Consulenza ebraica per lo studio del Cristianesimo e dell'Islam

Posts written by bgaluppi

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    Nel versetto il termine è in opposizione a κύριος, "signore", e va compreso all'interno del rapporto maestro-discepolo: “Un discepolo non è superiore al maestro, né un servo superiore al suo signore.” (Mt 10:24) Yeshùa, per interrompere una sciocca disputa tra i discepoli, aveva dichiarato che chi ama veramente è colui che si fa servo del fratello: “chiunque tra di voi vorrà essere primo, sarà vostro servo” (Mt 20:27). Naturalmente, si tratta di linguaggio figurato, da non prendere alla lettera, ossia "è grande colui che si fa piccolo"; in Gv 13:16 aveva detto: “In verità, in verità vi dico che il servo non è maggiore del suo signore, né il messaggero è maggiore di colui che lo ha mandato.”; e lui stesso dichiara: “anche il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire” (Lc 16:13). Il Messia non è forse il servo di Dio? Come Israele è servo di Dio? Dio forse considera il Messia e Israele come servi in senso letterale?

    E poi, chi dice che Yeshùa era "divino"? Non certamente le Scritture Greche. :)
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    Abramo, però la tua domanda è molto importante: "Perché era un gran giorno? Cosa intendeva dire l'autore con questa importante specificazione?"

    Ti risulta che il testo tradotto in ebraico dica “ky-erev shabbàt hayàh vegadòl yòm hashabbàt hahù”? Non si parla di shabbath hagadol, ma di "sera del sabato e giorno grande". Gli altri vangeli sono concordi, solo Giovanni riferisce questo particolare. Ora, le cose sono due: o Giovanni si sbaglia, oppure il termine "giorno grande" si riferisce a qualcosa di particolare, che non è il sabato settimanale coincidente con il 15 nissan. I vangeli sono stati scritti a posteriori, alla luce degli eventi; perché per Giovanni (e non per gli altri) quello w’gadol yom haShabbat hahu’ ?
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    Yeshùa, infatti, non stava parlando alle folle, ma ai suoi discepoli:

    “Gesù, vedendo le folle, salì sul monte e si mise a sedere. I suoi discepoli si accostarono a lui, ed egli, aperta la bocca, insegnava loro dicendo:” (Mt 5:1,2).

    “tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva un potere che guariva tutti. Egli, alzati gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:” (Lc 6:19,20)

    Leggendo attentamente, si capisce che, in realtà, Yeshùa fuggì dalla folla che lo seguiva e gli stava addosso. Sedutosi, si mise ad insegnare ai suoi discepoli, non alle folle. E ai suoi discepoli non si rivolgeva come si sarebbe rivolto ai maestri di Israele durante una discussione; peraltro, non credo che avrebbe mai partecipato ad una discussione "tradizionale", visto come si poneva nei confronti del modo in cui si faceva uso della tradizione ai suoi tempi. Ecco invece come normalmente si rivolgeva ai suoi:

    “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi. Nessuno ha amore più grande di quello di dare la sua vita per i suoi amici. Voi siete miei amici, se fate le cose che io vi comando. Io non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo signore; ma vi ho chiamati amici, perché vi ho fatto conoscere tutte le cose che ho udite dal Padre mio.” - Gv 15:12-15
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    Caro Abramo, in modo davvero sincero vorrei dirti quanto preziose sono le tue spiegazioni. Per il forum di Biblistica sono una grande risorsa nel controbattere alle spesso strampalate teorie che vengono proposte da religiosi di vario tipo. Un grazie davvero sincero!

    Scusa se non ti rispondo ancora su alcuni commenti nella discussione sul sermone della montagna ma sono un po' preso in questi giorni e non ho il tempo materiale per dedicarmi alla scrittura in modo approfondito.
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    Vero, Abramo, Avevo imparato questo da un commento di Rashi. Questo versetto è spesso interpretato male.
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    Abramo, intanto ti ringrazio per la dettagliata risposta su Mal 2:15, poi ti risponderò sulle altre cose.
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    Ciao Abramo, ho letto il versetto di Mal 2:16 col senso che proponi tu e funziona molto bene. Mi piacerebbe conoscere la traduzione corretta del v. 15, perché noto interpretazioni diverse:

    “Ma, direte voi, non ce n'è uno che fece così? E tuttavia, lo Spirito rimase in lui. Ma perché quell'uno lo fece? Perché cercava la discendenza promessagli da Dio. Badate dunque al vostro spirito e nessuno agisca slealmente verso la moglie della sua giovinezza.” (NR)

    “Non fece egli un essere solo dotato di carne e soffio vitale? Che cosa cerca quest'unico essere, se non prole da parte di Dio? Custodite dunque il vostro soffio vitale e nessuno tradisca la donna della sua giovinezza.” (CEI)

    “E ci fu uno che non [lo] fece, poiché aveva ciò che rimaneva dello spirito. E che cercava quello? Il seme di Dio. E voi vi dovete guardare rispetto al vostro spirito, e nessuno agisca slealmente verso la moglie della sua giovinezza.” (TNM)

    “Now did He not make one who had the rest of the spirits? Now what does the one seek of the seed of God? Now you shall beware of your spirit, that it shall not deal treacherously with the wife of your youth.” (Rosenberg)

    ???
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    No, non l'hai detto tu, l'ho detto io. ;) Le terribili persecuzioni che gli ebrei hanno subìto dai Romani sono purtroppo una realtà. Sono perfettamente d'accordo con le tue parole (magari non con l' "ipotetico" :) )
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    Giusto ashkenazi, il riferimento è a 2Sam 1:6. Il Vangelo di Matteo ama mettere in evidenza la messianicità di Yeshuàh. La frase più ricorrente è “affinché si adempisse quello che era stato detto dai profeti”. Mi pare che quella frase, infatti, compaia solo in Matteo. Non credo che l'intento dell'agiografo, dunque, fosse quello di suscitare odio nei confronti degli ebrei, ma, appunto, quello di esaltare la messianicità di Yeshuàh.
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    CITAZIONE
    Pertanto l'errore Gesù lo fece ed è un errore molto grave perché la Torà non insegna ad odiare il nemico.

    La citazione in questione non era quella sull'odio per il nemico (forse proveniente dalla corrente degli esseni) ma "Non uccidere: chiunque avrà ucciso sarà sottoposto al tribunale". Questa citazione è un costrutto di vari passi della Torah e sembra essere un insegnamento orale.

    CITAZIONE
    Pertanto qualunque ebreo del periodo di Gesù (egli compreso), non avrebbe mai usato la formula שנאמר="come fu detto", durante un insegnamento, per riferirsi ad una tradizione orale. Questo è impossibile alla luce degli scritti ebraici

    Yeshùa dice "avete udito che fu detto", e parlava ai discepoli, non ai maestri di Israele; da chi avevano udito? Il discorso non è una discussione tra studiosi, e I Vangeli non possono essere paragonati alla Mishnàh; essi erano diretti anche agli stranieri; infatti sono scritti nella lingua internazionale di allora, il greco koinè, proprio perché i destinatari non sarebbero stati solo ebrei. Voglio dire che il modo in cui la narrazione presenta i discorsi di Yeshùa non può essere criticato nella forma per dimostrarne l'inattinenza con la letteratura ebraica, proprio perché i Vangeli non hanno nulla a che fare con la letteratura ebraica. Essi sono dei resoconti di avvenimenti in forma narrativa destinati anche e soprattutto a lettori stranieri. Luca non riporta le parole di Yeshùa allo stesso modo, ma i contenuti sono gli stessi; lo stile e i termini usati, dunque, cambiano a seconda dell'agiografo. Di fatto, noi non sappiamo come Yeshùa parlò esattamente, tantomeno quando disquisiva con i maestri di Israele.

    Edited by bgaluppi - 12/12/2016, 22:21
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    Abramo, ti rispondo per adesso partendo dal tuo ultimo commento su "nel principio non era così". Tu dici:
    CITAZIONE
    Dal principio? Da quale periodo esattamente? [...] Ma come prima della violazione adamica? A che sarebbe servito allora un divorzio se c'era ancora una sola donna? Non ce n'era ancora un'altra per poterla sposare.

    Yeshuàh cita Bereshit non come testmonianza storica, ma come insegnamento; infatti, al tuo ragionamento logico potrei rispondere con un altro ragionamento: “Perciò l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e saranno una stessa carne.”. Quali "padre e madre", se i primi due non ne avevano perché creati direttamente da Dio? È ovvio che queste parole di Bereshit non siano riferite ad Adamo ed Eva nello specifico (è Adamo che parla), ma costituiscano un insegnamento, rivolto a tutti noi. A mio modesto parere, Yeshuàh dice che “in principio non era così”, intendendo che il proposito iniziale di Dio per la coppia non fu quello di far unire i due perché poi si dividessero di nuovo; il divorzio non era proprio contemplato. E Adamo sembra comprendere perfettamente questo insegnamento. Una stessa carne non può essere divisa.

    L'interpretazione tradizionale, se non sbaglio, individua quella "sola carne" nel feto che nasce in seguito all'unione fisica dei due; ma si tratta appunto di un'interpretazione (Sanh. 58a), poiché il testo non parla di alcun feto, anzi il soggetto del discorso si incentra intorno ai due, che lasciano la famiglia (padre e madre) e si uniscono, divenendo una cosa sola, come l'Adàm originariamente conteneva ambedue le parti, maschile e femminile. Essi sono come una persona che vede l'altra come in uno specchio. Questa è la mia lettura. Se non esistesse un'interpretazione orale del versetto, sarebbe possibile intendere un riferimento al feto?

    Edited by bgaluppi - 12/12/2016, 17:54
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    Grazie Abramo per la tua risposta. A dir vero ne sono onorato, perché ti leggo spesso e ammiro la tua conoscenza.
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    Si, vero ashkenazi. Ma i cristiani sembrano dare più peso alle loro tradizioni che alla Scrittura... Ciò che è interessante, secondo me, è il fatto che Yeshuàh affermi come il divorzio fu consentito da Mosè "per la durezza del cuore" di quelli di allora, cioè perché non erano in grado di comprendere e non erano pronti. Mosè, dunque, fece ciò che era giusto fare, poiché lui era guidato da Dio, e ciò che fece contribuì a migliorare notevolmente la condizione della donna all'interno della comunità, e in generale il senso morale. E Yeshuàh aggiunge: “ma da principio non era così” (19:8), ossia prima della violazione adamica. Il discorso di Yeshuàh punta a riavvicinare alla condizione originaria, in cui l'unione tra uomo e donna, sancita da Dio come due parti di un unico "essere", è indivisibile. Se è Dio ad unire, chi è l'uomo per dividere?

    PS. Conosco l'interpretazione classica, secondo cui l'unione delle carni è rappresentata, in realtà, dalla discendenza (i figli), ma non la condivido affatto per l'eccessivo pragmatismo e razionalismo, che annulla la bellezza dell'unione spirituale. La parola di Dio può essere svuotata del suo significato spirituale?
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    Si, leviticus, sono argomenti interessanti. Un nostro utente ebreo, in una diatriba sulle tradizioni ebraiche e cristiane (della Chiesa Cattolica), ha scritto quella che secondo me è una grande verità: “Le tradizioni sono accettate, questo vale per tutti, ebrei e cristiani. Devono solo non essere in contrasto con quello che è il testo, non importa se del tanach o quello dei Vangeli.”

    Questo è il senso che sto cercando di esprimere. Yeshuàh aveva ragione a criticare certe tradizioni oppure esse devono essere accettate e basta, come se fossero "parola di Dio"? Il fatto che all'interno di Israele esistessero correnti diverse e addirittura in contrapposizione dimostra, secondo me, come le tradizioni non debbano essere sostituite al testo scritturale, fino ad annullarlo. Yeshùa afferma che “ fu detto agli antichi: "Non uccidere: chiunque avrà ucciso sarà sottoposto al tribunale"”; e aggiunge: “io vi dico: chiunque si adira contro suo fratello sarà sottoposto al tribunale; e chi avrà detto a suo fratello: "Raca" sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli avrà detto: "Pazzo!" sarà condannato alla geenna del fuoco. Se dunque tu stai per offrire la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia lì la tua offerta davanti all'altare, e va' prima a riconciliarti con tuo fratello; poi vieni a offrire la tua offerta” (Mt 5:21-24).

    Fu detto da chi? Le parole che Yeshuàh cita originano da varie parti della Torah: Gn 9:6; Es 20:13; Dt 5:17; Lv 24:17; Dt 17:9. Quella frase che Yeshuàh cita non compare sul testo scritto così com'è. Yeshuàh, infatti, non dice "è scritto", ma "fu detto", facendo evidentemente riferimento ad una tradizione orale. Al modo rabbinico, egli cita ciò che fu detto e aggiunge "E io vi dico", non "ma io vi dico", come viene comunemente tradotto (quindi non intende annullare ciò che cita, ma aggiunge il suo insegnamento).

    Il suo insegnamento, tra l'altro, va a toccare l'aspetto della necessità della purificazione, ed è conforme a Is 1:12,13,16,: “«Quando venite a presentarvi davanti a me, chi vi ha chiesto di contaminare i miei cortili? Smettete di portare offerte inutili; l'incenso io lo detesto; e quanto ai noviluni, ai sabati, al convocare riunioni, io non posso sopportare l'iniquità unita all'assemblea solenne.[...] Lavatevi, purificatevi, togliete davanti ai miei occhi la malvagità delle vostre azioni; smettete di fare il male;[...] Poi venite, e discutiamo», dice il Signore”.

    Dunque, non si tratta più solo di non uccidere per non essere giudicati; ora bisogna anche imparare ad essere puri sotto ogni aspetto. Non solo chi uccide sarà giudicato, ma anche chi porta rancore verso un fratello. E questo è perfettamente conforme alla Torah. Troppo spesso ci fermiamo sui dettagli e non cogliamo il senso profondo delle cose.

    Edited by bgaluppi - 12/12/2016, 13:05
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    Mi interessava capire se il termine che la LXX traduce con μισέω (misèo), che in ebraico è שָׂנֵא, può avere questa doppia valenza come in greco: odiare o non preferire. Ciò è evidente in alcuni casi nei Vangeli. Esempio da citare è Lc 14:26: “Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e persino la sua propria vita, non può essere mio discepolo”, che il versetto parallelo di Mt 10:37 traspone nella forma col suo giusto significato: “Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; e chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me”.

    Comunque, bisogna ricordare che i loghia di Yeshuàh che Matteo usa sono spesso raggruppati senza che necessariamente sia seguito un procedimento narrativo preciso e temporalmente ordinato. Matteo tendeva a raggruppare per argomenti, creando delle vere e proprie sezioni, quindi può essere difficile, a volte, capire il perché dell'uso di certe espressioni. Inoltre, è necessario leggere bene ciò che sta dicendo Yeshuàh, e ricordare che il cosiddetto sermone della montagna non era rivolto alle folle, ma ai suoi discepoli: “Voi avete udito che fu detto...” (Ἠκούσατε ὅτι ἐρρέθη); chi disse a chi? Se avesse voluto citare la Scrittura avrebbe detto “sta scritto”, come in Mt 4:7;10; 21:13 etc. Al v.33 dice: “Avete anche udito che fu detto agli antichi”, riferendosi ai saggi. Un ebreo mi ha spiegato che “nel linguaggio ebraico "fu detto" è solitamente riferito ai profeti, quando invece ci si riferisce al Pentateuco si dice "come è scritto".”. Ma i Vangeli non sono proprio un trattato tradizionale... Yeshuàh usa “fu detto” e “fu detto agli antichi” in riferimento al Tanàch e poi dice “fu detto” in riferimento ad una frase che non esiste sul Tanàch ("odia il tuo nemico"). Ma in altri casi usa la formula "sta scritto", sempre in riferimento ala Torah o al Tanàch. È necessario dunque esaminare bene il contesto e immedesimarsi nella situazione per scoprire il motivo di questo uso tradizionalmente improprio di certe espressioni.

    Yeshuàh non era prettamente conforme alla tradizione, e questo è un fatto; ma quale tradizione? Poiché di scuole di pensiero e di correnti interpretative ne esistevano diverse a quei tempi, come testimonia Flavio. In un altro versetto controverso, egli afferma, contro la tradizione, che certi precetti furono "tollerati" da Dio tramite Mosè, ossia che non rispecchiarono necessariamente la volontà di Dio ma furono stabiliti da Mosè per necessità. Mi riferisco a Mt 19:3-9:

    “Dei farisei gli si avvicinarono per metterlo alla prova, dicendo: «È lecito mandare via la propria moglie per un motivo qualsiasi?» 4 Ed egli rispose loro: «Non avete letto che il Creatore, da principio, li creò maschio e femmina e che disse: 5 "Perciò l'uomo lascerà il padre e la madre, e si unirà con sua moglie, e i due saranno una sola carne"? 6 Così non sono più due, ma una sola carne; quello dunque che Dio ha unito, l'uomo non lo separi». 7 Essi gli dissero: «Perché dunque Mosè comandò di scriverle un atto di ripudio e di mandarla via?» 8 Gesù disse loro: «Fu per la durezza dei vostri cuori che Mosè vi permise di mandare via le vostre mogli; ma da principio non era così. 9 Ma io vi dico che chiunque manda via sua moglie, quando non sia per motivo di fornicazione, e ne sposa un'altra, commette adulterio».”

    Infatti sta scritto: “«io odio [שָׂנֵ֣א] il ripudio», dice il Signore, Dio d'Israele; «chi ripudia copre di violenza la sua veste», dice il Signore degli eserciti. Badate dunque al vostro spirito e non siate sleali.” (Mal 2:16). Qui non c'è spazio per il ripudio giustificato da un atto scritto; questa è una condanna del ripudio in senso assoluto. Yeshuàh fa notare, a chi lo accusava secondo una certa tradizione, che l'unione del matrimonio è stabilita da Dio, come è scritto in Genesi, e quindi l'uomo non ha la libertà di separare ciò che Dio ha unito. Ciò è perfettamente conforme alle parole di Malachia. Tuttavia, Mosè, profeta e Maestro scelto da Dio, stabilisce ciò che è necessario in quel tempo, e Dio lo consente.

    Dunque, tornando alla frase "odia il tuo nemico" e all'uso delle parole "fu detto" e "fu detto agli antichi", credo che debbano essere inquadrate mettendosi nei panni di uno che, certamente, si pose in contrasto con certe tradizioni. La frase "odia il tuo nemico", ad esempio, può essere ricondotta alla regola della comunità degli esseni. Però, vorrei chiedere, ciò che dice ("E io vi dico") è conforme o non conforme alla Torah?

    Forse questa analisi potrebbe scaldare gli animi, e me ne rendo conto; ma voglio che sia chiaro che io nutro profondo rispetto per la tradizione e per Israel, senza il quale oggi io non esisterei neppure. La mia analisi è tesa esclusivamente a individuare le possibili ragioni dietro certe espressioni e comportamenti di Yeshuàh che non erano conformi ad una certa tradizione e che causarono la sua identificazione come eretico. Tuttavia, ribadisco, credo sia più importante analizzare il contenuto del suo insegnamento alla luce del Tanàch, piuttosto che soffermarsi su certi dettagli tecnici. Di fatto, Yeshuàh insegnò ad amare il proprio nemico, ossia a "non odiarlo" e "non giudicarlo"; e ciò è assolutamente conforme alla Torah:

    “Se incontri il bue del tuo nemico o il suo asino smarrito, non mancare di ricondurglielo. Se vedi l’asino di colui che ti odia caduto a terra sotto il carico, guardati bene dall’abbandonarlo, ma aiuta il suo padrone a scaricarlo”. – Es 23:4,5.
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