D-O, l'infinito e il relativismo di Yahshuah

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    CITAZIONE (bgaluppi @ 25/10/2018, 12:06) 
    Amos74 è un vero piacere parlare con te. È vero che il lògos era Dio, ma era anche presso Dio, come in Pr 8 in cui la sapienza personificata racconta di quando era presso Dio come un artefice, mentre Dio creava. Giovanni riprende esattamente Pr 8: la parola era in principio, era presso Dio come un artefice, ed era la sapienza di Dio, dunque era Dio che creava (per mezzo della Sua parola).

    “Nella Scrittura la “parola di Dio” denota comunemente il discorso [lògos significa discorso] indirizzato al patriarca o al profeta (Gn 15:1; Num 12:6;23:5; 1Sam 3:21; Amos 5:1-8); ma frequentemente denota anche la parola creatrice: “I cieli furono fatti dalla parola del Signore, e tutto il loro esercito dal soffio della sua bocca.” (Sl 33:6; cfr. “Poich’egli parlò, e la cosa fu”; “Egli manda la sua parola e li fa sciogliere [i ghiacci]”; “fuoco e grandine, neve e nebbia, vento impetuoso che esegui i suoi ordini”; Sl 33:9; 147:18; 148:8). In questo senso, è detto “Per sempre, Signore, la tua parola è stabile nei cieli” (Sl 119:89).” — Jewish Encyclopedia

    Le frasi di Gesù che i trinitari usano per sostenere la loro (pagana) dottrina sono da intendersi secondo il concetto di preesistenza ebraico, non cristiano.

    “Sette cose furono create prima che il mondo fosse: la Torah, il pentimento, il Giardino dell'Eden (ie. Paradiso), Gehinnom, il Trono della Gloria, il Tempio, e il nome del Messia” — Pesahim 54a.
    “Il Re Messia nacque fin dall'inizio della creazione del mondo, perché è entrato nella mente (di Dio), prima ancora della creazione del mondo.” — Pesiqta Rabbati 152b.

    Secondo questo pensiero, come sai, il Messia esiste da prima della creazione, ma non in senso letterale e fisico; come la Torah stessa, o il Tempio e il Giardino dell'Eden, il Messia entra a far parte della “mente” di Dio (se Dio può avere una mente), ossia del Suo progetto per l'essere umano a venire, già prima della creazione. È per questo che Gesù nei vangeli dice “io sono prima di Abraamo”, e il battezzatore “Colui che viene dopo di me mi ha preceduto, perché era prima di me” (Gv 1:15). :)

    Bgaluppi, il piacere è reciproco… :D :D :D Concordo con quanto tu affermi con grande competenza e rigore; il punto cruciale a mio avviso è che questi concetti ebraici, trasferiti nel contesto ellenistico-pagano in cui il cristianesimo si è sviluppato, hanno assunto caratteristiche lontane dalla loro essenza originaria.

    Lascio su questa complessa tematica la parola ad un riconosciuto maestro dell’Ebraismo sefardita di epoca moderna , il grande Rav Elia Benamozegh, autore tra l’altro della bellissima opera “L’origine dei dogmi cristiani”, di cui cito gli estratti dalle pagine 180-183 dell’edizione pubblicata da Marietti (ristampa del 2016):



    “Toccheremo ora la questione più grave, nel punto più vitale, il dissenso più profondo che abbia mai separato l’ebraismo dal cristianesimo, ossia la questione delle persone (la trinità, n.d.r.).
    Finché la Qabbalah è restata in seno all’ ebraismo affidata ad intelligenze abituate a tutta la ricchezza e la complicazione dei suoi simboli, a cuori attaccati alla morte al culto del monoteismo, finché non ha subito il tocco impuro del paganesimo, e non è stata esposta all'ignoranza, alla cattiva fede, alla cattiva scienza, alla filosofia pagana dei sapienti, essa, senza correre alcun pericolo, senza temere il disprezzo, gli equivoci, gli abbagli della folla, poté darsi tutte le libertà, poté utilizzare tutti i linguaggi, poté stendere al sole tutti i suoi colori, poté riempire l’aria di tutti i suoi profumi, poté parlare di emanazioni innumerevoli, di padri, figli, fratelli, sorelle, spose, di tutte le parentele, di genealogie senza fine, senza che un dottore, un fedele, arrivassero mai a dubitare della verità del monoteismo, della vera unità; impossibile, illusoria e puramente nominale senza l’unità delle persone (….)Invano si cercherebbe di fondare la teoria politeista delle tre persone ( la trinità, n.d.r.) sull’autorità della tradizione ebraica, la Qabbalah(…).Sopraggiunse il cristianesimo e, con le sue temerarie predicazioni, le sue precipitose divulgazioni, una inopportuna esposizione delle ricchezze metafisiche cabbalistiche agli occhi della folla abbagliata da quella lacerazione del velo, di cui si fece una gloria, rovesciò la posizione dell’ebraismo, mise, come nel paganesimo, il monoteismo all’interno e il politeismo all’esterno(…)
    Che cos’é l’unità delle persone, e che senso le si attribuisce? Nel linguaggio comune, nel linguaggio filosofico, una persona (che non si può concepire se non associata alla ragione e al sentimento) è una coscienza, una forza spirituale(…)E’ in questo senso che si dice che vi sono tre persone in Dio, ossia tre coscienze, tre individualità, tre esseri, che si conoscono e si sentono come perfettamente distinti l’uno dall’altro? Se è in questo senso che lo si intende, non vi è alcun dubbio, siamo in pieno politeismo, non abbiamo un solo Dio ma tre dei, e qualunque cosa si faccia per distruggere con una mano ciò che si costruisce con l’altra, aggiungendo che non sono che una sola sostanza, o le parole non significano più niente, tre persone, tre coscienze vogliono dire tre dei!”
     
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    Grazie Amos74 per l'interessante citazione. Acquisterò quel libro senz'altro. Effettivamente il cristianesimo, infiltrato dal paganesimo per via dell'imperatore Costantino, non ha risparmiato neppure certe frange dell'ebraismo. Ho riscontrato ad esempio la dottrina dell'immortalità dell'anima all'interno dell'ebraismo chassidico. Per fortuna non tutti i “cristiani” (termine che, tra l'altro, fu usato per la prima volta dai pagani ad Antiochia nei confronti dei discepoli di Gesù in tono dispregiativo, cfr. At 11:26) sono rimasti intrappolati nei dogmi. Ti cito due esempi:

    Scrive il pastore anglicano Maurice Wiles, Regius Professor of Divinity all’università di Oxford, nel suo The Making of Christian Doctrine, The Hulsean Lectures (Londra 1973; SCM Press, 1974):

    “Nella tradizione Cristiana, il Nuovo Testamento è stato letto attraverso il prisma di un credo conciliare che è venuto dopo... Parlare di Gesù come Figlio di Dio, aveva un significato molto diverso nel primo secolo da quello che è venuto ad avere dopo il Concilio di Nicea (325). La sua preesistenza dovrebbe, probabilmente in quasi tutti, o addirittura in tutti i casi, essere intesa, per analogia, come la preesistenza della Tora, per indicare l’eterno divino proposito che si sta compiendo attraverso lui, invece d’una preesistenza in senso completamente personale.”

    Scrive E. C. Dewick in Primitive Christian Eschatology, The Hulsean Prize Essay for 1908 (Cambridge University Press, 1912, pp. 253, 254):

    “Quando un Giudeo diceva che qualche cosa era “predestinata” egli la pensava già “esistente” in una sfera di vita più alta. La storia del mondo è così predestinata perchè è in un certo senso preesistente e conseguentemente stabilita. Questa concezione tipicamente Giudaica di predestinazione puo essere distinta dall’idea Greca di preesistenza attraverso la predominanza del pensiero di “preesistenza” nel proposito Divino.

    In The Doctrine of the Trinity: Christianity's Self-Inflicted Wound, di A. F. Buzzard e C. F. Hunting, leggiamo:

    “Avendo afferrato questo fatto elementare di teologia e di pensiero ebraico (e biblico), non dovrebbe essere difficile applicare il nostro intendimento ad altri passaggi dove lo stesso principio di “esistenza” seguita dalla reale manifestazione è trovato. Così Gesuù dice in Giov. 17:5: “... glorificami [adesso] con la gloria che io avevo con Te prima che il mondo fosse.”. In base a 2Cor. 5:1 un cristiano, nel futuro, dopo la resurrezione al ritorno di Cristo, potrà dire che ha adesso ricevuto quello che già “aveva” (era stato preparato) per lui nel piano di Dio. È detto che i Cristiani hanno un tesoro nei cieli (Marco 10:21), vuol dire, un premio conservato in Dio per adesso e destinato ad essere concesso nel futuro. E questo è soltanto per dire che essi, un giorno nel futuro “erediteranno il Regno preparato per [loro] sin dalla fondazione del mondo” (Matt. 25:34).
    Quando Gesù dice che egli “aveva” la gloria per la quale egli adesso prega (Giov. 17:5), egli semplicemente sta chiedendo per la gloria che egli sapeva essere stata preparata per lui da Dio fin dal principio. Quella gloria era esistita nel piano di Dio, ed in quel senso Gesù già la “aveva.” Notiamo che Gesù non ha detto “Dammi indietro” o “restituiscimi la gloria che io avevo quando ero vivo con Te prima della mia nascita”. Questa nozione sarebbe stata completamente estranea al Giudaismo. È del tutto superfluo ed in verità sbagliato leggere idee Gentili nei versi della Bibbia quando esprimono buon senso nel loro ambiente Giudaico. L’ onere spetta a quelli che credono in una preesistenza letterale di dimostrare che i versi non possono essere spiegati nel loro contesto Giudaico. E si dovrebbe ricordare che la Bibbia Ebraica, che ha tanto da dire sulla futura venuta del Figlio di Dio, non presenta alcun riferimento che suggerisca che il Messia fosse Dio destinato ad arrivare da una personale esistenza prenatale nei cieli. L’idea che Dio possa nascere uomo è un concetto estraneo all’ambiente Giudaico nel quale Gesù ha insegnato.”

    Aggiungo che i vangeli e le lettere apostoliche — cioè i testi del cosiddetto erroneamente “Nuovo Testamento” — hanno subìto una stratificazione di interpretazioni nel corso dei secoli, per cui oggi è davvero difficile leggerli senza essere condizionati in qualche modo da quelle interpretazioni. Oltretutto, i manoscritti greci in nostro possesso sono copie di copie e presentano alcune interpolazioni e “manomissioni”, fortunatamente identificate dall'ampio lavoro dei critici testuali.
     
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    CITAZIONE (Amos74 @ 25/10/2018, 13:04) 
    vogliono dire tre dei!”

    CITAZIONE (Amos74 @ 18/10/2018, 23:40) 
    Ebraismo: la sapienza di HaShem si incarna in un libro, la Torà

    Io non sono molto d'accordo sul dire che si "incarna" in un libro, ancorchè ci si stia riferendo alla 'sapienza di':
    quando si dice Torah, vedo che tutto l'insegnamento rabbinico appare orientato ad intendere la parola Torah piuttosto come "l'intero processo di insegnamento da generazione a generazione, trasmissione della conoscenza acquisita e educazione", è Torah tutta la tradizione che trasmette le sue riflessioni, è Torah ogni discussione e commento intorno al Tanach (il libro), che poi un libro, il Tanakh, faccia da collante, da fil rouge, da nucelo incandescente, è altro discorso, certamente tutto nella tradizione nasce là dove va anche a despositarsi.

    Una altra cosa su cui non sono d'accordo è che la questione stia solo nell 1 o 3, nel come mantenere l'unità nonostante il 3.
    Non è solo una questione del genere, ma il fatto che d-o si 'incarni', ovunque egli si incarni, o una sua qualità (la sapienza) si incarni. Questo è il problema. D-o o una qualsiasi parte di lui in nessun modo si "incarna", mentre è ammesso che l'anima (per chi vi crede ma non è dottrina, non è dogma) si può re-incarnare, ed è una unità singola che si re-incarna completamente (sempre e solo per chi vi crede, p.e. l'anima di Abele si re-incarna in Mosè)

    Si trovano invece queste immagini: D-o è presente, si mostra in qualche modo possibile, cammina con, si manifesta, garantisce una presenza (shekinah), e abita, l'arca dell'alleanza, il tempio tenda, successivamente il tempio, e la terra di Israele.

    Altrimenti potrei dire che si 'incarna' in Israele, ma notoriamente non è questa immagine che l'ebraismo adotta, piuttosto viene prediletta l'immagine della sposa Israele e dello sposo D-o, e/o stipula patti, o anche qualche altra cosa che ora mi sfugge. E se ad incarnarsi fosse metaforicamente la sua sapienza, allora potrei dire che si incarna in Israele, cioè in una comunità, e non in un individuo unico. E se si incarnasse nel libro scritto, allora fino a quel momento dovrei dire che non era 'incarnato', ma la Torah come insegnamento viene collocata (tralasciando la sua preesistenza) in un processo iniziato ben prima, di cui il libro semplicemente racconta. L'ebraismo dice che c'era Torah, legge e insegnamento, presso Noè, Abramo etc.

    D-o non si incarna, nessuna parte di lui si incarna, non si incarna nel messia/mashiach che è un unto e non una incarnazione.

    A parte che se si incarnasse o qualunque parte/porzione di esso si incarnasse, bisognerebbe giustificare l'esclusività, il perchè lo farebbe una volta sola, in una sola persona e non - per esempio - in molte, nel tempo o contemporaneamente, e a che cosa si deve questa "esclusiva", in quanto Gesù, a parte questa, non mi pare possieda alcuna caratteristica esclusiva che non sia appartenuta anche ad altri; non si è 'incarnato' nei profeti, casomai si è impossessato di essi, nè p.e. in Mosè, e a maggior ragione la sua sapienza, altrimenti chi meglio di Mosè avrebbe potuto essere il soggetto dell'"incarnazione" di tale sapienza? Eppure no, ha parlato a Mosè, ma non si è incarnato in Mosè, eppure non ci saranno altri come Mosè. In sostanza non ha alcun bisogno di limitarsi in n.1 'incarnazione' o di limitare la sua sapienza ad incarnarsi esclusivamente in una e quella persona.

    Inoltre ancora "credo in un unico Signore, Gesù Cristo, ... d-o da d-o, generato e non creato"
    Qui "generato e non creato" non si riferisce al Logos, ma a Gesù, il quale è cristo, cioè unto, e non risulta nell'ebraismo che una persona p.e. di nome Pinco-Pallino (che fa le veci di Gesù) 'unta' (un unto qualunque, p.e. un re qualunque, un kohen gadol qualunque) o il mashiach/messia, unto per antonomasia, sia per ciò o debba essere "generato e non creato".

    E il simbolo degli apostoli "o credo in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra
    e in Gesù Cristo, Suo unico Figlio, nostro Signore".
    Cioè un uomo di nome Gesù, che è unto, cioè cristo, è unico o unigenito figlio, ed è "Signore"
    ... la parola "Signore" è riservata a D-o non a un uomo, a nessun uomo, ancorchè chiamato Cristo o unto. Il Messia, o Mashiach non è il "Signore Suo unico figlio".


    Insomma si può rimaneggiare (ed occorre farlo molto) quanto si vuole la questione, ma questa 'incarnazione' resta incompatibile con l'ebraismo, qualunque cosa significhi.

    Edited by yesyes - 25/10/2018, 20:45
     
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    Ci stiamo addentrando in discussioni teologiche in cui non sono particolarmente a mio agio...diciamo che preferisco la Halachà...La mia espressione "La Sapienza di Hashem si incarna in un libro,la Torà" è da intendersi in senso lato: quello che voglio dire è che la funzione rivestita da Gesù Cristo nella tradizione cristiana è paragonabile a quella che la Torà assume nell'Ebraismo ( ed il Corano nell'Islam,il quale riprende in modo quasi identico l'insegnamento ebraico sulla pre-esistenza del testo sacro,addirittura increato,proprio come il Cristo secondo il credo di Nicea!).Il dogma della incarnazione,così come delineato a Nicea, è incompatibile con la tradizione ebraica,certamente, ma bisognerebbe capire che cosa l'autore ( o gli autori) del vangelo giovanneo intendesse esattamente con tali parole, e come vedi le interpretazioni sono molteplici...Io penso questo: qualsiasi cristologia che veda Gesù come subordinato ad HaShem , e quindi inferiore a Lui,non contrasta il monoteismo biblico,benché possa invero racchiudere concezioni non esattamente compatibili con la tradizione ebraica nel suo complesso.Sul piano dell'Halachà, sappiamo come molti esegeti tradizionali (ma anche moderni) identifichino il Cristianesimo come "Avodah Zarah", e tuttavia vi sono anche aperture di non pochi rabbini ortodossi verso un riconoscimento della natura monoteistica delle confessioni cristiane,specialmente per quanto concerne le chiese nate dalla Riforma. Di più non vado,sono essenzialmente un...giurista :D :D :D
     
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    D-o non si incarna, nessuna parte di lui si incarna, non si incarna nel messia/mashiach che è un unto e non una incarnazione.

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    Io penso questo: qualsiasi cristologia che veda Gesù come subordinato ad HaShem , e quindi inferiore a Lui,non contrasta il monoteismo biblico,benché possa invero racchiudere concezioni non esattamente compatibili con la tradizione ebraica nel suo complesso

    Molto d'accordo. C'è anche da considerare il fatto della rappresentanza. Il re rappresentava Dio. In quanto Suo rappresentante, faceva la Sua volontà. Il profeta parlava in nome di Dio ed era Dio a parlare. Il malak rappresentava Dio, e Abraamo si rivolge a lui come se si rivolgesse a Dio. Stessa cosa fa Mosè nel Sinai, ma è ovvio che sia Abraamo che Mosè non stessero parlando con Dio. Nessuno può letteralmente “parlare” con Dio, neppure Mosè. E il sacerdote non rappresenta forse Dio quando benedice il popolo? Di certo la benedizione non viene dall'uomo, ma è Dio che la espleta attraverso di lui. Dunque, il Gesù dei vangeli “è Dio” nel senso che Lo rappresenta. Ma non in un senso di unità essenziale. Anche quando dice “io e il Padre siamo uno” (Gv 10:30), non fa riferimento ad un'unità essenziale, ma spirituale ed intimamente relazionale, poiché dopo, parlando dei credenti e rivolgendosi a Dio in preghiera, chiede che “siano uno come noi siamo uno; io in loro e tu in me; affinché siano perfetti nell'unità” (Gv 17:22-23). Si tratta di unità spirituale e relazionale, come un uomo può essere “uno” con sua moglie.

    Edited by bgaluppi - 26/10/2018, 01:47
     
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    CITAZIONE (bgaluppi @ 26/10/2018, 01:29) 
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    D-o non si incarna, nessuna parte di lui si incarna, non si incarna nel messia/mashiach che è un unto e non una incarnazione.

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    Io penso questo: qualsiasi cristologia che veda Gesù come subordinato ad HaShem , e quindi inferiore a Lui,non contrasta il monoteismo biblico,benché possa invero racchiudere concezioni non esattamente compatibili con la tradizione ebraica nel suo complesso

    Molto d'accordo. C'è anche da considerare il fatto della rappresentanza. Il re rappresentava Dio. In quanto Suo rappresentante, faceva la Sua volontà. Il profeta parlava in nome di Dio ed era Dio a parlare. Il malak rappresentava Dio, e Abraamo si rivolge a lui come se si rivolgesse a Dio. Stessa cosa fa Mosè nel Sinai, ma è ovvio che sia Abraamo che Mosè non stessero parlando con Dio. Nessuno può letteralmente “parlare” con Dio, neppure Mosè. E il sacerdote non rappresenta forse Dio quando benedice il popolo? Di certo la benedizione non viene dall'uomo, ma è Dio che la espleta attraverso di lui. Dunque, il Gesù dei vangeli “è Dio” nel senso che Lo rappresenta. Ma non in un senso di unità essenziale. Anche quando dice “io e il Padre siamo uno” (Gv 10:30), non fa riferimento ad un'unità essenziale, ma spirituale ed intimamente relazionale, poiché dopo, parlando dei credenti e rivolgendosi a Dio in preghiera, chiede che “siano uno come noi siamo uno; io in loro e tu in me; affinché siano perfetti nell'unità” (Gv 17:22-23). Si tratta di unità spirituale e relazionale, come un uomo può essere “uno” con sua moglie.

    Concordo alla grande!Come detto in precedenza, il problema è che tutti questi concetti in qualche modo legati al monoteismo ebraico si sono innestati nel mondo pagano-ellenistico,in seno al quale hanno assunto una sorta di "deformazione" rispetto alla loro essenza originaria.E' proprio il dogma della Trinità,così come definito al Concilio di Nicea, a stravolgere totalmente l'idea del D-o uno ed unico,delineando la presenza di tre "persone" divine, tutte e tre costituenti l'unico D-o.A mio avviso Rav Benamozegh ha evidenziato in modo chiaro l'incompatibilità tra Trinità e monotesismo: una "persona" ha una propria ed autonoma coscienza e volontà, per cui se vi sono "tre" persone divine, vi sono tre dèì!Altra questione è secondo me la visione teologica in base alla quale il Padre,Figlio e Spirito Santo sarebbero tre "manifestazioni" di HaShem ( è la dottrina del c.d. "modalismo",condannata come eretica dalla Chiesa),poiché in questo caso ritengo che il principio monoteistico sarebbe rispettato, atteso che l'Eterno sarebbe soltanto "apparso" in una forma umana che però escluderebbe la reale esistenza "autonoma" della "persona" Gesù.Ricordiamoci poi:nel NT abbiamo testi come i sinottici e gli Atti degli Apostoli,portatori di una cristologia secondo cui Gesù è un uomo consacrato da HaShem quale Messia e giudice escatologico.
     
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  7. yesyes
     
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    CITAZIONE (bgaluppi @ 26/10/2018, 01:29) 
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    D-o non si incarna, nessuna parte di lui si incarna, non si incarna nel messia/mashiach che è un unto e non una incarnazione.

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    Io penso questo: qualsiasi cristologia che veda Gesù come subordinato ad HaShem , e quindi inferiore a Lui,non contrasta il monoteismo biblico,benché possa invero racchiudere concezioni non esattamente compatibili con la tradizione ebraica nel suo complesso

    Molto d'accordo. C'è anche da considerare il fatto della rappresentanza. Il re rappresentava Dio. In quanto Suo rappresentante, faceva la Sua volontà. Il profeta parlava in nome di Dio ed era Dio a parlare. Il malak rappresentava Dio, e Abraamo si rivolge a lui come se si rivolgesse a Dio. Stessa cosa fa Mosè nel Sinai, ma è ovvio che sia Abraamo che Mosè non stessero parlando con Dio. Nessuno può letteralmente “parlare” con Dio, neppure Mosè. E il sacerdote non rappresenta forse Dio quando benedice il popolo? Di certo la benedizione non viene dall'uomo, ma è Dio che la espleta attraverso di lui. Dunque, il Gesù dei vangeli “è Dio” nel senso che Lo rappresenta. Ma non in un senso di unità essenziale. Anche quando dice “io e il Padre siamo uno” (Gv 10:30), non fa riferimento ad un'unità essenziale, ma spirituale ed intimamente relazionale, poiché dopo, parlando dei credenti e rivolgendosi a Dio in preghiera, chiede che “siano uno come noi siamo uno; io in loro e tu in me; affinché siano perfetti nell'unità” (Gv 17:22-23). Si tratta di unità spirituale e relazionale, come un uomo può essere “uno” con sua moglie.

    Non ho voluto mettermi a pignoleggiare pedantemente su Amos :) ed ho volutamente trascurato, anche perchè ha premesso un suo "io penso", ma in realtà "rappresentare" è un termine che ritengo in qualche modo pericoloso nella sua ambiguità assai foriera di cose.
    Tra "rappresentare" qualcosa/qualcuno ed essere investito della natura del rappresentato la differenza può essere sottile fino ad essere del tutto annullata.
    Un Re sottoposto alla Torah, non rappresenta D-o, nel caso del Profeta, se è D-o che lo possiede e parla, ed egli è posseduto, non rappresenta D-o, il profeta resta profeta, e D-o resta D-o, senza confusione riguardo alla natura di ciascuno, il Malak è un "inviato" ed è ben diverso da "rappresentante/che-rappresenta".

    Il termine rappresentare lo posso usare per una persona, come per una statua, come per una immagine o icona.
    Ma la base di una religione come l'ebraismo, o che abbia le caratteristiche di un monotesimo assoluto e trascendente, e non immanente, è che D-o non possa essere in alcun modo rappresentato.

    E dal rappresentare D-o, là dove si penserebbe che D-o stia meglio "rappresentato" in un essere umano anzichè in una statua o in una immagine, a cadere nel culto della persona è un istante, se non tutt'uno. Non credo che sia un caso che a occhio attento e ben guardare tutti i personaggi e ruoli biblici siano anche rappresentati in tutta la loro umanità, comprese falle.

    Un Re può essere destituito, persino un Sacerdote, D-o no.

    Inoltre se si volesse per un attimo assumere come parola utilizzabile il termine "rappresentare" bisognerebbe allora dire che molte cose "rappresentano".

    CITAZIONE
    il Gesù dei vangeli “è Dio” nel senso che Lo rappresenta

    qui invece c'è una esclusività (unico figlio, figlio 'unigenito'... che non significa unico).

    Il verbo essere in italiano indica, allude e suscita principalmente un concetto di identità, nonstante il fatto che non sia così in quanto può essere usato per similitudine

    ma se dico

    amos è un essere umano, intendo che la sua natura è quella di essere umano

    se dico invece

    amos è un camaleonte, non intendo che l'essere un camaleonte sia la sua natura ma una sua qualità

    ma se ci pongo accanto altre caratteristiche come l'essere unico e unigenito, e in più lo chiamo come D-o, e dico "Signore" (è il mio "Signore", è il "Signore", significa ancora che "è D-o", detto in un altro modo significa questo, viene confermata in una allocuzione diversa e posta accando l'identità e non la similitudine), sto sconfinando in altro modo da questa categoria di definizione, in quanto in realtà chiunque e molti o molte cose possono godere della caratteristica di essere come, simili a camaleonti, per una certa qualità del loro comportamento.

    Di fatto Gesù è un camaleonte, una figura ambigua.

    Non è D-o ma è quasi come se lo fosse per qualche sua qualità, è quasi come D-o, è D-o per qualche sua certa qualità, in modo particolare ed esclusivo.

    Ora dato che si conosce l'ambiguità che tale uso del verbo essere conduce con sè, perchè mai non si è avuto cura di modificare le allocuzioni?

    Perchè cadere nell'ambiguità per poi dover scrivere tomi esplicativi, che infine assai poco comunque chiariscono, sulla sua natura?



    Non a caso ho inserito nel mio post precedente anche il credo apostolico, antecedente al credo niceno constantinopolitano

    CITAZIONE
    E il simbolo degli apostoli "o credo in Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra
    e in Gesù Cristo, Suo unico Figlio, nostro Signore".
    Cioè un uomo di nome Gesù, che è unto, cioè cristo, è unico o unigenito figlio, ed è "Signore"
    ... la parola "Signore" è riservata a D-o non a un uomo, a nessun uomo, ancorchè chiamato Cristo o unto. Il Messia, o Mashiach non è il "Signore Suo unico figlio".

    Il cristianesimo è in dialogo non solo con l'ebraismo ma anche sul fronte orientale, che è immanentista e lì D-o si rappresenta e viene rappresentato, pur senza identità a patto che tale rappresentazione non sia esclusiva, perchè sarebbe limitante di D-o, e paradossalmente è proprio il confronto con le sue ferree discipline teologiche orientali che fa emergere incongruenze ed assurdità di un D-o che dovrebbe essere totalmente trascendente e nonostante ciò è rappresentato in un unica immagine o icona umana di sè per tutti i tempi e tutti i luoghi, il trascendente che si 'concentra' in un unico luogo e tempo storico, ed è questo che lo fa diventare non più una mera "icona" ma gli conferisce caratteristiche di sostanzialità, che non potrebbero che essere - invece - più correttamente deferite alla dimensione trascendente che sola garantisce la non trasferibile unità ed identità di D-o (o meglio per essi, del Brahman).

    Paradossalmente l'orientale può fare/vedere/imputare tutte le rappresentazioni che vuole senza cadere nella confusione idolatrica perchè è garantito proprio dalla non-esclusività: D-o si può 'incarnare' sempre costantemente contemporanamente in ogni e mille cose (ma esclusivamente per gli occhi e la visione del singolo, trattasi di mera "apparenza", come dire visione o anche allucinazione, ma proprio per questo mai vi è una esclusività che possa "indurre" a confondere la natura del brahman trascendente), in ogni tempo e luogo, ripetutamente, mai esclusivamente, e le rappresentazioni in tal modo sono garantite essere perfettamente distinte dalla identà trascendente, non ci possono essere nè "figli unici" nè tampoco "unigeniti".

    Perchè altrimenti, se fosse meramente come tu dici, cioè è d-o nel senso che lo rappresenta, non potrebbe godere di una esclusività di cui invece gode e l'orientale ti dice, e perchè solo Gesù e non, che so, Gandhi?

    E così ti ha fregato perchè in tal modo mostra la esclusività che prelude e di fatto implica una identità esclusiva.

    In sintesi la risposta a questa domanda

    CITAZIONE (lupo_sannita @ 12/1/2018, 20:51) 
    Salve vorrei semplicemente chiedere se per l'ebraismo rabbinico a livello teologico-filosofico sia possibile il ragionamento che sto per chiedervi. E' possibile che D-o nella sua inifinità e assolutezza abbia deciso di incarnarsi e quindi relativizzarsi nel corpo di Gesù/Yahshuah?
    Per voi seguendo le scritture e le sacre leggi è possiibile tutto ciò oppure no?
    Grazie e shalom.

    può essere una sola: no.
    Non ci sono vie di mezzo.
    Nell'ebraismo no.
    Per qualcosa di simile bisogna rivolgersi ad altre religioni, quelle orientali, perchè il cristianesimo non è coerente nè con l'una nè con le altre, pur avendo assunto caratteristiche da entrambe, mettendo insieme (nel passaggio in Grecia) cose in modo però del tutto incompatibile sia sull'uno che sull'altro fronte (questa cosa nun se po' aggiustà).
     
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    Yesyes,

    Una precisazione: qui stiamo affrontando questioni di natura filosofico/teologica; di conseguenza, mi sembra del tutto normale che la terminologia usata si presti ad interpretazioni molto diverse. Tu vorresti "spaccare il capello" su parole come "rappresentare" o altre, ma questo è di fatto impossibile.Qui non stiamo parlando di Halachà.Quando affronto in questo forum tematiche afferenti alla Legge Ebraica,essendo io un giurista posso raggiungere,e non considerarmi presuntuoso per favore, una precisione estremamente elevata,come tu stesso hai potuto appurare nei miei interventi esegetici su Mishneh Torà,Shulchan Aruch,Talmud Bavli ecc. ecc. Ma se parliamo di concetti teologici e/o filosofici,come potemmo mai raggiungere la precisione circostanziata propria della Legge? A me sembra impossibile.

    Un'ultima precisazione: non è esatto dire che la parola "Signore" si riferisca solo a D-o. I primi seguaci ebrei di Gesù gli attribuivano il titolo onorifico "Maràn" (vedi la celebre espressione "Maranatha", presente nel NT ed anche nella Didaché);ora, Maràn in aramaico significa "Nostro Maestro" o "Nostro Signore", ed è ampiamente utilizzato nella tradizione ebraica sia per studiosi della Torà di grande caratura, sia in generale per persone rivestite di una particolare autorità.Alcuni esempi: Rav Yosef Karo,il redattore dello Schulchan Aruch, è conosciuto proprio con l'appellativo "Maràn"; nelle fonti ebraiche di Qumran compare l'espressione aramaica "abba mari" , usata da un figlio nei confronti del proprio padre, la quale significa appunto "mio signore padre".Non farti condizionare dal fatto che la Septuaginta abbia tradotto il Tetragramma YH** con o Kurios (Il Signore); in greco,come in italiano e pressoché in tutte le lingue del mondo,la parola "signore" va dal titolo che dai ad una persona che incontri la mattina uscendo casa, sino all'appellativo con cui ti rivolgi ad HaShem. La parola "signore" indica una funzione,non definisce l'essenza di colui a cui è destinato tale titolo.

    Ti abbraccio.
     
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  9. yesyes
     
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    CITAZIONE (Amos74 @ 26/10/2018, 11:18) 
    Yesyes,

    Una precisazione: qui stiamo affrontando questioni di natura filosofico/teologica; di conseguenza, mi sembra del tutto normale che la terminologia usata si presti ad interpretazioni molto diverse. Tu vorresti "spaccare il capello" su parole come "rappresentare" o altre, ma questo è di fatto impossibile.Qui non stiamo parlando di Halachà.Quando affronto in questo forum tematiche afferenti alla Legge Ebraica,essendo io un giurista posso raggiungere,e non considerarmi presuntuoso per favore, una precisione estremamente elevata,come tu stesso hai potuto appurare nei miei interventi esegetici su Mishneh Torà,Shulchan Aruch,Talmud Bavli ecc. ecc. Ma se parliamo di concetti teologici e/o filosofici,come potemmo mai raggiungere la precisione circostanziata propria della Legge? A me sembra impossibile.

    Ci mancherebbe, perchè dovrei considerarti presuntuoso :)

    Tu hai ragione, nel marasma indiano quella che noi chiamiamo 'filosofia' ha dovuto raggiungere un grado di precisione molto elevato per dirimere questioni, e purtroppo lì c'è un po' della mia formazione.

    D'altronde il 'rischio' di idolatria a me sembra sia anche un problema halachico. Allora lì come lo tratti? (è una curiosità).

    Una questione a mio avviso dirimente è che noi possiamo trattare il tema con le parole, allora su ogni parola possiamo discutere, possiamo discutere su "è D-o" e sulle implicazioni del verbo essere come copula o meno, possiamo discutere su "Signore" e maran, e via dicendo, ma restiamo in un aleatorio mondo di parole, che ancora non basta.
    Tutto cambia, secondo me, quando andiamo a toccare con mano, al di là delle parole, ciò che esse descrivono ma non sono.

    Se si partecipa al rito della c.d. "santa messa", ed alla pratica concreta del cristianesimo, non sorge alcun dubbio su cosa realmente indichino quelle parole.

    Nel mio paese posso chiamare "pera" una mela, ma se nel dire "pera" indico e mostro una mela, è una "pera" come intendi tu la parola, o è una in realtà una mela?

    Gesù non è maran come l'autore del Schulchan Aruch al quale non è dedicata una c.d. "santa messa" e non si trasforma pane e vino in corpo e sangue, etc. etc. tutta la modalità del rito che chiunque può conoscere ovunque ogni domenica.

    Al che bisognerebbe dimostrare che quel 'rito' non esistesse al tempo del credo apostolico, che per ora sembrerebbe che con la tua ridefinizione tu abbia salvato, delegando i problemi a quello successivo niceno-costantinopolitano.

    Se Gesù fosse Maran come l'autore del Schulchan Aruch, che senso avrebbe avuto istituire un nuovo 'rito' che non ha fondamento nell'ebraismo dato che esisteva la prassi, fondamentalmente diversa, del tempio? Non è un pesach, non ha nulla a che vedere con pesach, ha caratteristiche tipiche di tutt'altri riti (non riconosciute perchè non conosciuti).

    Una religione non è solo la sua filosofia, se mai ne ha una, ma è la sua prassi liturgica-rituale, che unendo quelle certe parole a fatti ed atti, ne fissa il significato. Fatto che riconosco come una delle funzioni fondamentali di un rito-liturgia. Altrimenti le parole abbandonate a se stesse, nel corso del tempo mutano di significato, fino a poterlo sovvertire.


    Come può essere che una comunità che intende 'continuare' un insegnamento ebraico, si inventa una nuova ritualità, anzichè, per esempio, proseguire le pratiche del tempio?

    Quando mai un cristiano partecipa ad una c.d. 'santa messa' e nel mentre si dice, no, questo non è come sembra, perchè fuori mi hanno detto che ... Signore è Maran come l'autore del Shulchan Aruch, il verbo essere copula e non copula etc., quindi io sto qui tranquillo che nulla di ciò che sta avvenendo in realtà avviene veramente... per giunta non conosco nemmeno a che tipo di 'rito' sto realmente partecipando, perchè conosco solo quello e non ho mai sentito parlare di altri con le medesime caratteristiche che non sono ebraici ma provengono da un altro posto, dove 'figlio unico' e 'unigenito' esistono ed hanno un senso eccome, anche se dove mi trovo è stato snaturato un po'.

    Bisogna fare attenzione al non marcare i confini, perchè ci si ritrova in casa come niente un'altra cosa, ma mascherata, eppure più simile a quella o quelle cose lì che a ciò cui dichiara di essere simile.

    Il mio non è un discorso - intendiamoci - che intende dire, questo va bene, quell'altro no, ma solo che è giusto capire dove veramente ci si trova affinchè si sia nel posto non 'giusto' ma esattamente dove si intendeva essere in un certo momento (perchè poi si può sempre cambiare).

    La c.d. 'santa messa' la si può leggere nei vangeli e non ha fondamento nell'ebraismo una cosa del genere.
     
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    Espongo alcune osservazioni su quanto hai detto,Yesyes:

    -Questione idolatria: la posizione halachica tradizionale, come ho detto in un intervento precedente, è quella di qualificare il Cristianesimo come culto idolatrico, e su questa affermazione è anche un pilastro dei giuristi d'Israel come Rambam.Tuttavia, occorrerebbe a mio a viso effettuare un approfondito studio su ciò che la Gemara affermi specificamente sul tema nel Talmud Bavli ,fonte di cognizione della Legge Ebraica insieme al Pentateuco (che ovviamente non può trattare direttamente della religione cristiana).Mi riprometto al più presto di studiare la fattispecie.

    La questione del dogma trinitario è certamente un punto cruciale del problema, e personalmente la penso come Rav Benamozegh in seno al passo della sua opera precedentemente citato: per me Trinità è di fatto triteismo,al di là della visione soggettivamente monotesistica sinceramente sostenuta dai cristiani autentici .Tuttavia, la problematica è forse più ampia: un maestro medievale come Rambam ha sperimentato il culto cristiano del suo tempo, che era unicamente cattolico ad occidente ed unicamente ortodosso ad oriente: due confessioni cristiane fondate non solo sul dogma trinitario,ma anche sul culto della Madonna,degli angeli,dei santi e delle immagini ( per i cattolici anche delle statue).Sinceramente, come avrebbe potuto Maimonide escludere la natura idolatrica del Cristianesimo in tale contesto? Non so però che cosa Maimonide avrebbe ad esempio potuto pensare delle chiese evangeliche nate dalla successiva Riforma,le quali mantengono sì la fede nella Trinità,ma hanno abolito i predetti culti sopra indicati.Potremmo halachicamente definire un calvinista quale idolatra? Se pensiamo soltanto al dogma trinitario,sì, ma se allarghiamo l'orizzonte alla globalità del tipo di Cristianesimo da lui praticato, ho dei dubbi ma ripeto,la questione è molto controversa anche oggi,ed il dibattito nel mondo ebraico mi sembra ancora aperto sul tema;

    -Questione relativa al culto tributato verso Gesù : certamente, il Maràn Yosef Karo non è oggetto di culto come invece lo è invece il Maràn Gesù, ho fatto questo riferimento solo per evidenziare che l'espressione "mio/nostro Signore", tanto in greco quanto in ebraico/aramaico, è utilizzata anche verso esseri umani.Come vedevano Gesù i Nazorei,ossia i primi seguaci ebrei di Gesù,osservanti della Torà come testimonia anche il NT?Gli studiosi ci dicono che vedevano nel figlio di Maria l'immagine che abbiamo di lui nei Sinottici e negli Atti degli Apostoli: un uomo,nato in circostanze miracolose (Luca e Matteo) ma pur sempre un uomo, sul quale D-o fa discendere il Suo spirito al momento del battesimo,risuscitato da HaShem e pronto a tornare sulla terra come sommo giudice escatologico su incarico dell'Eterno. E' una teologia idolatrica questa? Direi proprio di no.Che poi il NT sia stato infiltrato da credenze ellenistico-pagane è evidente, ma il cuore originario è ebraico, a mio avviso si badi bene, ed è espresso abbastanza bene (pur con qualche pecca) dal Vangelo secondo Luca,ritenuto da me il testo che meglio ha conservato,tra tutti gli scritti del NT,l'insegnamento del Nazareno ;

    -La "santa messa": questo non è un rito ebraico per come ci è stato trasmesso dall'apostata della Torà Paolo di Tarso e dalle attuali versioni dei Sinottici, ma il banchetto con pane e vino che simboleggia in chiave escatologica ciò che avverrà nel Mondo a Venire appartiene alla storia dell'Ebraismo: vedi i rotoli di Qumran, e troverai proprio tale celebrazione,priva ovviamente di quella sovrastruttura di origine pagana,legata ai culti misterici, che ha "trasformato" il pane ed il vino, simboli classici del cibo e della bevanda tipici della zona mediterranea e medio-orientale,nel corpo e nel sangue di Gesù, in evidente simbiosi appunto con i riti misteirci diffusi allora in tutto l'antico oriente.

    Sarà un caso, ma nella Didaché o Insegnamento degli Apostoli,testo cristiano del I-II sec. e.v. composto in greco probabilmente in Siria da Ebrei credenti in Gesù, e riscoperto soltanto nel XIX secolo, la celebrazione eucaristica è descritta senza alcun riferimento al corpo e sangue di Cristo,ma si citano invece il Re Davide e Gesù,entrambi biblicamente chiamati "servo di D-o". Ho l'impressione che la scomparsa della Didaché per 18 secoli abbia impedito di inserire nella narrazione dell'eucarestia quelle modifiche "misteriche" che secondo me sono presenti nei Sinottici....ma questa è la mia opinione ovviamente.

    Dalla Didaché


    Cap. IX

    1. Riguardo all’ eucarestia, così rendete grazie:
    2. Dapprima per il calice: Noi ti rendiamo grazie, Padre nostro, per la santa vite di David tuo servo, che ci hai rivelato per mezzo di Gesù tuo servo. A te gloria nei secoli.
    3. Poi per il pane spezzato: Ti rendiamo grazie, Padre nostro, per la vita e la conoscenza che ci hai rivelato per mezzo di Gesù tuo servo. A te gloria nei secoli.
    4. Nel modo in cui questo pane spezzato era sparso qua e là sopra i colli e raccolto divenne una sola cosa, così si raccolga la tua Chiesa nel tuo regno dai confini della terra; perché tua è la gloria e la potenza, per Gesù Cristo nei secoli.
    5. Nessuno però mangi né beva della vostra eucaristia se non i battezzati nel nome del Signore, perché anche riguardo a ciò il Signore ha detto: Non date ciò che è santo ai cani.


    Edited by Amos74 - 26/10/2018, 19:34
     
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  11. yesyes
     
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    CITAZIONE (Amos74 @ 26/10/2018, 15:18) 
    in evidente simbiosi appunto con i riti misterici diffusi allora in tutto l'antico oriente.

    Precisamente. Tuttavia leggendo la descrizione dell'ultima cena già come descritta nei vangeli, io trovo tutti i presupposti per quei riti, se poi siano misterici o no, non lo so, io ho presente ben precisi riti di origine indiana che offrirebbero ampia materia di comparazione.
    Non penso che Gesù stesse facendo un'altra cosa, ma leggendo mi viene da pensare che intendesse proprio ricorrere ad un certo tipo di prassi rituale. Ne consegue che se di contaminazione si tratta, essa esisteva già prima che i vangeli fossero messi per iscritto.

    Ok per le correnti cristiane non adeguate (a proposito, voglio ricordare l'uso particolare delle icone del cristianesimo ortodosso), ma quali di esse non siano largamente posteriori a cristianesimo ortodosso e cattolico, non so. Calvinismo = XVI secolo.

    Prendo atto che la didachè non descriva 'cose strane', ma fanno testo i vangeli.

    Insomma se mai è esistito un Gesù ebraismo-compatibile (non lo so), non è quello cattolico o orthodosso.

    Ma tornando alla domanda di Mizraim
    CITAZIONE
    vorrei semplicemente chiedere se per l'ebraismo rabbinico a livello teologico-filosofico sia possibile il ragionamento che sto per chiedervi. E' possibile che D-o nella sua inifinità e assolutezza abbia deciso di incarnarsi e quindi relativizzarsi nel corpo di Gesù/Yahshuah?
    Per voi seguendo le scritture e le sacre leggi è possiibile tutto ciò oppure no?

    L'importante - al di là della chiacchierata che ci piace fare - è chiarire che la risposta può essere solo "no". Dio si incarna secondo le piu svariate concenzioni di vedere la cosa e con i più svariati espedienti solo in India, nell'ebraismo no.
     
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  12. yesyes
     
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    p.s. una nota culturale:
    non so perchè ma nel mentre di questa conversazione mi è venuta in mente una pagina web che esaminai una decina e forse anche più di anni fa, ed è ancora on line

    cristianesimo copto, giusto così per sapere
    http://www.coptiortodossiroma.it/la-chiesa...nofisita-1.html

    per dire che in qualsiasi modo la si veda la natura divina c'è sempre, ed è talmente importante che ce 'ntignano e ci litigano pure.
     
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    Vi seguo con grande interesse e ho poco da aggiungere, se non due parole sulla cena. Il pane e il vino sono simboli, non un mezzo per una pagana transustanziazione (dogma stabilito in seguito dalla chiesa già apostata) o per un rito di teofagia. Si tratta di un segno che rende vivo nel presente un evento avvenuto una volta in passato, e viene fatto “in memoria” di quell'evento. Tutto qui.

    Il rito eucaristico cattolico, oltre a non avere nulla a che fare con la cena, è presentato come necessario per ottenere salvezza, dunque nega di fatto il potere salvifico del sacrificio avvenuto una volta e per sempre sul palo (tralasciamo ora le differenze tra il concetto di “salvezza” secondo l'ebraismo e il cristianesimo, altrimenti ci perdiamo). Quel rito, legato a pratiche pagane di teofagia e all'adorazione del Sol Invictus (i fedeli si inginocchiano davanti all'ostia dentro l'ostensorio/sole nascente), svilisce il significato della morte del Gesù dei vangeli, che rimarca il valore dell'amore assoluto e incondizionato, in cui chi ama il prossimo come se stesso è disposto a sacrificare — se necessario — la propria vita per quella del prossimo, poiché considera la vita di colui che è vicino di pari valore rispetto alla sua.

    CITAZIONE
    L'importante - al di là della chiacchierata che ci piace fare - è chiarire che la risposta può essere solo "no". Dio si incarna secondo le piu svariate concenzioni di vedere la cosa e con i più svariati espedienti solo in India, nell'ebraismo no.

    Vorrei sottoscrivere questa conclusione.

    Edited by bgaluppi - 27/10/2018, 00:46
     
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  14. yesyes
     
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    Ma il cristianesimo che riferisci Gal (cioè il cristianesimo come - secondo te - dovrebbe essere) non esiste, non è mai esistito e - secondo me - non esisterà mai. Cmq vabbè, è poco importante.
     
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    CITAZIONE (yesyes @ 26/10/2018, 21:55) 
    CITAZIONE (Amos74 @ 26/10/2018, 15:18) 
    in evidente simbiosi appunto con i riti misterici diffusi allora in tutto l'antico oriente.

    Precisamente. Tuttavia leggendo la descrizione dell'ultima cena già come descritta nei vangeli, io trovo tutti i presupposti per quei riti, se poi siano misterici o no, non lo so, io ho presente ben precisi riti di origine indiana che offrirebbero ampia materia di comparazione.
    Non penso che Gesù stesse facendo un'altra cosa, ma leggendo mi viene da pensare che intendesse proprio ricorrere ad un certo tipo di prassi rituale. Ne consegue che se di contaminazione si tratta, essa esisteva già prima che i vangeli fossero messi per iscritto.

    Ok per le correnti cristiane non adeguate (a proposito, voglio ricordare l'uso particolare delle icone del cristianesimo ortodosso), ma quali di esse non siano largamente posteriori a cristianesimo ortodosso e cattolico, non so. Calvinismo = XVI secolo.

    Prendo atto che la didachè non descriva 'cose strane', ma fanno testo i vangeli.

    Insomma se mai è esistito un Gesù ebraismo-compatibile (non lo so), non è quello cattolico o orthodosso.

    Ma tornando alla domanda di Mizraim
    CITAZIONE
    vorrei semplicemente chiedere se per l'ebraismo rabbinico a livello teologico-filosofico sia possibile il ragionamento che sto per chiedervi. E' possibile che D-o nella sua inifinità e assolutezza abbia deciso di incarnarsi e quindi relativizzarsi nel corpo di Gesù/Yahshuah?
    Per voi seguendo le scritture e le sacre leggi è possiibile tutto ciò oppure no?

    L'importante - al di là della chiacchierata che ci piace fare - è chiarire che la risposta può essere solo "no". Dio si incarna secondo le piu svariate concenzioni di vedere la cosa e con i più svariati espedienti solo in India, nell'ebraismo no.

    Non conosco i riti di origine indiana a cui fai riferimento; certamente però nell'aera mediterranea erano presenti diversi culti misterici,a cominciare dal Mitraismo, che probabilmente hanno influenzato in senso "pagano" la riscrittura delle fonti che ci parlano del pasto eucaristico,il quale ripeto è presente nella comunità di Qumran (molto,molto ebraica Yesyes,con un'osservanza della Torà quasi fanatica...) in forma di semplice banchetto messianico.

    "Prendo atto che la didachè non descriva 'cose strane', ma fanno testo i vangeli". Questa affermazione può riguardare i fedeli cristiani ,non gli storici.Se vogliamo ricostruire in chiave storica la nascita e l'evoluzione del culto cristiano la Didaché "fa testo" eccome,perché è uno scritto molto antico ,risalente al periodo compreso tra la seconda metà del I sec. e l'inizio del II.Perché non sarebbe meritevole di documentare l'originaria configurazione del rito?Ti ricordo che non ci è pervenuto l'originario vangelo scritto in aramaico dai Nazorei,citato dai padri della chiesa (Girolamo in primis): come era descritta l'eucarestia in questo testo?Non lo sapremo mai.

    Siamo tutti d'accordo sull'incompatibilità tra l'insegnamento ebraico e l'idea dell'incarnazione di HaShem in un uomo,non credo che questo punto sia in discussione. Personalmente poi,come è noto se si leggono i miei interventi in questo forum, sono un noachide, per cui non credo affatto nella divinità di Gesù,e nemmeno nella sua messianicità,benché nutra grande rispetto ed affetto per quest'uomo, che ritengo essere un pilastro della grande tradizione etico-sapienziale d'Israel.

    Per chiudere faccio una ulteriore riflessione sul rapporto idolatria-Cristianesimo secondo la prospettiva ebraica,nelle more di studiare meglio la questione sulle fonti legali per me accessibili: l'idolatra puro crede nell'esistenza di più dèi, ed adora più dèi con piena consapevolezza della natura politeistica afferente al culto che pratica; un cristiano autentico, cioè un cristiano che conosca e creda davvero in ciò che vi è scritto nel NT, crede nell'esistenza dell'unico D-o creatore dell'universo, ed adora le tre persone divine della Trinità ritenendo di adorare l'unico D-o, quindi con piena consapevolezza della natura monoteistica del suo culto. Possiamo davvero mettere sullo stesso piano questi due casi?E' sufficiente,sul piano dell'Halachà, una valutazione meramente oggettiva della natura triteistica della Trinità,prescindendo totalmente dalla convinzione soggettivamente monoteistica di cui sono portatori gli autentici credenti cristiani?Francamente a me viene difficile pensarlo e sono del parere, è una mia opinione ovviamente, che sia molto più rilevante per tale valutazione l'esasperato culto della Madonna,dei santi, della statue e delle icone che caratterizzano i cattolici e gli ortodossi, piuttosto che la pura fede trinitaria di per sé.

    Un abbraccio a tutti.
     
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29 replies since 12/1/2018, 19:51   831 views
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