Discussioni sul tema di Bereshit/Genesi

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    Dimentichi di quando invece D-o giudica a favore di chi è contro Israele, dicendo "loro sono stati più giusti".
    Israele deve essere "Luce fra le Nazioni", deve, più di altri, dare esempio etico e di rettitudine.
    L'umanità nella prospettiva biblica sceglie di legiferarsi da sola, così come si dall'origine dell'Adam si parla del camminare (o meno) con D-o.
    Tutti i popoli e tutti gli uomini sono dunque responsabili dalle loro azioni
     
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    Perche dimentico?

    L'ho detto che la bibbia riconosce che l' uomo ha una consapevolezza per capire quando fa il bene e quando fa il male.
    E ho detto anche che viene giudicato per questo.

    Edited by Maurizio 1 - 30/11/2017, 12:33
     
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    CITAZIONE (MvsKakashi @ 23/11/2017, 12:36) 
    Per Maurizio 1, una curiosità, perchè hai voluto mettere in risalto questa frase che cito?
    CITAZIONE
    Il Signore solleverà contro di te da lontano, dalle estremità della terra, una nazione che si slancia a volo come aquila

    Volevo fare notare che parecchie cose che vengono dette nei discorsi finali di Mose nel Deuteronomio (attacco di una superpotenza, assedio, distruzione della citta', deportazione degli abitanti, oppressione dello straniero in casa propria,ritorno degli esuli in patria) anticipano tutto cio' che avviene secoli dopo Mose in terra di Israele.
    Tutto cio' mi sembra ragionevolmente dimostrare che l'autore del testo queste cose le conosce in quanto appartengono al suo presente cioe' c'e' una certa distanza temporale tra l'epoca in cui lui vive e l'epoca nella quale colloca la sua narrazione.
    A ulteriore conferma di ciò si puo' notare che il narratore parla di Mosè in terza persona (come di Abramo, Giosue o qualsiasi altro) e dopo sua morte dice che "nessuno sino ad oggi sa dove e' la sua tomba" e che "non e' piu' sorto in Israele un profeta come Mosè ".

    Edited by Maurizio 1 - 8/12/2017, 12:27
     
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    CITAZIONE (Maurizio 1 @ 27/11/2017, 23:10) 
    CITAZIONE (leviticus @ 27/11/2017, 18:17) 
    Che cosa si intende qui con i termini d.io e credenti? E credenti in chi o cosa?

    Con il termine Dio si intende quello di cui lo stolto del Salmo 14.1 ha detto in cuor suo che non c'e'.
    Con il termine credente si intende colui che non e' come lo stolto del Salmo 14.1
    In chi o che cosa? In quello di cui lo stolto del Salmo 14.1 ha detto in cuor suo che non c'e'.

    Qui nel salmo 14 in corrispondenza della parola Dio, in ebraico c'e' scritto אֱלֹהִ֑ים, e qui rimando ai vari tread sull'argomento.
    Veniamo allo stolto, chi sarebbe? Solo gli stolti dell'umanita' di ogni tempo?
    A me risulta che qui l' esegesi ebraica faccia riferimento a nabucodonosor, l'esegesi cristiana relaziona questo salmo alla distruzione degli assiri.
    E il termine credere dove sarebbe? Io non lo vedo nemmeno nelle traduzioni italiane cristiane, nemmeno nelle note.

    Edited by leviticus - 24/5/2018, 23:58
     
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    Per quanto riguarda la teoria della retribuzione io non ho posto la questione nei termini in cui la poni tu cioe' se essa c'e' o non c'e' nell'ebraismo.
    Nell'ebraismo ci puo' essere o non essere cio' che gli pare compreso l'ateismo e la reincarnazione.
    Io posto la questione di cosa c'e' dentro il Tanach.
    Dentro il Tanach c'e' esattamente quello che io ho copiato e incollato dallo stesso Tanach.
    Poi si puo' decidere di dargli un nome o non dargli un nome ma quella cosa c'e' ugualmente.
     
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    CITAZIONE (Maurizio 1 @ 9/12/2017, 21:11) 
    Per quanto riguarda la teoria della retribuzione io non ho posto la questione nei termini in cui la poni tu cioe' se essa c'e' o non c'e' nell'ebraismo.
    Nell'ebraismo ci puo' essere o non essere cio' che gli pare compreso l'ateismo e la reincarnazione.
    Io posto la questione di cosa c'e' dentro il Tanach.
    Dentro il Tanach c'e' esattamente quello che io ho copiato e incollato dallo stesso Tanach.
    Poi si puo' decidere di dargli un nome o non dargli un nome ma quella cosa c'e' ugualmente.

    Per giungere ad un approdo potresti, a questo punto, esporre compiutamente che conclusioni nei trai (o casomai auspicheresti che ne traesse chi ti legge, o che secondo te se ne dovrebbero trarre), in modo da chiarificare a chi ti legge quali siano.

    Edited by yes yes - 18/12/2017, 11:10
     
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    CITAZIONE (leviticus @ 9/12/2017, 16:39) 
    Qui nel salmo 14 in corrispondenza della parola Dio, in ebraico c'e' scritto לֹהִ֑אֱים, e qui rimando ai vari tread sull'argomento.

    Perche' dovresti rimandare gli altri? Non puoi rimandare te stesso a quegli stessi threads?
    Vai, leggi, ti erudisci, poi torni e mi dici cosa significa אלהים in questo contesto!

    CITAZIONE
    Veniamo allo stolto, chi sarebbe? gli stolti dell'umanita' di ogni tempo?

    Prendiamo per esempio questa frase:
    "Ci sono molti stolti che vogliono parlare di Bibbia senza averla mai letta"
    In questa frase lo stolto chi sarebbe? Gli stolti dell'umanita' di ogni tempo?
    Se compiono quell'azione direi di si.
    CITAZIONE
    A me risulta che qui l' esegesi ebraica faccia riferimento a nabucodonosor, l'esegesi cristiana relaziona questo salmo alla distruzione degli assiri.

    Mi giunge nuova che l'esegesi ebraica relazioni il salmo a Nabubucodonosor.
    Io sapevo che la tradizione ebraica classica ritiene i salmi scritti dal re Davide.
    Davide e' vissuto 400 anni prima di Nabucodonosor.
    Come poteva riferirsi a lui?
    CITAZIONE
    E il termine credere dove sarebbe? Io non lo vedo nemmeno nelle traduzioni italiane cristiane, nemmeno nelle note.

    Ma tu non mi hai chiesto di cercare un versetto con il termine credente nelle scritture!
    La questione era se possiamo dedurre o meno che le scritture provengono da gente credente.
    Tu riesci a capire se un discorso e' il discorso di un credente solo se all'interno del discorso compare la parola credente?

    Comunque la cosa piu' importante mi sembra che sia capire qual è il senso del termine Elohim in questo contesto.
    Consulta tutti i threads che vuoi e poi dimmelo.

    Se pero' reputi che siamo di fronte a un versetto particolarmente difficile e misterioso non c'e' problema ne troviamo un altro.
    Questo termine non e' raro, compare migliaia di volte nelle scritture.
    Di solito dovrebbero essere i termini che compaiono raramente a creare difficolta' di comprensione del significato.
    L'analisi del contesto in cui si trova una parola mi sembra lo strumento piu' potente che c'e' per capire il significato di una parola.

    Prova a leggere un pò di Isaia e poi dimmi se e' difficile capire che Isaia credeva nell'esistenza di יהוה Elohim.
    Voglio vedere se dopo la lettura riterrai il caso di andare a cercare la risposta in qualche thread.
    Se lui e altri del suo tempo non ci avessero creduto adesso noi non saremmo qui a parlare perché non esisterebbe questo forum, ne scritture, ne ebraismo

    Edited by Maurizio 1 - 16/12/2017, 11:28
     
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    A proposito di Adamo ed Eva e al problema dell'interpretazione del racconto riporto una parte interessante di un articolo tratto dal sito sguardoasion.com.

    " Realtà o allegoria?

    All’interno dell’Ebraismo, questa storia è stata interpretata nei modi più diversi.
    Gli antichi Midrashim hanno cercato in ogni singola parola del testo insegnamenti morali di grande importanza, e la Kabbalah ha caricato il racconto di innumerevoli elementi mistici e concetti spirituali. Nel XV secolo, confrontandosi con gli autori precedenti e contemporanei, Isaac Abravanel faceva il punto della situazione:

    “Alcuni commentatori interpretano questa sezione secondo il significato semplice del testo. Rashi e Ramban (Nachmanide) scelgono questa via, e anche Ibn Ezra segue questo approccio, poiché asserisce che tutti gli eventi del racconto siano accaduti nel modo in cui sono narrati. Un altro approccio sostiene che la storia non debba essere intesa letteralmente, e che essa non sia realmente accaduta, poiché si tratta di una parabola o di un’allegoria. Questa è l’interpretazione di Rambam (Maimonide), ed in verità è anche quella seguita segretamente da Ibn Ezra. Ralbag, nel suo Commentario alla Torah, sceglie anch’egli questa via. […] Le varie difficoltà riscontrate da Rabbeinu Nissim lo hanno spinto a non commentare questa sezione, poiché egli non ha avuto la forza di contendere con i suoi colleghi nella spiegazione allegorica, e non è stato capace di interpretare il significato letterale. Perciò egli ha deciso di rimanere in silenzio sulla questione”.

    L’interpretazione che ha influenzato fortemente la cultura occidentale negli ultimi duemila anni è senza dubbio quella imposta dal Cristianesimo, secondo cui il peccato di Adamo ed Eva avrebbe provocato la “caduta dell’uomo dalla Grazia”, corrompendo così la natura umana e rendendo necessaria la venuta di un redentore per poter ottenere la salvezza dell’anima. Anche se oggi la Chiesa Cattolica sostiene che i primi capitoli della Genesi siano stati composti in un “linguaggio di immagini”, e che non siano di natura puramente storica, la dottrina del peccato originale ha mantenuto il suo ruolo centrale.
    In ambito ebraico, l’idea che l’anima umana sia stata macchiata a causa del peccato della prima coppia viene da sempre rigettata. Rabbi Samson Raphael Hirsch definisce il peccato originale “una menzogna sconsolante che compromette il futuro morale dell’umanità” (Commentario a Bereshit 3:19).

    Le scoperte scientifiche degli ultimi secoli sull’origine della specie umana e sullo sviluppo della civiltà, rigettate e contestate in molti ambienti religiosi, hanno fatto sì che la storia di Adamo ed Eva sia spesso divenuta oggetto di disprezzo e di derisione da parte di coloro che la vedono come un mito infantile incompatibile con le conoscenze odierne. Contro questo atteggiamento superficiale, alcuni autori, sia Ebrei che Cristiani, hanno affermato che il racconto della Creazione e quello del Giardino dell’Eden siano da interpretare in maniera non letterale e che in essi si nascondano metafore e insegnamenti elevati.

    Ma il desiderio di riuscire a riconciliare la Bibbia con le moderne teorie scientifiche non basta per bollare la vicenda di Adamo come un’allegoria. Una simile pretesa necessita di essere dimostrata attraverso uno studio obiettivo del Libro della Genesi, senza cedere al semplice bisogno di accordare la fede con la ragione.
    All’interno del testo, in effetti, si possono rintracciare alcuni indizi a favore dell’ipotesi che il racconto non sia da interpretare alla lettera:

    1) I nomi dei protagonisti si addicono più a personificazioni allegoriche che a personaggi reali. Adam significa infatti “Umano”, mentre la donna è chiamata Ishah, che significa appunto “Donna”, finché in seguito le viene dato il nome di Chavah (Eva) in quanto ella è la “madre di tutti i viventi (chayim)”.
    2) Il racconto è pieno di elementi favolistici insoliti: un giardino soprannaturale in cui la conoscenza e la vita eterna crescono sugli alberi, un serpente parlante, la donna tratta dal corpo dell’uomo e tanti altri.
    3) Se interpretiamo il racconto alla lettera, la punizione che Dio infligge alla prima coppia umana ci appare inappropriata e terribilmente severa in rapporto al lieve peccato commesso. Questo problema ci stimola a ricercare significati metaforici che chiariscano la relazione tra il frutto proibito, l’espulsione dal Giardino e la morte.
    4) Dio viene descritto in termini antropomorfi e materiali particolarmente eloquenti. Egli plasma l’uomo dalla polvere della terra, gli infonde un respiro vitale, lo sottopone a una sorta di “operazione chirurgica”, passeggia nel Giardino e veste Adamo ed Eva con delle tuniche. Dal momento che la Bibbia rifiuta di associare il Creatore ad una forma fisica, tutti questi particolari risultano più idonei a una parabola che a una storia da intendere letteralmente.
     
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    La mia impressione è che le genealogie presenti in Genesi e Cronache nelle quali compare Adamo, così come la sua citazione nei profeti(alle quali possiamo aggiungere le genealogie giudeo-cristiane) fanno pensare che in principio il racconto non fosse ritenuto un "mito".
     
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    CITAZIONE (^Alessandro^ @ 3/4/2018, 08:01) 
    La mia impressione è che le genealogie presenti in Genesi e Cronache nelle quali compare Adamo, così come la sua citazione nei profeti(alle quali possiamo aggiungere le genealogie giudeo-cristiane) fanno pensare che in principio il racconto non fosse ritenuto un "mito".

    Ciao Alessandro .
    Converrai con me che "in principio" vuol dire tutto e niente.
    A partire da che momento si e' iniziato a ritenere che il contenuto di quei racconti fossero "storia"?
    Se prendiamo un intervallo di tempo compreso tra la stesura di quei testi e i tempi moderni nessuno mette in dubbio che ebrei prima e una discreta fetta di umanita' dopo abbia preso alla lettera e' ritenuto "storici" quei testi.
     
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    Io mi domanderei piuttosto a partire da quale momento siano stati ritenuti puramente allegorici.

    È un argomento che mi sono ripromesso di approffondire ma l'impressione che ho è che le genealogie non sono meri elenchi "padre-figlio". Hanno anche uno scopo di "memoria" per quel riguarda le parole dettate da Dio per determinate persone e generazioni.Ad esempio identificare la linea sacerdotale, la linea reale, la benedizione Abramitica, quella per i figli di Sadoc, etc. (un esempio è Caino che secondo la tradizione orale fu ucciso alla settima generazione, la sua discenza nel raccongo di Bereshit si ferma proprio li). Ciò è evidente per esempio nella genealogia di Matteo dove si parte da Abraamo e si sottolinea il passaggio per Re Davide e dove sono omessi 3 re empi.
    Se confrontiamo Esdra 7:1-5 con 1Cro 6:4-15 troveremo altre omissioni, che non costituiscono evidentemente un problema per chi scrive il testo.
    Particolare è il caso di un certo "Cainam" non citato nelle genealogie di Genesi e Cronache del testo Masoretico e nel Pentateuco Samaritano, ma che ritroviamo nella LXX, nei testi proto-LXX, nel Libro dei Giubilei e nel testo proto-masoretico.
    Sembra per motivazione simile a quella di Matteo, questo Cainam sarebbe stato troppo avvezzo con l'astrologia e il suo nome sarebbe stato quindi cancellato per non averne memoria.
    Quindi essere "figli", "generati" potrebbe intendersi come essere eredi dell'educazione ebraica e della benedizione che ne consegue, queste si trasmettono.

    Quindi poichè nelle genealogie a mio avviso possono essere saltate delle generazioni (anche se mi rendo conto di andare controcorrente rispetto alla tradizione orale ebraica di mia conoscenza) viene difficile stabilire uno "start".

    Edited by ^Alessandro^ - 3/4/2018, 11:43
     
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    CITAZIONE (Maurizio 1 @ 22/4/2018, 12:51) 
    CITAZIONE (^Alessandro^ @ 11/4/2018, 08:51) 
    Se ridai un occhiata a quello che ti avevo scritto capirai, vai a vedere i versi.

    Poi la mia è un ipotesi sul fatto che possa esserci qualche salto generazionale...

    E in che maniera posso fare il confronto tra le due parti delle scritture che mi mostri dal momento che considerano due archi temporali diversi?
    (Nella prima si considera da Aronne a Esdra mentre nella seconda si considera le generazioni da Levi ad Aronne).

    Ho capito che possono essere sono noiose le genealogie :D però guarda più attentamente. In 1Cro dopo Aaronne fino al verso 15 si parla di Eleazar, Fineas etc, fino a Seraia che è il padre di Esdra. Facendo il confronto tra le due genealogie potrai notare che in Esdra da Azaria a Meraiot mancano ben 6 generazioni, che sono riportate in Cronache, ossia: Ioanan, Azaria, Aimaas, Sadoc, Aitub, Amaria.

    A meno che si tratti di una gran bella svista.

    Sulla funzione delle genealogie è interessante questo episodio qui: Esdra 2:61-62.
     
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    il problema di fondo è che nessuno vuol capire in questo forum che la fede è una cosa e lo studio è altro.
    La fede è fede, è personale, è legittima e non necessita di prove.
    Lo studio, in questo forum, prescinde dalla fede e si basa ESCLUSIVAMENTE sul testo ebraico del tanach, non sulle traduzioni che, per quanto buone, non possono rendere realmente il significato, non sul nuovo testamento che è un testo non ebraico.
    Chi viene qui "dovrebbe" essere interessato ad un parere ebraico da parte di chi legge in ebraico e capisce, conoscendo la tradizione orale e le opinioni dei maestri dei talmud.
    Anche in seno all'ebraismo esistono molteplici interpretazioni e nessuno se ne scandalizza perché per l'ebreo il Tanach non è un libro di fede e l'interpretazione non è soggetta all'imprimatur ecclesiastico dei cristiani, né vale per gli ebrei il concetto di "sola scriptura" né si è soggetti al magistero di qualcuno per capire, analizzare e interpretare. Ma nessun ebreo si sognerebbe mai di proporre una interpretazione che non sia suffragata da riscontri nella letteratura ebraica o da più che solide prove linguistiche e grammaticali.
    Poi il lettore non è tenuto a credere a ciò che gli si spiega, ci mancherebbe. Solo dovrebbe avere il buon gusto e l'umiltà di non contestare sulla lingua ebraica e quindi sulla traduzione proposta, se non è in grado egli stesso di leggere e capire, solo perché tale edizione, che sia Diodati, Cei, Tdg o qualsiasi altra, la rendono differentemente.
     
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    CITAZIONE (Negev @ 24/4/2018, 23:51) 
    Ma nessun ebreo si sognerebbe mai di proporre una interpretazione che non sia suffragata da riscontri nella letteratura ebraica o da più che solide prove linguistiche e grammaticali.

    Ma il solo fatto che esiste una letteratura ebraica significa che nel corso della storia degli ebrei hanno ritenuto una buona idea proporre in forma scritta delle interpretazioni che in forma scritta non c'erano ancora.
    Se l'uomo non si fosse sognato di scrivere qualcosa che non abbia riscontro in qualcosa gia' scritto, non si sarebbe mao potuto scrivere niente.
     
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    Certamente.
    La discussione e il dibattito sono alla base dello studio e le opinioni sono vivacemente affermate. Lo studio avviene almeno in due, affinché ci sia sempre dibattito e disputa: il cosiddetto "pilpul".
    L'ebreo non ha la mentalità del dogma. Una affermazione deve essere suffragata e la base è l'analisi testuale, la lingua. la grammatica e il confronto che una data parola o un'espressione possono significare in una certa epoca: biblica, mishnica, talmudica, medievale o moderna, dall'uso che si ritrova in vari commentatori e maestri e dalle ricorrenze in varie parti del tanach: ad esempio, l'ebraico della Torah ha uno stile diverso da quello dei profeti e già nella torah (cioè nei primi cinque libri), l'ebraico di Bereshit è più complesso, antico e solenne di quello successivo.
    Voglio dire che le opinioni diverse non sono un problema, purché si appoggino su prove linguistiche e letterarie coerenti con il ragionamento.
    per questo trovo ridicolo chi afferma "secondo me", perché per parlare di un testo così complesso occorre almeno conoscerlo e saperlo apprezzare nella lingua in cui è scritto.
    non so se si è notato che non intervengo mai in discussioni che riguardino parti del tanach che non siano i primi 5 libri, cioè la Torah propriamente detta: semplicemente perché li conosco male e non ho mai potuto affrontarli dal testo ebraico (in quanto è un materiale immenso e già districarsi nel pentateuco richiede anni e non faccio il biblista di professione).
    Ancora più patetico è colui che pretende di insegnare l'ebraico agli ebrei, come siamo ancora oggi leggendo in questo forum e pretende di definire espressioni idiomatiche che significano tutt'altro, traducendo alla lettera le singole parole e non nel loro insieme e secondo l'uso che ne fanno la lingua e il popolo di appartenenza, nonché il confronto con le altre lingue semitiche.
     
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