Gesù di Nazaret, i Dodici e l'Impero Romano

Erano Gesù e i suoi discepoli ribelli all'Impero o collaborazionisti/pacifisti?

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  1. Jesuslives
     
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    Il «porco» era anche l'immagine del'odiato impero romano, rinviando abitualmente al Sal 80,14 dove si dice: «La devasta (la vigna di Dio = Israele) il cinghiale del bosco». A ciò si aggiunge il fatto che la X Legione Fretense, che allora assicurava in Israele la famigerata pax romana ricorrendo brutalmente alla spada, aveva come mascotte un cinghiale. Se a tutto questo si aggiunge ancora il fatto che i legionari romani spesso arricchivano il loro povero rancio militare con carne di maiale rastrellata nei villaggio della Decapoli, è chiaro che i termini «porci» e «legione» emanavano un odioso odore politico, soprattutto presso tutti coloro che «speravano nella liberazione di Israele», come si dice così eloquentemente nel Magnificat (Lc 1,49-55), nel Benedictus (Lc 1,68-71) e nella profezia della vecchia Anna (Lc 2,38).
    Perciò, quando Gesù ammonisce i suoi di «non gettare le perle ai porci» (Mt 7,6), essi comprendono che non si deve sprecare la sapienza della Torah per i pagani e soprattutto per i romani (cf. Pr 11,22).
    Quando nella parabola del figliol prodigo si dice:«Allora andò... e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare con i porci» (Lc 15,15), si può intendere certamente un allontanamento dal territorio abitato dagli ebrei, ma anche qualcosa di ancor più spregievole: la collaborazione con i romani, quindi una complicità prezzolata con i tiranni pagani. In reatà, una discesa fino nella feccia dell'umanità. Quindi la parabola parla di un ebreo che ha rinnegato la sua eredità biblica, è diventato un traditore, ma alla fine ha comunque ritrovato la strada del pentimento e del ritorno.
    Qui, nella guarigione dell'indemoniato, i riferimenti allo «spirito immondo», che si presenta come «legione», «perchè siamo molti» poi «scongiura con insistenza Gesù di non cacciarlo fuori da quella regione», ma di «mandarlo da quei porci», sono altrettante evidenti allusioni all'indesiderata potenza romana. Anch'essa non voleva lasciare «la regione»; anch'essa aveva uno «spirito immondo» ed era molto numerosa; anch'essa era associata inequivocabilmente ai porci nel linguaggio comune. Perciò, è impossibile non percepire la gioia del narratore quando parla della fine di tutti quei porci (romani), per i quali si è letteralmente pregato «il mare» di venire in soccorso. I romani erano giunti in Israele proprio «dal mare», contro la volontà del popolo ebraico, per cui il loro ritorno a casa sul mare, meglio ancora a capofitto «giù nel mare» (Mc 5,13), corrispondeva al desiderio di quasi tutti gli ebrei del tempo. A tale riguardo, si può ancora ricordare che Matteo indica come luogo della guarigione Gadara, che, diversamente dalla città di Gerasa, si trovava in prossimità del mare e era stata distrutta due volte nella guerra contro Roma - entrambe le volte da Vespasiano - e i suoi abitanti erano stati massacrati, fatti progionieri o crocefissi dal comandante della cavalleria Placido.54
    Il nocciolo storico di questo racconto può essere il desiderio, assolutamente comprensibile nei sopravvissuti a quel massacro, che i «porci romani» sprofondassero - come un tempo, i cavalli e i cavalieri dell'Egitto (Es 14,27) - fra le onde del mare. Anche Joachim Gnilka afferma giustamente nel suo commento al Vangelo di Marco:

    «L'origine del racconto potrebbe essere zelota e nella scelta di quel termine si può sospettare qualcosa i più, vedervi cioè un'allusione alla situazione politica della regione.55

    54 Giuseppe Flavio, Bell. Jud, III, VII, 1 e IV, VII, 3,4.
    55 J. Gnilka, Das Evangelium nach Marchus, I, 205.

    Shalom

    Edited by Jesuslives - 24/11/2007, 16:58
     
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15 replies since 23/11/2007, 08:31   1081 views
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