Gesù di Nazaret, i Dodici e l'Impero Romano

Erano Gesù e i suoi discepoli ribelli all'Impero o collaborazionisti/pacifisti?

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  1. Jesuslives
     
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    Dato che non ci sono più stati ulteriori commenti sull'interpretazione che ho riportato proseguo riportando anche l'interpretazione di Pinchas Lapide del famoso passaggio evangelico: "Date a Cesare quel che è di Cesare".

    Tratto da: "Bibbia tradotta Bibbia tradita", pp 172-175, Pinchas Lapide, Edizioni EDB

    La dottrina dei due regni:
    Si devono pagare le tasse a Cesare?

    Siamo nella primavera dell'anno '30, nel cuor della Gerusalemme giudaica e nel cortile del tempio. I protagonisti del nostro dramma si guardano a si studiano. Da una parte i fieri sadducei - erano allora una quarantina di famiglie che gestivano il culto del tempio -, i quali vogliono compromettere il riottoso predicatore itinerante di Nazaret, poichè temono la sua influenza insurrezionale sulla nutrita schiera dei suoi seguaci (farisei). Dall'altra il Nazareno, cirocondato da molte centinaia di amici e discepoli, il quale vede nei sacerdoti sadducei dei veri e propri collaboratori dei tiranni pagani romani. Alle due estremità del cortile del tempio stazionano polizia, spie e legionari romani, incaricati soprattutto di assicurare la pace e l'ordine.
    Ora, in questa contrapposizione intra-giudaica, si abbatte come una mazzata una domanda tranello di un sorvegliante: «Rabbi [CEI: maestro], è lecito o no pagare il tributo a Cesare?» (Mt 22,17). Notare la formulazione provocatoria! Era infatti un inderogabile dovere ciico pagare il tributo a Cesare. La temuta «capitazione» era un'imposta che riguardava tutti gli ebrei e proprio su di essa si basava lo sfruttamento economico del paese, che era percepito in genere come un oppressivo ricordo della sottomissione di Israele.
    Per farci una pallida idea dei rabbiosi metodi di riscossione delle imposte utilizzati in quei lontani tempi, dovremmo rileggere la descrizione del romano Lattanzio sul modo in cui si faceva in censimento e si riscuotevano le tasse, che sconfessa radicalmente l'idillica descrizione della «tranquilla notte santa» fatta da Luca (2,1s):

    «Gli ufficiali romani incaicati della riscossione delle tasse comparivano ovunque e mettevano tutto a soqquadro... ovunque risuonavano le grida di coloro che venivano interrogati con la tortura e le bastonate... e una volta che il dolore aveva avuto il sopravvento, si registravano come sottoposte alle tasse proprietà assolutamente inesistenti».


    È questo il modo in cui dobiamo immaginare, in base a una testimonianza romana, quella «tranquilla notte santa», che ricorda piuttosto la «notte dei cristalli». La popolazione ebraica delle campagne della Galilea era stretta in una morsa: da una parte, la pressione romana, dall'altra le sue ultime possibilità di sopravvivenza.
    È di questa riscossione delle tasse che si tratta nella domanda-tranello che viene posta a Gesù nel cortile del tempio, in un atmosfera estremamente tesa, che esprime formalmente un desiderio di liberazione libertà e quasi un invito alla sollevazione. Ora Gesù poteva accettare o avallare una sacrilega sottomissione al potere romano? Sacrilega, poichè, dversamente dagli erodiani in Galilea, i quali, ottemperando alla proibizione biblica delle immagini, non facevano incidere sulle loro monete alcuna immagine, Ponzio Pilato aveva esteso il suo disprezzo per la fede ebraica al punto da far coniare in Giudea - che come provincia romana versava le proprie tasse direttamente «all'imperatore» - delle monete provocatorie, le quali con la loro effigie dell'imperatore violavano apertamente il secondo comandamento (divieto delle immagini).
    Per completare lo sfondo, notiamo ancora che nei trecento anni che vanno dai Maccabei alla caduta di Gerusalemme sotto Bar Kochba (167 a.C. - 135 d.C.), gli ebrei hanno avviato non meno di 62 sollevazioni e ribellioni contro l'oppressore straniero. Esse partivano dalla Galilea e la riscossione delle tasse serviva ogni volta da detonatore della rivolta contro Roma.
    Ma torniamo alla domanda-tranello posta a Gesù nel cortile del tempio. Essa sembra non ammettere alcuna via di uscita. Se Gesù risponde: «Sì, è lecito pagare il tributo a Cesare» si dichiara agli occhi dei suoi discepoli e simpatizzanti come un vile collaboratore. Se afferma: «No, non è lecito pagare il tributo a Cesare» viene considerato un ribelle dai romani, còlto in flagrante violazione della legge ed è quindi giuridicamente e politicamente spacciato.
    Ma Gesù chiede al suo interlocutore di mostrargli una moneta, dando chiaramente a vedere a tutti i presenti che egli non possiede personalmente alcuna moneta pagana recante l'odiata effegie. E mostrando la moneta, il danaro di Tiberio, chiede: «Di chi è quest'immagine e l'iscrizione (cioè il titolo di proprietà)?». «Di Cesare» è la risposta generale. Allora risponde in modo chiaro e inequivocabile: «Restituite [CEI: rendete] quindi a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».
    Qui abbiamo uno degli errori di traduzione più gravi e ricchi di conseguenze negative di tutto il Vangelo.
    Gesù non dice: «Date», ma «Date indietro, restituite» (in greco apodote), consigliando in definitiva una rottura non violenta nei riguardi dell'ordinamento politico esistente.
    In altri termini, poichè secondo il diritto romano relativo alla coniazione delle monete, tutte le monete in circolazione che portavano l'effigie dell'imperatore gli appartenevano come sua proprietà privata, la risposta di Gesù era a prima vista una risposta giusta e corretta.
    Ma non così per i giudei presenti. Essi, compresero chiaramente ciò che Gesù diceva: «restituite (apodote) all'imperatore il suo peccaminoso denaro e non usatelo, come io stesso vi ho dimostrato, affinchè possiate dare a Dio ciò che è di Dio, cioè il riconoscimento della sua esclusiva sovranità sull'intera creazione, senza dominazione pagana e culto idolatrico».
    I giudei, che allora erano oppressi, compresero benissimo - senza il successivo errore di traduzione - il messaggio di Gesù: un deciso rifiuto opposto agli occupanti e ai loro collaboratori per amore del regno di Dio.
    Con la sua contemporana richiesta: «Date a Dio ciò che è di Dio, e precisamente tutta la vostra fedeltà, poichè tutto ciò che siete e possedete vine da lui», Gesù si trova ad anni luce di distanza dalla dottrina cristiana dei due regni, che vuole dividere asetticamente il nostro mondo fra Cesare, da un lato - anche nel caso in cui dovessere indossare una camicia nera - e Dio, dal'altro. Nulla è più lontano dall'intenzione del Nazareno, il quale voleva dare tutto a Dio, compresa, se necessario, la stessa vita.
    La parole che Gesù pronunciò quel giorno a Gerusalemme per i romani erano inoppugnabili, ma per i giudei erano un chiaro invito alla rivolta.
    Purtroppo per i lettori tedeschi1 della Bibbia esse continuano ad essere tradotte in modo che ne travisa il senso.

    1"Bibbia tradotta Bibbia tradita" fu originariamente scritto per il pubblico tedesco in tedesco.

    Shalom
     
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15 replies since 23/11/2007, 08:31   1081 views
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