Lotte nelle famiglie bibliche

Edomiti e madianiti

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    No.

    La primogenitura è il sacerdozio (dal quale i primogeniti vengono 'riscattati', e in loro vece svolgeranno i loro compiti sacerdotali i leviti e i cohen).
    Rifiutare la primogenitura significa rifiutare il sacerdozio e quindi l'appartenenza.
    La benedizione per la 'leadership' - se vogliamo chiamarla così - la può ricevere solo chi ha la primogenitura (sacerdozio, poi riscattato), salvo eccezioni che si verificheranno in seguito (il criterio è che - comunque - l' "incaricato" intenda essere fedele alla Torah - questione spiegata da Rav. Riccardo Di Segni in video già postato).
    Essav rifiutando la primogenitura rifiuta l'appartenza al popolo, evento preconizzato alla madre.
    "Nel tuo ventre ci sono due nazioni, una nazione sarà più forte dell'altra, ma il più grande servirà il più piccolo"
    Al contrario Yaakov vive nelle "tende" (della Torah), ed è definito "uomo pacifico".
    Nasce dunque una nuova e diversa nazione, non ebraica, come già avvenne per Ishmaèl.

    L'incipit della benedizione di Yaacov:
    "Ti conceda Iddio rugiada dal cielo, contrade pingui della terra, grano e vino abbondanti"
    L'incipit della benedizione di Essav:
    "La tua sede sarà in luoghi pingui della terra, resi fertili anche dalla rugiada degli alti cieli"
    ma, vedere nota 1, la frase può avere doppia lettura, ed essere letta anche in negativo

    Ma per Yaakov aggiunge:
    "sia maledetto chi ti maledice e benedetto chi ti benedice"

    Ancora, poco prima, per Yaakov:
    "Ti serviranno i popoli, si prostrino a te le nazioni, sia tu signore dei tuoi fratelli, a te si prostrino i figli di tua madre"

    Invece per Essav:

    "Vivrai della tua spada e servirai tuo fratello"
    ma non come israelita, bensì come "altra/nuova diversa nazione".

    "ma quando gemerai scuoterai il suo giogo di su il tuo collo".

    Rebecca è colei che decide:
    Yaakov lamenta che gli sia chiesto di ingannare il padre per prendere la benedizione.
    Ma Itzaak non sa che Essav aveva venduto/rifiutato il sacerdozio della primogenitura.
    Essav va a prendere la benedizione per la "leadership", sapendo di aver rifiutato il sacerdozio della primogenitura (fedeltà alla Torah).
    Avrebbe dovuto dire al padre: ho venduto/ceduto a mio fratello i miei diritti, gli ho ceduto il sacerdozio riscattato della primogenitura.
    Ma non lo fa. Quindi pretende la leadership, pur avendo rifiutato l'onere/privilegio che però gli impone fedeltà alla Torah.

    Poichè Yaakov teme che ingannando il padre travestendosi da Essav possa ricevere maledizioni anzichè benedizioni,
    la madre gli dice che nel caso "le maledizioni ricadano su di me", quindi si assume tutta la responsabilità.

    Una volta data la benedizione Itzaak non la può ritirare.
    Ma scopre che Essav vendette la primogenitura (e in quel mentre Essav male-dice, ovvero dice male di Yaakov, il quale ha solo eseguito gli ordini della madre, peraltro avendo acquistato la primogenitura quella benedizione per la leadership gli spetta).

    Tuttavia, secondo alcune letture, Itzaack benedice Essav in qualche modo comunque, salvo per quelli che leggono il testo con altra lettura (vedi nota). Rientra probabilmente in quelle frasi che hanno doppia lettura, quindi ambivalenti, si può leggere l'una o l'altra cosa.

    Ma Itzaak anche pone la nazione di Essav al servizio di Yaakov/Israel.

    Allo stesso tempo afferma che Israel non può porre giogo su Essav e la sua nazione, e qualora/quando questi dovesse gemere, allora è lecito che si liberi da tale giogo.

    Rebecca risulta quella che non aveva apprezzato le mogli straniere "ho a noia la vita a causa delle donne chittee".
    E quando lo comunica al marito Itzack, immediatamente lui comanda a Giacobbe di non ammogliarsi con donne cananee, inviandolo da Labano.

    Sentito ciò, Essav, che aveva mogli cananee si reca a prendere in moglie una figlia di Ishmaèl.


    Le scelte risultano in prima istanza di Essav, che rifiuta il sacerdozio/primogenitura/appartenenza/sottomissione alla Torah (l'appartenere a D-o, la primogenitura è "appartenere a D-o", il primogenito appartiene a D-o),
    in seconda istanza di Rebecca.

    Vendendo la primogenitura/sacerdozio, ne vende anche il riscatto, quindi rifiuta di appartenere a d-o e al popolo, poichè Israele 'riscatta' i suoi primogeniti.

    Problema nasce sul
    "sia maledetto chi ti maledice e benedetto chi ti benedice"

    poichè Essav - dice esplicitamente il testo - serba odio verso Giacobbe - ed esplicitamente dice ancora che appena morto il padre intende uccidere il fratello. Parole sue che vengono riferite a Rebecca.

    Essav innanzitutto, quando Yaakov gli chiese la primogenitura, la rifiutò, ma Yaakov volle conferma e gli chiese di giurare, e lui "giurò", confermò.
    Perciò quando Essav dice al padre di essere stato "ingannato" due volte, calunnia il fratello, in più promette di ucciderlo appena morto il padre.


    Essav poteva benissimo accettare il 'sacerdozio' (appartenenza, non vendendo la primogenitura), e lasciare al fratello la seconda benedizione, la leadership: questo se voleva far parte del popolo e votarsi alla Torah, e qualora non desiderasse la leadership.
    Ma come primogenito rifiutando la primogenitura, rifiuta il sacerdozio e di conseguenza anche il riscatto, quindi rifiuta proprio l'appartenenza al popolo e la sottomissione alla Torah. Salvo nasconderlo al padre e rivelarlo solo quando gli sfugge la benedizione della leadership.
    Ciònonostante lui vuole la leadership, ma nello stato in cui si è messo sarebbe come se "un leader straniero, non sottomesso alla Torah, volesse la governare su Israele".

    Lui rifiuta con il sacerdozio anche la Torah, e dà anche una motivazione esplicita per quanto passibile di interpretazioni.

    Lui caccia, e rischia la vita, e se ne lamenta, si lamenta del compito peraltro per il quale il padre lo apprezza, compito che dovrebbe porre al servizio del progetto del nonno Abramo, e di suo padre, che dovrebbe diventare anche il suo, con onori ed oneri, secondo Torah.
    Ma lui si lamenta di questo, vuole farlo per se stesso, non per servire al progetto di suo nonno Avraham.

    Da questi punti del testo si diparte l'approfondimento esegetico e midrashico.

    Quanto a Rebecca D-o le preconizza che ha in grembo due nazioni.
    Ma niente di esterno influenza Essav a rinunciare alla sua primogenitura.
    Tanto è vero che il padre crede di benedire lui.
    Essav semplicemente sceglie, per quanto avventatamente tanto da poi pentirsi.
    Ed è vero che Itzack vuole benedire lui, ma è altrettanto vero che nulla sa della svendita della primogenitura del figlio.
    Ed è vero che lo benedice pur sapendo che ha sposato cananee, ma anche la madre lo sa, ed è lei che non apprezza ciò.


    Nota ulteriore:
    osservando attentamente la benedizione di Itzaak per Essav,
    la quale - come segnalato - contiene una frase che in ebraico può essere letta sia in positivo che in negativo.
    Se letta in positivo poteva essere ancora una benedizione da secondogenito

    Ma Essav NON accetta quella benedizione, non accetta di servire il fratello come un secondogenito:
    al contrario dichiara di volerlo uccidere appena morto il padre.

    A quel punto, una frase ambivalente, alla luce di quanto accade immediatamente dopo, può anche essere letta nel senso opposto.

    Poichè a Yaakov fu detto "sia benedetto chi ti benedirà, e maledetto chi ti maledirà".


    Bastava che Essav benedicesse il fratello, e si mettesse al suo servizio, e avrebbe potuto essere una benedizione per un secondogenito.

    Ma Essav va, di propria volontà, in una direzione bene precisa e ben diversa da questa.

    Essav__Yaacok_02
    Essav__Yaacok_03
    Essav__Yaacok_04
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    Essav__Yaacok_06



    Edited by yesyes - 21/11/2018, 16:35
     
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    Per ora ti ringrazio del lavoro che hai fatto per mettere in piedi una risposta che prende un po' seriamente in esame i quesiti che ho posto.
    Tra qualche giorno , quando sei un po piu' tranquillo, oppure quando vuoi tu, aggiungo un commentino.
     
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  3. yesyes
     
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    CITAZIONE (Maurizio 1 @ 21/11/2018, 17:54) 
    Per ora ti ringrazio del lavoro che hai fatto per mettere in piedi una risposta che prende un po' seriamente in esame i quesiti che ho posto.

    I quesiti li riponde il testo, che ho scannerizzato, non facendo altro che ripetere ed evidenziare.

    Per la questione "primogenito" basta fare delle ricerche.

    CITAZIONE (Maurizio 1 @ 21/11/2018, 17:54) 
    Tra qualche giorno , quando sei un po piu' tranquillo, oppure quando vuoi tu, aggiungo un commentino.

    Che altro? Togliamoci il pensiero subito.
     
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    o avrei tante cose da dire: un po'in sulla questione di come la bibbia in generale considera la primogenitura.
    E poi ancora sulla vicenda di Esau e Giacobbe.
    E poi anche sulla questione della leadership in Israele ma rischierei di andare ot.
    Ma per ora preferisco concentrarmi sul ragionamento principale del tuo intervento.
    Io avevo chiesto come mai Esau che avrebbe ceduto la primogenitura (bisognerebbe domandarsi anche se era vendibile) non viene trattato dai genitori perlomeno da secondogenito anziche essere trattato praticamente da nemico della famiglia.
    Tu mi rispondi che Esau con il suo rifiuto della progenitura e come se avesse espresso il desiderio di non far parte dello stesso popolo della sua famiglia.
    Non avrebbe avuto diritto ne a eredita', ne a leadership, ne a far parte del popolo (erede della promessa fatta da Dio).
    Cioe'non avrebbe avuto diritto a nessuna benedizione finalizzata a tali scopi.

    Ma allora non era piu'semplice per Giacobbe e Rebecca spifferare subito a Isacco la vendita della primogenitura?

    Se erano cosi sicuri che cio'che avevano estorto con il ricatto a Esau' era sufficente per non fargli prendere piu'nessuna benedizione,e addirittura per escluderlo dal popolo, che motivo c'era di mettere in piedi la messinscena del travestimento?

    Il fatto che Rebecca ha dovuto mettere in atto una seconda parte del suo piano, mi fa pensare (e vorrei sentire anche le opinioni degli altri oltre la tua,per vedere se sono l'unico a dedurlo leggendo il racconto biblico) che con la semplice dichiarazione di rinuncia di Esau di quel giorno li ci concludevano poco.

    In altre parole:

    Perche' Rebecca e Giacobbe non sono andati da Isacco a fargli un bel dicorso alla luce del sole:
    "Non puoi piu'benedire Esau perche lui ha fatto questo ecc..ecc."
    Se c'era una normativa consolidata che dava loro ragione, cioe'che faceva cadere i presupposti per benedire Esau' cosa temevano?

    Edited by Maurizio 1 - 21/11/2018, 20:25
     
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  5. yesyes
     
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    CITAZIONE (Maurizio 1 @ 21/11/2018, 19:32) 
    Io avevo chiesto come mai Esau che avrebbe ceduto la primogenitura (bisognerebbe domandarsi anche se era vendibile) non viene trattato dai genitori perlomeno da secondogenito anziche essere trattato praticamente da nemico della famiglia.

    A questo ha già risposto il testo.
    Per quelli che leggono il verso 27:39 non come nella nota, non viene trattato da nemico della famiglia.
    E' certo - dal testo - che è Essav a dichiarare di voler uccidere il fratello Yaakov, e non certo l'inverso.

    CITAZIONE (Maurizio 1 @ 21/11/2018, 19:32) 
    Esau con il suo rifiuto della progenitura e come se avesse espresso il desiderio di non far parte dello stesso popolo della sua famiglia.
    Non avrebbe avuto diritto ne a eredita', ne a leadership, ne a far parte del popolo (erede della promessa fatta da Dio).
    Cioe'non avrebbe avuto diritto a nessuna benedizione finalizzata a tali scopi.

    Se uno ha diritto ad una cosa e la rifiuta perchè dichiara di non saper che farsene, non è che gliela si può imporre.

    Essav afferma di non saper che farsene della primogenitura. Lo narra esplicitamente il testo e lo ho evidenziato.
    Persino, richiesto di confermare, "giura" di non volerla.

    Non ne viene privato da terzi, che so, per "indegnità".

    CITAZIONE
    che avevano estorto con il ricatto a Esau'

    Nel testo è solo Yaakov che chiede ad Essav di 'vendergli' la primogenitura.
    Lì era presente solo Yaakov, non sono citati interventi di terzi in quel frangente.

    Dal verso 25:29
    Un giorno che Giacobbe si era preparato una minestra Esaù tornò stanco dalla campagna.
    Disse a Giacobbe: fammi trangugiare un po' di questa roba rossa che sono stanco. Perciò fu chiamato Edom.


    E Giacobbe: Vendimi la tua primogenitura... etc.

    Non è specificato da nessuna parte che il "prezzo" fosse il piatto di minestra.

    Può trattarsi tranquillamente di dialogo avvenuto davanti ad un piatto di minestra, ma non per forza la minestra deve essere la moneta.

    In realtà non è specificato ciò.

    Esiste una esegesi midrashica che connette le due cose, così come può esistere una altra esegesi midrashica che non le connette, almeno nel senso che il piatto di minestra fosse la moneta di scambio.

    Peraltro Essav, non sembra volerla nemmeno vendere, non contratta alcun prezzo, dice direttamente che non sa che farsene.

    E' come se avesse detto: ma se non so nemmeno che farmene? Pigliatela.
    Davvero non ti interessa? Giura.
    Giuro, non mi interessa.

    C'è uno spazio infinito per midrashare: per esempio che i doni che in seguito Yaakov porterà ad Essav siano il compenso.
    Ma in quel momento Essav non sa cosa farsene, dice più o meno di possedere già tutto ciò che gli occorre.

    Sebbene il testo sia meno "a gruviera" di altri, qui un buco ci può essere.

    Può essere colmato con le varie linee esegetiche: tradizione orale.


    CITAZIONE (Maurizio 1 @ 21/11/2018, 19:32) 
    Ma allora non era piu'semplice per Giacobbe e Rebecca spifferare subito a Isacco la vendita della primogenitura?

    Il testo non ci dice che Rebecca sapesse di quell'episodio.
    Al contrario, per esempio, del fatto che ci dice che Rebecca viene a sapere dell'intenzione di Essav di uccidere Giacobbe.

    Il testo ci dice solo che Essav afferma - accusando - di essere stato soppiantato 2 volte.

    C'è di fatto un altro buco. E ognuno può midrasharlo a piacere.


    Il fatto è che non c'erano testimoni del dialogo fra Essav e Yaakov quando il primo dichiarò di non sapere che farsene della primogenitura.

    In assenza di testmoni se Yaakov avesse riferito, avrebbe potuto non essere creduto o essere smentito dal fratello, si poteva pensare che lo dicesse apositamente e sospettare anche che lo dicesse falsamente per avere ciò che in realtà non gli spettava.

    Nel modo in cui ha proceduto Rebecca, Essav nell'ira si autodenuncia: lo dice lui. Gli scappa ciò che probabilmente egli stesso aveva nascosto a tutti fuorchè al fratello.

    Quindi viene fuori la verità.

    Questa è lettura personale che soddisfa ampiamente me:
    chiarisco che non sono al corrente di esegesi ebraica che la rappresenti
    (fatti salvi i cenni rintracciabili nel video di Rav. Shlomo Bekhor).

    Per la risposta di quella consultare quanto indicato nel post seguente.



    CITAZIONE (Maurizio 1 @ 21/11/2018, 19:32) 
    o avrei tante cose da dire: un po'in sulla questione di come la bibbia in generale considera la primogenitura.

    Non possiedo monografie in proposito, che ritengo servirebbero tomi.

    CITAZIONE (Maurizio 1 @ 21/11/2018, 19:32) 
    E poi anche sulla questione della leadership in Israele ma rischierei di andare ot.

    OT lo siamo già. Questo 3D è generico ed occorreva a Leviticus per riorientarsi. Dopo di chè è stato preso in mano da altri.

    Ma evidentemente temi di così ampio respiro richiedono un preliminare esame particolareggiato di ciascun dato/episodio biblico, che va fatto separatamente.

    Non possiamo trattare tutti i particolari di ogni singolo evento cui si reputi opportuno riferirsi qui.


    Proprio per la genericità e particolarità rispetto alle esigenze di chi lo ha aperto, che sono esaurite, un 3D così generico avrebbe già dovuto essere considerato sufficientemente concluso con "questo intervento". Per come è andrebbe già spacchettato, ed è già troppo pieno ed occasione di scorribande.

    Inoltre bisognerebbe anche fare attenzione a non pretendere da un forum una formazione che - per trovare risposte esaurienti a fiumi di domande - dovrebbe avvenire attraverso un annoso studio sistematico nelle sedi opportune.




    Per la questione primogenito comunque c'è questo testo, in spoiler

    Pidiòn riscatto del primogenito
    Roberto Colombo
    Direttore delle materie ebraiche
    alle Scuole medie della Comunità
    di Milano e insegnante al centro
    Josef Tehillòt


    CITAZIONE (Aialon @ 7/10/2009, 20:00) 
    Pidiòn riscatto del primogenito
    Roberto Colombo
    Direttore delle materie ebraiche
    alle Scuole medie della Comunità
    di Milano e insegnante al centro
    Josef Tehillòt


    Fin dai tempi più antichi il primogenito acquistò una grande importanza nell’ambito della propria famiglia e della società in genere poiché, come simbolo di una nuova dinastia che si veniva a formare, il bekhòr era considerato un vero e proprio dono di Dio sia per i genitori, che per l’intero popolo che egli andava ad incrementare. Presso molte popolazioni si attribuivano al primogenito dei poteri magici che, si pensava, avevano la capacità di risolvere il problema della sterilità femminile, di fermare le tempeste, di aiutare l’esercito in battaglia, di guarire le malattie più pericolose o di fare altri miracoli di diversa entità sempre in rapporto alle necessità della gente con la quale egli viveva.

    Spesso queste credenze tribali circa le miracolose possibilità del primogenito di influenzare il volere divino portarono a ritenere che, dopo la sua morte, egli avrebbe potuto intercedere in modo più diretto ed efficace per il bene del suo popolo. L’offerta in sacrificio del suo corpo e della sua anima per aggraziarsi i vari dei divenne così una pratica abituale presso le popolazioni antiche.

    La Torà, dal canto suo, pur attribuendo grande importanza ed una particolare santità al bekhòr, ha sempre negato che egli potesse avere dei poteri sovrannaturali, ma soprattutto si è sempre opposta con fermezza ad ogni forma di violenza nei suoi confronti; per cui, se da un lato viene permesso esplicitamente al Sacerdote di cibarsi dei primogeniti animali dopo aver asperso il loro sangue sull’altare e bruciato le loro parti grasse (Num. 18°; 17-18), altrettanto chiaramente si sottolinea che i primogeniti uomini avevano il dovere di riscattare se stessi e di acquistare una completa libertà attraverso il pagamento di una cifra in denaro (Num. 18°, 15).

    L’importanza del bekhòr, almeno durante il periodo dei patriarchi, era direttamente proporzionale alla sua disponibilità e capacità di operare per il bene della società e della sua famiglia in particolare. A lui, assieme al padre, spettava il compito di aiutare materialmente i fratelli e di essere per essi un esempio anche di moralità. Perciò chi non era in grado di adempiere ai compiti che la tradizione gli assegnava poteva vendere, donare o perdere per volere del padre la propria primogenitura a favore di uno tra i suoi fratelli (Gen. 25°, 31-32.; Gen. 48°, 14). Essere un bekhòr, dunque, non era solo un onore ma anche un onere che veniva e viene tutt’oggi ricompensato con una eredità doppia rispetto a quella destinata ai fratelli. Ma il compito più importante assegnato al primogenito fin dai tempi di Avrahàm fu sicuramente quello di esercitare il culto sacerdotale (Ber. Rabbà 63°, 18), funzione questa che si protrasse fino a che passò di diritto ai Leviti discendenti di Aharòn (Num. 30°, 3). Come affermano i Maestri della Mishnà: "Finché non fu eretto il Tabernacolo erano permesse le alture (dove offrire dei sacrifici ) ed il culto era officiato dai primogeniti; dopo che fu eretto il tabernacolo furono proibite le alture ed il culto venne affidato ai sacerdoti." (Mishnà Zevachìm 14°, 4).

    Come avremo modo di vedere più avanti, secondo alcuni autorevoli commentatori, sarà proprio questo passaggio di compiti dai primogeniti ai Leviti che porterà la Torà a comandare di adempiere al precetto del pidiòn.

    La santità del bekhòr ed il suo riscatto (pidiòn)

    Con l’uscita degli ebrei dall’Egitto parte dei primogeniti che, come abbiamo visto, già da tempo avevano assunto un ruolo di primaria importanza all’interno della famiglia ebraica, acquistano per ordine della Torà un ulteriore sacralità che doveva essere loro conferita dallo stesso Moshè: "Il Signore parlò a Moshè dicendo: SantificaMi ogni primogenito che apre ogni ventre, tra i figli di Israele, tra gli uomini e tra gli animali domestici: esso appartiene a me" (Es. 13°, 2). Come si può ben notare, la Scrittura non specifica in che cosa consiste questa nuova sacralità del bekhòr e neppure in quale modo Moshè avrebbe dovuto operare per mettere in pratica il comandamento divino, perciò tale argomento divenne oggetto di numerose discussioni tra i Maestri. Cercheremo di portare qui di seguito le idee di alcuni autorevoli commentatori della Torà cercando, quando ciò sarà necessario, di spiegare brevemente quello che a noi sembrerà essere il senso delle loro parole.

    Per Itzchàk Abravanèl i primogeniti ebrei usciti dall’Egitto avevano il dovere di dimostrare il loro ringraziamento per non essere morti assieme ai primogeniti egiziani durante l’ultima piaga, attraverso una vita di completa dedizione al culto e all’osservanza dei precetti divini con un fervore che doveva superare quello del resto del popolo. Moshè avrebbe così avuto il semplice compito di richiedere ai primogeniti una concreta forma di riconoscenza per la misericordia dimostrata da Dio nei loro confronti. In Egitto infatti il livello di assimilazione raggiunto dal popolo ebraico fu talmente elevato al punto che con molta difficoltà si poteva distinguere un ebreo da un egiziano sulla base del loro comportamento. Anche i primogeniti ebrei, come quelli egiziani, secondo Abravanèl, si prostravano agli idoli e commettevano le stesse azioni immorali di coloro che li opprimevano. Se Dio si fosse comportato con giustizia e non con misericordia anch’essi sarebbero morti a causa delle loro azioni; perciò divenne compito di ogni bekhòr, di generazione in generazione, dimostrare con il proprio particolare attaccamento alla Torà e all’insegnamento dei Maestri la propria riconoscenza a Dio.

    In questo modo, secondo Abravanèl, si può spiegare anche il motivo per cui la Torà richiede una maggiore sacralità ai primogeniti da parte di madre rispetto ai primogeniti da parte di padre. La madre, anche secondo la tradizione ebraica, è da sempre simbolo di misericordia e di amore . È come quindi se la Scrittura chiedesse al bekhòr di considerare il comportamento della propria madre nei suoi confronti, sempre pieno di amore e di misericordia, e di paragonarlo poi al comportamento di Dio assunto nei confronti del popolo ebraico in Egitto.

    In realtà, sono molti i commentatori che, come Abravanèl, ritengono vi debba essere uno stretto legame tra la liberazione dall’Egitto e la vita di sacralità richiesta al bekhòr. Il commentatore italiano Ovadià Sforno, seppure in linea con il commento di Abravanèl, ritiene che la sacralità dei primogeniti venga richiesta da Dio già in Egitto e non successivamente, come potrebbe apparire da una semplice lettura dei versetti.

    Fu dunque l’accettazione incondizionata del volere divino che avrebbe salvato il bekhòr dalla punizione e dalla morte. Il compito di Moshè, dunque, doveva essere quello di spronare il popolo a mantenere il proprio impegno che, anche secondo Sforno, dovrà essere rispettato in eterno, dai primogeniti di ogni generazione, che divengono così i garanti del patto che i nostri padri fecero con Dio in terra d’Egitto.

    Ma per Abravanèl e Sforno, se da un lato il primogenito ha dei compiti che ne caratterizzeranno in eterno la personalità, d’altro lato la perdita del diritto di esercitare il sacerdozio in favore dei leviti diede al bekhòr la possibilità di svolgere una vita simile, anche se con maggiori responsabilità, a quella del resto del popolo. Ma di regola, ogni oggetto sacro non poteva essere adoperato per scopi profani se non veniva prima riscattato con una cifra in denaro che doveva poi servire per il Santuario.

    Per questo motivo la Torà istituì la regola del riscatto del primogenito, il pidiòn, una mitzvà che comunque continua ad essere messa in pratica ancora oggi con lo scopo di ricordare vivamente l’importanza che il primogenito assunse, e continua a mantenere nell’ambito del popolo ebraico.

    Diversa, invece, è l’interpretazione che il rabbino Aharòn Halevì, autore del "Séfer Hachinùkh" dava al senso della sacralità che Dio chiedeva al primogenito. Secondo tale rabbino questo mondo appartiene completamente a Dio e affinché l’uomo impari che egli può entrare in possesso solo di ciò che il Creatore gli concede, è tenuto a donare il principio di ogni suo avere. In questo senso, santificare il proprio primogenito a Dio equivale a riconoscere che neppure un figlio può essere realmente dei propri genitori senza l’esplicito permesso che Dio concede loro. Se da un lato, dunque, il padre è tenuto a dare un educazione ebraica al proprio figlio, dall’altro è proprio il bekhòr, e assieme a lui tutti gli altri figli che verranno, ad insegnare ai propri genitori il rispetto per Dio che dovrà essere alla base della vita della nuova famiglia che si sta ora formando.

    Per Aharòn Halevì dunque il pagamento di una cifra in denaro in cambio del proprio figlio, acquista un grande valore educativo, valido soprattutto ai giorni d’oggi, dove l’uomo è sempre più portato a considerarsi l’assoluto padrone di tutto. È così al padre che spetta il dovere di riscattare il proprio figlio, poiché dirà Shimshòn Refaèl Hirsh, è all’uomo che la Torà ha dato il compito di sostenere economicamente la propria famiglia, ed è soprattutto lui che potrà commettere l’errore di potersi considerare l’unico padrone di tutto il suo avere.

    Il Pidiòn nella halakhà

    Il Rambàm nel suo "Libro dei Precetti" scrive: "Riguardo il comando che abbiamo ricevuto di riscattare il primogenito dell’essere umano e di darne il riscatto al sacerdote; esso è espresso in quanto detto da Colui che va esaltato: ‘Il primogenito dei tuoi figli darai a me’ (Es. 22°, 28), ed è spiegato in che cosa consista questo dare: lo dobbiamo cioè riscattare dal Sacerdote, come se fosse già cosa sua, e lo dobbiamo comprare da lui per cinque Selà. E questo è espresso nel detto di Colui che va esaltato: ‘Ma riscatterai il primogenito dell’uomo’ (Num. 18°, 15). Questo precetto è quello del riscatto del figlio e le donne non sono tenute ad adempiere a tale precetto; ma è un precetto riguardante il figlio che il padre deve compiere, come è spiegato in Kiddushìm 29a." (Precetto 80).

    Riscattare un figlio pagando la cifra in denaro espressa nella Torà non è dunque una scelta, ma un obbligo, da adempiere in tempi ed in modi ben precisi. Riportiamo quì di seguito una serie di norme essenziali riguardo alla mitzvà del pidiòn (tralasciando tutti i problemi di halakhà particolari che potrebbero sorgere, per esempio, nei casi di dubbi aborti avuti in precedenza dalla madre poiché, data la complessità della questione, ci si dovrà necessariamente rivolgere ad un rabbino competente).

    A) La Torà comanda che ogni primogenito di donna ebrea sia considerato sacro e vada riscattato dal padre dietro versamento al cohèn di oggetti o monete d’argento del peso di cinque sicli (circa 100 grammi) o di altro oggetto che abbia un valore ad esso equivalente. Il precetto del pidiòn è valido in ogni tempo ed in ogni luogo.

    B) Ciò che viene dato come riscatto, diviene a tutti gli effetti proprietà a pieno titolo del Sacerdote, ma questi può, se lo desidera, restituirlo al padre del bambino.

    C) È bene che il cohèn portato per la mitzvà del pidiòn sia uno studioso della Torà e rispettoso dei precetti, poiché questo sarà di buon augurio per la futura vita ebraica del nascituro. Comunque ogni cohèn è adatto per il precetto del pidiòn.

    D) La madre non è tenuta ad adempiere al precetto del pidiòn. Si cerchi in tutti i modi di convincere un padre renitente ad adempiere a questa mitzvà. Un figlio primogenito che non fu riscattato dal padre dovrà riscattare se stesso una volta divenuto adulto. È comunque bene che in questi casi sia il Tribunale Rabbinico o i parenti più prossimi del pidiòn a donare la cifra del riscatto.

    E) Solo i primogeniti da parte di madre devono essere riscattati.

    F) I figli di leviti o di cohanìm non devono essere riscattati. Anche i figli di una donna levita o figlia di un cohèn sposata ad un israèl non hanno bisogno di alcun riscatto.

    G) I figli nati da parto cesareo non devono essere riscattati.

    H) Il riscatto deve avvenire dopo che il bambino abbia compiuto un mese, possibilmente all’inizio del trentunesimo giorno dalla nascita; Però il riscatto non si compie né di sabato né di festa solenne e si rimanda al giorno feriale successivo.

    I) Come si è detto nella regola successiva, non si rimandi eccessivamente il momento del pidiòn una volta giunti al trentunesimo giorno dalla nascita del bambino. Una tradizione presente nello Zòhar afferma che fino a che il bambino non è stato riscattato, dal momento che è giunto il tempo della mitzvà, l’angelo della morte aleggia su di lui ed è pronto a colpirlo.

    Il midràsh ritiene che il prezzo del riscatto fu fissato dalla Torà in base al denaro ricevuto dai fratelli per la vendita di Yosèf: "E vendettero Yosèf per 20 denari. (Gen. 37°, 28) Disse il Santo Benedetto Egli Sia: voi vendete il figlio di Rachèl per 20 pezzi d’argento, che corrisponde al prezzo di cinque Selaìm; perciò ciascuno di voi dovrà dare per il riscatto di suo figlio cinque Selaìm". (Ber. Rabbà 84°, 18).

    Rabbì Simchà Hacohèn, nel suo commento Mèshekh Chokhmà commenta questo midràsh spiegando che il popolo ebraico fu costretto alla persecuzione in Egitto a causa della vendita di Yosèf, che era il primogenito di Rachèl. Pagando il riscatto per il proprio figlio ogni ebreo, in ogni generazione, potrà capire che nulla nella storia è dovuto al caso e che Dio é sempre pronto a ripagare sia le buone che le cattive azioni del suo popolo. Questo grande insegnamento lo dobbiamo a proprio a Yosèf Hatzadìk.


    Edited by yesyes - 22/11/2018, 21:39
     
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    CITAZIONE (Maurizio 1 @ 21/11/2018, 19:32) 
    Perche' Rebecca e Giacobbe non sono andati da Isacco a fargli un bel dicorso alla luce del sole:

    C'è la risposta a pag 74 di Toledot qui

    www.archivio-torah.it/ebooks/NCommentoDLattes.htm
     
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    CITAZIONE (leviticus @ 21/11/2018, 20:42) 
    CITAZIONE (Maurizio 1 @ 21/11/2018, 19:32) 
    Perche' Rebecca e Giacobbe non sono andati da Isacco a fargli un bel dicorso alla luce del sole:

    C'è la risposta a pag 74 di Toledot qui

    www.archivio-torah.it/ebooks/NCommentoDLattes.htm

    mmm

    la mia domanda aveva un presupposto.

    Se Giacobbe o Rebecca o tutti e due avessero in mano degli elementi di accusa inequivocaboli che avrebbero impedito a Esau di ricevere la Benedizione
    Perche non sono andati da Isacco a fargli un bel discorso del tipo : non puoi benedire Esau perche ecc. ecc..

    L'esegesi di Dante Lattes piu' che rispondere o non rispondere alla mia domanda ne fa cadere il presupposto.
    Dante Lattes non dice in alcun modo che il rifiuto della progenitura equivaleva a un auto esclusione dal popolo di Dio.
    Dante Lattes non dice che Rebecca avrebbe potuto accusare Esau di aver fatto quacosa che ne impediva la benedizione.
    Dice solo che Rebecca pensava che Giacobbe ne era piu' meritevole e sentiva la responsabilita' di rendere valido il vaticinio divino.
    Alla luce dei suoi presupposti (che io condivido) la domanda e da lui stesso trasformata in questo modo:

    "Non sarebbe stato piu' pietoso e onesto da parte della madre rivelare al vecchio patriarca la predizione celeste da lei avuta e da parte del figlio dar notizia della cessione della primogenitura che gli era sta fatta dal fratello, risolvendo in questo modo, tanto sul terreno teologico, quanto su quello giuridico, il problema dei reciproci diritti e doveri?"

    il testo prosegue con qualche tentativo di risposta ma poi alla fine conclude dicendo che forse si puo' trovare qualche attenuante all'azione di Rebecca, "ma non si potra' mai giustificare il modo da lei operato, modo che non puo' non offendere il senso dell'onesta"
     
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  8. yesyes
     
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    cdv, infatti, ci sono diversi modi di vederla, lui si allaccia strettamente alla profezie ricevuta da Rebecca.
    E non sbaglia: vista in un altro modo io so che ho due figli e che saranno due nazioni, quale dei due è l' "altra" nazione allora?
    Osservandoli forse, dico forse, già lo sapeva.

    Dove si dimostra che al momento della benedizione Essav non fosse già sposato con quelle donne chittee o cananee, che al padre forse non spiacevano ma alla moglie si?
    Darò una riletta al testo concentrandomi su ciò, quando avrò tempo.

    "accorgendosi come le donne cananee spiacevano a suo padre (gli spiacciono un attimo dopo che Rebecca si lamenta delle chittee), [Essav] si recò presso Ismaele, e prese per moglie, oltre a quelle che già aveva, Machalat figlia di Ismaele."

    Questo momento, della partenza di Yaakov per Paddan-Aram, per recarsi presso Labando, al fine di salvarsi dall'ira del fratello e prendere moglie gradita, appare immediatamente successivo alla benedizione.
    Quindi, secondo me, qualcuno forse e forse non a torto interpreta che le cananee le avesse in mogli prima della benedizione di Yaakov.

    Quelli che dicono "perchè aveva sposato cananee", in effetti possono vedere in ciò un motivo della scelta di Rebecca di far benedire Yaakov.
    Secondo me non sbagliano, perchè non trovo nulla - per ora - in contrario a leggere in questo modo.
    E con questa lettura la scelta della moglie straniera è - per Rebecca - un segno chiaro di chi sia più vicino ad essere l'altra nazione.

    Rebecca è più restrittiva di suo marito, e sempre così si scopre che che Essav aveva venduto la primogenitura.

    Impossibile qui non pensare e riconnettersi al fatto che nell'ebraismo è la madre che trasmette l'ebraicità.

    L'ormai anziano e rappresentato come "cieco" Itzaak, avrebbe benedetto il figlio sbagliato ai fini dello sviluppo di una nazione, quella che voleva Avraham Avinu, un popolo di quel d-o, e non degli dèi cananei, che Avraham non sembra volere semplicemente discendenza, popolo e terra, ma popolo che rifiutasse gli idoli, in favore della sua intuizione monotestica: quel d-o.

    Ci si domanda da dove nasca la sollecitudine di Rebecca su questo aspetto:
    beh, c'era l'esperienza di Abramo con Agar, la quale apparteneva ad altro popolo (i musulmani dicono che fosse una regina e che si sia allontanata per tornare al suo popolo, portando con sè il figlio di Avraham).

    Piu in là a Genesi 36,31 è scritto:
    questi sono i re che regnarono nel paese di Edom, prima che i figli di Israel avessero un Re. Aveva fatto le cose in grande Essav, ma con altre genti, mi pare.
     
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    CITAZIONE (yesyes @ 24/11/2018, 00:11) 
    Ci si domanda da dove nasca la sollecitudine di Rebecca su questo aspetto:
    beh, c'era l'esperienza di Abramo con Agar, la quale apparteneva ad altro popolo (i musulmani dicono che fosse una regina e che si sia allontanata per tornare al suo popolo, portando con sè il figlio di Avraham).

    Spiegati meglio. Agar era una schiava di Sara che casomai subisce un esperienza negativa frutto della sua condizione di schiava e della successiva gelosia della stessa moglie del patriarca.

    Se ci ragioniamo Agar per Abramo, non era nient'altro che quello che Bila e ZIlpa erano per Giacobbe.
    Quindi ,a livello di parentela , se volessimo esprimere con una proporzione potremo dire: Ismaele sta ad Abramo come Gad, Aser, Dan, e Neftali stanno a Giacobbe.

    Edited by Maurizio 1 - 25/11/2018, 08:08
     
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  10. yesyes
     
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    Nel senso più semplice:
    2 (o più) figli, uno si allontana (o viene allontanato) e forma altra stirpe/popolo (in cui non si verifica trasmissione di Torah),
    era già successo con Isacco e Ishmael.
    In quel caso erano fratellastri.
    In questo sono due gemelli, stessa gravidanza, stesso parto, il primo parto di quella donna, oltre che prima discendenza per il marito.

    (Agar viene data in schiava a Sara da Faraone/(Avimelech per quelli che sospettano si tratti della stessa persona e il racconto ripetuto in 2 versioni/ottiche diverse), ma Faraone a quali genti aveva preso quella donna? Apparteneva ad altre genti e forse non era una donna qualsiasi. Così come lo stesso Faraone adocchia Sara che non è una donna proprio del tutto qualsiasi.).

    Ishmael è il primogenito di Abramo... per la via di Agar.
    Isacco non è il primogenito di Abramo, dato che nacque prima Ishmael ... è il primogenito di Sara.

    La gelosia verso il primogenito dell'altra, fra Sara e Agar, sembra piuttosto reciproca, anzi può apparire partire da Agar.


    Altra cosa semplice: quello che narrano i musulmani rispetto ad Agar, mi fa sospettare che non sia solo una questione di donne straniere, ma del 'rango' della donna straniera.

    Poi che esperienze precedenti vi erano di parti gemellari per donne di rango tali da doversi porre il problema di una discendenza diciamo, impropriamente, regale, (per rendere un'idea)?

    Che rango avevano le donne sposate da Essav presso i cananei?


    Siccome è scritto:
    a Genesi 36,31 è scritto:
    questi sono i re che regnarono nel paese di Edom, prima che i figli di Israel avessero un Re.

    Questo mi da l'idea di un gruppo più strutturato, e mi viene il sospetto che Essav avesse fatto qualche matrimonio di rango.

    Mi dà questa idea anche il fatto che gli Ishmaeliti non credo fossero cananei/edomiti, e Essav, quando sente il padre dare istruzioni a Giacobbe su chi sposare, va a sposarsi a sua volta una figlia di Ishmael.

    Sa un po' di quei matrimoni fra "capi-tribù" per stipulare alleanze, oppure ti sposi una donna di rango in un altro gruppo e in tal modo assumi una posizione di rilievo presso quelle genti.

    Ma è un'idea, linea di indagine, estemporanea, non una 'tesi', che sostengo.
     
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    Continuo a non vedere il nesso tra l'allergia di Rebecca per le donne straniere e la storia di Agar.
    Riguardo al fatto che allora si pensasse che solo la madre poteva trasmettere l'ebraicita' direi che e' da escludere perche Efraim e Manasse sono figli di un egiziana e sono anche loro capostipiti di tribu' di Israele.

    Va be.
    Quando Esau comprese che i suoi genitori non gradivano le sue spose cananee, allora si prese in moglie anche una figlia di Ismaele.
    Quindi una parente.
    Mi sembra una buona iniziativa, per cercare di ruavvicinarsi alla madre. Non trovi?

    Tornando al discorso della profezia tu dici che Rebecca sapeva solo di aver generato due popoli.

    No.
    La profezia diceva anche :
    "Un popolo sara'piu'forte dell'altro e il maggior servira' il piu' piccolo".

    Quindi dubbi non ne poteva avere piu' nell'individuare i due protaganisti della profezia.
     
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  12. yesyes
     
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    CITAZIONE (Maurizio 1 @ 25/11/2018, 12:14) 
    Riguardo al fatto che allora si pensasse che solo la madre poteva trasmettere l'ebraicita' direi che e' da escludere perche Efraim e Manasse sono figli di un egiziana e sono anche loro capostipiti di tribu' di Israele.

    Non intendo che già allora l'idea fosse chiara, ma dato che è accaduto in seguito qualche riflessione sarà cominciata prima.
    Inoltre a mio avviso non è corretto pensare che non debbano esserci state anche molte eccezioni e di varia natura ad una eventuale idea che abbia cominciato da qualche parte ad andare in una certa direzione, ciò non dimostra che non sia stata concepita o qualcuno non la nutrisse e l'abbia coltivata. Non è tutto o bianco o nero, esistono anche i grigi.

    CITAZIONE (Maurizio 1 @ 25/11/2018, 12:14) 
    Va be.
    Quando Esau comprese che i suoi genitori non gradivano le sue spose cananee, allora si prese in moglie anche una figlia di Ismaele.
    Quindi una parente.
    Mi sembra una buona iniziativa, per cercare di riavvicinarsi alla madre. Non trovi?

    Mah! Bisogna vedere se era quello l'intento, a che scopo lo ha fatto, come viene vista questa cosa dalla madre.


    CITAZIONE (Maurizio 1 @ 25/11/2018, 12:14) 
    Tornando al discorso della profezia tu dici che Rebecca sapeva solo di aver generato due popoli.

    No.
    La profezia diceva anche :
    "Un popolo sara'piu'forte dell'altro e il maggior servira' il piu' piccolo".

    Quindi dubbi non ne poteva avere piu' nell'individuare i due protaganisti della profezia.

    Si beh, ovvio, l'avevo scannerizzata.
    Ma la profezia dice appunto che una nazione sarà più forte dell'altra (la nazione), MA il più grande servirà il più piccolo.

    E da come leggo tradotto in italiano per ora niente mi dice che "il più grande" significhi "quello uscito prima durante il parto" e il più "piccolo" sia il secondo uscito.

    Lo si presume dato che Essav uscì per primo, ed è detto che possedesse la primogenitura. Ma non ho le prove, dovrei essere sicuro e fare una indagine sul termine ebraico specifico, per vedere se c'è 'certezza' che sia inteso in questo senso e soprattutto che non ci siano possibilità che si possa intendere anche in modi diversi.

    A parte il fatto che i rapporti fra le nazioni cambiano nel corso del tempo e così anche la "grandezza" di qualcuno in rapporto a qualcun'altro, anche secondo i metri che si decide di usare.

    Ormai sono troppo abituato al fatto che emergono cose molto singolari dalla lettura del testo ebraico.

    Quindi l'idea che "il più grande" possa significare solo "primogenito nel senso di quello che è uscito prima durante il parto" va verificata.


    CITAZIONE
    Continuo a non vedere il nesso tra l'allergia di Rebecca per le donne straniere e la storia di Agar.

    Io sospetto che ci possa essere. Donne di rango, donne più ambiziose, non tutte le straniere sono fatte della stessa pasta.
     
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    Mah...
    A parte te yes yes, non so chi ci possa essere che, leggendo il racconto, sostienga che l'oracolo fornito a Rebecca non permette di comprendere che il favore divino designava il figlio minore, cioe' Giacobbe.

    e inoltre

    A parte te, non so chi ci possa essere, che leggendo il racconto puo' negare che Esau abbia ceduto la primogenitura per un piatto di minestra perche' aveva fame.

    A parte quello io condivido ,almeno per quanto riguarda la vicenda di Esau, i commenti di Dante Lattes.
     
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  14. yesyes
     
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    CITAZIONE (Maurizio 1 @ 25/11/2018, 16:23) 
    Mah...
    A parte te yes yes, non so chi ci possa essere che, leggendo il racconto, sostienga che l'oracolo fornito a Rebecca non permette di comprendere che il favore divino designava il figlio minore, cioe' Giacobbe.

    e inoltre

    A parte te, non so chi ci possa essere, che leggendo il racconto puo' negare che Esau abbia ceduto la primogenitura per un piatto di minestra perche' aveva fame.

    A parte quello io condivido ,almeno per quanto riguarda la vicenda di Esau, i commenti di Dante Lattes.

    Eh, eh!
    Ormai sono abituato a trovare notizie strabilianti (che non sempre condivido qui) in esegesi ebraica, e, oltre ciò, se voglio posso diventare molto pitignoso: può servire.

    Che il favore divino designasse Giacobbe ... è come sono andate le cose, in relazione ad una certa questione.
    Ma ci sono milioni di sensi che sono o possono essere ribaltati.
    Il più "grande" può essere tranquillamente Giacobbe come 'grande' nella Torah, e potrebbe essere coerente che Giacobbe, con la Torah, e con tutto l'ambaradam, si concepiscano 'al servizio' del beneficio degli altri popoli.
    Quando entriamo nei significati, questo significato, nell'ebraismo esiste.

    Negare che Essav abbia ceduto la primogenitura?

    Ma è proprio l'esegesi ebraica a farlo!!
    Ovvero l'ha ceduta o ha creduto di farlo, ma era davvero 'primogenito'?

    Shlomo Bekhor: se due palline entrano in un tubo e poi ne riescono, la 'prima' che esce (cioè Essav uscendo dal grembo) in realtà è quella che vi è entrata per seconda. E Rav. Shlomo Bekhor non se la è inventata, questo è sicuro.

    Tengo sempre a lato anche degli approcci antropologici, che coinvolgono e sono simili anche in altre civiltà antiche.
    E' possibile che una cosa del genere fosse anche, da alcuni, stata pensata al tempo o, perlomeno, se non possiamo affermarlo con certezza, non possiamo neanche escluderlo.

    L'esegesi ebraica si è permessa di dire e pensare cose strabilianti davvero.

    Non c'è un'idea che non sia stata pensata ed è bella per questa libertà di rimettere sempre in discussione non dico 'tutto' ma certamente molto più di ciò che si usa pensare.

    Esempio di mirabilia che sarebbe è OT per l'argomento ma non come 'esempio di mirabilia':

    l'uomo che lotto con Yaakov disse "perchè chiedi il mio nome", e non lo fece sapere, perchè non avrebbe avuto senso in quanto lui ancora non sapeva come sarebbe stato cambiato il proprio nome, come era appena stato cambiato quello di Yaakov.
    Quindi: perchè chiedi il mio nome, il tuo viene cambiato, il mio potrà esserlo fra un attimo, non lo è ancora ma fra un attimo potrebbe essere un altro. Questo è nel Midrash Rabba Bereshit 78 (se non già nel 77, ora non ricordo, l'ho letto ieri sera).

    Ciao!


    CITAZIONE
    A parte quello io condivido ,almeno per quanto riguarda la vicenda di Esau, i commenti di Dante Lattes.

    E abbiamo trovato un trafiletto almeno che piace a maurizio :D

    Edited by yesyes - 25/11/2018, 19:34
     
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    Se Esau fosse stato dispettoso e aveva a disposizione un collaboratore che cambiava nome alla gente sai cosa poteva fare?
    Cambiarselo lui il nome in Israele cosi fregava tutti!😂
     
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96 replies since 18/11/2016, 19:40   3576 views
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