Le prove di Abramo e e il rapimento di Sara

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  1. whitemirror_
     
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    Mi sono state fatte molte domande da più parti e ci terrei a rispondere a tutte; ma per il momento, data la scarsità di tempo, mi preme di più la seguente:

    CITAZIONE (ashkenazi @ 14/3/2016, 12:35) 
    Voglio farti notare, Whitemirror, che in molti stiamo dicendoti una stessa cosa, che vale per Abramo come per molti altri episodi, e che tu proprio non ti fili, citandomi


    CITAZIONE (ashkenazi @ 29/3/2015, 14:59) 
    Mi pare che ci si voglia sempre dimenticare che i libri furono stato scritti unicamente da e per una etnia, il popolo dell'alleanza, i discendenti dai lombi di Abramo, YHWH nella Torah non è il Dio dell'amore universale... non erano tempi adatti per la dichiarazione dei diritti dell'uomo né per la convenzione di Ginevra né per il politicamente corretto. Si usava così, il 'senso comune' era diverso. Ovunque.
    Voler giudicare gli antichi narrati attraverso "categorie etiche" moderne semplicemente non ha senso.

    Alla quale in questo caso si aggiunge l'obiezione legale che le leggi del Sinai non erano ancora state emanate. Obiezione un po' debole, casomai se ne parla, ma comunque per logica valida.
    E' per questo che ti ho rivolto le domande di cui sopra, che ripeto

    "Per te ha senso applicare la nostra morale contemporanea a testi di altre epoche e culture? E quale fu, secondo te, l'intento per cui quelle storie vennero raccontate?"
    Tu sostieni che oltre al danno ci fu la beffa di ripetere più volte lo stesso episodio che è, sempre per te, infamante. Applicando il tuo stesso metodo ciò sarebbe paradossale.

    Veramente non ho giudicato Abramo e Sara in base alla mia ma alla loro morale, che poi è quella stressa che emerge direttamente dalle storie narrate, espressa proprio per voce di Dio. Riporto dalla traduzione di Luttazzo:
    Genesi 20

    "3 Iddio venne ad Abimèlech in un sogno
    della notte, e gli disse: Tu devi morire,
    a cagione della donna che hai presa,
    essendo ella maritata."

    Abimelech deve dunque morire – secondo quelle stesse norme che compariranno successivamente nella legge mosaica – perché si è avvicinato ad una donna maritata. Chiaramente sarebbe ingiusto che Dio giudicasse e punisse un uomo per la violazione di leggi che quello non conosce.
    Ma dal testo si comprende invece che Abimelech conosce la legge sull'adulterio e conosce anche le terribili conseguenze a catena della sua violazione:

    "4 Abimèlech non era si avvicinato a lei;
    e disse: O Signore! uccideresti tu una
    nazione, benché innocente?

    5 Vedi, egli m’ha detto: Ella è mia
    sorella; ed ella altresì disse: Egli è mio
    fratello. Io ho fatto la cosa con
    innocenza di cuore e purità di mani."

    Il peccato è qui considerato talmente grande che la portata del castigo è un fatto assodato tanto per Abimelech quanto per Dio:

    "6 E Dio gli disse in sogno: Anch’io
    conosco che con innocenza di cuore hai
    ciò fatto, e t’ho quindi anch’io salvato
    dal peccare verso di me; perciò non
    permisi che tu la toccassi.
    7 Or dunque restituisci la moglie di
    quell’uomo, poiché è profeta, e
    pregherà per te, e guarirai: ma se tu
    non la restituisci, sappi che devi morire
    tu e quanti t’appartengono."


    I due interlocutori, Dio ed il re, si capiscono benissimo dal momento che il loro linguaggio etico è il medesimo: un re, qualora si accosti ad una donna maritata, commette un peccato universalmente gravissimo che fa meritare la morte non solamente lui, ma pure all'intera nazione che governa: "uccideresti tu una nazione, benché innocente?"
    Il solo avvicinarsi ad una donna sposata, anche involontariamente è equiparabile, in quest'ottica, ad accendere una sigaretta dentro una polveriera.

    Dio riconosce che Abimelech è innocente nelle sue intenzioni, poiché era stato ingannato da Abramo e da Sara. Il giorno seguente il re fece una reprimenda ad Abramo, il quale farfugliò qualche scusa. Ma intanto il castigo divino, nonostante l'innocenza di Abimelech, era già in atto a scapito della sua famiglia.
    Anche il faraone, precedentemente, aveva rimproverato Abramo per il suo inganno, a causa del quale tutta la sua corte era stata flagellata. E' da notare che Dio non era comparso in sogno al faraone, ma questi riuscì a comprendere ugualmente da se stesso la ragione di quei mali: che la donna che aveva appena sposato era già maritata:

    Genesi 12

    "17 Il Signore piagò Faraone, e la (gente
    di) sua casa, con grandi piaghe, a
    cagione di Sarai moglie Abramo.
    18 Faraone chiamò Abramo, e (gli)
    disse: Che mai mi facesti? Perché non
    mi dichiarasti ch’è tua moglie?
    19 Perché dicesti: “È mia sorella”?
    ond’io me l’aveva presa per moglie. Ora,
    ecco tua moglie, prendila e vanne."

    Il faraone non conosceva certamente il Dio unico, che fino a quel momento si era rivelato solo ad Abramo, né sapeva che stava per intralciare i progetti di Dio. Sapeva solamente una cosa: che era stato sul punto di commettere un peccato universalmente spaventoso, da giustificare la collera – si deve presumere – dei suoi stessi dei, i soli che quel sovrano poteva conoscere.

    Anche un altro re, pure lui di nome Abimelech, si trova nella medesima situazione a causa di Isacco. Nella reprimenda che egli rivolge a quest'ultimo, gli fa osservare che con il suo comportamento ingannevole stava per innescare un'ecatombe su tutto il suo regno. E ciò sarebbe accaduto anche se non lui, cioè il re, ma un qualsiasi uomo del popolo avesse innocentemente sposato Rebecca e fosse giaciuto con lei:

    Genesi 26

    9 Abimèlech chiamò Isacco, e (gli)
    disse: Senza dubbio essa è tua moglie,
    e come hai tu detto: “È mia sorella”? -
    Isacco gli disse: Perché pensai, che
    potrei morire a cagione di lei.
    10 Ed Abimèlech disse: Che mai ci hai
    fatto? Poco mancò che alcuno del
    popolo giacesse con tua moglie, ed
    allora tu ci avresti tratto addosso una
    colpa.

    11 Quindi Abimèlech comandò a tutto
    il popolo con dire: Chi tocca [offende]
    quest’uomo, o la sua donna, sarà fatto
    morire.

    Giacere con la donna d'altri, anche presso questi popoli pagani, sia da parte di un re che da parte di uno dei suoi sudditi, è considerata – nella logica dell'autore biblico – una colpa oggettivamente tanto grave da avere ripercussioni terribili anche sulla inconsapevole popolazione.
    Il rimprovero che viene mosso da quei re ad Abramo ed Isacco è soprattutto per la ragione che essi, agendo con l'inganno, avevano provocato danni a gente innocente, o avrebbero potuto provocarne di più gravi.
    L'aspetto etico è posto sempre in primo piano in queste narrazioni, ed è, a mio parere, una delle ragioni della ripetitività della storia.
    Direi, infatti, che il secondo episodio di Abramo e Sara da Abimelech sia una specie di "correzione" del primo; penso che l'episodio del faraone, essendo troppo stringato, facesse apparire Dio ingiusto, dato che il castigo divino aveva colpito gli abitanti della corte senza che il faraone fosse colpevole.

    Ecco allora che una seconda tradizione cerca di aggiustare il tiro: questa volta Dio compare in sogno ad un secondo sovrano, cioè Abimelech, e lo avvisa. Gli dice che lui, per il momento, è ancora innocente dato l'inganno di cui è stato vittima, ma ora che è stato avvertito diventa responsabile.

    Abramo e Sara, in questo particolarissimo contesto etico, dove perfino l'adulterio involontario da parte di un uomo, ancorché non sia neppure consumato, equivale all'innesco di una deflagrazione di grande portata, non ci fanno certamente una bella figura.

    CITAZIONE (ashkenazi @ 14/3/2016, 12:35) 
    "Per te ha senso applicare la nostra morale contemporanea a testi di altre epoche e culture? E quale fu, secondo te, l'intento per cui quelle storie vennero raccontate?"
    Tu sostieni che oltre al danno ci fu la beffa di ripetere più volte lo stesso episodio che è, sempre per te, infamante. Applicando il tuo stesso metodo ciò sarebbe paradossale.

    Se quei sovrani erano comunque innocenti, come affermato dal narratore stesso, i due coniugi però non lo erano. Abramo sottoscrive il contratto nuziale e si prende la ricchissima dote, mentre sua moglie sposa un altro uomo.
    Con ciò essi sanno che l'esito di questa azione doveva essere catastrofico.
    Abramo e Sara sono certamente responsabili anche dei mali che colpirono molte persone nei due regni a causa di una situazione di adulterio da loro stessi generata, e per la quale essi per primi avrebbero dovuto essere castigati – di sicuro assai più di quegli innocenti.

    Ho evidenziato il contesto etico delle storie in questione; in altre parole, le regole del gioco che Abramo e Sara non hanno rispettato.
    Il mio giudizio ricalca semplicemente quello già espresso nei versetti biblici per bocca dei tre sovrani e, chiaramente, dallo stesso narratore biblico che non nasconde le reprimenda rivolte ad Abramo e ad Isacco.
    E' sulla base di tali regole che ho giudicato i loro comportamenti, non delle mie o di quelle del mondo moderno.

    In quanto alle ragioni di queste storie, posso solo esprimere il mio personalissimo punto di vista.
    Si può notare che la genealogia patriarcale è relativamente incestuosa; ma potremmo dire che l'incesto, in quei tempi, non era ancora vietato, dato che lo sarà in seguito con la legge mosaica.
    Il motivo, secondo me, per il quale i patriarchi sposano le loro sorellastre, nipoti e cugine, è dovuto alla necessità che la loro genealogia non sia contaminata. In particolare che non lo sia da mescolanze con i cananei. Ciò è rimarcato in parecchi passi.
    Tuttavia c'era la possibilità che nascessero insinuazioni o calunnie sulla purezza delle origini del popolo eletto. Tanto più che si voleva Sara fosse sterile e fecondata prodigiosamente con l'aiuto divino in tarda età.
    Qualcuno poteva inventarsi delle storie che, pur restando apocrife, avrebbero però insinuato il germe del dubbio che Sara non fosse esattamente un terreno rimasto sempre incontaminato durante tutti quei novant'anni.
    Ecco quindi che nasce, nella tradizione popolare, il racconto di Abramo e Sara in Egitto. In questo modo si ammette fosse vero che, data la sua bellezza, Sara potesse essere stata qualche volta oggetto di attenzioni illecite, ma che c'era Dio a vegliare con mano potentissima ed inesorabile affinché quel terreno non fosse mai violato perfino dai re.
    La storia è poi ripetuta sia per ribadirla, e, come ho ipotizzato più sopra, anche per correggerla in modo da non far apparire Dio ingiusto. Infine è applicata pure ad Isacco e Rebecca, sempre per prevenire e contrastare la nascita di racconti malevoli anche su questa coppia.

    Ripeto che si tratta della mia opinione.

    Saluti / Shalom
     
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