Cruna dell'ago

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  1. Cochav YaM
     
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    Paola ma che fai cadi dalle nuvole?
     
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  2. paola860
     
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    CITAZIONE (Cochav YaM @ 28/1/2009, 08:18)
    Paola ma che fai cadi dalle nuvole?

    Jonah, non capire il senso significa cadere dalle nuvole?

    Bene, non ho capito il significato.



     
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  3. Cochav YaM
     
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    Cosa c'è da capire? Dal pelo di cammello si produce un filo che serve per cucire vestiti, borse, scarpe ecc.
    Come ha spiegato Abramo per inserire il filo di cammello nell'ago bisogna schiacciarlo perché vi entra stretto e con una certa difficoltà. Se sei un pò casalinga dovresti sapere che per compiere quest'operazione d'inserimento si usa bagnare il filo per permettere di schiacciarlo ed inserirlo nella cruna stretta e allungata a forma di ovale. Questo vuole descrivere quel passare per la porta stretta per entrare nel regno di D-o, che se per il filo è un pò difficile e richiede una certa operazione, per il ricco passare per quella porta lo è ancora di più, "schiacciandosi", curvandosi ecc.
    Ora è chiaro?

    All'ago si associa il filo, non il cammello. Mi pare ora chiaro che con "cammello" la metafora intenda dire proprio "filo di cammello" come lo si intende oggi comunemente quando si parla di fili e vestiti. Anche nel vangelo parlando di aghi si pensa a fili, da ciò che il "cammello" che entra per la cruna d'ago è un filo.
    Ancora più a conferma di questa ipotesi c'è il detto ebraico del Talmud che è riportato in forma diversa, invece del cammello c'è l'elefante. L'elefante in ebraico si dice "pil", ma questo termine è usato anche in espressioni quando si dice: "ci è mancato proprio un pelo" o un "pelino". da ciò Abramo ha dedotto e ipotizzato che il termine "pil" in aramaico aveva anche il senso di "pelo" o "filo" perché questi termini si usano per figurare cose che hanno questa forma.
    Paola, di tutto cuore spero che ti abbia aiutato a capire.

    Devo riconoscere che questa ipotesi di Abramo è una assoluta novità. Attenzione a copyright.

     
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  4. paola860
     
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    CITAZIONE (Cochav YaM @ 28/1/2009, 08:43)
    Cosa c'è da capire? Dal pelo di cammello si produce un filo che serve per cucire vestiti, borse, scarpe ecc.
    Come ha spiegato Abramo per inserire il filo di cammello nell'ago bisogna schiacciarlo perché vi entra stretto e con una certa difficoltà. Se sei un pò casalinga dovresti sapere che per compiere quest'operazione d'inserimento si usa bagnare il filo per permettere di schiacciarlo ed inserirlo nella cruna stretta e allungata a forma di ovale. Questo vuole descrivere quel passare per la porta stretta per entrare nel regno di D-o, che se per il filo è un pò difficile e richiede una certa operazione, per il ricco passare per quella porta lo è ancora di più, "schiacciandosi", curvandosi ecc.
    Ora è chiaro?

    All'ago si associa il filo, non il cammello. Mi pare ora chiaro che con "cammello" la metafora intenda dire proprio "filo di cammello" come lo si intende oggi comunemente quando si parla di fili e vestiti. Anche nel vangelo parlando di aghi si pensa a fili, da ciò che il "cammello" che entra per la cruna d'ago è un filo.
    Ancora più a conferma di questa ipotesi c'è il detto ebraico del Talmud che è riportato in forma diversa, invece del cammello c'è l'elefante. L'elefante in ebraico si dice "pil", ma questo termine è usato anche in espressioni quando si dice: "ci è mancato proprio un pelo" o un "pelino". da ciò Abramo ha dedotto e ipotizzato che il termine "pil" in aramaico aveva anche il senso di "pelo" o "filo" perché questi termini si usano per figurare cose che hanno questa forma.
    Paola, di tutto cuore spero che ti abbia aiutato a capire.

    Devo riconoscere che questa ipotesi di Abramo è una assoluta novità. Attenzione a copyright.

    Ora mi è chiaro, grazie mille. ;)

     
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  5. Hard-Rain
     
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    Io però avanzo un problema. Il testo greco ha soltanto "cammello", eukopôteron gar estin kamêlon dia trêmatos belonês eiselthein ê plousion eis tên basileian tou theou eiselthein (Lc. 18:25). Abbiamo ben tre fonti greche, che sono Lc. 18:25, Mc. 10:25 e persino Mt. 19:24 che riportano solo il "cammello" senza dire "pelo di cammello". Il problema di fondo è che il testo è greco. Gli autori del Nuovo Testamento conoscono ovviamente il termine greco per "pelo", che sarebbe thrix. Il punto è che quando descrivono il Battista, parlano di una pelliccia, dicendo "peli di cammello", kai ên ho Iôannês endedumenos trichas kamêlou = era Giovanni (il Battista) vestito di peli di cammello (= una pelliccia), cfr. Mc. 1:25.

    A meno che non si possa dimostrare o ipotizzare che appunto trichas kamêlou = peli di cammello possa essere usato per una "pelliccia" e basta, mentre il solo kamelos (con ellissi di thrix provocata dal semitismo) possa essere usato nel senso inteso da Avraham, cioè (trix) kamêlou = corda. E' vero che nel Nuovo Testamento ci sono diversi semitismi. Però è un testo greco scritto da autori che conoscevano bene il greco. In questa lingua, naturalmente, non mancano termini per dire "fune", "corda", "pelo", ecc... Bisognerebbe supporre che nel corso del tempo a causa di fraintendimenti si sia persa la memoria di queste parole esatte di Gesù. Nella LXX, che traduce da ebraico a greco, kamelos da solo vi ricorre per ben 57 volte ma in tutti i casi si riferisce sempre e solo all'animale.

    Dovremmo supporre che gli autori del Nuovo Testamento conoscessero male il greco o l'ebraico e non avessero compreso il senso. Chissà! Il processo potrebbe essere questo: Gesù pronuncia il detto che viene compreso dagli ebrei del suo tempo, passano gli anni e nella diaspora per non parlare poi dei pagani si perde il senso. Gli evangelisti greci quindi hanno messo per iscritto quello che hanno udito loro, lontano dalla cultura ebraica. Questo potrebbe essere. Il vangelo più antico, si ritiene che sia stato composto non prima di trent'anni da quando Gesù predicò. Forse lo spazio temporale c'era perchè sorgesse il fraintendimento. Questa ipotesi richiede, ovviamente, che chi andò a predicare ai pagani partendo dalla Palestina avesse dimenticato il senso del detto, quindi fosse forse pagano, o gli avessero spiegato male. Bisogna che nel processo di esportazione del detto verso il mondo greco si sia perso qualcosa e sia stato spiegato male.

    Come vi dicevo, io avevo sentito di ipotesi basate sulla parola gamla che in aramaico significa cammello e che - credo (ma qui ci vorrebbe Elisha Kimron con la sua esperienza) - che significhi anche grossa fune. Questa proposta di Avraham mi pare proprio originale e interessante. Per me è una novità.

    Shalom.

    Edited by Hard-Rain - 28/1/2009, 09:46
     
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  6. Cochav YaM
     
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    Hard, gamla in aramaico significa anche "grande", un attributo, non fune, non mi risulta.

    Matteo 3:4 parla di vestito di peli di cammello, non di pelliccia. Se avesse parlato di "vestito di cammello" si potrebbe pensare ad una pelliccia, ma la specificazione "filo di cammello" fa pensare ad un tessuto ed infatti non è usato un termine per pelle o pelliccia.
    QUOTE
    Io però avanzo un problema. Il testo greco ha soltanto "cammello", eukopôteron gar estin kamêlon dia trêmatos belonês eiselthein ê plousion eis tên basileian tou theou eiselthein (Lc. 18:25).

    Secondo me la speficazione in quel caso non era necessaria per due ragioni:
    1) il filo di pelo di cammello era molto comune.
    2) ad un ago si associa il filo e non l'animale.
    Chi sente parlare di ago e cammello pensa al filo di cammello specialmente se questo filo è comunemente chiamato "cammello" senza alcuna specificazione che si tratti di "filo" perché quello è il nome del filo. Come ho riportato da link oggi nel linguaggio comune il filo prodotto dal pelo di cammello prende il nome di "cammello".

    QUOTE
    Il problema di fondo è che il testo è greco.

    Questo non è un problema perché ben sappiamo che in questo testo greco ci sono non poche frasi di origine semitica che in greco non hanno alcun senso. E' anche probabile che il lettore greco e romano lontano non conoscesse il cammello come nome del filo prodotto dal suo pelo e che con il tempo si sia persa memoria.
    A me sembra che più si adatta questa metafora al contesto della morale del ricco che era una persona fondamentalmente buona che osservava i comandamenti. Una metafora che esprime una completa impossibilità di compiere un'azione mi pare sinceramente poco adatta ed estremamente esagerata. Confermata anche dalle stesse parole di Gesù che dice "che è più facile che il cammello entri... "e così ammette indirettamente che per un cammello entrarci è possibile. A questo punto non ho più dubbi che si tratti del nome del filo e non del grosso sproporzionato e poco associabile animale cammello.

    Ciao
     
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  7. Hard-Rain
     
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    Sì Yonah però prendi ad esempio la LXX. Per ben 57 volte usa la parola kamelos, da Genesi a Zaccaria, però mai una sola volta si può intendere una fune fatta di peli del cammello. Possibile, se è vero che a quel tempo quel vocabolo aveva (anche) un simile uso? Bisognerebbe fare una ricerca negli autori del tempo, come Flavio Giuseppe, ecc... Per ora la LXX ha dato esito negativo.

    CITAZIONE
    e così ammette indirettamente che per un cammello entrarci è possibile.

    Forse voleva solo sottolineare l'impossibilità di un ricco ad entrare nel regno di Dio. E' vero che non è un concetto ebraico, come ci ha detto Avraham, però è anche vero che buona parte dei detti di Gesù sono inventati o distorti perchè incoerenti con l'ebraismo (oppure sono strane innovazioni di Gesù stesso): e se questo, semplicemente, fosse uno di quei detti? Dovrebbe comunque trattarsi di qualcosa di molto antico e ben noto, dal momento che è citato da tutti e tre i vangeli sinottici, con frasi praticamente identiche.

    Shalom.

    Yonah, c'è anche un altro problema... Dalla risposta che i discepoli danno a Gesù subito dopo, sembra proprio appunto che Gesù l'abbia "sparata grossa", per così dire... Perchè i discepoli si meravigliano così tanto?

    Luca 18:24 Quando Gesù lo vide, disse: «Quant'è difficile, per coloro che possiedono ricchezze entrare nel regno di Dio.
    Luca 18:25 È più facile per un cammello passare per la cruna di un ago che per un ricco entrare nel regno di Dio!».
    Luca 18:26 Quelli che ascoltavano dissero: «Allora chi potrà essere salvato?».
    Luca 18:27 Rispose: «Ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio».


    Tra l'altro il testo qui è chiaro e parla di "coloro che hanno le ricchezze" (hoi ta chrêmata echontes) non dice "coloro che sono troppo attaccati alle ricchezze", mi pare che sotto accusa ci sia solo il semplice possesso, stando al testo. Per questo mi veniva in mente la comunità di Qumran e il mondo più vasto degli Esseni e degli Enochici dove appunto il singolo non possedeva delle ricchezze, era la Comunità che possedeva i beni di tutti quelli che glieli avevano donati mettendoli in comune. Probabilmente nelle comunità di Esseni non si viveva nell'indigenza ma non si possedeva nulla di proprio perchè il necessario per vivere era patrimonio comune di tutti. Nei treads precedenti abbiamo discusso i passi di Flavio Giuseppe e di Plinio il Vecchio sulle comunità essene. E' chiaro che questo contrasta con l'ebraismo rabbinico e non mi stupisco di questo, se Gesù proveniva realmente dall'ala esseno-enochica.

    Shalom

    Edited by Hard-Rain - 28/1/2009, 10:30
     
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  8. Cochav YaM
     
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    QUOTE (Hard-Rain @ 28/1/2009, 10:08)
    Sì Yonah però prendi ad esempio la LXX. Per ben 57 volte usa la parola kamelos, da Genesi a Zaccaria, però mai una sola volta si può intendere una fune fatta di peli del cammello.

    Questo tipo di confronto è irrilevante perché anche mai una sola volta c'è un'associazione con la cruna di un ago. E' questa associazione fra ago e filo che da il senso di filo di pelo di cammello al solo nome "cammello". Le lingue semitiche fra cui l'ebraico e l'aramaico hanno la caratteristica di dedurre il senso delle parole dal contesto, per cui se c'è un'associazione del cammello con l'ago il cammello lo si intende come filo. Trasportato in greco forse avrebbero dovuto precisare che di filo si trattava.

    QUOTE
    Possibile, se è vero che a quel tempo quel vocabolo aveva (anche) un simile uso? Bisognerebbe fare una ricerca negli autori del tempo, come Flavio Giuseppe, ecc... Per ora la LXX ha dato esito negativo.

    Forse la ricerca andrebbe fatta nella letteratura aramaica di origine. (ricordi i "figli della camera nuziale"?)

    QUOTE
    QUOTE
    e così ammette indirettamente che per un cammello entrarci è possibile.

    Forse voleva solo sottolineare l'impossibilità di un ricco ad entrare nel regno di Dio. E' vero che non è un concetto ebraico, come ci ha detto Avraham, però è anche vero che buona parte dei detti di Gesù sono inventati o distorti perchè incoerenti con l'ebraismo

    A me sembra un'utopia. Se uno è ricco ha dei valori che può donare compiendo tanti comandamenti, il povero invece se non ha non può dare nulla, è solo uno sventurato che a causa della sua disgrazia è anche privo di tante opere buone. Non è certo un merito essere poveri. D-o non giudica le persone in base alla ricchezza o la povertà. Mi sembra chiaro che il senso voleva essere quello della strettezza della porta, della difficoltà nell'entrare a cui si aggiunge l'aiuto di D-o, che aiuta ad aprire il cuore e a donare e tutto così diviene più facile. Una metafora con un animale grosso che entra per un buco piccolissimo è un'esagerazione anche malamente associata e fa apparire il discorso di gesù come se dicesse che è assolutamente impossibile per un ricco entrare nel regno di D-o. Se questo voleva intendere Gesù stesso avrebbe potuto vendere il suo caro vestito tessuto tutto d'un pezzo, dare una parte del denaro ai poveri e comprarsi un altro vestito più a buon mercato o vestirsi di sacco come i monaci se era così pessimista da depressione.

    QUOTE
    Yonah, c'è anche un altro problema... Dalla risposta che i discepoli danno a Gesù subito dopo, sembra proprio appunto che Gesù l'abbia "sparata grossa", per così dire... Perchè i discepoli si meravigliano così tanto?

    La spiegazione di Abramo risponde egregiamente a questa domanda e per me non fa una piega. La metafora vole dire che il ricco sarebbe dovuto entrare da una porta strettissima che per entrarci bisognerebbe stirarsi e appaiattirsi come fanno i topi. L'inserimento del filo nell'ago prevede prima l'appiattimento del filo bagnandolo per farlo entrare nella cruna, che è piatta e non rotonda come il filo. Questa operazione richiede anche un poco di tempo e una certa fermezza di mano. Secondo me la metafora intesa alla Abramo calza a pennello. Se un filo nell'ago non entra senza prima appiattirlo e si tratta di un buco fatto a misura, pensare ad un ricco a cui è più difficile entrare per la porta del paradiso fa pensare che è quasi impossibile, ma nel senso di molto difficile, basterebbe si organizzi bene prima di entrare, certo senza appiattirsi come i topi, ma facendo un pò di dieta. :biggrin2.gif:

    QUOTE
    Tra l'altro il testo qui è chiaro e parla di "coloro che possiedono le ricchezze" (hoi ta chrêmata echontes) non dice "coloro che sono troppo attaccati alle ricchezze", mi pare che sotto accusa ci sia solo il semplice possesso, stando al testo. Per questo mi veniva in mente la comunità di Qumran e il mondo più vasto degli Esseni e degli Enochici dove appunto il singolo non possedeva delle ricchezze, era la Comunità che possedeva i beni di tutti quelli che glieli avevano donati mettendoli in comune.

    ma Gesù nemmeno voleva dire quello altrimenti avrebbe detto chiaramente di spogliarsi di tutto per mettere i beni in comune, lui non dice di donare i beni alla comunità, ma di donarli ai poveri. Sono due cose ben molto diverse. La comunità di Gesù avevano una cassa per i poveri il cui cassiere era proprio colui che non entrò per la porta a forma di cruna, questo è segno che avevano i mezzi e i guadagni per estrarre le decime. Gesù però dice al ricco che prima di seguirlo doveva andare lui stesso a cercarsi i poveri per farli sorridere e infatti lui se ne andò triste.
     
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    אריאל פינטור

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    scusa hard, la teoria espressa da Jonah vale anche per la li gua italiana, per il latino e il greco, con la figura retorica della metonimia.
    In letteratura sono centinaia gli esempi di uso della "parte per il tutto" come legno al posto di nave ( credo in Omero), ferro al posto di spada.
    Anche modernamente si dice dalle parti mie "comprare i muri" per dire comprare casa o "ferro" al posto di arma
     
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  10. Hard-Rain
     
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    Ho capito il vostro punto di vista. Si dovrebbe postulare un detto specifico, come i "figli della camera nunziale". Questo è possibile. Non un uso comune ma un gergo, un lessico specifico. Se così però dovremmo lavorare appunto sulle fonti semitiche, vedere se abbiamo casi simili. Qui cedo la palla a voi.

    Sulla ricchezza vs. povertà non so cosa dirvi. E' difficile stabilire delle conclusioni. E' fuori discussione che ci siano dei passi di apocrifi dell'Antico Testamento che sono molto duri con la ricchezza e guarda caso sono testi "enochici". Chiaramente diventa poi difficile stabilire se sono contro la ricchezza tout court oppure contro coloro che adorano la ricchezza e non la condividono minimamente con gli altri. Non è facile dare risposte.

    CITAZIONE
    il povero invece se non ha non può dare nulla, è solo uno sventurato che a causa della sua disgrazia è anche privo di tante opere buone.

    Sta di fatto che però che in Lc. 16:19-31 il ricco va all'inferno e il povero si salva in paradiso. Non abbiamo altre informazioni se non il fatto che il povero è tale e il ricco è tale, non si dice che sia particolarmente cattivo. Cosa avrebbe dovuto fare il ricco per salvarsi? Aiutare un poco quel povero? Oppure vendere tutti i suoi averi o darli ai poveri (come il giovane ricco)? Se guardiamo al risultato del vendere i propri averi per dare il ricavato ai poveri, significa appunto rimanere poveri e fare una scelta di vita molto radicale, no? Altri passi si chiedono se per caso "Dio non ha forse scelto i poveri nel mondo per farli ricchi" (Giacomo 2:5). Nella parabola del convito il padrone (che sarebbe D-o) dice: "Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui poveri, storpi, ciechi e zoppi." E così via. E' vero che la povertà è una disgrazia però è anche vero che questi poveri, secondo questi ed altri passi, saranno destinati a grandi ricompense, pare per il solo fatto di essere poveri. Siccome Gesù credeva nella imminenza della fine delle cose e aveva una forte tendenza escatologica e apocalittica, diciamo che "conveniva" allora essere poveri, visto che tra poco si sarebbe svolto un grande giudizio divino nel quale i poveri sarebbero sicuramente stati tra i premiati.

    P.S. Non discuto se tutto ciò sia giusto o meno, ma sto solo cercando di capire cosa vogliono dirci questi testi. Tenete conto che non è detto per forza che siano coerenti con l'ebraismo per due motivi almeno: (1) può darsi che provengano da un giudaismo diverso da quello rabbinico; (2) sono comunque opera di pagani che scrivevano in greco, non certo di maestri talmudici, qui l'ottica pagana ha oggettivamente un suo peso. Erano testi rivolti ai gentili e parlavano col loro stesso linguaggio.

    Shalom.
     
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  11. Hard-Rain
     
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    Volevo segnalarvi che Clemente di Alessandria (150-215 e.v. circa) scrisse un trattato intitolato "Quale ricco si salverà?", la traduzione italiana è qui:

    http://www.larici.it/culturadellest/icone/...drino/ricco.pdf

    In questo trattato Clemente sostiene l'interpretazione appunto in senso allegorico della ricchezza, da non confondere con la ricchezza materiale ed economica (il contrario di quello che sostenevo sopra io stesso). Se avete tempo leggetelo. Vengono citati i passi che abbiamo discusso, compreso quello del "cammello". Clemente non è a conoscenza del senso esatto della parola, intende cioè "cammello" come fosse proprio l'animale e si limita a ipotizzare che eventualmente quella parola possa alludere a "qualche mistero del Salvatore da apprendere".

    Shalom.
     
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  12. Quintargento
     
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    CITAZIONE (Hard-Rain @ 28/1/2009, 12:00)
    P.S. (2) sono comunque opera di pagani che scrivevano in greco, non certo di maestri talmudici.

    Non ho capito bene.Vuoi dire che i testi evangelici sono stati scritti da pagani?
     
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  13. Hard-Rain
     
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    CITAZIONE
    Non ho capito bene.Vuoi dire che i testi evangelici sono stati scritti da pagani?

    Da chi siano stati materialmente composti è oggetto di discussione dal momento che la tradizione dei nomi è molto incerta e relativamente tarda. La tesi della traduzione da fonti ebraiche/aramaiche è alquanto dubbia, io devo ammettere di avere rivisto molte delle mie opinioni iniziali su questo argomento. Certamente non è l'opinione maggioritaria degli specialisti. Il vangelo di Luca è stato composto da un buon conoscitore del greco ed è il vangelo che più si avvicina a un testo letterario del periodo ellenistico: dà persino prova di apprezzare outheis con la tehta al posto di oudeis con delta. Certo c'è tutta una lunga tradizione che porta a Cristo e a fonti orali che presumibilmente circolavano in ebraico/aramaico. Però è un dato di fatto che il testo sia scritto in greco, un greco colloquiale e vicino alla lingua popolare di quel tempo.

    Shalom.

    Edited by Hard-Rain - 29/1/2009, 09:19
     
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    אריאל פינטור

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    Sta di fatto che però che in Lc. 16:19-31 il ricco va all'inferno e il povero si salva in paradiso. Non abbiamo altre informazioni se non il fatto che il povero è tale e il ricco è tale, non si dice che sia particolarmente cattivo. Cosa avrebbe dovuto fare il ricco per salvarsi? Aiutare un poco quel povero? Oppure vendere tutti i suoi averi o darli ai poveri (come il giovane ricco)?

    Vi è una differenza molto importante tra le due situazioni. Il ricco che va all'inferno era uno che non aveva avuto nessuna pietà del povero sofferente e misero, nonostante avesse la ricchezza per aiutarlo.

    Il giovane ricco esordisce chiedendo a Gesù quale debba essere il comportamento per ottenere la vita eterna.
    Alla risposta del Maestro, di osservare i comandamenti, egli risponde che già conduce una vita di osservanza. Il punto chiave è nella successiva risposta di Gesù:
    "Se vuoi essere perfetto... vendi tutto ciò che hai e dallo ai poveri, poi vieni e seguimi".
    Quindi il primo ricco è colpevole per non aver compiuto la Tzedaka, pur potendo e senza grande sacrificio.
    Il secondo è presentato come un uomo giusto ed infatti Gesù gli fa intendere che l'osservanza dei comandamenti lo rende già meritevole.
    Lo spogliarsi delle ricchezze è un di più, è il massimo grado della perfezione, ossia lo spogliarsi dei propri averi per fare opere di bene.
    Quindi non vi è in nessuno dei due casi una condanna della ricchezza. la ricchezza viene presentata come una possibilità di acquisire meriti agli occhi di D-O, da un minimo obbligatorio che è la tzedaka (che il primo ricco non compie), ad un massimo che è quello di donare tutto ai poveri, ma che non è obbligatorio. è un di più, ma è condizione necessaria per porsi alla sequela di Gesù che conduce quel tipo di vita che non è richiesta a tutti ma solo a chi fa parte, probabilmente, della stretta cerchia di chi lo segue e ne condivide predicazione, ideologia e stile di vita.
    In realtà nei vangeli non vi è mai una condanna della ricchezza come tale. Gesù stesso e i discepoli non conducono una vita da indigenti, anzi la loro vita itinerante sembra essere completamente presa a carico da altri; dalle donne al seguito, da ospiti che li invitano a casa ecc. La ricchezza sembra piuttosto un rischio , il rischio di perdere di vista gli altri, i poveri e i deboli, la vedova e l'orfano, che sono personaggi sempre di primo piano nella considerazione ebraica.
    Il ricco può facilmente peccare di egoismo, di avidità e essere distolto dai veri valori della vita, come è il caso dell'uomo che accumulando beni e fortune si sente dire "stolto questa notte morirai...".
    La ricchezza è grazia di D-O e come tale obbliga a tenere conto di chi non ha molto o non ha nulla.
    ciò che è in dicussione e che è condannato è il cattivo uso della ricchezza, nel senso del solo proprio piacere e interesse

    Il considerare la ricchezza e l'agio cause di perdizione eterna, fu ciò che mosse i movimenti pauperistici del cristianesimo del primo millennio, ciò che è alla base della regola francescana e del voto di povertà, ma riflettendo bene questo concetto non poteva essere assoluto in Gesù, per la formazione ebraica che aveva, ma relativo all'uso che se ne fa, o meglio, al "non uso"
     
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  15. Hard-Rain
     
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    Su Gesù concordo. Però penso che avessero una vita di tipo comunitario, simile a quella degli Esseni. Probabilmente anche loro non erano indigenti, avevano i beni in comune e ciascuno veniva mantenuto dalla Comunità. Sulla ricchezza e l'interpretazione di quelle parabole e dell'episodio del "giovane ricco" si veda anche il commento di Clemente di Alessandria il quale sosteneva che qui non si allude neppure a ricchezze di tipo economico, ma di un altro genere. C'è dunque spazio per tante interpretazioni. L'opinione di Clemente di Alessandria in effetti è molto arguta. Se si trattasse di abbandonare le sole ricchezze, perchè allora Pietro osserva "Noi abbiamo lasciato tutte le nostre cose e ti abbiamo seguito" eppure si sente in imbarazzo, come se tutto questo non bastasse?

    Shalom.
     
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75 replies since 17/1/2009, 17:45   9250 views
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