Libero arbitrio o "servo" arbitrio?

Quando Dio sembra condizionare la volontà degli uomini

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  1. whitemirror
     
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    Uno degli episodi più noti della Bibbia, un po' anche grazie a Hollywood, è sicuramente quello che riguarda le dieci piaghe d'Egitto. Comunemente si pensa al faraone come ad un individuo talmente ostinato e malvagio che, di fronte alle ripetute richieste di Mosè di lasciare andare liberi gli ebrei, costrinse Dio a mandare una dopo l'altra quelle piaghe. Tutti gli egiziani soffrivano e i cortigiani esortavano, ma inutilmente, l'ostinatissimo faraone ad essere ragionevole (Esodo 10:7).

    Contrariamente, almeno stando alla traduzioni dei versetti biblici, sembrerebbe che l'incredibile pervicacia del faraone non fosse dovuta alla sua volontà ma a Dio stesso:

    "1 Il SIGNORE disse a Mosè: «Vedi, io ti ho stabilito come Dio per il faraone e tuo fratello Aaronne sarà il tuo profeta. 2 Tu dirai tutto quello che ti ordinerò e tuo fratello Aaronne parlerà al faraone, perché lasci partire i figli d'Israele dal suo paese. 3 Ma io indurirò il cuore del faraone e moltiplicherò i miei segni e i miei prodigi nel paese d'Egitto.»" Esodo 7:1-3, Nuova Riveduta.

    Nell'immaginario comune il faraone è percepito come un "top" della malvagità, invece si direbbe non fosse che una pedina nelle mani di Dio, il cui scopo era di moltiplicare i propri flagelli sull'Egitto. Il sovrano egizio, infatti, dopo le prime tre o quattro piaghe (mi viene il paragone con le bombe di Hiroshima e Nagasaki, che furono sufficienti ad abbattere la caparbia resistenza dei giapponesi) si era rivelato disposto ad accogliere le richieste di Mosè. L'Egitto si arrendeva e la cosa, quindi, poteva finire lì.
    Invece, Dio indurì ripetutamente il cuore del re egizio per avere la scusa di "sganciare" ulteriori e più devastanti flagelli su tutta la popolazione egiziana (dai notabili fino all'ultimo dei servi).

    Data questa premessa, vorrei domandare se l'esegesi rabbinica, e la corretta traduzione del testo, confermano l'idea popolare che vede esclusivamente nella malvagità del faraone la vera causa di tutti quei flagelli.

    Grazie.
     
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    Dai un'occhiata qui

    http://forumbiblico.forumfree.it/?t=52957362

    Credo possa aiutare.

    Per quanto ho riletto dall'ottimo post di Negev, viene di fatto confermata, in alcuni versetti, l'uso della forma verbale attiva che esplicita l'essere appunto attivo di HaShem in merito all’ “indurire il cuore del faraone".
    Come vedrai alla fine dell'articolo vengono esposti diversi punti di vista, come quello di Maimonide, ma non solo, atti a spiegare, anche alla luce della religiosità egiziana dell'epoca, il significato delle espressioni idiomatiche; e davvero il riferimento all'appesantire il cuore, presso una cultura che "pesava" lo stesso, al fine di garantire l'accesso nel regno dei morti, sembra avere molto senso.

    La questione in merito al libero arbitrio, da quel che posso leggere, rimane in parte aperta, anche se viene sottolineato chiaramente (e con riferimenti testuali) come la responsabilità umana e relativa libertà rispetto alle azioni compiute siano un fondamento alla base di tutto quanto il Tanakh e che esse siano, quindi, da considerarsi imprescindibili ed inalienabili.

    Siccome l’argomento mi interessa parecchio, però, vorrei aggiungere qualche riflessione personale (che ben potrei definire quindi come una ”non-consulenza" ebraica), sperando sia utile e magari anche soggetta a commenti e/o risposte: anche in senso negativo.
    L’importante è cercare di costruire qualcosa.

    Per prima cosa vorrei domandare (spero vivamente nella disponibilità di Abramo) se la frase: Dio fece -> qualcosa, D-o indurì -> qualcuno, possa essere considerata alla stregua de “il Fato fece”, il “Fato indurì”; essendo, da un certo punto di vista, HaShem il Legislatore Supremo di ogni evento interno (ed eventualmente esterno) alla Creazione, mi chiedo se una simile espressione idiomatica possa tradurre la conoscenza certa di un futuro non più modificabile, anche se liberamente (in questo caso dal faraone) raggiunto.


    -inizio riflessioni personali-

    Questo sarebbe anche condiviso da quello che ho potuto leggere in merito ad alcune correnti Kabbaliste, per cui si “dovrebbe vivere “il giorno” assumendosi le responsabilità per ogni singola azione e “a sera” ringraziare il Creatore in quanto ogni nostro merito è comunque Suo” (vedi Kabbalah luriana, ad esempio).
    Questo quasi a gettare una doppia realtà, antinomica e forse persino contraddittoria sul piano logico, per cui ogni azione è sia frutto del libero arbitrio, sia, al tempo stesso, volontà del Creatore.

    La contraddizione può tuttavia appianarsi con la concezione per cui fuori dallo spazio e dal tempo creato dallo e nello Tzimtzum, creatura e Creatore vengono a “coincidere”, in una sorta di sincronia perfetta in cui le volontà di entrambi procedono all’unisono.
    In tal senso non esisterebbe prova (in questo contesto “l’indurimento del cuore” che è sì “materializzato dal Creatore”, in quanto Unico che possa far sì che una qualunque cosa sia/ accada, - e a proposito si veda come “non cresca un filo d’erba senza il suo malach"- a renderlo possibile") che non sia diciamo “inconsciamente” o “consciamente” richiesta dalla creatura stessa.
    Con queste linee guida, nell’espressione di HaShem che dichiara di indurire il cuore del faraone, si finirebbe comunque col parlare delle conseguenze della volontà del faraone stesso che, dalla prospettiva onnisciente di D-o, non potrà far altro che liberamente mettere in atto ogni tipo di ostacolo alla manifesta Volontà Divina ed ai Suoi segni, nel compimento di un disegno voluto da entrambe le parti.
    Quello che filosoficamente si direbbe "necessario".

    Come è ovvio in questa mia riflessione non posso che convogliare quel pochissimo che so di Kabbalah (terreno spinoso persino per chi sa benissimo l’ebraico e a menadito tutta la Torah scritta e orale) e tutta una serie di concetti mutuati da pensiero ellenico e addirittura maturati in epoca moderna, come, non ha caso, il riferimento ad una “sincronicità” quasi di tipo jungiano.

    Spero comunque sia comunque apprezzato e aspetto, per mia stessa curiosità, delucidazioni da Abramo o da chiunque altro sappia fornire appunto quella consulenza ebraica che anche tu, Whitemirror, vai cercando.

    Buona notte e Shalom.

    Edited by LvBv1983 - 30/12/2015, 15:04
     
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  3. luigiitaliano1
     
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    Oltre che sull'indurimento , voluto , del cuore del faraone , mi pare che l'Essere Supremo abbia , in due circostanze ben precise poste all'Origine ( Genesi ) del Testo Sacro , volutamente messo in condizione l'uomo ( Adamo ed Eva con un'ordine ben preciso ( no mela ) e Caino con un rifiuto alle offerte fattegli ) di essere libero e in piena autonomia di compiere l'azione che piu' gli gradiva.
    credo.
     
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    Infatti il libero arbitrio è uno dei temi piú marcati, ripetuti ed importanti interni al Tanakh.
    Inoltre, forse, qualunque legge perde di significato senza la libertà di scelta.

    Edited by LvBv1983 - 30/12/2015, 15:19
     
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  5. whitemirror
     
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    Il post di Negev che mi hai indicato è senz'altro esauriente, importante specialmente per quanto riguarda le riflessioni, a volte divergenti, dei Maestri.
    Mi è parso, però, che i commenti sulle scelte che fa il faraone vertano essenzialmente sull'aspetto religioso; che siano, cioè, inquadrati nel rapporto fra Dio e l'uomo-peccatore, mentre a me sembra che la visione del narratore inquadri la situazione da un punto di vista a tutti gli effetti politico. Infatti, da una parte c'è il capo di un popolo sottomesso che rivendica la propria autonomia – Dio – e dall'altra il sovrano del popolo oppressore.
    Le piaghe non sarebbero, quindi, castighi volti ad emendare un peccatore; castighi, fra l'altro, decisamente ingiusti dato che in realtà colpiscono una popolazione inerte fatta di sudditi (non di cittadini elettori) di ogni età e condizione, e anche di schiavi – ad eccezione degli ebrei.
    Le piaghe sembrano essere piuttosto mosse strategiche volte al raggiungimento di precisi obiettivi.

    CITAZIONE (LvBv1983 @ 30/12/2015, 00:20) 
    Con queste linee guida, nell’espressione di HaShem che dichiara di indurire il cuore del faraone, si finirebbe comunque col parlare delle conseguenze della volontà del faraone stesso che, dalla prospettiva onnisciente di D-o, non potrà far altro che liberamente mettere in atto ogni tipo di ostacolo alla manifesta Volontà Divina ed ai Suoi segni, nel compimento di un disegno voluto da entrambe le parti.
    Quello che filosoficamente si direbbe "necessario".

    Io direi piuttosto "politicamente" necessario. E' chiaro che le scelte sbagliate di un capo hanno ripercussioni sui sottoposti. In questo caso non è il peccatore che fa scontare agli altri i propri peccati, ma si tratta del politico che gioca una partita compiendo mosse sfavorevoli.
    Si può osservare che Dio – nella qualifica di capo degli israeliti – aveva tutto l'interesse che il faraone agisse in maniera del tutto irragionevole, in quanto il suo fine non era la mera liberazione del popolo – un giochetto da nulla per l'Onnipotente – ma il doversi rivelare ad esso.
    Occorre tener presente che fino a quel momento gli ebrei, nati in Egitto da molte generazioni ed ora schiavi, non possedevano una classe sacerdotale, né templi, né un vero culto religioso,; anzi, dovevano avere una scarsa opinione verso il Dio dei loro padri, a quanto sembrava un Dio minore di un popolo di schiavi, e probabilmente una sorta di riverenza verso le divinità egiziane.
    Era quindi necessario convincerli innanzitutto che il loro Dio fosse in assoluto più potente di quelli egizi, che qualunque calamità da lui generata avrebbe creato scompiglio fra i nemici ma lasciati loro indenni; che neppure potenti eserciti potevano minacciarli, perché Dio era in grado di annientarli con i suoi portenti.
    Correttezza della traduzione permettendo, Dio riferisce chiaramente a Mosè la ragione per cui avrebbe indurito il cuore del faraone: allo scopo di moltiplicare i propri prodigi.
    Tale manifestazione di forza avrebbe accreditato presso gli ebrei non solo il Dio dei loro padri, ma anche il suo profeta Mosè, convincendoli a lasciare in massa l'Egitto per avventurarsi, ecco dove: nel deserto; in cerca di una terra lontana e sconosciuta; una terra così ricca da poterli ospitare e nutrire tutti (circa tre milioni di individui).

    CITAZIONE (LvBv1983 @ 30/12/2015, 15:03) 
    Infatti il libero arbitrio è uno dei temi piú marcati, ripetuti ed importanti interni al Tanakh.
    Inoltre, forse, qualunque legge perde di significato senza la libertà di scelta.

    Verissimo, ma ho anche letto molte volte, qui nel forum, che il Tanakh non è essenzialmente un libro di religione, ma un testo sia giuridico sia narrativo di eventi storici.
    Per questo direi che il libero arbitrio del faraone non sembra essere il tema della narrazione, che invece riguarda una partita di tipo politico con una precisa posta in gioco, dove, come in tutte le partite, era utile indurre l'avversario a compiere scelte strategiche errate.
    Un faraone dotato di troppo buon senso, pacifico ed accomodante, avrebbe di certo ostacolato i piani di Dio. Il faraone della storia era certamente arrogante e ottuso, ma non a sufficienza perché la potenza del Dio vero si manifestasse quanto doveva per poter impressionare i discendenti di Abramo.
    E tuttavia, per questi ultimi, la dose di dieci flagelli (più il prodigio del mar Rosso) non bastarono neppure per renderli fiduciosi ed obbedienti.

    Saluti
     
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    L'aspetto politico che evidenzi è secondo me presentissimo, necessario ed estremamente collegato agli altri temi (da quello "religioso" -direi più filosofico- a quello morale).
    Entrando nella politica si pone, infatti, il grosso problema (affrontato dall'ebraismo in numerose mitzvot) del potere e "della responsabilità che ne deriva".
    Non a caso l'ebreo Stan Lee fece dire a uno dei suoi personaggi: "da un grande potere derivano grandi responsabilità".
    Il faraone vuole essere un dio (elohim) e come tale viene trattato.
    Non dimentichiamo la dimensione didascalica del Tanakh, come disse anche Abramo (del forum) per l'ebraismo è possibile considerare anche tutti i fatti narrativi come mai accaduti, quello che conta è l'insegnamento che da essi si può trarre.
    (chiedo scusa se ho sintetizzato e parafrasato male)

    Shalom
     
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    אריאל פינטור

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    Mi fa piacere che whitemirror veda la storia in senso politico. Si tratta essenzialmente di questo: un leader di una nazione che affronta il leader opposto e potente.
    Dietro il linguaggio poetico e/o allegorico della Torah esistono i fatti, la storia, la legislazione di un popolo.
    Si è obbiettato nel tempo: " Ma perché non annientare L Egitto con un solo unico prodigio?"
    Non solo per permettere ripetutamente a Par'ò di ravvedersi e di decidere per il meglio (Infatti HaShem interviene attivamente solo dalla seta piaga) ma anche perché la ripetitività degli attacchi è fondamentale allo scopo. Un solo evento può essere fortuito e non lasciare il segno.
    non a caso, il primo prodigio (la trasformazione del bastone di Aaron, non impressiona nessuno in quanto gli illusionisti egizi erano in grado di fare altrettanto.
    Da notare che il simbolismo del bastone non è casuale e il simbolo del bastone trasformato in rettile che mangia i rettili egiziani ha un suo significato. Bastone in ebraico è "matè" che vuol dire anche "scettro". Il matè di Moshé è lo scettro di leader politico e quello di Aaron è lo scettro sacerdotale. l'allegoria mostra che lo scettro del potere degli ebrei, divora il potere egiziano. L'affermazione di potenza del Legislatore d' Israele deve essere affermata in maniera chiara ed inequivocabile, senza nessun dubbio su Chi sia l'artefice dei prodigi (tra l'altro tutti spiegabili secondo le leggi della natura).
    ripetutamente Par'ò non ne riconosce l'autorità (tra l'altro si considera egli stesso un dio) e altrettante volte viene messo di fronte a una prova più dura. Ha la possibilità di agire per il meglio nell'interesse del suo popolo ma superbamente continua a rifiutarsi (Altraa nota: la radice di "par'ò" indica superbia, sfrontatezza, orgoglio) e nella Torah non è preceduto da articolo, quindi è improprio tradurlo con "il faraone", per questo lo scrivo come è e cioè "par'ò", come un nome proprio.
     
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  8. LUIGIITALIANO
     
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    Penso esista anche un'altra ipotesi ; la Sfinge rappresenta l'Autorita' Spirituale che domina il Potere Temporale ( la mente sopra il corpo del leone ( l'azione la potenza learmi) ) e rappresentava il potere che avevano i sacerdotil al tempo dei faraoni , Mose' stava dimostrando al faraone , ma in realta' a tutti i sacerdoti egiziani ( quindi a tutta l'Autorita' Spirituale d'Egitto ) che il suo Dio ( la Sua Autorita' Spirituale ) era , non solo Nuovo Dio , ma piu' potente .
    Mose' portera' con se' , fuori dall'egitto , l'embrione di una futura e nuova Spiritualita'.

    ricorre in altri tempi e lugohi diversi dalla terra d'Egitto il simbolismo alternativo di rappresentare L'autorita' spirituale ed il potere temporale . la figura del cieco che porta sulle spalle il paralitico e' la piu' evidente. la strada da percorrere ( la guida spirituale , la indica il paralitico ( autorita' spirituale ) che e' posto " sopra/sulle/in alto " le spallle ) , che comanda l'azione ( il basso /inferiore nella scala sociale ) ovvero il cieco , che tra i due e' l'unico che cammina nella direzione voluta dai sacerdoti.

    Un tempo tutti i popoli erano comandati dai sacerdoti , ( vedere Mose' ad esempio e gli Egiziani suoi antagonisti ) , poi per motivi diversi in ogni popolo successe qualcosa che modifico' la sua struttura gerarchica' e inizio' , per tutti i popoli , una fase chiamata di " decadenza spirituale " , in quanto si inizio' ad avere " affiancate " ( non sovrapposte ) l'autorita' temporale con l'autorita' spirituale ( Imperatori che comandavano e sacedoti che o suggerivano o acconsentivano o facevano nelle coorti ruoli di comparsa teatrale e basta ). Aggigiorno siamo ancora in uan fase a dir poco peggiore , i sacerdoti sono arrivati al punto di essere quasi solo un " comparsa "( se non scomparsi ) in qualche stato o fanno anche da banchieri.
    ciao
    buon anno anche a chi mi vuole male .
    luigi
     
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  9. whitemirror
     
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    “Indurire ” il cuore di qualcuno, nel senso di incrementare il grado di orgoglio o di superbia altrui, non è esattamente una prerogativa divina. Direi che qualunque individuo sa farlo con facilità; a volte basta usare un tono aspro o fare delle allusioni per mandare in bestia qualcuno. Costringendolo, di conseguenza, ad azioni errate.
    Convengo che la Bibbia abbia soprattutto un valore didascalico, ma credo che ciascuno possa trarre da essa l'insegnamento che più gli conviene. In questo senso, la diatriba fra Dio e il faraone potrebbe aver ispirato un famoso cancelliere prussiano, quel Bismarck cui si deve la nascita della Germania come stato unitario da un agglomerato di piccoli principati indipendenti.
    In questa storia dell'età moderna, il faraone è rappresentato dall'orgoglio del parlamento francese, che Bismarck provocò oltre misura quando comunicò alla stampa il testo di un telegramma del kaiser alla diplomazia francese. Il contenuto reale del telegramma era rimasto invariato, ma i toni erano stati inaspriti ad arte in modo da provocare la grandeur della Francia – nella persona di Napoleone III – la quale, sentendosi insultata, dichiarò guerra alla Prussia.
    Era appunto quello che Bismarck voleva: far apparire la Prussia uno stato aggredito, mentre da decenni si preparava ad una guerra d'invasione della nazione francese che, infatti, fu conquistata in poche settimane. Così fu ridimensionata la potenza della Francia in Europa, il che consentì ai tedeschi di sorgere come unica grande nazione. Ciò avvenne nel 1870.
    Trascorsi quarant'anni – o poco più – il nuovo popolo, forte della propria fede e della propria missione etica, fece il suo primo tentativo di invasione della terra promessa, cioè dell'Europa.

    Tornando alla storia biblica, il faraone non doveva poi essere quel mostro di malvagità come comunemente lo si vorrebbe dipingere, ma nient'altro che il sovrano della grandeur egiziana. Forse ad inasprirlo furono gli stessi toni usati da Mosè o da Aronne nel presentargli le loro richieste. Ad ogni modo, egli doveva apparire cattivo. Ciò giustificava l'aggressione che l'Egitto subiva di volta in volta quando arrivavano i flagelli divini. I quali erano indispensabili per riuscire a creare uno spirito unitario e la fede in un grande futuro in un popolo sedentario di schiavi abituati da secoli ad essere oppressi.
    Dalla Bibbia possiamo davvero ricevere ogni tipo d'insegnamento; ma ciò dipende molto anche dalla disposizione d'animo del lettore.

    Saluti e buon anno nuovo a tutti!
    spumante
     
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  10. whitemirror
     
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    Ho notato come la TNM, la versione biblica dei tdG, traduca le espressioni "indurirò" e "io ho indurito" il cuore del faraone presenti nel libro di Esodo con: "lascerò divenire ostinato" e "io ho lasciato divenire insensibile". Ciò fa comprendere l'imbarazzo dei commentatori di fronte alla figura di Dio che, in questo libro del Tanakh, sembra apparire decisamente machiavellica.
    E' facile osservare che l'escamotage filologico della TNM non riesce comunque ad escludere l'intromissione divina nel libero arbitrio del faraone.
    Anche Abrabanel (http://forumbiblico.forumfree.it/?t=52957362) tentò di dimostrare che, dopotutto, il faraone era veramente malvagio.
    Non discuto la sua attenta analisi, e ciò che dice potrebbe anche essere vero, ma... se invece di avere l'animo di Caino, quel faraone avesse avuto quello di Abele, tale circostanza avrebbe potuto mandare a monte i piani di Dio?

    A me sembra che l'autore biblico voglia, a dispetto dell'imbarazzo degli esegeti, esaltare l'azione politica svolta da Dio, e di come tutto facesse parte di un suo progetto a lungo raggio, che ha inizio con le vicissitudini di Giuseppe venduto dai suoi fratelli.
    In questa storia, gli uomini agiscono, senza saperlo, secondo un preciso copione, finché la famiglia di Giacobbe si stabilisce pacificamente e con tutti gli onori in Egitto. E' Dio che muove i fili degli avvenimenti: il primo nucleo di ebrei residenti in quel paese è di appena settanta persone, ma presto Dio cominciò a moltiplicarli in maniera impressionante (fino a circa tre milioni al momento della liberazione).
    A causa di ciò l'atteggiamento degli egiziani verso i loro ospiti dovette cambiare radicalmente. Ad un certo punto gli egiziani cominciarono a temere per la propria sicurezza nazionale. (Esodo 1:8-sgg.)

    La loro posizione, in quel frangente, si può comprendere con una semplice analogia: poniamo di avere in casa un senza tetto che abbiamo benignamente voluto ospitare: probabilmente ci potremmo sentire generosi per la buona azione. Ma, in seguito, succede che il nostro ospite si fa raggiungere dalla moglie lontana e da una mezza dozzina di figli, e poi anche dai fratelli e dai cognati, dai nonni e gli zii con cugini e nipoti, finché ci ritroviamo una tribù completa dentro casa. (Nessuno ha mai visto la commedia "Il coraggio" con Totò, rifacimento all'italiana del film "Boudu salvato dalle acque"?)

    Poiché, tuttavia, le misure adottate dagli egiziani per il contenimento demografico della popolazione israelita non funzionarono (sebbene la Bibbia non spieghi come mai le nascite dei bambini maschi ebrei continuassero anche dopo il decreto di affogarli nel Nilo), il faraone decise infine di privare i propri ospiti della loro libertà.
    In questa maniera, la strategia divina aveva fatto nascere negli ebrei il desiderio di lasciare l'Egitto in cerca di una propria patria in cui vivere. Però questo sentimento non era sufficiente per convincerli ad affrontare i rischi di un esodo nel deserto in cerca di una terra promessa, presente solo nei racconti tramandati dai loro padri.
    Ed è a questo punto che entra in gioco la figura, solo istituzionale, del faraone – si consideri che il suo nome non è neppure citato. Egli poteva, sul piano umano, essere indifferentemente l'uomo più malvagio o il più giusto mai esistito, ma il suo compito, come da copione, sarebbe stato in ogni caso il medesimo: mettere il veto alla partenza degli ebrei. Solamente così Dio aveva la possibilità di manifestare tutta la propria potenza ai discendenti di Abramo per infondere in loro un secondo sentimento necessario perché accettassero di lasciare l'Egitto: la fiducia nella sua guida e in Mosè come loro capo.

    I dieci fratelli di Giuseppe vollero o dovettero venderlo come schiavo?
    Gli egiziani vollero o dovettero privare della libertà gli ebrei?
    Il faraone volle o dovette rifiutare di lasciare andare via liberi gli ebrei?

    In sostanza, l'uomo si può dire completamente arbitro del proprio destino?

    Saluti.
     
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    CITAZIONE
    A me sembra che l'autore biblico voglia, a dispetto dell'imbarazzo degli esegeti, esaltare l'azione politica svolta da Dio, e di come tutto facesse parte di un suo progetto a lungo raggio, che ha inizio con le vicissitudini di Giuseppe venduto dai suoi fratelli.

    Penso tu abbia ragione, se possibile vorrei approfondire.

    CITAZIONE
    sebbene la Bibbia non spieghi come mai le nascite dei bambini maschi ebrei continuassero anche dopo il decreto di affogarli nel Nilo

    Le stragi degli innocenti sono una quasi una "figura mitologica" molto diffusa e ripetuta, allorché direi storicamente, di solito, inesistenti.
    Ma, come ho già dato più volte, un tempo, aggiungere un episodio per esaltare un concetto (in questo caso persecuzione e sottomissione) a livello storiografico era perfettamente normale.
    Certo, questo a caratteri generali. Sarei curioso anche io di sapere che documentazione extra biblica e archeologica possiamo avere per determinare questo eccidio infantile.
    Anche senza prove certe, tuttavia, mi sembrerebbe strano pensare che gli israeliti non abbiano dovuto comunque subire genocidi anche parziali e purghe di ogni tipo.

    CITAZIONE
    ma il suo compito, come da copione, sarebbe stato in ogni caso il medesimo: mettere il veto alla partenza degli ebrei.

    Volenti o nolenti, come dicevo, l'aspetto politico si riallaccia alla tematica del libero arbitrio.
    Il faraone comunque ha ottimi motivi per non lasciar partire gli ebrei, come quello della forza lavoro.
    In un'economia dominata dallo sfruttamento umano, ben tre milioni di persone che risultano non più disponibili di colpo generano un cambiamento consistente ed improvviso.
    Inoltre il punto del faraone è anche di natura orgogliosa (non dimentichiamoci che è un "dio"), quindi mai e mai potrebbe cedere ad una qualunque autorità straniera; paradossalmente tratterebbe una potenza sovrannaturale esattamente come un politico umano.
     
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  12. whitemirror
     
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    CITAZIONE (LvBv1983 @ 2/1/2016, 20:13) 
    CITAZIONE (whitemirror @ 2/1/2016, 19:25) 
    Ed è a questo punto che entra in gioco la figura, solo istituzionale, del faraone – si consideri che il suo nome non è neppure citato. Egli poteva, sul piano umano, essere indifferentemente l'uomo più malvagio o il più giusto mai esistito, ma il suo compito, come da copione, sarebbe stato in ogni caso il medesimo: mettere il veto alla partenza degli ebrei. Solamente così Dio aveva la possibilità di manifestare tutta la propria potenza ai discendenti di Abramo per infondere in loro un secondo sentimento necessario perché accettassero di lasciare l'Egitto: la fiducia nella sua guida e in Mosè come loro capo.

    Volenti o nolenti, come dicevo, l'aspetto politico si riallaccia alla tematica del libero arbitrio.
    Il faraone comunque ha ottimi motivi per non lasciar partire gli ebrei, come quello della forza lavoro.
    In un'economia dominata dallo sfruttamento umano, ben tre milioni di persone che risultano non più disponibili di colpo generano un cambiamento consistente ed improvviso.
    Inoltre il punto del faraone è anche di natura orgogliosa (non dimentichiamoci che è un "dio"), quindi mai e mai potrebbe cedere ad una qualunque autorità straniera; paradossalmente tratterebbe una potenza sovrannaturale esattamente come un politico umano.

    Il punto è che si tende a focalizzare l'attenzione sulla libera volontà del faraone, laddove egli effettivamente indurisce da sé il proprio cuore, e pertanto si sottolinea il fatto che essendo un faraone non poteva che essere superbo e malvagio, o anche che non gli conveniva perdere una forza lavoro di tre milioni di persone. Ma "l'aiutino" che in cinque occasioni Dio dà al suo libero arbitrio, allo scopo di moltiplicare le piaghe, è comunemente messo in ombra.
    Eppure c'è un altro episodio biblico, questa volta narrato in Numeri e in Deuteronomio, dove un altro re è costretto, dallo spirito di Dio, a porre un rifiuto ad una ragionevole richiesta che gli era stata fatta da Mosè:

    "27 Lasciami passare per il tuo paese; io camminerò per la strada maestra, senza girare né a destra né a sinistra. 28 Tu mi venderai per denaro contante i cibi che mangerò, e mi darai per denaro contante l'acqua che berrò; permettimi semplicemente il transito, 29 come hanno fatto i figli di Esaù che abitano in Seir e i Moabiti che abitano in Ar, finché io abbia passato il Giordano per entrare nel paese che il SIGNORE, il nostro Dio, ci dà." Deuteronomio 2:27-29, Nuova Riveduta

    Per quelle terre erano già transitati altri popoli, quindi non vi era motivo per opporre adesso un rifiuto, soprattutto perché ciò avrebbe provocato una guerra dagli esiti molto incerti data l'enorme massa degli ebrei contro cui gli amorrei avrebbero dovuto combattere.

    "30 Ma Sicon, re di Chesbon, non volle lasciarci passare per il suo paese, perché il SIGNORE, il tuo Dio, gli aveva indurito lo spirito e reso ostinato il cuore, per metterlo nelle tue mani, come oggi puoi vedere. [...] 34 In quel tempo prendemmo tutte le sue città e le votammo allo sterminio: uomini, donne, bambini; non vi lasciammo nessuno in vita. 35 Ma riservammo come nostra preda il bestiame e le spoglie delle città che avevamo prese." Ibidem:30; 34-35.

    Se la traduzione non è errata, mi sembra che qui la situazione sia spiegata chiaramente.
    Direi che l'autore biblico non è per nulla impressionato all'idea che Dio manipoli la mente dei sovrani col fine di avere una scusa per schiacciare i loro sudditi, e ciò unicamente per legare a sé il proprio popolo. Lo sconforto, però, è che tante sofferenze e stragi servirono a ben poco di fronte alla libera volontà degli ebrei di non servire Dio nel modo richiesto.
    Popolo di "collo duro" o di "dura cervice" sono le espressioni usate nelle traduzioni cristiane.
    Fu solo grazie all'intercessione di Mosè che Dio non annientò il popolo infedele appena quattro mesi dopo la sua liberazione.

    Dunque si può osservare che il libero arbitrio dell'uomo può interferire ed ostacolare i piani di Dio; ma, perlomeno nelle storie del Pentateuco, questa possibilità sembra sia concessa al popolo eletto nel suo insieme, il solo autorizzato ad obbedire o a trasgredire, mentre i singoli individui appaiono spesso come semplici pedine nei piani divini.

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    Se la traduzione non è errata, mi sembra che qui la situazione sia spiegata chiaramente.
    Direi che l'autore biblico non è per nulla impressionato all'idea che Dio manipoli la mente dei sovrani col fine di avere una scusa per schiacciare i loro sudditi, e ciò unicamente per legare a sé il proprio popolo.

    Concordo, tutto deve compiersi affinché sia gli israeliti, ma anche gli egiziani, riconoscano chiaramente la potenza di HaShem; ma partendo dal presupposto che a te interessi la questione del libero arbitrio, e non solo l’aspetto politico, che è davvero importante in tutto questo, mi accingo a fare qualche riflessione in tema e a chiedere delucidazioni agli amici ebrei del forum.

    CITAZIONE
    Ma io indurirò il cuore del Faraone e moltiplicherò i miei segni e i miei prodigi nel paese d'Egitto. 4 Perciò il Faraone non vi darà ascolto, e così io stenderò la mia mano sull'Egitto e farò uscire dal paese d'Egitto le mie schiere, il mio popolo, i figli d'Israele, mediante grandi castighi. 5 Gli Egiziani conosceranno allora che io sono l'Eterno, quando distenderò la mia mano sull'Egitto e farò uscire di mezzo a loro i figli d'Israele». 6 E Mosè e Aaronne fecero così; essi fecero esattamente come l'Eterno aveva loro ordinato. 7 Quando parlarono al Faraone, Mosè aveva ottant'anni e Aaronne ottantatre.

    …12 Ognuno di essi gettò il suo bastone, e i bastoni diventarono serpenti; ma il bastone di Aaronne ingoiò i loro bastoni. 13 Ma il cuore del Faraone s'indurì ed egli non diede loro ascolto, come l'Eterno aveva detto.

    Nella traduzione sembra formarsi una sorta di identità, fra ciò che Dio fa fare a par’o e all’iniziativa di par’o stesso.
    Infatti al verso 13 noto un “come l’Eterno aveva detto”, solo che l’Eterno, più sopra dice diversamente. A meno che l’espressione, in ebraico, non sottintenda invece lo stesso processo.

    Da notarsi che:

    1) anche un capo politico, un re umano più influenzare la risposta di un suo oppositore (ad esempio se uccido il principe ereditario quasi necessariamente ne uscirà una dichiarazione di guerra), questo è verissimo.
    Ma un tentativo simile non dà mai la garanzia del 100% di riuscita.
    D-o solo “immaginava”, conoscendo però il carattere del faraone, la sua reazione?
    Se la risposta è sì, benché messo alla prova, la reazione del faraone dipenderebbe però dalla sua stessa forma mentis.
    Coesisterebbero quindi manipolazione e un (prevedibile, da macchietta) libero arbitrio.

    2) L’identità fra l’espressione “Io indurirò il cuore del Faraone e moltiplicherò i miei segni” e “Ma il cuore del Faraone s'indurì ed egli non diede loro ascolto, come l'Eterno aveva detto”, mi fa pensare in senso lato ad una coincidenza di contingente e necessario di matrice leibniziana, più in generale al paradosso inerente la conoscenza del futuro: se io conosco un evento in anticipo e lo lascio accadere, ne sono responsabile. Nel caso di D-o forse la risposta è sì. Questo limiterebbe anche in ipotesi la stessa libertà di D-o: HaShem sarebbe disposto a cambiare per un granello TUTTA la creazione per alterare un solo evento? Chi lo sa.
    Oppure: la conoscenza di un evento futuro influisce sulla sua messa in atto? Anche qui, fra profezie che si autoadempiono ed edipi senechiani le risposte parrebbero più che altro affermative.
    In ogni caso si ritornerebbe forse ad incorporare a volte in HaShem un concetto non molto dissimile al “Moires” greco.

    3) Nella mentalità ebraica, se ho ben capito, quantomeno ad un certo livello coesistono le due visioni: libero arbitrio e allo stesso tempo universo regolato ovunque e totalmente dal disegno divino, come due facce della stessa medaglia.
    Questo è anche einstenianamente modernissimo.
    Perché einsteniano? Analizziamo la rivoluzione relativistica del tempo in base al punto di osservazione:
    Quello che per me deve ancora avvenire, per un altro osservatore è già avvenuto. Ergo io, osservatore A, ho libero arbitrio nel decidere (ed è reale, io decido davvero) qualcosa che comunque DEVE accadere, perché l’osservatore B lo ha già visto compiersi e il mio futuro è il suo passato.
    Come ha notato anche Abramo, Einstein nelle sue ricerche ha infuso moltissima mentalità ebraica.

    4) Siamo all’interno di una traduzione, come tu stesso hai notato, spero qualche madre lingua intervenga, magari per chiarire l’uso delle espressioni idiomatiche dei vari passaggi.

    CITAZIONE
    Dunque si può osservare che il libero arbitrio dell'uomo può interferire ed ostacolare i piani di Dio; ma, perlomeno nelle storie del Pentateuco, questa possibilità sembra sia concessa al popolo eletto nel suo insieme, il solo autorizzato ad obbedire o a trasgredire, mentre i singoli individui appaiono spesso come semplici pedine nei piani divini.

    Sintetizzerei più che altroo dicendo che il libero arbitrio individuale si adatti perfettamente ai piani divini.
    Come tu stesso evidenzi:
    CITAZIONE
    Fu solo grazie all'intercessione di Mosè che Dio non annientò il popolo infedele appena quattro mesi dopo la sua liberazione.

    nella paradossalità, a D-o piace far decidere agli uomini, col loro libero arbitrio, aspetti anche molto importanti nei quali HaShem, in prima persona, poi mostra le conseguenze dell’agire in un modo, o in un altro.

    Shalom

    Edited by LvBv1983 - 4/1/2016, 16:40
     
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  14. whitemirror
     
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    CITAZIONE (LvBv1983 @ 4/1/2016, 15:59) 
    2) L’identità fra l’espressione “Io indurirò il cuore del Faraone e moltiplicherò i miei segni” e “Ma il cuore del Faraone s'indurì ed egli non diede loro ascolto, come l'Eterno aveva detto”, mi fa pensare in senso lato ad una coincidenza di contingente e necessario di matrice leibniziana, più in generale al paradosso inerente la conoscenza del futuro: se io conosco un evento in anticipo e lo lascio accadere, ne sono responsabile. Nel caso di D-o forse la risposta è sì. Questo limiterebbe anche in ipotesi la stessa libertà di D-o: HaShem sarebbe disposto a cambiare per un granello TUTTA la creazione per alterare un solo evento? Chi lo sa.

    Se non rammento male, Voltaire ironizzava sulle tesi leibniziane affermando – in Candido, per bocca del precettore Pangloss – che la natura ci ha fornito del naso allo scopo di reggere gli occhiali: una coincidenza paradossale, leibniziana appunto, non dissimile, secondo me, da quella che vede la volontà di Dio coincidere con quella del faraone.

    CITAZIONE (LvBv1983 @ 4/1/2016, 15:59) 
    Oppure: la conoscenza di un evento futuro influisce sulla sua messa in atto? Anche qui, fra profezie che si autoadempiono ed edipi senechiani le risposte parrebbero più che altro affermative.
    In ogni caso si ritornerebbe forse ad incorporare a volte in HaShem un concetto non molto dissimile al “Moires” greco.

    Le vicende di personaggi tragici come Edipo e Macbeth suggeriscono che la conoscenza degli eventi futuri potrebbe anche essere la causa stessa del loro avverarsi; mi pare, però, che l'introduzione del faraone di Esodo nel contesto delle tragedie greche e shakespeariane sia un po' fuori luogo. Infatti, nel racconto di Esodo i soli a conoscere il futuro sono Dio e, per informazione, anche Mosè, ma certo non il faraone.
    Dio solo sa cosa farà il leader avversario, e lo annuncia a Mosè, ma rassicura quest'ultimo che egli, in aggiunta, forzerà il cuore del re egiziano affinché possa moltiplicare i propri prodigi; cosa che avrebbe accreditato Mosè – che era molto incerto e titubante – presso gli ebrei quale inviato del vero Dio anziché come un millantatore.

    Bisogna ammettere che non è sempre vera “l'equazione libero arbitrio e responsabilità totale”.
    Del resto ciò fa parte della giurisprudenza che distingue fra intenzionalità e colpa negli omicidi. Se volessimo processare il faraone potremmo attribuire alla sua superbia la responsabilità delle prime quattro o cinque piaghe – quelle spiegabili come fenomeni naturali – ma non di tutti i flagelli, e meno ancora dell'apocalittico affogamento di tutto il suo esercito nel mar Rosso. Era necessario che tutti quei prodigi, non solamente alcuni, e i più grandiosi, i più vistosamente soprannaturali, dovessero avverarsi, indipendentemente dalla volontà degli uomini, poiché così era nei disegni divini.


    La Bibbia stessa, comunque, smentisce che i sovrani stranieri, come sarebbe il caso del faraone che si oppose a Mosè, fossero malvagi per antonomasia e, come tali, sempre oppositori del volere divino.
    In Esdra, capitolo 1, dalle parole dell'editto di Ciro, si potrebbe dedurre che questo sovrano dell'impero persiano fosse addirittura una specie di santo, nell'accezione cattolica del termine, o di risvegliato, secondo quella buddhista. Egli, infatti, oltre a decretare il ritorno degli esuli ebrei nella loro patria, ordina che:
    "4 Tutti quelli che rimangono ancora del popolo del SIGNORE, dovunque risiedano, siano assistiti dalla gente del posto con argento, oro, doni in natura, bestiame, e inoltre con offerte volontarie per la casa del Dio che è a Gerusalemme". (Nuova Riveduta)

    Il decreto imperiale fu eseguito alla lettera: "6 Tutti i loro vicini li fornirono di oggetti d'argento e d'oro, di doni in natura, di bestiame, di cose preziose, oltre a tutte le offerte volontarie."
    Inoltre, Ciro ordina che l'enorme quantità di oggetti d'oro e d'argento, che in passato erano stati trafugati dai babilonesi dal vecchio tempio di Gerusalemme, siano ora consegnati a Sesbasar, il capo dei giudei, per arredare il nuovo tempio: "11 In tutto c'erano cinquemilaquattrocento oggetti d'oro e d'argento. Sesbasar li riportò tutti, quando gli esuli furono ricondotti da Babilonia a Gerusalemme."

    Ciro agisce chiaramente contro i propri interessi, e il suo successore Dario, in seguito, non sarà da meno quando si opporrà agli avversari dei giudei e confermerà l'editto, la sovvenzione statale per la ricostruzione, e inoltre decreterà la distruzione con infamia di chiunque, uomo o popolo, porrà ostacoli ai sacerdoti di Gerusalemme (Esdra 6:6-12).

    Nel libro di Ester c'è un altro re persiano, Assuero, identificato con Serse I, che si rivela giusto verso gli ebrei. Egli avrebbe dovuto far giustiziare la regina Ester che, in violazione dell'etichetta di corte, si era presentata a lui senza che fosse convocata. Invece egli rincuora la regina, svenuta per la paura, e poi l'ascolta, ponendo fine al complotto ordito contro gli esuli ebrei e consentendo l'annientamento di migliaia dei loro avversari.

    Se, dunque, vogliamo concludere che Dio non è responsabile delle piaghe d'Egitto e dello sterminio degli amorrei, essendo tali eventi dovuti unicamente all'ottusità del faraone e del re Sicon, allo stesso modo non si dovrebbe attribuire a Dio il merito di ciò che fecero i citati re persiani a favore dei giudei.
    Sempre che non si vogliano fare due pesi e due misure:
    e cioè che gli atti malvagi (come il veto del faraone alla liberazione degli israeliti) dipendano solo dalla libera volontà dell'uomo, mentre quelli di giustizia e generosità (come i decreti di Ciro, Dario e Assuero a favore dei giudei) siano dovuti al condizionamento divino del cuore e della mente di quei sovrani.

    Penso che dovremmo deciderci: o Dio non interferisce in nessun caso con il libero arbitrio dei regnanti, oppure agisce sulla loro volontà sia nel fare il bene (i re persiani) come nel fare il male (il faraone e il re amorreo).

    Saluti
     
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    Se non rammento male, Voltaire ironizzava sulle tesi leibniziane affermando – in Candido, per bocca del precettore Pangloss – che la natura ci ha fornito del naso allo scopo di reggere gli occhiali: una coincidenza paradossale, leibniziana appunto, non dissimile, secondo me, da quella che vede la volontà di Dio coincidere con quella del faraone.

    Anche io apprezzo molto il Candido e Voltaire in genere (antisemitismo e razzismo a parte, ma c'è da considerare anche l'epoca in cui viveva).
    Tuttavia non posso negare la possibilità che l’autore biblico volesse proprio esprimere questa sorta di quasi-pensiero a la "Leibniz".
    Un modus pensandi per altro molto diffuso in diverse mentalità sparse per il globo, che vedono in Leibniz solo un esponente relativamente recente di una concezione condivisa, implicitamente o esplicitamente, da tempo immemore. (Anche se vale la pena rimarcare, il "quasi": non è proprio la stessa cosa, ma per capirci...)

    Qualche esempio:

    1) I cacciatori della tribù Chechua, finita la battuta di caccia, bruciano un piccolo pezzo di carne sul luogo recitando una preghiera alla Madre che suona più o meno così: "Madre nostra, senza il tuo favore non possiamo ottenere nulla, perciò Ti ringraziamo".
    Il parallelismo è netto e chiaro: il cacciatore fa il suo meglio e se non "si alza al mattino" la cena non gli entra in tavola da sola, l'animale anche, lotterà fino alla fine per la sua vita (in queste culture gli animali non sono molto distinti dagli umani), ma, alla fine, accade ogni cosa solo perché la Madre lo permette.

    2) Il "kudos", considerato erroneamente sinonimo di "kléos" greco, elemento presente nei testi omerici:
    il "kudos" è il "potere sovrumano”, concesso, ma anche preso agli dei, una forza che mette in opera il disegno del Fato, ma che si attua anche e soprattutto in seguito all'azione umana, dell'eroe che letteralmente “lo strappa” agli dèi.
    Solo in un secondo momento, l'eroe, ammantato dal "kudos" accede dunque alla "gloria".

    Per parafrasare LaoZi, per quanto il vasaio si dia opera per fare il vaso, la parte utile, quella che contiene il liquido, è sempre il Vuoto su cui l'artigiano non può mettere mano.

    Nella mentalità antica (ma anche moderna), non sempre si applica “il terzo escluso” a ciò che è risiede nel Nume: per creare un esempio scientificamente verosimile, che riporta in chiave moderna la profonda connessione che esiste fra gnoseologico e ontologico:

    Se D-o ha creato l'universo con tutte le sue creature dotate di tutte le loro libertà, ma conosce ogni nesso causale ed ogni evento che quindi si produrrà, è per forza in grado di determinare ogni necessario effetto; basterebbe allora, all'origine della creazione, cambiare il moto di una singola particella, per una distanza pari alla lunghezza di Planck, per generare tutta un'altra serie di eventi e di mondi oramai non più possibili in questa determinata configurazione spazio temporale.

    Morale della favola: ponendo D-o come Legislatore Supremo di ogni singolo aspetto del creato è assolutamente plausibile e logico che ogni azione, anche la più liberamente voluta, sia allo stesso tempo regolata dall'Essere che tutto, comunque, gestisce.

    Se ci addentriamo nella Kabbalah l'argomento diventa ancora più complicato, in quanto Creatore e creatura, da un certo punto di vista [quasi] vengono a coincidere e, allo stesso tempo, a distinguersi nel principio della "dazione", che emette la Luce che è ogni cosa e quindi D-o, e il principio della "ricezione", il "desiderio", dal quale poi, per una sorta di "rottura" si genera la contrazione e la parcellizzazione dell'ego.
    In questa economia ogni ego è assolutamente libero e allo stesso medesimo momento assolutamente dipendente dalla Luce che arriva dal Creatore, senza la quale cesserebbe addirittura di esistere

    Da Abramo:
    CITAZIONE
    Questo è in sintesi ciò che afferma la Kabballàh, D-o è l'energia che alimenta il mondo e lo fa esistere in ogni suo istante. Einstein a quanto pare prese molto sul serio i concetti della Kabballàh.

    Se D-o è questa "energia" può teoricamente intervenire su ogni singolo atomo al punto che anche una sua non-intromissione suonerebbe come una scelta di non scegliere “a la Kierkegaard”, quindi come una determinazione degli eventi in ogni caso.

    Questo è solo un modo per spiegare l'identità che emerge nella traduzione del passo biblico.
    Non so ovviamente se ciò sia "vero", so che come possibile spiegazione è "plausibile".

    CITAZIONE
    Le vicende di personaggi tragici come Edipo e Macbeth suggeriscono che la conoscenza degli eventi futuri potrebbe anche essere la causa stessa del loro avverarsi; mi pare, però, che l'introduzione del faraone di Esodo nel contesto delle tragedie greche e shakespeariane sia un po' fuori luogo. Infatti, nel racconto di Esodo i soli a conoscere il futuro sono Dio e, per informazione, anche Mosè, ma certo non il faraone.
    Dio solo sa cosa farà il leader avversario, e lo annuncia a Mosè, ma rassicura quest'ultimo che egli, in aggiunta, forzerà il cuore del re egiziano affinché possa moltiplicare i propri prodigi; cosa che avrebbe accreditato Mosè – che era molto incerto e titubante – presso gli ebrei quale inviato del vero Dio anziché come un millantatore.

    Anche qui si aprono due punti:

    1) Il fatto che Moshe sappia di avere D-o dalla sua può condizionare il suo atteggiamento e, attraverso questo, lui condizionare gli altri.
    E’ una cosa che in psicologia cognitiva soprattutto, accade continuamente.
    Non serve quindi rivelare ipoteticamente la profezia a molti elementi perché si generì l’effetto di cui parlavamo.

    2) Se la profezia è autentica, che sia par’o a decidere o meno, non ha alcuna importanza.
    Se decide lui, comunque lui prenderà quelle date decisioni che D-o conosce già e che sembrano fatti non ancora avvenuti solo dal nostro punto di vista.
    Esempio quasi narrativo: Se racconto il passaggio del Rubiconde da parte di Giulio Cesare, so che è Cesare che ha deciso, ma so anche come andrà a finire!
    Mentre racconto i fatti, senza intaccare la libertà di Cesare potrei, a un interlocutore ignaro, fare incredibili rivelazioni su come procede la storia. E' passato, ma solo dal mio punto di vista, potessi viaggiare nel tempo avrei una divergenza fra il mio punto di vista e quello degli ascoltatori.
    In quest'ottica, in pratica, D-o avrebbe fatto uno “spoiler” a Moshe. :D

    Quindi ad HaShem si potrebbe far dire (ricordo che il Tanakh è testo ispirato, non “dettato”) che Egli “ha indurito” o “indurirà” il cuore del faraone, semplicemente perché la cosa, in ogni caso, avverrà, e questo è noto e la fonte attendibile.


    Un altro aspetto importantissimo, finora trascurato, che ci ricollega alla dimensione politica, da te correttissimamente menzionata, è che, per quanto Moshe guidi “materialmente” il popolo, la vera ed unica Guida di Israele è HaShem in persona.
    Stabilire che sarà Lui ad indurire il cuore del faraone, è ridare il controllo del popolo, ma soprattutto del mondo intero a D-o stesso!
    Evitando di fomentare anche solo il più piccolo e possibile equivoco per cui anche un minimo dettaglio sia dovuto alla grandezza di Moshe, di Aronne o di chiunque altro.

    CITAZIONE
    Bisogna ammettere che non è sempre vera “l'equazione libero arbitrio e responsabilità totale”.
    Del resto ciò fa parte della giurisprudenza che distingue fra intenzionalità e colpa negli omicidi. Se volessimo processare il faraone potremmo attribuire alla sua superbia la responsabilità delle prime quattro o cinque piaghe – quelle spiegabili come fenomeni naturali – ma non di tutti i flagelli, e meno ancora dell'apocalittico affogamento di tutto il suo esercito nel mar Rosso. Era necessario che tutti quei prodigi, non solamente alcuni, e i più grandiosi, i più vistosamente soprannaturali, dovessero avverarsi, indipendentemente dalla volontà degli uomini, poiché così era nei disegni divini.

    Era necessario si avverassero, vero!
    Ma il modo in cui si sarebbero dovuti avverare non esclude necessariamente la libertà individuale.
    Nemmeno la conferma.


    CITAZIONE
    La Bibbia stessa, comunque, smentisce che i sovrani stranieri, come sarebbe il caso del faraone che si oppose a Mosè, fossero malvagi per antonomasia e, come tali, sempre oppositori del volere divino.

    Giustissimo, volevo scriverlo io stesso, anche se non avendo il riferimento biblico sottomano ho temporeggiato. :)

    CITAZIONE
    Penso che dovremmo deciderci: o Dio non interferisce in nessun caso con il libero arbitrio dei regnanti, oppure agisce sulla loro volontà sia nel fare il bene (i re persiani) come nel fare il male (il faraone e il re amorreo).

    So che questo come approccio non ti aggrada, ma credo che non riuscirò mai a decidere se una moneta "sia testa" o "sia croce", al massimo menzionerò la faccia uscita al momento, sapendo sempre, però, che l’altra mi è solo celata (almeno per qualche tempo) ai sensi.

    Shalom
     
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