La primogenitura nel Tanach.

Aspettative umane vs scelte di Dio

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  1. leviticus
     
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    Chi ha detto che tu o altri hanno affermato qualcosa? Ti suggerisco di prenderti del tempo per leggere i testi di Toaff, Lattes, atti e commenti agli atti cui si rimanda sono corposi non basta un minuto per leggerli.
    Non sono un consulente sto solo riportando dei testi, ripetiamo nuovamente la risposta del link sopra, riporto da una qualunque parashat Vaiechi non troppo scarna di una qualunque sinagoga:

    "Uno dei temi principali che unisce le varie storie narrate in Bereshit è senza dubbio quello della rivalità tra fratelli. I conflitti fra Caino e Abele, Isacco e Ismaele, Giacobbe ed Esaù, e infine fra Giuseppe e i suoi fratelli, si susseguono formando un vero e proprio filo conduttore che contribuisce a creare una struttura coerente nel racconto biblico. Tutte queste accese rivalità si sviluppano secondo uno schema preciso che rappresenta un’evoluzione graduale.
    Il primo scontro, quello fra Caino e Abele, è il tragico prototipo del fratricidio. Il primogenito (Caino), credendo di essere stato rifiutato dal favore Divino, arriva addirittura ad uccidere suo fratello minore.
    Dopo questa vicenda dal carattere universale, la contesa successiva tra i due figli di Abramo segna l’inizio del processo di elezione nel quale un figlio viene accettato nell’Alleanza stabilita da Dio, mentre l’altro ne risulta escluso. Sia nel caso di Isacco che in quello di Giacobbe, la promessa dell’elezione Divina viene attribuita al figlio minore, in contrasto con l’antica usanza secondo cui i compiti sacerdotali spettavano solo al primogenito.
    Nella rivalità tra Giuseppe e i suoi fratelli la situazione cambia, perché nessuno dei figli di Giacobbe viene escluso dall’Alleanza, e dunque ciascuno di essi sarà destinato a fondare una delle tribù di Israele. Tuttavia, anche in questo caso, sono i figli più giovani (Giuseppe e Beniamino) a ricoprire il ruolo dei prediletti del padre, e da tale situazione emerge ancora una volta l’invidia dei fratelli più anziani.
    Il primo conflitto, come abbiamo visto, si conclude nel modo peggiore possibile: con un omicidio. Il secondo porta invece ad una drammatica separazione, poiché Ismaele e sua madre vengono allontanati dalla famiglia. Ad un ipotetico riavvicinamento successivo tra i due fratelli la Torah dedica soltanto un brevissimo accenno (Genesi 25:9).
    Il terzo conflitto, quello tra Giacobbe ed Esaù, termina con un incontro di riconciliazione, in seguito al quale i due fratelli prendono però strade diverse (Genesi 33:12-16), e i Maestri non fanno a meno di notare alcuni elementi del testo che rivelano la poca sincerità dell’atteggiamento di Esaù.
    La riconciliazione tra Giuseppe e i suoi fratelli è radicalmente diversa. Qui, per la prima volta, ciò che pone fine alla rivalità è il perdono.
    Eppure, poco prima di questa lieta e commovente conclusione, la Torah descrive una nuova scena in cui un secondogenito risulta favorito a discapito del fratello maggiore. L’anziano Giacobbe, ormai vicino alla morte, si appresta a benedire i suoi nipoti, Efraim e Menashè, figli dell’amato Giuseppe. Nel momento in cui Giacobbe mostra di voler attribuire al figlio più giovane (Efraim) una posizione privilegiata, all’improvviso un nuovo conflitto sembra sul punto di affiorare:
    Nessuno più di Giacobbe doveva essere conscio del rischio che si celava dietro una predilezione di questo tipo. Egli stesso, molti anni prima, era fuggito da suo fratello Esaù proprio a causa di una benedizione sottratta. In seguito, il suo amore per Rachele, sorella minore di Lea, aveva fatto nascere nuove tensioni. Infine, l’odio dei suoi figli verso Giuseppe aveva arrecato a Giacobbe enormi sofferenze. È forse plausibile che da tutte queste esperienze il patriarca non avesse imparato quanto sia pericoloso esprimere preferenze per un figlio piuttosto che per un altro?
    La Torah ci mostra che in questo caso Giacobbe non commise alcun errore. Al contrario, grazie al suo gesto, il dramma del continuo scontro tra fratelli poté chiudersi definitivamente. Tra Efraim e Menashè, infatti, non si sviluppò alcuna contesa. Tutta la famiglia sembrava aver ormai imparato la lezione: i fratelli possono vivere insieme, nonostante le differenze dei loro destini. Secondo la visione biblica, la storia non è dunque soltanto un ciclo che si ripete all’infinito, ma un percorso che deve essere volto al miglioramento, alla continua rettifica degli errori passati. È per questo che, ancora oggi, nel giorno di Shabbat, nelle famiglie ebraiche il padre benedice i figli con le parole: “Possa Dio rendervi come Efraim e Menashè”, facendo sì che l’idea del superamento delle rivalità tra fratelli sia trasmessa a tutte le generazioni."

    Edited by leviticus - 19/12/2018, 06:57
     
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11 replies since 9/12/2018, 11:28   581 views
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