Gesù di Nazaret, i Dodici e l'Impero Romano

Erano Gesù e i suoi discepoli ribelli all'Impero o collaborazionisti/pacifisti?

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  1. Jesuslives
     
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    Prologo:

    Nel Cristianesimo di solito, con varie sfumature nei toni e nelle interpretazioni da confessione a confessione, si sostiene l'idea che Gesù di Nazaret predicò la sottomissione alle "autorità preposte", qualunque esse siano, quindi la sottomissione alle autorità umane.
    Solitamente, a prova di questa visione delle cose viene citata la famosa frase di Gesù: "date a Cesare ciò che è di Cesare".
    Questa discussione nasce con lo scopo di dare spazio a ipotesi alternative sul rapporto di Gesù di Nazareth e dei suoi discepoli con l'autorita umana che alla sua epoca dominava il loro popolo: l'Impero Romano.

    Comincio la discussione proponendo un brano, tratto da un'opera di Pinchas Lapide, a proposito dell'episodio evangelico dei duemila porci nei quali Gesù scaccia gli "spiriti immondi" facendoli gettare a capofitto nel mare.

    Tratto da: "Bibbia tradotta Bibbia tradita", pp 159-161, Pinchas Lapide, Edizioni EDB
    La guarigione miracolosa dell'indemoniato di Gerasa - una delle pericopi più ampie della tradizione sinottica - mostra evidenti segni di ipetuti rimaneggiamenti.
    Essa è stata oggetto di interpretazioni molto diverse. I più pensano che l'episodio dei porci sia stato aggiunto in un secondo tempo al racconto originario che riguardava un esorcismo. Il frequente passaggio dal singolare al plurale (Mc 9,10), dal passato al presente (Mc 9,14), il fatto che in Marco (5,12) e Luca (8,26-39) si tratti di un solo indemoniato e in Matteo (8,28-34) di due, il fatto che la città di Gerasa disti due giorni di cammino al lago di Genezaret, per cui lo spostamento del «mare» (Mc 5,1.31) sul luogo della guarigione è con ogni probabilità redazionale, sono incongruenze del racconto che danno del filo da torcere all'esegeta.
    Ma assolutamente incredibili sono i «circa duemila porci» nei quali, secondo Mc 5,13, Gesù ha fatto entrare i demoni scacciati dall'indemoniato nella regione dei gadareni. Che questo numero oltrepassi di gran lunga tutte le possibili dimensioni di un branco di porci - a parte il fatto che i porci non sono animali che vivono in branco - è incotestabile. Anche Matteo (8,32) e Luca (8,33) sembrano essere stati di quest'avviso, poichè riprendono quasi con le stesse parole di Marco la conclusione della pericope sulla cacciata dei demoni, ma tacciono circa il numero dei porci.
    Anche in questo caso una ri-ebracizzazione del racconto potrebbe risolvere il problema. Ba'alafim significherebbe in ebraico «in branco» o «a frotte», poichè il termine originario elef può significare sia «bestiame, bovini» sia «mille» o «tribù, gruppo». Poichè nella Scrittura ebraica le lettere bet e kaf sono molto simili, sarebbe piuttosto difficile distinguerle in un rotolo usato di frequente e quindi usurato. Quindi ka'alafim può essere facilmente letto K'alafim (cf. Gs 3,4; 7,3) che significa «quasi duemila».

    [...]

    Ma il nostro racconto può nascondere benissimo un significato profondo, che possiamo scoprire solo riflettendo sul significato del termine «porci» nell'Israele di quel tempo. Com'è noto, la carne di maiale non poteva essere consumata (Lv 11,7; Dt 14,8) e l'allevamento dei maiali era severamente vietato ni tutto Israele (BQ 7,7).
    «Maledetto l'uomo che alleva maiali!» (M 64b e Sotah 49b) era considerato un principio basilare assolutamente incontestabile.

    continua

    Edited by Jesuslives - 23/11/2007, 21:46
     
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  2. Jesuslives
     
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    Il «porco» era anche l'immagine del'odiato impero romano, rinviando abitualmente al Sal 80,14 dove si dice: «La devasta (la vigna di Dio = Israele) il cinghiale del bosco». A ciò si aggiunge il fatto che la X Legione Fretense, che allora assicurava in Israele la famigerata pax romana ricorrendo brutalmente alla spada, aveva come mascotte un cinghiale. Se a tutto questo si aggiunge ancora il fatto che i legionari romani spesso arricchivano il loro povero rancio militare con carne di maiale rastrellata nei villaggio della Decapoli, è chiaro che i termini «porci» e «legione» emanavano un odioso odore politico, soprattutto presso tutti coloro che «speravano nella liberazione di Israele», come si dice così eloquentemente nel Magnificat (Lc 1,49-55), nel Benedictus (Lc 1,68-71) e nella profezia della vecchia Anna (Lc 2,38).
    Perciò, quando Gesù ammonisce i suoi di «non gettare le perle ai porci» (Mt 7,6), essi comprendono che non si deve sprecare la sapienza della Torah per i pagani e soprattutto per i romani (cf. Pr 11,22).
    Quando nella parabola del figliol prodigo si dice:«Allora andò... e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare con i porci» (Lc 15,15), si può intendere certamente un allontanamento dal territorio abitato dagli ebrei, ma anche qualcosa di ancor più spregievole: la collaborazione con i romani, quindi una complicità prezzolata con i tiranni pagani. In reatà, una discesa fino nella feccia dell'umanità. Quindi la parabola parla di un ebreo che ha rinnegato la sua eredità biblica, è diventato un traditore, ma alla fine ha comunque ritrovato la strada del pentimento e del ritorno.
    Qui, nella guarigione dell'indemoniato, i riferimenti allo «spirito immondo», che si presenta come «legione», «perchè siamo molti» poi «scongiura con insistenza Gesù di non cacciarlo fuori da quella regione», ma di «mandarlo da quei porci», sono altrettante evidenti allusioni all'indesiderata potenza romana. Anch'essa non voleva lasciare «la regione»; anch'essa aveva uno «spirito immondo» ed era molto numerosa; anch'essa era associata inequivocabilmente ai porci nel linguaggio comune. Perciò, è impossibile non percepire la gioia del narratore quando parla della fine di tutti quei porci (romani), per i quali si è letteralmente pregato «il mare» di venire in soccorso. I romani erano giunti in Israele proprio «dal mare», contro la volontà del popolo ebraico, per cui il loro ritorno a casa sul mare, meglio ancora a capofitto «giù nel mare» (Mc 5,13), corrispondeva al desiderio di quasi tutti gli ebrei del tempo. A tale riguardo, si può ancora ricordare che Matteo indica come luogo della guarigione Gadara, che, diversamente dalla città di Gerasa, si trovava in prossimità del mare e era stata distrutta due volte nella guerra contro Roma - entrambe le volte da Vespasiano - e i suoi abitanti erano stati massacrati, fatti progionieri o crocefissi dal comandante della cavalleria Placido.54
    Il nocciolo storico di questo racconto può essere il desiderio, assolutamente comprensibile nei sopravvissuti a quel massacro, che i «porci romani» sprofondassero - come un tempo, i cavalli e i cavalieri dell'Egitto (Es 14,27) - fra le onde del mare. Anche Joachim Gnilka afferma giustamente nel suo commento al Vangelo di Marco:

    «L'origine del racconto potrebbe essere zelota e nella scelta di quel termine si può sospettare qualcosa i più, vedervi cioè un'allusione alla situazione politica della regione.55

    54 Giuseppe Flavio, Bell. Jud, III, VII, 1 e IV, VII, 3,4.
    55 J. Gnilka, Das Evangelium nach Marchus, I, 205.

    Shalom

    Edited by Jesuslives - 24/11/2007, 16:58
     
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  3. mErA
     
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    Grazie di aver aperto questa topic jesuslives ;)
    Io sono certo che Gesù e gli apostoli non erano "pacifisti" o "menefreghisti" in relazione alla dominazione romana.

    Ma la vicenda dei porci non mi è molto chiara.
    Gesù avrebbe ucciso duemila soldati romani? Li avrebbe spinti in mare? Mi sembrerebbe un avvenimento piuttosto significativo....

    Shalom.
     
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  4. Jesuslives
     
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    No, sarebbe un commento politico.
    Come dire: "Sti maledetti Romani se ne ritornino da dove sono venuti e si mangino e allevino il loro maiale a casa loro".

    Shalom
     
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  5. Hard-Rain
     
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    E' una interpretazione interessante che mi piace sebbene la X Legione avesse anche un toro come simbolo, che compariva negli stendardi mentre altri storici parlano di una nave come fregio perchè nacque a protezione dello stretto di Messina a metà del I secolo a.C. L'episodio sarebbe così simbolico e, forse, redazionale. Mi piace il simbolismo che sta dietro la parola che ricorre in vari episodi, come hai ricordato. La carne di maiale caratterizzava sia i latini che i greci, questi ultimi altri grossi nemici culturali degli ebrei nel cosiddetto periodo della ellenizzazione della Palestina. Le possibili città dell'episodio evangelico sono Gerasa o Gadara, si trovavano nella Decapoli, una regione fortemente ellenizzata a est del Giordano, dove effettivamente i maiali potevano anche essere allevati. In entrambi i casi, comunque, le città sono abbastanza lontane dalla riva del mare della Galilea. Anche se i testi dicono "nel paese dei gèraseni" o "nel paese dei gadareni" (Matteo) il che lascia aperta la possibilità che l'episodio si sia verificato lontano dalla città, nelle campagne circostanti. Nel passato commentatori anti cristiani (es. Voltaire) hanno utilizzato questo passaggio per concludere che il testo era un falso non potendosi allevare maiali in Israele senza però tenere conto di queste argomentazioni.

    Quando si scatenò la rivolta giudaica nel 66, la X Legione si diresse verso Gerusalemme comandata da Cestio Gallio per cacciare i ribelli. A causa di errori strategici Cestio Gallio si lasciò attaccare malamente e non seppe reagire, la X legione fu costretta a battere in ritirata e i ribelli trionfarono non solo a Gerusalemme ma per tutto il resto del paese. Nel 67 sarà Vespasiano, incaricato dall'imperatore Nerone, a organizzare la riconquista di Gerusalemme e di tutta la Palestina, Galilea e Giudea comprese. Vespasiano era un valente generale, riorganizzò la X Legione e ne aggiunse altre, in poco tempo conquistò la Galilea (dove combatteva Giuseppe Flavio) e poi assediò Gerusalemme. Nel 69 fu chiamato a Roma perchè fu eletto imperatore così il comando militare fu assegnato a Tito, che era il figlio di Vespasiano, un altro grande condottiero romano. Sarà Tito, come sappiamo, a conquistare Gerusalemme e a distruggere il tempio, le mura e quasi tutta la città nel 70. La guerra giudaica terminerà ufficialmente nel 74 (alcuni dicono 73, ma è più probabile il 74) quando il legatus Flavius Silva riconquisterà la fortezza di Masada che era stata conquistata da un manipolo di terroristi sicari. Con la caduta di Masada tutta la Palestina ritornò sotto il controllo dei Romani. A Roma nell'arco di Tito si vedono ancora oggi bassorilievi (o altorilievi? scusare l'ignoranza...) con i soldati romani che asportano le suppellettili del tempio. Come ha detto Abramo fu un episodio gravissimo per il popolo di Israele, una disfatta che ha lasciato un vuoto enorme perchè il tempio fu distrutto e mai più ricostruito. Nel 132-135 una seconda rivolta si scatenò, comandata da bar Kokhba, il figlio della stella. La rivolta fallì nuovamente, Gerusalemme venne rasa al suolo e chiamata Aelia Capitolina, ai giudei fu persino proibito di mettervi piede e dove sorgeva l'antico tempio fu costruito un altro tempio a Giove, una divinità dei Romani. Più abominio della desolazione di questi eventi non saprei cosa pensare.



    Edited by Hard-Rain - 24/11/2007, 18:03
     
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  6. Jesuslives
     
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    CITAZIONE (Hard-Rain @ 24/11/2007, 17:48)
    altri storici parlano di una nave come fregio perchè nacque a protezione dello stretto di Messina a metà del I secolo a.C.

    Allora non ci interessa, è troppo tardi.
    Interessante invece la questione del toro. Quali sono le fonti?

    CITAZIONE (Hard-Rain @ 24/11/2007, 17:48)
    come hai ricordato.

    È uno scritto di Pinchas Lapide, non mio.
    Il merito all'autore.

    CITAZIONE (Hard-Rain @ 24/11/2007, 17:48)
    Le possibili città dell'episodio evangelico sono Gerasa o Gadara, si trovavano nella Decapoli, una regione fortemente ellenizzata a est del Giordano, dove effettivamente i maiali potevano anche essere allevati.

    Anche Lapide riferisce della reperibilità della carne di maiale in questa zona.

    CITAZIONE (Hard-Rain @ 24/11/2007, 17:48)
    Gerasa o Gadara [...] sono abbastanza lontane dalla riva del mare della Galilea

    Lapide dice che Gadara è in prossimità del "mare"...

    Io ho trovato molto interessante il collegamento fra le distruzione e i massacri passati a Gadara sotto Vespasiano e il desiderio di vendetta degli Ebrei di quella zona.

    Shalom
     
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  7. Hard-Rain
     
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    In rete c'è anche il seguente articolo:

    M. Lau, «Die Legio X Fretensis und der Besessene von Gerasa. Anmerkungen zur Zahlenangabe “ungefähr Zweitausend” (Mk 5,13)» , Biblica, Vol. 88 (2007) 351-364

    Sfortunatamente è in tedesco e io non conosco questa lingua.

    Il link è:

    http://www.bsw.org/?l=71881&a=Comm10pdf.html

    Shalom.
     
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  8. Jesuslives
     
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    CITAZIONE (Hard-Rain @ 24/11/2007, 18:29)
    Sfortunatamente è in tedesco e io non conosco questa lingua.

    Idem :blush-anim-cl.gif:
    Grazie lo stesso. ;)

    Shalom
     
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  9. Jesuslives
     
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    Ciao Hard, volevo ricordarti di riportare la fonte che parla dello stendardo con il toro se puoi.
    Grazie.

    Shalom
     
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  10. Hard-Rain
     
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    Sì certo Jesus. Leggi ad esempio:

    http://www.romanarmy.com/cms/content/view/32/114/

    Qui invece si vede una moneta con una specie di cinghiale (inglese boar) che potrebbe essere un simbolo della X Legio Fretensis:

    http://www.livius.org/le-lh/legio/x_fretensis.html

    Questi appassionati di antichità militari hanno ricostruito lo stendardo della X Fretensis con un toro:

    http://www.home.surewest.net/fifi/index11.htm

    CITAZIONE
    Il «porco» era anche l'immagine del'odiato impero romano, rinviando abitualmente al Sal 80,14 dove si dice: «La devasta (la vigna di Dio = Israele) il cinghiale del bosco».

    Non so se un Salmo possa essere diretto contro Roma piuttosto che contro altri nemici. I Salmi sono molto antichi, i Romani entrarono in Palestina solo nel 63 a.C. Prima addirittura i Maccabei si accordarono con Roma e strinsero patti di assistenza reciproca.


    Shalom.
     
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  11. Jesuslives
     
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    Grazie mille Hard, do un'occhiata ai link e poi eventualmente commento.
    CITAZIONE (Hard-Rain @ 26/11/2007, 10:39)
    Non so se un Salmo possa essere diretto contro Roma piuttosto che contro altri nemici. I Salmi sono molto antichi, i Romani entrarono in Palestina solo nel 63 a.C. Prima addirittura i Maccabei si accordarono con Roma e strinsero patti di assistenza reciproca.

    Ora non ricordo il Salmo in questione nè mi interessa, volevo solo dire che la spiegazione che hai dato non tiene conto del fattore profetico... :D
    Non diventare troppo "studioso" e troppo poco credente, mi raccomando :)
    Rimani aperto anche a vedute più "religiose".

    Shalom
     
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  12. Jesuslives
     
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    Dato che non ci sono più stati ulteriori commenti sull'interpretazione che ho riportato proseguo riportando anche l'interpretazione di Pinchas Lapide del famoso passaggio evangelico: "Date a Cesare quel che è di Cesare".

    Tratto da: "Bibbia tradotta Bibbia tradita", pp 172-175, Pinchas Lapide, Edizioni EDB

    La dottrina dei due regni:
    Si devono pagare le tasse a Cesare?

    Siamo nella primavera dell'anno '30, nel cuor della Gerusalemme giudaica e nel cortile del tempio. I protagonisti del nostro dramma si guardano a si studiano. Da una parte i fieri sadducei - erano allora una quarantina di famiglie che gestivano il culto del tempio -, i quali vogliono compromettere il riottoso predicatore itinerante di Nazaret, poichè temono la sua influenza insurrezionale sulla nutrita schiera dei suoi seguaci (farisei). Dall'altra il Nazareno, cirocondato da molte centinaia di amici e discepoli, il quale vede nei sacerdoti sadducei dei veri e propri collaboratori dei tiranni pagani romani. Alle due estremità del cortile del tempio stazionano polizia, spie e legionari romani, incaricati soprattutto di assicurare la pace e l'ordine.
    Ora, in questa contrapposizione intra-giudaica, si abbatte come una mazzata una domanda tranello di un sorvegliante: «Rabbi [CEI: maestro], è lecito o no pagare il tributo a Cesare?» (Mt 22,17). Notare la formulazione provocatoria! Era infatti un inderogabile dovere ciico pagare il tributo a Cesare. La temuta «capitazione» era un'imposta che riguardava tutti gli ebrei e proprio su di essa si basava lo sfruttamento economico del paese, che era percepito in genere come un oppressivo ricordo della sottomissione di Israele.
    Per farci una pallida idea dei rabbiosi metodi di riscossione delle imposte utilizzati in quei lontani tempi, dovremmo rileggere la descrizione del romano Lattanzio sul modo in cui si faceva in censimento e si riscuotevano le tasse, che sconfessa radicalmente l'idillica descrizione della «tranquilla notte santa» fatta da Luca (2,1s):

    «Gli ufficiali romani incaicati della riscossione delle tasse comparivano ovunque e mettevano tutto a soqquadro... ovunque risuonavano le grida di coloro che venivano interrogati con la tortura e le bastonate... e una volta che il dolore aveva avuto il sopravvento, si registravano come sottoposte alle tasse proprietà assolutamente inesistenti».


    È questo il modo in cui dobiamo immaginare, in base a una testimonianza romana, quella «tranquilla notte santa», che ricorda piuttosto la «notte dei cristalli». La popolazione ebraica delle campagne della Galilea era stretta in una morsa: da una parte, la pressione romana, dall'altra le sue ultime possibilità di sopravvivenza.
    È di questa riscossione delle tasse che si tratta nella domanda-tranello che viene posta a Gesù nel cortile del tempio, in un atmosfera estremamente tesa, che esprime formalmente un desiderio di liberazione libertà e quasi un invito alla sollevazione. Ora Gesù poteva accettare o avallare una sacrilega sottomissione al potere romano? Sacrilega, poichè, dversamente dagli erodiani in Galilea, i quali, ottemperando alla proibizione biblica delle immagini, non facevano incidere sulle loro monete alcuna immagine, Ponzio Pilato aveva esteso il suo disprezzo per la fede ebraica al punto da far coniare in Giudea - che come provincia romana versava le proprie tasse direttamente «all'imperatore» - delle monete provocatorie, le quali con la loro effigie dell'imperatore violavano apertamente il secondo comandamento (divieto delle immagini).
    Per completare lo sfondo, notiamo ancora che nei trecento anni che vanno dai Maccabei alla caduta di Gerusalemme sotto Bar Kochba (167 a.C. - 135 d.C.), gli ebrei hanno avviato non meno di 62 sollevazioni e ribellioni contro l'oppressore straniero. Esse partivano dalla Galilea e la riscossione delle tasse serviva ogni volta da detonatore della rivolta contro Roma.
    Ma torniamo alla domanda-tranello posta a Gesù nel cortile del tempio. Essa sembra non ammettere alcuna via di uscita. Se Gesù risponde: «Sì, è lecito pagare il tributo a Cesare» si dichiara agli occhi dei suoi discepoli e simpatizzanti come un vile collaboratore. Se afferma: «No, non è lecito pagare il tributo a Cesare» viene considerato un ribelle dai romani, còlto in flagrante violazione della legge ed è quindi giuridicamente e politicamente spacciato.
    Ma Gesù chiede al suo interlocutore di mostrargli una moneta, dando chiaramente a vedere a tutti i presenti che egli non possiede personalmente alcuna moneta pagana recante l'odiata effegie. E mostrando la moneta, il danaro di Tiberio, chiede: «Di chi è quest'immagine e l'iscrizione (cioè il titolo di proprietà)?». «Di Cesare» è la risposta generale. Allora risponde in modo chiaro e inequivocabile: «Restituite [CEI: rendete] quindi a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».
    Qui abbiamo uno degli errori di traduzione più gravi e ricchi di conseguenze negative di tutto il Vangelo.
    Gesù non dice: «Date», ma «Date indietro, restituite» (in greco apodote), consigliando in definitiva una rottura non violenta nei riguardi dell'ordinamento politico esistente.
    In altri termini, poichè secondo il diritto romano relativo alla coniazione delle monete, tutte le monete in circolazione che portavano l'effigie dell'imperatore gli appartenevano come sua proprietà privata, la risposta di Gesù era a prima vista una risposta giusta e corretta.
    Ma non così per i giudei presenti. Essi, compresero chiaramente ciò che Gesù diceva: «restituite (apodote) all'imperatore il suo peccaminoso denaro e non usatelo, come io stesso vi ho dimostrato, affinchè possiate dare a Dio ciò che è di Dio, cioè il riconoscimento della sua esclusiva sovranità sull'intera creazione, senza dominazione pagana e culto idolatrico».
    I giudei, che allora erano oppressi, compresero benissimo - senza il successivo errore di traduzione - il messaggio di Gesù: un deciso rifiuto opposto agli occupanti e ai loro collaboratori per amore del regno di Dio.
    Con la sua contemporana richiesta: «Date a Dio ciò che è di Dio, e precisamente tutta la vostra fedeltà, poichè tutto ciò che siete e possedete vine da lui», Gesù si trova ad anni luce di distanza dalla dottrina cristiana dei due regni, che vuole dividere asetticamente il nostro mondo fra Cesare, da un lato - anche nel caso in cui dovessere indossare una camicia nera - e Dio, dal'altro. Nulla è più lontano dall'intenzione del Nazareno, il quale voleva dare tutto a Dio, compresa, se necessario, la stessa vita.
    La parole che Gesù pronunciò quel giorno a Gerusalemme per i romani erano inoppugnabili, ma per i giudei erano un chiaro invito alla rivolta.
    Purtroppo per i lettori tedeschi1 della Bibbia esse continuano ad essere tradotte in modo che ne travisa il senso.

    1"Bibbia tradotta Bibbia tradita" fu originariamente scritto per il pubblico tedesco in tedesco.

    Shalom
     
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    altro libro di Pinchas da leggere !

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    Tratto da: "Bibbia tradotta Bibbia tradita", pp 159-161, Pinchas Lapide, Edizioni EDB



    La guarigione miracolosa dell'indemoniato di Gerasa - una delle pericopi più ampie della tradizione sinottica - mostra evidenti segni di ipetuti rimaneggiamenti.
    Essa è stata oggetto di interpretazioni molto diverse. I più pensano che l'episodio dei porci sia stato aggiunto in un secondo tempo al racconto originario che riguardava un esorcismo.

    Il frequente passaggio dal singolare al plurale (Mc 9,10), dal passato al presente (Mc 9,14), il fatto che in Marco (5,12) e Luca (8,26-39) si tratti di un solo indemoniato e in Matteo (8,28-34) di due, il fatto che la città di Gerasa disti due giorni di cammino al lago di Genezaret, per cui lo spostamento del «mare» (Mc 5,1.31) sul luogo della guarigione è con ogni probabilità redazionale, sono incongruenze del racconto che danno del filo da torcere all'esegeta.


    Ma assolutamente incredibili sono i «circa duemila porci» nei quali, secondo Mc 5,13, Gesù ha fatto entrare i demoni scacciati dall'indemoniato nella regione dei gadareni. Che questo numero oltrepassi di gran lunga tutte le possibili dimensioni di un branco di porci - a parte il fatto che i porci non sono animali che vivono in branco - è incotestabile. Anche Matteo (8,32) e Luca (8,33) sembrano essere stati di quest'avviso, poichè riprendono quasi con le stesse parole di Marco la conclusione della pericope sulla cacciata dei demoni, ma tacciono circa il numero dei porci.


    Anche in questo caso una ri-ebracizzazione del racconto potrebbe risolvere il problema. Ba'alafim significherebbe in ebraico «in branco» o «a frotte», poichè il termine originario elef può significare sia «bestiame, bovini» sia «mille» o «tribù, gruppo». Poichè nella Scrittura ebraica le lettere bet e kaf sono molto simili, sarebbe piuttosto difficile distinguerle in un rotolo usato di frequente e quindi usurato. Quindi ka'alafim può essere facilmente letto K'alafim (cf. Gs 3,4; 7,3) che significa «quasi duemila».




    A proposito copincollo una mia precedente analisi :









    A PAG 46 del suo libro

    Carmignac fa un' interessante osservazione sull' episodio del Demone chiamato Legione e dei circa 2000 porci.

    Marco V, 1/20


    Ne abbiamo discusso in vari topic , su come , il primo a parlarne fu Couchoud , legione potrebbe essere un ' allusione alla X Legione Romana Fretensis , di cui il cinghiale era uno dei simboli del vessillo.


    Vedi :

    www.romanoimpero.com/2010/01/le-legioni-romane.html


    X LEGIONE FRETENSIS

    Fondazione: Fondata nel 41 aC da Ottaviano per essere utilizzata in Sicilia contro Sesto Pompeo.
    Emblema: il toro, la nave da guerra, il delfino ed il cinghiale. Successivamente venne utilizzato solo il toro.




    http://it.wikipedia.org/wiki/Legio_X_Fretensis


    www.parlandosparlando.com/view.php/id_347/lingua_0/whoisit_1

    http://romanoimpero.blogspot.com/2010/01/l...oni-romane.html

    http://it.wikipedia.org/wiki/Elenco_di_legioni_romane


    In particolare Carmignac cita Marco V , 13


    circa duemila : ως δισχιλιοι


    e spiega che sicuramente questo 2000 greco viene da una fonte Ebraica:


    in Ebraico duemila si dice alpàim אַלְפַּיִם


    non si tratta di un plurale : ma di un duale , infatti sotto la yod י abbiamo il hiriq חיריק, ( è il puntino sotto la lettera e funge da i )


    mentre se fosse plurale il hiriq dovrebbe stare nella lettera che lo precede , in questo caso la phe פ che invece ha un pattah פתה ( una piccola barretta orrizzontale che funge da a )

    Allora, in Ebraico circa duemila si dice kealpàim , con una kaf כ che significa : come, circa , e abbiamo :



    כאַלְפַּיִם

    E sempre in Ebraico mille si dice èlef אלף

    mentre il plurale mille : migliaia si dice alafìm אלפים


    quindi : come migliaia si dice kealafìm כאלפים

    GUARDATE BENE


    kealpàim ( accento sull à ) כְּאַלְפַּיִם

    kealafìm ( accento sulla ì ) כְּאַלָפִים

    sono identici , ma vocalizzati in modi diversi , infatti in kealafìm abbiamo il hiriq חיריק, ( è il puntino sotto la lettera e funge da i ) sotto la phe פ.


    la phe פ quando non ha il puntino dentro come in questo caso פּ

    si pronuncia fe.

    il puntino in questione si chiama daghèsh דגש e significa : rafforzativo , ; ha tra l' altro la proprietà di raddoppiare la lettera in cui è presente.


    Ma nel primo secolo non si scrivevano i segni diacritici , per cui :


    כאלפים

    si poteva leggere kealpàim : come duemila , circa duemila

    o kealafìm : come migliaia


    ovvero :

    kealpàim ( accento sull à ) כְּאַלְפַּיִם

    kealafìm ( accento sulla ì ) כְּאַלָפִים




    A questo punto mi viene da pensare che il manoscritto originale descrivesse uno scontro armato tra i berionin di Yehoshua/Iohakan e un esercito di legionari romani.




    ....et hora mi accorgo che Pinchas è dello stesso parere


    sempre la libro



    Ma il nostro racconto può nascondere benissimo un significato profondo, che possiamo scoprire solo riflettendo sul significato del termine «porci» nell'Israele di quel tempo. Com'è noto, la carne di maiale non poteva essere consumata (Lv 11,7; Dt 14,8) e l'allevamento dei maiali era severamente vietato ni tutto Israele (BQ 7,7).
    «Maledetto l'uomo che alleva maiali!» (M 64b e Sotah 49b) era considerato un principio basilare assolutamente incontestabile.



    Il «porco» era anche l'immagine del'odiato impero romano, rinviando abitualmente al Sal 80,14 dove si dice: «La devasta (la vigna di Dio = Israele) il cinghiale del bosco». A ciò si aggiunge il fatto che la X Legione Fretense, che allora assicurava in Israele la famigerata pax romana ricorrendo brutalmente alla spada, aveva come mascotte un cinghiale.

    Se a tutto questo si aggiunge ancora il fatto che i legionari romani spesso arricchivano il loro povero rancio militare con carne di maiale rastrellata nei villaggio della Decapoli, è chiaro che i termini «porci» e «legione» emanavano un odioso odore politico, soprattutto presso tutti coloro che «speravano nella liberazione di Israele», come si dice così eloquentemente nel Magnificat (Lc 1,49-55), nel Benedictus (Lc 1,68-71) e nella profezia della vecchia Anna (Lc 2,38).

    Perciò, quando Gesù ammonisce i suoi di «non gettare le perle ai porci» (Mt 7,6), essi comprendono che non si deve sprecare la sapienza della Torah per i pagani e soprattutto per i romani (cf. Pr 11,22).





    zio ot

    Edited by barionu - 13/8/2012, 14:14
     
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    Cip di attenzione.

    zio ot hunter
     
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