Imminenza del "Regno dei cieli" nel Nuovo Testamento

Falsa profezia o grande equivoco?

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  1. Jesuslives
     
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    CITAZIONE (Hard-Rain @ 10/11/2007, 00:46)
    Dal momento che siamo in argomento, vediamo cosa dice Pesce a commento del passo 1 Tess. 4:15-17 (op. cit., pp. 501-502). Richiamo innanzitutto il brano di Paolo:

    1 Tess. 4:15-17 - Vi diciamo questo nella parola del Signore, che noi i viventi, i rimasti fino alla venuta del Signore, non precederemo coloro che si sono addormentati, che il Signore stesso, con grido, voce di arcangelo e tromba di D-o, scenderà dal cielo e prima risorgeranno i morti in Cristo; poi noi i viventi, i rimasti, verremo rapiti insieme con loro, nelle nubi, a incontrare il Signore nell'aria; e così saremo sempre con il Signore.

    N.B. La traduzione di cui sopra è di M. Pesce, fatta sul testo greco originale. Notare come Paolo utilizza per ben tre volti i participi sostantivati "viventi" (zôntes) e "rimasti" (perileipomenoi).

    "Paolo attribuisce a Gesù un insegnamento sulla fine del mondo che consta di diversi elementi di straordinaria importanza. In primo luogo, la fine si verificherà abbastanza presto: durante la vita stessa delle persone che sono vive mentre Paolo parla. Alcuni di quelli che hanno creduto in Gesù sono già morti (si sono "addormentati"), ma la maggior parte degli altri sono ancora vivi, come Paolo stesso e i Tessalonicesi a cui scrive questa lettera (v. 15). Il Signore Gesù verrà mentre essi sono ancora in vita e cioè tra non molto. Paolo attende una fine imminente: dice in modo esplicito che questa imminenza è stata annunciata da Gesù stesso. Questa affermazione è di grande importanza perchè nei vangeli canonici le parole attribuite a Gesù sulla fine imminente di questo mondo non sono molte. Nel vangelo di Matteo Gesù dice: "Non avrete finito di percorrere le città di Israele, prima che che venga il figlio dell'uomo (10:23)". Altre frasi attribuite a Gesù sembrano tradire l'imbarazzo di fronte al fatto che egli aveva predetto una fine imminente di questo mondo che poi non si era verificata. Per questo, sia il Vangelo di Matteo sia quello di Marco sembrano volere giustificare Gesù affermando che neanche lui poteva sapere il giorno della fine, perchè solo D-o lo conosce: "Quanto poi a quel giorno o a quell'ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli del cielo e neppure il Figlio, ma solo il Padre" (Mt. 24:36 e Mc. 13:32)".

    Sono d'accordo con quanto affermato da Pesce nella prima parte del suo discorso. Del resto notiamo come anche la nota a 1 Tess. 4:13-15 nella Bibbia C.E.I. afferma: "Paolo fa l'ipotesi di una venuta prossima di Cristo alla quale anch'egli è presente, ma sa benissimo (5:2-3) che nessuno sa quando Cristo verrà". Invece sono perplesso sulla seconda parte del passaggio che ho citato di M. Pesce. Ricordiamo che Pesce sostiene che le epistole paoline sono state composte attorno agli anni '50 del I secolo, in altri suoi libri sostiene che il vangelo di Marco è stato composto attorno al 70, Matteo e Luca sono stati scritti negli anni '80 del I secolo mentre Giovanni alla fine del I secolo oppure all'inizio del II. Di conseguenza Pesce tende sempre a dire che i vangeli attenuano l'attesa della venuta imminente di Gesù. Ora nel suo ragionamento omette però di citare proprio il passaggio chiave: "non passerà questa generazione prima che queste cose siano accadute". Egli cita gisutamente Mt. 10:23 ma incredibilmente omette di menzionare un passo determinante, Mt. 24:34 // Mc. 13:30 // Lc. 21:32! Poichè la frase sul Figlio che non conosce il giorno e l'ora è inserita dopo questi passaggi, non si può dire che i sinottici non conoscano una fine imminente del mondo, essa al contrario è rimarcata ed evidente, soltanto non è definita con precisione assoluta. Ma, a mio avviso, nei sinottici non c'è una minore attesa della fine imminente del mondo, come Pesce vorrebbe far credere, egli omette di citare una frase determinante. Di conseguenza non si può utilizzare l'argomentazione per dire che siccome nei sinottici l'attesa nella fine imminente del mondo è meno evidente che in Paolo, allora i sinottici sono posteriori a Paolo: semplicemente i sinottici attendono la fine del mondo imminente come Paolo e forse di più. Anche perchè Pesce afferma che "nei vangeli canonici le parole attribuite a Gesù sulla fine imminente di questo mondo non sono molte" ma, a ben guardare, non è che tali parole siano poi molte nello stesso Paolo, a parte il riferimento in 1 Tess. 4:15-17 non si regsitra molto altro, vi sono dei passaggi in 2 Tess., ma, come afferma lo stesso Pesce, questa epistola è di autenticità discussa. Se facciamo un bilancio, forse c'è più materiale addirittura nei sinottici che in Paolo su questo argomento. Anche perchè Pesce fa di tutta l'erba un fascio dicendo: "nei canonici le parole ... sulla fine imminente di questo mondo non sono molte" ma noi sappiamo che bisogna distinguere tra i sinottici e Giovanni, quest'ultimo tace completamente sulla imminenza della fine del mondo ma non così i sinottici.

    Osserviamo poi che la nota a 1 Tess. 5:2-3 nella Bibbia C.E.I. che ho sopra riportato ci ricorda anche che Paolo non sa esattamente quando si verificherà questa fine del mondo, esattamente il punto di vista di Mt. 24:36 e Mc. 13:32. Di conseguenza Paolo, a mio avviso, sebbene con parole simili ma non identiche a quelle dei sinottici, dice esattamente la stessa cosa dei sinottici: la fine del mondo è imminente anche se non può essere stabilita con precisione, cioè questo oppure quell'anno preciso. Pesce però non cita i passi determinanti dei sinottici (Mt. 24:34 // Mc. 13:30 // Lc. 21:32) e come aggravante non cita neppure 1 Tess. 5:2-3 in modo da far sembrare che Paolo sia più propenso dei sinottici a credere alla fine imminente del mondo. La realtà dei dati di fatto e la lettura dei testi prova invece che non è assolutamente così.

    CITAZIONE (Hard-Rain @ 10/11/2007, 00:46)
    1 Tess. 4:15-17 - Vi diciamo questo nella parola del Signore, che noi i viventi, i rimasti fino alla venuta del Signore, non precederemo coloro che si sono addormentati, che il Signore stesso, con grido, voce di arcangelo e tromba di D-o, scenderà dal cielo e prima risorgeranno i morti in Cristo; poi noi i viventi, i rimasti, verremo rapiti insieme con loro, nelle nubi, a incontrare il Signore nell'aria; e così saremo sempre con il Signore.

    N.B. La traduzione di cui sopra è di M. Pesce, fatta sul testo greco originale. Notare come Paolo utilizza per ben tre volti i participi sostantivati "viventi" (zôntes) e "rimasti" (perileipomenoi).

    Su 1 Tessalonicesi anche alla luce di questa traduzione rimango della mia idea. L'uso del participio presente e di participi sostantivati secodo me addirittura favorisce la mia interpretazione.

    CITAZIONE (Hard-Rain @ 10/11/2007, 00:46)
    "Non avrete finito di percorrere le città di Israele, prima che che venga il figlio dell'uomo (10:23)".

    Quest'affermazione di Jeshua non la ricordavo.
    Molto spinosa... Ci rifletterò su.

    CITAZIONE (Hard-Rain @ 10/11/2007, 00:46)
    il Vangelo di Matteo sia quello di Marco sembrano volere giustificare Gesù affermando che neanche lui poteva sapere il giorno della fine

    Beh, questa è solo una speculazione. Degna di considerazione, certo, ma solo una speculazione.

    CITAZIONE (Hard-Rain @ 10/11/2007, 00:46)
    Di conseguenza Pesce tende sempre a dire che i vangeli attenuano l'attesa della venuta imminente di Gesù. Ora nel suo ragionamento omette però di citare proprio il passaggio chiave: "non passerà questa generazione prima che queste cose siano accadute". Egli cita gisutamente Mt. 10:23 ma incredibilmente omette di menzionare un passo determinante, Mt. 24:34 // Mc. 13:30 // Lc. 21:32! Poichè la frase sul Figlio che non conosce il giorno e l'ora è inserita dopo questi passaggi, non si può dire che i sinottici non conoscano una fine imminente del mondo, essa al contrario è rimarcata ed evidente, soltanto non è definita con precisione assoluta. Ma, a mio avviso, nei sinottici non c'è una minore attesa della fine imminente del mondo, come Pesce vorrebbe far credere, egli omette di citare una frase determinante. Di conseguenza non si può utilizzare l'argomentazione per dire che siccome nei sinottici l'attesa nella fine imminente del mondo è meno evidente che in Paolo, allora i sinottici sono posteriori a Paolo: semplicemente i sinottici attendono la fine del mondo imminente come Paolo e forse di più.

    Sì, ho riflettuto su questo e sono d'accordo con te.
    Matteo 10:23 per esempio è veramente molto imbarazzante...

    Shalom
     
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  2. Jesuslives
     
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    Vorrei riportare questa traduzione interlineare della versione Aramaica "Peshitta" di Matteo 10:23.

    Personalmente ho trovato molto interessante l'espressione "casa di Israele" relativa alle città che i discepoli di Jeshua non sarebbero riusciti a visitare tutte prima del Suo ritorno.

    image
    Cliccare sull'immagine per vedere l'ingrandimento.
    Con un rettangolo blu ho indicato l'espressione che mi ha incuriosito.

    Se quest'espressione ha lo stesso valore dell'espressione profetica omonima allora si può interpretare il verso intendendo con le suddette "città" tutti i luoghi di dispersione delle tribù perdute dell'antico Regno di Samaria (o Efraim), quelle che Jeshua sarebbe venuto a riscattare con la diffusione della Sua predicazione.
    Ciò, a mio avviso, ammetterebbe quindi un'interpretazione temporalmente più dilatata ed indefinita della profezia.

    Shalom

    Edited by Jesuslives - 24/11/2007, 22:46
     
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  3. Hard-Rain
     
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    A parte la questione interpretativa, c'è una valutazione preliminare che bisogna fare. Io ammiro molto gli sforzi di molti esperti di siriaco ed aramaico per dimostrare che la Peshitta è una fonte antica ed autorevole. Tuttavia la gran parte degli esegeti ritiene ancora oggi che la Peshitta sia una traduzione dal testo greco dei sinottici e sia dipendente da essa. Nel passaggio non è da escludere che i copisti o traduttori abbiano cercato di rendere comprensibili i passi che risultavano oscuri in greco o che ponevano problemi teologici. Andrebbe preventivamente dimostrato che la Peshitta è indipendente dal testo dei sinottici e testimonia una fonte più antica e autorevole.

    Shalom.
     
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  4. Jesuslives
     
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    CITAZIONE (Hard-Rain @ 10/11/2007, 12:38)
    A parte la questione interpretativa, c'è una valutazione preliminare che bisogna fare. Io ammiro molto gli sforzi di molti esperti di siriaco ed aramaico per dimostrare che la Peshitta è una fonte antica ed autorevole. Tuttavia la gran parte degli esegeti ritiene ancora oggi che la Peshitta sia una traduzione dal testo greco dei sinottici e sia dipendente da essa. Nel passaggio non è da escludere che i copisti o traduttori abbiano cercato di rendere comprensibili i passi che risultavano oscuri in greco o che ponevano problemi teologici. Andrebbe preventivamente dimostrato che la Peshitta è indipendente dal testo dei sinottici e testimonia una fonte più antica e autorevole.

    L'espressione che ho riportato è sicuramente un'espressione dalle origini molto più antiche del testo Greco e si ricollega al messaggio dei profeti del Tanach che poi sarebbe il reale messaggio ripreso dai Vangeli sulla missione di Jeshua.
    Per questo motivo sono portato a credere che questa versione sia più genuina di quella Greca. È molto più probabile che la predicazione di Jeshua sia stata diffusa all'inizio principalmente nelle regioni della dispersione Assira, luoghi dove la lingua franca era l'Aramaico e dove gli Apostoli andarono a ministrare in accordo con la stessa disposizione di Jeshua di cercare prima "le pecorelle disperse della Casa di Israele".

    A parte tutto questo poi Hard, non credo che dare importanza alla "maggioranza" degli esegeti sia un criterio attendibile.
    Concordo comunque sul fatto che andrebbe fatta luce sulla questione dell'autorevolezza del testo Aramaico.

    Nel frattempo pensavo che un altra interpretazione di Matteo 10:23 potrebbe essere che i discepoli di Jeshua non sarebbero riusciti a predicare il Suo Vangelo in tutte le città di "Israele" (inteso geograficamente come l'area del regno unico, come quello sotto Davide per esempio) prima del ritorno di Jeshua nel senso che sarebbero dovuti scappare prima a causa delle persecuzioni per non riuscire più a completare l'opera durante le loro vite.
    La stessa spiegazione è comunque applicabile anche all'interpretazione della "casa" di Israele.

    Le parole di Jeshua che precedono il versetto 23 comunque lasciano ad intendere un discorso più generico ed estensibile a tutti i Suoi discepoli, presenti e futuri e non solo ai dodici.

    Shalom
     
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  5. Hard-Rain
     
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    Jesus, il fatto che sia vicino al modo di pensare e scrivere dei Giudei non significa che sia più antica solo che la versione era destinata prevalentemente a un certo tipo di pubblico.

    La stragrande maggioranza degli studiosi sono d'accordo con te che non sia un criterio valido in assoluto, oltretutto a volte gli studiosi esprimono idee di parte o persino non sufficientemente approfondite (vedi il caso di Pesce su 1 Tess. e i canonici che abbiamo discusso). Tuttavia per stabilire delle gerarchie nei testi si utilizzano principi oggi abbastanza consolidati, consistenti in complesse analisi linguistiche, confronto con altri manoscritti (collazioni) sugli errori e le varianti, ecc... Questi metodi che si applicano a tutte le tipologie di manoscritti (testi classici, religiosi, romanzi, ecc...) nel caso specifico tendono a dare come risultato una dipendenza della Peshitta dal testo greco. Comunque accolgo la tua osservazione secondo cui la critica testuale, in ogni caso, non è una scienza esatta anche se offre almeno un metodo. Io sono tra l'altro un grande "tifoso" della derivazione semitica del Nuovo Testamento greco, come traduzione da documenti ebraici/aramaici più antichi.
     
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  6. Jesuslives
     
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    CITAZIONE (Hard-Rain @ 10/11/2007, 12:57)
    Jesus, il fatto che sia vicino al modo di pensare e scrivere dei Giudei non significa che sia più antica solo che la versione era destinata prevalentemente a un certo tipo di pubblico.

    Beh, nel nostro caso specifico questo dovrebbe essere una conferma di autenticità credo (Matteo 10:6;15:24).

    CITAZIONE (Hard-Rain @ 10/11/2007, 12:57)
    La stragrande maggioranza degli studiosi sono d'accordo con te che non sia un criterio valido in assoluto

    Meno male... :D

    CITAZIONE (Hard-Rain @ 10/11/2007, 12:57)
    Tuttavia per stabilire delle gerarchie nei testi si utilizzano principi oggi abbastanza consolidati, consistenti in complesse analisi linguistiche, confronto con altri manoscritti (collazioni) sugli errori e le varianti, ecc... Questi metodi che si applicano a tutte le tipologie di manoscritti (testi classici, religiosi, romanzi, ecc...)

    Certo, non volevo critiare l'autorevolezza o l'utilità del metodo scientifico. Semplicemente non da garanzie assolute.

    CITAZIONE (Hard-Rain @ 10/11/2007, 12:57)
    Io sono tra l'altro un grande "tifoso" della derivazione semitica del Nuovo Testamento greco, come traduzione da documenti ebraici/aramaici più antichi.

    Non avevo ancora messo a fuoco questo tuo aspetto. ;)

    Shalom
     
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  7. mErA
     
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    CITAZIONE (Jesuslives @ 10/11/2007, 12:09)
    Vorrei riportare questa traduzione interlineare della versione Aramaica "Peshitta" di Matteo 10:23.

    Personalmente ho trovato molto interessante l'espressione "casa di Israele" relativa alle città che i discepoli di Jeshua non sarebbero riusciti a visitare tutte prima del Suo ritorno.

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    Cliccare sull'immagine per vedere l'ingrandimento.
    Con un rettangolo blu ho indicato l'espressione che mi ha incuriosito.

    Se quest'espressione ha lo stesso valore dell'espressione profetica omonima allora si può interpretare il verso intendendo con le suddette "città" tutti i luoghi di dispersione delle tribù perdute dell'antico Regno di Samaria (o Efraim), quelle che Jeshua sarebbe venuto a riscattare con la diffusione della Sua predicazione.
    Ciò, a mio avviso, ammetterebbe quindi un'interpretazione temporalmente più dilatata ed indefinita della profezia.

    Shalom

    Interessantissimo
     
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  8. Hard-Rain
     
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    Volevo ritornare un istante su 1 Tess. 4:15-17 per comprendere meglio l'opinione di Jesuslives.

    Riporto il passo in una traduzione fedele dal testo greco:

    1 Tess. 4:15-17 - Vi diciamo questo nella parola del Signore, che noi i viventi, i rimasti fino alla venuta del Signore, non precederemo coloro che si sono addormentati, che il Signore stesso, con grido, voce di arcangelo e tromba di D-o, scenderà dal cielo e prima risorgeranno i morti in Cristo; poi noi i viventi, i rimasti, verremo rapiti insieme con loro, nelle nubi, a incontrare il Signore nell'aria; e così saremo sempre con il Signore.

    Il testo greco legge in 1 Tess. 4:15

    hêmeis hoi zôntes hoi perileipomenoi eis tên parousian tou kuriou

    Ora, hêmeis in greco è il pronome "noi" al plurale, quindi hêmeis hoi zôntes hoi perileipomenoi significa esattamente "noi i viventi, i rimasti". Zôntes è proprio il participio presente del verbo "vivere", al plurale, significa proprio "i viventi" e funge in pratica da participio sostantivato. Anche perileipomenoi è un participio che ha senso di "rimasti", "coloro che sono ancora lì".

    Il significato di hêmeis io lo vedo in rapporto a Paolo e alla comunità alla quale scrive. Una epistola prevede un mittente e un destinatario, il "noi" mi sembra che possa alludere a Paolo e ai membri di quella comunità (per estensione, vale per i membri di tutte le comunità e per i cristiani). Se spezziamo il legame con la comunità bisogna dire che il "noi" riguarda soltanto Paolo e qualcun altro non definito, un gruppo scelto, chi?

    La presenza di hêmeis non può portare a leggere il testo come se dicesse: "Vi diciamo questo nella parola del Signore, che i viventi, i rimasti fino alla venuta del Signore, non precederemo coloro che si sono addormentati", altrimenti il senso della frase sarebbe ben diverso. Se togliamo il "noi" allora si generalizza il discorso. Ma il testo greco ha il "noi"/hêmeis (non solo in questo verso ma anche in 1 Tess. 4:17) che implica che anche Paolo deve far parte di questi vivi che si troveranno a vedere - da vivi - la venuta del Signore.

    Anche in 1 Tess. 4:17 il testo va letto esattamente: "quindi noi, i vivi, i superstiti, saremo rapiti insieme con loro tra le nuvole, per andare incontro al Signore nell'aria", non "quindi i vivi .... andaranno incontro al Signore nell'aria". Ancora una volta quel "noi" comprende Paolo, che è dunque tra coloro che sono ancora in vita quando viene il Signore.

    Si potrebbe pensare che "i viventi" abbia un significato esoterico, cioè Paolo non pensi a persone vive in carne ed ossa ma ai "viventi" nel senso degli "eletti" o di una cosa del genere. Ma a mio avviso il contrasto appunto con i morti di cui si parla nei versi precedenti esclude questo significato. Anche questi morti erano dei giusti, dei buoni cristiani, e verranno risuscitati e anche loro andranno incontro al Signore nell'aria, anzi Paolo dice chiaramente che "non avremo alcun vantaggio su coloro che sono morti". Quindi sta proprio parlando di cristiani morti e vivi in senso fisico.

    A me sembra che Paolo sia molto sicuro della venuta di Gesù imminente e che pensi di essere ancora vivo quando si verificherà. In alternativa avrebbe dovuto dire: "Noi, nel caso fossimo ancora viventi per la venuta del Signore, ecc...." ma l'interpretazione del testo greco non è questa. Anche perchè se circolava una profezia secondo cui Gesù negli anni '30 aveva predetto la fine del mondo nello spazio di una generazione Paolo, che scrive negli anni '50, doveva sentirla prossima.

    Shalom.
     
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    אריאל פינטור

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    Cari amici,
    penso che la tensione escatologica e la convinzione della imminente parusia del Signore fosse grandissima negli anni successivi alla morte di Gesù, qiuindi la mirabile analisi di Hard sembra molto convincente soprattutto se la stesura dei sinottici è cronologicamente più lontana dalle epistole paoline.
    Giustamente si nota una attenuazione della preoccupazione escatologica procedendo verso il vangelo di Giovanni che è certamente il più tardivo.
    pare anche a me che il Noi di Paolo sia diretto e chiaro dal mittente al destinatario.
    Mi arriva, a proposito del brano citato di Matteo:"Quanto poi a quel giorno o a quell'ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli del cielo e neppure il Figlio, ma solo il Padre" (Mt. 24:36 e Mc. 13:32)", di pormi una domanda:
    Gesù ha anche affermato "Nessuno conosce il Padre se non il Figlio e nessuno conosce il Figlio se non il Padre".
    Allora perchè nemmeno al Figlio è dato di conoscere il giorno o l'ora?
    Questa "contraddizione" non potrebbe forse rispondere effettivamente ad un tentativo, nei sinottici di giustificare o di attenuare la mancata realizzazione delle speranze escatologiche, ritenute dapprima imminenti ?
    che ne pensate?
    Nagev

     
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  10. Jesuslives
     
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    CITAZIONE (nagev @ 11/12/2007, 23:21)
    Mi arriva, a proposito del brano citato di Matteo:"Quanto poi a quel giorno o a quell'ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli del cielo e neppure il Figlio, ma solo il Padre" (Mt. 24:36 e Mc. 13:32)", di pormi una domanda:
    Gesù ha anche affermato "Nessuno conosce il Padre se non il Figlio e nessuno conosce il Figlio se non il Padre".
    Allora perchè nemmeno al Figlio è dato di conoscere il giorno o l'ora?
    Questa "contraddizione" non potrebbe forse rispondere effettivamente ad un tentativo, nei sinottici di giustificare o di attenuare la mancata realizzazione delle speranze escatologiche, ritenute dapprima imminenti ?
    che ne pensate?

    A me non sembra una contraddizione.

    Shalom
     
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    אריאל פינטור

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    grazie per la tua esauriente risposta, jesus.
    ora ho le idee molto più chiare.
    Pax et bonum.
     
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10 replies since 10/11/2007, 11:38   366 views
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