Allora, a cosa serve il lavoro di Leo Baeck?... A confondere le idee al giudeo della 'strada'?....


    ______________________

    Nota:

    (*) - nei secoli successivi si preferì seguire un percorso diverso, sottoponendo le opere di Giuseppe ad una riscrittura, piuttosto che ottenere da esse una discutibile 'epitome', come intese fare 'Hegesippus'. Ovviamente in tale fase vennero espunti e/o modificati tutti i passaggi 'scottanti'.

    (**) - Da tenere presente che il libro redatto da Abelard Reuchlin è molto più del semplice 'libercolo' con cui i filoclericali sogliono dipingerlo. Anche se le conclusioni di Reuchlin sono totalmente errate, tuttavia egli ha presentato dei dati che per me hanno dei precisi riscontri in altre sorgenti e che sino ad ora non erano stati MAI citati da alcuno. Segno evidente che egli, essendo ebreo, ha attinto da una fonte sconosciuta; una fonte che si tramanda le sue conoscenze in modo 'underground', di generazione in generazione. Idem per Halter Marek.


    Veritas

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  3. K. Freigedank
     
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    cip di lettura.
    K.F.
     
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  4. Karmelsr
     
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    Preso atto che i passi riguardanti Gesù sull'opera di Giuseppe Flavio, quali sono i documenti più obiettivi su Gesù e la sua vita?
     
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  5. elisabeth rossi
     
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    CITAZIONE (Karmelsr @ 27/4/2013, 23:30) 
    Preso atto che i passi riguardanti Gesù sull'opera di Giuseppe Flavio, quali sono i documenti più obiettivi su Gesù e la sua vita?

    Il Nuovo Testamento ;)
     
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    CITAZIONE (elisabeth rossi @ 28/4/2013, 10:20) 
    CITAZIONE (Karmelsr @ 27/4/2013, 23:30) 
    Preso atto che i passi riguardanti Gesù sull'opera di Giuseppe Flavio, quali sono i documenti più obiettivi su Gesù e la sua vita?

    Il Nuovo Testamento ;)

    ma come è possibile un' affermazione del genere?
    Il nuovo testamento, scritto in base alla fede, non suffragato da nessuna altra prova letteraria e storica sarebbe un documento attendibile?
    un testo esclusivamente apologetico che non ha nulla di storico e dove molte cose sono state scritte post eventum?
    Ma come è possibile non riuscire a distinguere il piano della fede da quello storico e dell'analisi obbiettiva?
    e allora, perché i vangeli gnostici non sono attendibili? se lo sono i canonici lo devono essere anche gli altri che però presentano un Gesù totalmente contrastante. Cosa rende i canonici più attendibili degli gnostici? spiegatelo
    Mettetevi d'accorco se volete ragionare in base al credo o su dati seri
     
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  7. elisabeth rossi
     
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    CITAZIONE (Negev @ 28/4/2013, 13:13) 
    CITAZIONE (elisabeth rossi @ 28/4/2013, 10:20) 
    Il Nuovo Testamento ;)

    ma come è possibile un' affermazione del genere?
    Il nuovo testamento, scritto in base alla fede, non suffragato da nessuna altra prova letteraria e storica sarebbe un documento attendibile?
    un testo esclusivamente apologetico che non ha nulla di storico e dove molte cose sono state scritte post eventum?
    Ma come è possibile non riuscire a distinguere il piano della fede da quello storico e dell'analisi obbiettiva?
    e allora, perché i vangeli gnostici non sono attendibili? se lo sono i canonici lo devono essere anche gli altri che però presentano un Gesù totalmente contrastante. Cosa rende i canonici più attendibili degli gnostici? spiegatelo
    Mettetevi d'accorco se volete ragionare in base al credo o su dati seri

    Ma Negev...Lo sai quante opere antiche MOLTO meno documentate dei vangeli esistono e dai più vengono reputati autorevoli dal punto di vista storico???...E sentiamo un po' : chi dovrebbe essere attendibile per suffragare un movimento che agli inizi era una mera setta giudaica come tante? Quale storico dell'epoca si sarebbe preso la briga di parlare di Yeshuà???
    Che gli evangeli siano, non una biografia ma una presentazione di Yeshuà dal punto di vista messianico/teologico , hai scoperto l'acqua calda!!....

    I vangeli apocrifi non fanno parte del canone nello stesso modo in cui i miei falsi d'autore non sono al Louvre spacciati per opere di Leonardo da Vinci!!....Non basta nominare un personaggio in un racconto e di conseguenza essere realistico...L'esegesi , la tradizione, gli esami stilistici ecc...ecc...sono in grado di stabilire se un presunto vangelo sia da ritenere attendibile oppure no....

    Sbaglio o anche molti scritti ebraici non sono presenti nel Tanak?

    Quindi non dirmi di ragionare in modo "serio".....Certo che é OVVIO che , parlando i vangeli di avvenimenti straordinari tipo miracoli e resurrezione, uno debba crederci per "fede" ....Ma lo stesso vale per molte altre cose....
     
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    Ma Negev...Lo sai quante opere antiche MOLTO meno documentate dei vangeli esistono e dai più vengono reputati autorevoli dal punto di vista storico???.

    stiamo parlando dei vangeli come "attendibilità storica". non di altro. che ci sia altro è irrilevante per convalidare l'autervolezza o abbatterla. che ci sia altro di peggio non implica che i vangeli siano attendibili

    CITAZIONE
    Che gli evangeli siano, non una biografia ma una presentazione di Yeshuà dal punto di vista messianico/teologico , hai scoperto l'acqua calda!!....

    l'acqua calda lam scopri tu quando affermi che non interessava a nessuno documentare i fatti dei vangeli, forse perché molti di quelli non sono mai accaduti

    CITAZIONE
    I vangeli apocrifi non fanno parte del canone nello stesso modo in cui i miei falsi d'autore non sono al Louvre spacciati per opere di Leonardo da Vinci!!....Non basta nominare un personaggio in un racconto e di conseguenza essere realistico...L'esegesi , la tradizione, gli esami stilistici ecc...ecc...sono in grado di stabilire se un presunto vangelo sia da ritenere attendibile oppure no....

    questa è la tua opinione perchè come credente rifiuti ciò che non è canonico, ma si trattadi testi molto antichi e non di falsi, ai quali fior fiore di studiosi danno la giusta importanza. Il problema è che al potere ecclesiastico tornava scomodo qualcosa che demolisse tutto il castello teologico costruito

    CITAZIONE
    Sbaglio o anche molti scritti ebraici non sono presenti nel Tanak?

    Non molti, alcuni.
    Ma a quegli scritti si dà comunque valore storico o letterario. non fanno parte del canone ebraico, solo dal punto di fede dell'ispirazione.
    Nel caso dei vangeli stiamo parlando del valore storico non del valore di fede.

    CITAZIONE
    Quindi non dirmi di ragionare in modo "serio".....Certo che é OVVIO che , parlando i vangeli di avvenimenti straordinari tipo miracoli e resurrezione, uno debba crederci per "fede" ....Ma lo stesso vale per molte altre cose....

    Non dico di ragionare in modo "serio" qui siamo tutti seri.
    Dico che se parliamo di fede parliamo di fede. Se si parla di storia si parla di ben altro. l'attendibilità necessita di prove a suffragio.
    Basti pensare all'incongruenza della data del censimento e alle acrobazie sulle genealogia per far capire quanto storici siano i vangeli.

    Credere per fede è legittimo e insindacabile, ma venire a propinarci la storicità dei vangeli è altro.
    La storia non è fede è una materia scientifica che va affrontata scientificamente
     
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  9. elisabeth rossi
     
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    Ci sono centinaia di personaggi e avvenimenti "storici" narrati nel Tanak che SOLO PER FEDE vi si puo' credere!!! .....E quindi?....

    Fino a prova contraria , ogni teoria che cerchi di confutare o la Bibbia in toto o solo i Vangeli , a prove certe non é ancora pervenuta.....

    E io sono dell'opinione che atti di fede (non solo inerente la religione) siano all'ordine del giorno....Se poi si crede di riuscire a ricreare scenari e personaggi storici confutando le uniche fonti antiche che ci sono pervenute , utilizzando per lo più al loro posto la fantasia o peggio la malafede e l'incompetenza , lo trovo un comportamento non certo dettato dalla volontà di pervenire alla verità....E di questi personaggi ne é pieno il mondo...
     
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    Si, ma a differenza di come tu fai, gli ebrei che ritengono che il Tanach sia il loro libro di Storia, lo fanno per se stessi e non cercano di convincere gli altri sulla storicità degli avvenimenti narrati (a parte il fatto che il paragone non regge perché all'epoca della stesura se del Tanach non vipera un'abitudine letteraria coeva a documentare la Storia e il Tanach stesso è la Storia).
    Ma detto ciò che è solo mia opinione, io non vado a gridare ai quattro venti che il Tanach ha valore storico. Lo ha per me ma non pretendo che lo abbia per chi invece studia la,storia scientificamente. All'epoca dei vangeli la storiografia esisteva già e appare molto sospetto che a parte qualche accenno in Flavio Giuseppe e meno ancora in Tacito, non vi sia nessun riferimento a quegli eventi.
    Ed inoltre le incongruenze storiche sul censimento come le spieghi?
     
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  11. K. Freigedank
     
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    CITAZIONE
    Ed inoltre le incongruenze storiche sul censimento come le spieghi?

    Io le spiegherei col fatto che indubbiamente i Vangeli sono stati scritti molto tempo dopo i fatti, sulla base di tramandazioni orali delle "gesta e i detti di Gesù" e da persone che probabilmente, anzi sicuramente non avevano mai conosciuto il Maestro. Tutte testimonianze di seconda e terza mano.. Tuttavia alcuni dati che sembrano concordare con la tradizione ebraica a me personalmente fanno riflettere..
    K.F.
     
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    Io non dico che il vangelo racconti totalmente il falso. Magri è tutto vero. Ma non si possono definire testi storici e attendibili. Ciò che Elisabeth ha difficoltà ad accettare
     
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  13. elisabeth rossi
     
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    CITAZIONE (Negev @ 28/4/2013, 16:11) 
    Io non dico che il vangelo racconti totalmente il falso. Magri è tutto vero. Ma non si possono definire testi storici e attendibili. Ciò che Elisabeth ha difficoltà ad accettare

    Io credo invece che si dia troppo per scontato l'attendibilità della ricostruzione storica odierna di fatti avvenuti molto tempo fa....Il credere che a noi siano pervenute tutte le informazioni dell'epoca é poco attendibile...tenendo conto che anche tra gli storici antichi esistono discrepanze tra dati e date da essi menzionati....

    Io invece non ho difficoltà a riconoscere alcuni presunti errori nelle narrazioni evangeliche...Infatti non credo che i vangeli siano stati scritti sotto dettatura come non credo che cio' sia avvenuto per l'intera Bibbia....Quello che a me interessa é il messaggio essenziale....e assolutamente non pretendo che gli altri ci credano....
     
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    אילון

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    CITAZIONE (elisabeth rossi @ 28/4/2013, 20:15) 
    Io invece non ho difficoltà a riconoscere alcuni presunti errori nelle narrazioni evangeliche...Infatti non credo che i vangeli siano stati scritti sotto dettatura come non credo che cio' sia avvenuto per l'intera Bibbia....Quello che a me interessa é il messaggio essenziale....e assolutamente non pretendo che gli altri ci credano....

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    Titolo: La Bibbia aveva ragione
    Autore: Werner Keller
    Traduttori: Gentili G., Zorzi R.
    Editore: Garzanti Libri
    Collana: Saggi
    Data di Pubblicazione: Gennaio 2007
    ISBN: 8811680352
    ISBN-13: 9788811680352
    Pagine: 460
    Reparto: Archeologia > Archeologia biblica

    La Bibbia - ancora una volta - aveva ragione, direbbe Werner Keller, che nel 1955, in un libro destinato a essere tradotto in 25 lingue e vendere milioni di copie in tutto il mondo, per la prima volta confrontò scientificamente il racconto del testo biblico con il contesto storico, geografico, sociale e culturale del tempo.
    Secondo quanto reso noto ieri, una sezione di un'antica muraglia della città di Gerusalemme risalente al X secolo a.C., probabilmente costruita al tempo del biblico re Salomone, è stata scoperta durante gli scavi archeologici diretti da Eilat Mazar dell'Università di Gerusalemme. I resti del possente muro - lungo 70 metri e alto 6 - sono emersi nella zona nota come l'area Ophel, tra la città di David e il muro meridionale del Monte del Tempio, e sembrano confermare il racconto che la Bibbia fa delle gesta del leggendario Salomone. Nella stessa area sono stati scoperti un corpo di guardia interno per l'accesso al quartiere reale della città, una struttura reale adiacente al corpo di guardia e una torre d'angolo che si affaccia su una considerevole sezione della vicina valle Kidron.
    «Il muro dell'antica città che è stato scoperto - ha detto Mazar - testimonia una presenza dominante. La forza e la forma della sua costruzione indicano un alto livello di ingegneria». I resti si trovano al confine orientale della zona Ophel, in una posizione alta e strategica in cima al pendio occidentale della valle Kidron. «Un confronto tra questi ultimi reperti e le mura e le porte della città del periodo del Primo Tempio, oltre al vasellame trovato sul sito, ci permette di stabilire con un alto grado di certezza che il muro appena scoperto è quello che fu costruito da re Salomone a Gerusalemme nella seconda parte del X secolo a.C. - ha spiegato Mazar - È la prima volta che viene trovata una struttura di quell'epoca che può essere messa in correlazione con le descrizioni per iscritto delle costruzioni di Salomone a Gerusalemme».
    La Bibbia narra che Salomone, con l'aiuto dei fenici, che erano costruttori eccezionali, costruì il Tempio di Gerusalemme e il suo nuovo Palazzo e li circondò con una città, molto probabilmente collegata con il più antico muro della città di David. Mazar ha citato specificamente l'inizio del terzo capitolo del primo "Libro dei Re" che recita: «Finché Salomone non terminò di costruire la propria casa, il Tempio del Signore e le mura di cinta di Gerusalemme».
    Importanti notizie archeologiche arrivano anche dallo studio del corpo di guardia alto 6 metri del complesso del muro della città: risulta costruito in uno stile tipico di quelli del periodo del Primo Tempio come Megiddo, Beersheva e Ashdod. Presenta un piano simmetrico di quattro piccole stanze identiche, due su ogni lato del corridoio principale. C'era anche una grande torre adiacente, che copriva un'area di 24 metri per 18, che doveva servire come torre di avvistamento per proteggere l'ingresso alla città.
    Nel cortile della grande torre si svolgevano svariate attività pubbliche: serviva come luogo d'incontro pubblico, come posto per condurre attività commerciali e di culto e come sede di attività economiche e legali. Anche i frammenti di vasellame scoperti sotto il pavimento più basso dell'edificio reale, vicino al corpo di guardia, testimoniano la datazione del complesso al X secolo a.C. Nella zona degli scavi sono state trovate anche figurine di culto, come pure sigilli a impressione sui manici delle giare con la parola «per il re», che testimoniano il loro uso riservato alla monarchia.
     
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    אריאל פינטור

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    CITAZIONE (elisabeth rossi @ 28/4/2013, 20:15) 
    CITAZIONE (Negev @ 28/4/2013, 16:11) 
    Io non dico che il vangelo racconti totalmente il falso. Magri è tutto vero. Ma non si possono definire testi storici e attendibili. Ciò che Elisabeth ha difficoltà ad accettare

    Io credo invece che si dia troppo per scontato l'attendibilità della ricostruzione storica odierna di fatti avvenuti molto tempo fa....Il credere che a noi siano pervenute tutte le informazioni dell'epoca é poco attendibile...tenendo conto che anche tra gli storici antichi esistono discrepanze tra dati e date da essi menzionati....

    Io invece non ho difficoltà a riconoscere alcuni presunti errori nelle narrazioni evangeliche...Infatti non credo che i vangeli siano stati scritti sotto dettatura come non credo che cio' sia avvenuto per l'intera Bibbia....Quello che a me interessa é il messaggio essenziale....e assolutamente non pretendo che gli altri ci credano....

    Non discutiamo la bontà del messaggio. Stiamo parlando di affidabilità storica, poiché la domanda dell'utente era questa.
    Se i testi veri di storia non sono sempre attendibili, data la lontananza cronologica delle informazioni, figuriamoci per i angeli che si basano solo su stessi senza nessun altro riscontro.
     
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