Il suono dello Shofar

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    אילון

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    [Il testo della canzone del video sostituisce l'ultima parte con strofe "antimilitariste", l'ho scelto per la qualità del canto e per la modernità e suggestività dell'arrangiamento]



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    1."Un capretto, un capretto che mio padre comprò per due zuzim (due soldi).
    Un capretto, un capretto".
    Secondo una tradizione, il padre cui si fa riferimento nel canto è il Dio di Abramo, che regnava in solitudine
    prima della creazione di ogni cosa. Il capretto è invece lo stesso Abramo, che fu comprato per due soldi.
    Acquistare qualcosa implica la necessità di attribuire al denaro lo stesso valore di quello che vogliamo
    acquisire. I due zuzim, le due monete d’oro, rappresentano l’intera creazione (il cielo e la terra), il Regno di
    Dio, che vale esattamente quanto Abramo, il primo uomo a riconoscere l’opera del Creatore.
    La prima strofa rappresenta quindi un Dio solo con se stesso, come era prima della creazione.
    2."E venne il gatto, che mangiò il capretto, che mio padre comprò..."
    Il gatto (in aramaico ’Shunra’) rappresenta il secondo regno, quello di Babilonia. La capitale del re Nimrod,
    si trovava nella valle di ’Shinar’, e la scomposizione di questa parola (’sonehra’, una altezza malefica)
    richiama la celebre Torre di Babele, vanamente slanciata verso le altezze celesti. Nimrod, che odiava il
    Creatore e il suo messaggero Abramo, venne e mangiò il capretto. La tradizione ebraica infatti racconta che il
    profeta fu gettato nelle fiamme di una fornace ardente, da cui uscì però miracolosamente come una nuova
    creatura.
    3."E venne il cane, che morse il gatto, che..."
    Il cane simboleggia il terzo regno, quello del Faraone, che morse il gatto di Babilonia. "Un cane - insegna la
    tradizione ebraica - ritorna sui propri escrementi, così come un pazzo alla sua follia". Esattamente come il re
    d’Egitto che a dispetto delle piaghe illustrate nel libro dell’Esodo continuava a rifiutare la libertà al popolo
    ebraico. L’Egitto superò Babilonia nella potenza senza mai affrontare uno scontro militare diretto. Per questo
    motivo ’morsÈ, ma non mangiò l’avversario.
    4."E venne il bastone, che picchiò il cane, che..."
    Il bastone è la verga che Dio consegnò a Mosè per colpire gli Egizi. Lo strumento prodigioso che si tramutava
    in serpente, toccava le acque del Nilo per tramutarle in sangue e spezzò, infine, la dura schiavitù.
    Simboleggia il quarto regno, quello di Israele sulla propria terra, dove gli ebrei, sotto il segno dello scettro (di
    nuovo il bastone) del regno di Giuda costruirono il Santuario di Gerusalemme. Fino a quando non venne il
    fuoco... 5."E venne il fuoco, che bruciò il bastone, che..."
    Quando il popolo ebraico si allontanò dall’insegnamento della Torà, un leone di fuoco scese dal cielo,
    prendendo le forme del regno Babilonese di Nabuccodonosor, il quinto nella storia del capretto, e bruciando
    il bastone (il potere temporale) di Israele. Il tempio fu divorato delle fiamme, gli ebrei deportati in schiavitù.
    E contro il fuoco non c’è altro rimedio che l’acqua...
    6."E venne l’acqua, che spense il fuoco, che..."
    Il sesto regno è quello di Persia e di Media, le cui fortune si sollevarono come le onde del mare sommergendo
    la potenza di Babilonia. "Le loro voci ruggiscono come le onde marine", scrive il profeta Geremia riferendosi
    alla Media.
    7."E venne il bue, che bevve l’acqua, che..."
    Il toro è il segno celeste che secondo la tradizione ebraica contraddistingue le fortune della Grecia. Una
    presenza associata dai saggi del Talmud all’oscurità spirituale. I greci cercarono di oscurare la vista degli
    ebrei, riproponendo loro l’immagine del bue e ricordando loro di aver perduto la connessione con il Creatore
    a causa dell’episodio legato a un quadrupede della stessa specie, il vitello d’oro. Il Toro della Grecia
    macedone si bevve in un sorso l’acqua della Media.
    8."E venne lo shohet, che uccise il bue, che..."
    Il destino del bue di Macedonia finì nelle mani dello shohet di Roma. Nessun’altra cultura più di Roma,
    secondo la tradizione ebraica, è tinta con maggior decisione nel rosso del sangue. Affermatosi sotto il segno
    guerresco del pianeta Marte, il regno di Romolo è il discendente spirituale di Esaù, primo figlio di Isacco, che
    nacque, secondo la Genesi, coperto su tutto il corpo del rosso di una peluria e fu soprannominato Edom, il
    Rosso, dopo l’episodio del “piatto di lenticchie” definito in realtà nella Torà “roba rossa”. Roma rappresenta
    il dominio della cultura materialistica, lo stesso al quale, attraverso il potere dei suoi eredi spirituali,
    sottostiamo, secondo la tradizione rabbinica, ancora oggi.
    9."E venne il Malah hamavet, e uccise lo shohet, che..."
    I Maestri ci insegnano che l’arrivo del Messia sarà preceduto da un periodo di grande confusione, durante il
    quale l’ordine naturale è destinato ad essere sovvertito. La vecchiaia sembrerà gioventù, la bruttura sarà
    decantata come bellezza e la vera bellezza sarà presentata in maniera repulsiva. La barbarie sarà spacciata per
    cultura. E la cultura apparirà vuota di significati. La brama di consumare e di possedere crescerà a dismisura,
    ma troveranno sempre meno occasioni di placare la propria voracità.
    Il materialismo rappresentato da Roma e da Esaù sarà percorso da una rapacità che lo condurrà
    all’autodistruzione, fino a divenire l’angelo della morte nei suoi stessi confronti. Ma da questa caduta
    risorgerà la dinastia messianica del re David. Secondo i profeti vi saranno tre guerre e quindi l’avvento del
    penultimo regno, quello del Messia.
    10."E venne l’Unico, benedetto egli sia, e uccise il Malah hamavet, che
    uccise..."
    Siamo al capitolo finale della nostra vicenda. Alla decima strofa il cerchio si chiude con il necessario ritorno
    al punto di partenza. L’Eterno rimuoverà definitivamente tutto il veleno spirituale cosparso sulla terra. Anche
    l’istinto di fare il male (l’angelo della morte) sarà sradicato. Allora Dio, promette il Talmud, asciugherà le
    lacrime da ogni viso e riprenderà possesso del Suo Regno. Solo quando il circolo sarà completo la gioia potrà
    regnare in un riconciliato rapporto fra l’uomo e il suo Creatore.

    Edited by ashkenazi - 9/7/2017, 09:53
     
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    Sono scioccato :blink: Credevo che "Alla fiera dell'est" fosse solamente una canzone per bambini, e non un canto ebraico dal significato così complesso e profondo :blink: Non si finisce mai di imparare :blink:
     
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    Ma è proprio la fiera dell EST ?
    Tra l'altro Branduardi ha anche fatto una canzone sul Qoelet Video

    Edit ,
    infatti leggo ; il brano è un adattamento di un canto pasquale ebraico dal titolo Chad Gadyà, ed è stata utilizzata nella cover cantata dall'israeliano Shlomi Shabat, in uno spot per la compagnia telefonica Pelephone.

    EDIT II

    E adesso che ci penso ce anche " Cogli la prima mela " :D

    Edited by dovellonsky - 1/9/2014, 08:56
     
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  5. Mythos2011
     
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    User deleted


    www.youtube.com/watch?v=f7KrKbo1xhU

    SHABBAT SHALOM
     
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    Branduardi non era ebreo, vero? :D
     
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5 replies since 22/9/2013, 17:55   589 views
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