Fino a che punto D-o governa il mondo?

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    Buona serata. Volevo fare una domanda.
    Nel pensiero ebraico è D-o a governare il mondo. Volevo chiedere di preciso fino a che punto lo governa nei vari suoi aspetti. Grazie.

    Shalom
     
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    Tanto per fare degli esempi, per capirci:
    - eventi naturali;
    - eventi inerenti la società umana;
    - eventi inerenti le politiche dei vari paesi;
    - eventi riguardanti le singole persone;
    - ecc.

    Sempre per il pensiero ebraico intendo.
     
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    אריאל פינטור

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    E' molto difficile esprimere un parere. Non esiste "un pensiero ebraico"univoco in merito:possiamo dare il nostro personale parere e questo dipende dalla religiosità delle persone, dal loro razionalismo e dal valore che danno al libero arbitrio.
    A mio parere gli eventi naturali sono certamente governati da Dio.
    Tutti gli altri dipendono dal tuo quarto punto: le persone fanno la società, la politica. Se si ritiene, come io ritengo, che l'essere umano ha libera scelta, allora queste cose sono lasciate alla volontà degli uomini. Dio può darsi che intervenga solo nel determinare certe condizioni, attraverso le quali gli uomini siano più inclini a comportarsi in un modo piuttosto che in un altro, ma la decisione finale, resta, a mio avviso, umana.
     
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    CITAZIONE (Negev @ 7/10/2015, 01:31) 
    E' molto difficile esprimere un parere. Non esiste "un pensiero ebraico"univoco in merito:possiamo dare il nostro personale parere e questo dipende dalla religiosità delle persone, dal loro razionalismo e dal valore che danno al libero arbitrio.
    A mio parere gli eventi naturali sono certamente governati da Dio.

    Ma anche nel caso dei disastri naturali?

    Edited by Bloccoporta - 7/10/2015, 03:40
     
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  5. Paolina Serpietri
     
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    La religione non è in grado di dare una risposta ai problemi della vita. La religione è infatti invenzione dell'uomo. Quello che chiedo agli studiosi e ai forum come questo è una risposta storica sulla vicenda religiosa.
     
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    CITAZIONE (Paolina Serpietri @ 7/10/2015, 01:58) 
    La religione non è in grado di dare una risposta ai problemi della vita.

    Questo è quello che dici tu.
    CITAZIONE
    La religione è infatti invenzione dell'uomo.

    Anche questo è quello che dici tu.
    CITAZIONE
    Quello che chiedo agli studiosi e ai forum come questo è una risposta storica sulla vicenda religiosa.

    Chiedi pure quello che vuoi... Grazie per la risposta a sorpresa negev 2 (al femminile) :P

    @ Negev (quello vero :P), scusa la domanda un po' difficile, in effetti non sono argomenti molto semplici questi. Comunque potrei riportare una risposta (non mia, ma che mi è stata data da altri).

    Edited by Bloccoporta - 7/10/2015, 02:58
     
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  7. dall#aurora
     
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    Scusa l'incursione Bloccoporta....
    Stavo seguendo perché anch'io sono rimasta un pò colpita dagli eventi naturali come guidati da Dio, e aspetto la risposta di Negev.

    CITAZIONE (Paolina Serpietri @ 7/10/2015, 01:58) 
    La religione non è in grado di dare una risposta ai problemi della vita.

    Quindi chi o che cosa è in grado di dare una risposta?
    Se la risposta è: niente/nessuno da una risposta, mi sta anche bene.
    Se invece mi dici che un'altra forma culturale o sociale da una risposta ai problemi della vita, questa cosa sarà arbitraria quanto la risposta religiosa.

    CITAZIONE
    La religione è infatti invenzione dell'uomo.

    Anche che la religione è invenzione dell'uomo... è invenzione dell'uomo.
    La religiosità è naturale, insita nell'uomo.
    La forma religiosa specifica può essere un'invenzione oppure no. Se credi alle statuette di legno è sicuramente un'invenzione. Se credi in un Dio unico, entriamo in ambito radicalmente diverso - del quale hanno trattato (e trattano) filosofi e pensatori di alta levatura.

    CITAZIONE
    Quello che chiedo agli studiosi e ai forum come questo è una risposta storica sulla vicenda religiosa.

    C'è il fatto storico, il movimento storico.
    E c'è il fatto metafisico, trascendente.

    Ricordando che la "risposta storica" fa sempre parte di "invenzione dell'uomo, non in grado di rispondere ai problemi della vita". Prova ne è il fatto che le letture storiche dei fenomeni sono tante quanti sono.... gli storici. Ogni tanto (anzi ogni spesso) salta fuori un documento o un reperto archeologico che ribalta le letture storiche - sempreché le letture storiche si possano considerare univoche di per sè stesse.
    Hai mai sentito narrare una storia di famiglia da due sorelle o da due fratelli, presi singolarmente....? Ognuno narrerà una storia talmente diversa da sembrare due famiglie differenti. Questo accade anche con gli eventi storici, specialmente se parliamo di religioni.
    L'unico affidamento sicuro, possibile sui dati storici sono: elenchi di date, numeri, luoghi, eventi e nomi. Il resto è....una questione di "credenze", infatti gli ateisti hanno la credenza che le Scritture Sacre non siano sacre.
    Ma chi mi dice che hanno ragione loro e non i credenti?
     
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  8. Paolina Serpietri
     
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    Nessuno è in grado di dare una risposta radicale ai problemi della vita. L'uomo fa quello che può, attraverso la scienza ad esempio, così come la religione, con la sua spinta verso la solidarietà umana. Nel campo delle ipotesi tutto sembra possibile, ma è l'esperienza di vita che ci dice quali ipotesi sembra la più probabile.
     
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    אילון

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    CITAZIONE (Paolina Serpietri @ 7/10/2015, 17:04) 
    Nel campo delle ipotesi tutto sembra possibile, ma è l'esperienza di vita che ci dice quali ipotesi sembra la più probabile.

    Ma quale sia quella esatta ce lo dice la scienza.
     
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  10. dall#aurora
     
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    CITAZIONE (Paolina Serpietri @ 7/10/2015, 17:04) 
    Nessuno è in grado di dare una risposta radicale ai problemi della vita. L'uomo fa quello che può, attraverso la scienza ad esempio, così come la religione, con la sua spinta verso la solidarietà umana.

    Nel campo delle ipotesi tutto sembra possibile, ma è l'esperienza di vita che ci dice quali ipotesi sembra la più probabile.

    D'accordissimo. L'esperienza fornisce l'ipotesi più probabile. Ad alcuni l'esperienza dice una cosa, ad altri un'altra.

    Una riflessione a parte meriterebbe la "spinta alla solidarietà" visto che questa spinta non sembra così connaturata in tutti gli esseri umani.... e soprattutto non sembra accompagnare in modo evidente tutta la storia dell'umanità....
    Ci sarebbe da fare distinzione tra "alleanze di convenienza" e "solidarietà di cuore".......comunque entrambe sono presenti nella natura umana.

    Ma sono OT e mi scuso.
     
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    אריאל פינטור

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    Certo, a mio avviso anche i disastri naturali sono governati da Dio, ma precisiamo che, secondo la tradizione ebraica, all'atto della creazione, Dio ha stabilito anche le leggi della fisica, quindi qualsiasi fenomeno naturale, ma anche i fenomeni che definiremmo soprannaturali (ad esempio i miracoli) devono avvenire sempre secondo quel sistema di leggi fisiche che regolano il mondo
     
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  12. Paolina Serpietri
     
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    Ho letto da qualche parte che Dio è debole, non è onnipotente. Questo giustifica l'uomo a ricorrere al suicidio assistito, ad esempio, e, ovviamente, anche all'aborto terapeutico.
     
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    Non capisco cosa c'entri l'ipotetica onnipotenza divina (di quale dio?) con la giustificazione o meno del suicidio assistito e dell'aborto terapeutico.
    Perché, non potrebbe giustificare anche l'omicidio per "motivi personali" a quel punto?
    Se la "debolezza" di un dio invalida la sua legge, la invalida in toto, in ogni caso non vedo il nesso fra le due cose.

    Esistono anche ebrei atei che rispettano la Legge, quindi non solo il fatto che non sia onnipotente non giustificherebbe nulla, ma nemmeno il fatto che esista o meno.

    Se è possibile poi sarei curioso di sapere cosa l'ebraismo (almeno la versione più condivisa) pensa di aborto terapeutico e morte assistita.
    Anzi apro thread apposito se non lo trovo già trattato nel forum.

    Shabbat Shalom :)
     
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    אילון

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    CITAZIONE (LvBv1983 @ 10/10/2015, 14:47) 
    Se è possibile poi sarei curioso di sapere cosa l'ebraismo (almeno la versione più condivisa) pensa di aborto terapeutico e morte assistita.
    Anzi apro thread apposito se non lo trovo già trattato nel forum.

    Shabbat Shalom :)

    Aborto: halakhà, legge 194 e moratoria.
    La ripresa di un vivace dibattito sulla questione dell’aborto suggerisce l’opportunità di una riflessione sulle
    questioni che si pongono dal punto di vista ebraico. Come premessa, da un punto di vista più generale
    bisogna tener presente che nella prospettiva ebraica la gravidanza e la nascita sono considerate un dono e una
    benedizione, così come sono considerati eventi negativi l’interruzione della gravidanza e la perdita del feto.
    Più strettamente dal punto di vista halakhico, nell’ortodossia ebraica, esistono dei punti fermi e delle
    questioni aperte.
    I punti fermi sono:
    • la vita del feto deve essere tutelata;
    • la sua protezione consente la profanazione dello Shabbath;
    • la sua soppressione non è di norma consentita;
    • la sua soppressione non è considerata alla stregua di un vero e proprio omicidio e perlomeno non è
    punibile come un omicidio;
    • la soppressione di un feto è certamente consentita per salvare la vita della madre.
    Oltre a questo esistono posizioni discusse e altri dati da tenere presenti.
    • Secondo una linea di pensiero è solo il pericolo di vita della madre, anche durante il parto, prima che la
    testa del feto esca alla luce, l’unica situazione in cui la soppressione del feto è autorizzata
    • Un’altra linea considera come elementi facilitanti anche gravi malattie materne, comprese quelle
    psichiche
    • Una terza linea considera il divieto di soppressione del feto con minore gravità, come una norma
    rabbinica (quindi non della Torah) basata, secondo i differenti autori, su varie considerazioni; ne
    consegue una maggiore apertura a decisioni abortive in stati di necessità. C’è quindi chi consente
    l’aborto per gravi malformazioni congenite o acquisite, soprattutto nella misura in cui ciò provocherebbe
    un grave disagio psichico materno
    • Secondo alcune Autorità contemporanee è consentito l’aborto di un feto concepito da una violenza subita
    dalla madre, e da lei non voluto.
    • Un elemento di ulteriore facilitazione è quello della precocità dell’intervento, appoggiandosi sulle fonti
    classiche che sostengono che fino a 40 giorni dal concepimento il prodotto del concepimento sia
    “semplice acqua”. L’uso di farmaci è un attenuante rispetto agli interventi chirurgici diretti.
    • Le condizioni di disagio socioeconomico non consentono comunque la soppressione del feto.
    • Un altro dato importante, per quanto di difficile comprensione, è la norma relativa ai non ebrei. Di solito
    le regole ebraiche impongono maggiori rigori agli ebrei. In questo caso è il contrario, perché il divieto
    per i non ebrei è più rigoroso, ed è consentito solo per salvare la vita della madre o nei primi 40 giorni.
    Questa posizione ha una antica e interessante storia esegetica, che ha influito, tra l’altro, nella
    formazione delle posizioni rigoristiche del cattolicesimo.
    Infine, dal punto di vista sociale, possiamo registrare che in Israele in questi ultimi anni è crescente l’allarme
    nel campo ebraico religioso, ma non solo, per la diffusione di pratiche abortive determinate da un complesso
    di fattori sociali (povertà, disinformazione, maggiore libertà sessuale). Si calcola che da quando è stata
    applicata la legge israeliana sull’aborto (1979) siano stati praticati in media circa dai 15 ai 20.000 aborti
    legali all’anno più un numero imprecisato di aborti clandestini (forse 6.000). In trenta anni almeno 650.000
    aborti, di cui circa 2.000 all’anno di feti con malformazioni. E’ evidente quanto sia drammatico l’impatto
    sociale di questa situazione. Di qui un attivismo antiabortista orientato in senso informativo, educativo e
    assistenziale per gravide, puerpere e neonati nel primo anno di vita.
    La halakhà e la Legge 194
    Alla luce di questi dati il confronto con la legge 194, quella che in Italia regola l’interruzione volontaria di
    gravidanza, propone tre considerazioni essenziali
    a) grazie a questa legge è possibile eseguire in Italia gli aborti che la halakhà (nell’opinione di alcune sue
    Autorità) consente: gravi malformazioni, violenza subita ecc. Senza la 194 questi interventi non
    sarebbero possibili.
    b) d’altra parte questa legge allarga lo spazio della liceità ben oltre i limiti concessi dalla halakhà: difficoltà
    socioeconomiche ecc.
    c) prescrivendo una precisa procedura legale e medica la legge 194 allontana lo spettro delle pratiche
    clandestine con tutta la corruzione che le accompagnava e i rischi gravi per la salute delle madri. E’ un
    risultato notevole, che garantisce chi è costretto a drammatiche scelte in caso di necessità. Ma ci sono,
    per la halakhà anche le situazioni in cui la decisione di abortire non è approvata, è una trasgressione. In
    questi casi, come in altri casi di trasgressione, la halakhà non si preoccupa di tutelare il trasgressore (è il
    principio detto hal’itehu larashà) .
    La halakhà e la moratoria
    La proposta circolante di moratoria viene a chiedere la sospensione per tutti gli aborti. In senso politico
    educativo una decisione drastica di tal genere potrebbe servire di stimolo per riflettere sull’uso improprio –
    secondo la halakhà – delle pratiche abortive. Ma in tal modo si impedirebbe di abortire a chi secondo la
    halakhà ha comunque il permesso di farlo.
    Non possiamo permettere ciò che è proibito, ma neppure proibire ciò che è permesso.
    La norma religiosa e la norma dello Stato
    La discussione attuale potrebbe coinvolgere la comunità ebraica italiana da due punti di vista opposti:
    a) La difesa di un diritto derivante da una autonoma visione religiosa: se una determinata scelta (in questo
    caso alcuni tipi di aborto, in altri casi la ricerca sulle staminali) è lecita nella nostra visione bioetica, si
    chiede alla legge dello Stato di garantire la possibilità di esercitare questa scelta.
    b) Al contrario, se è vero che dovrebbe essere nostra preoccupazione che i principi fondamentali noachidi
    siano rispettati da tutta la società, dovremmo adoperarci per ridurre i larghi limiti di permissività che la
    legge attuale consente.
    Ciò potrebbe avere un senso se si discutesse solo su come modificare la legge 194; nella legislatura ora finita
    sono state formulate alcune proposte, che si presume saranno di nuovo ripresentate. Ma già su questo
    esistono problemi. L’esperienza israeliana è eloquente: la prima versione della legge sull’aborto promulgata
    dalla Knesset consentiva l’aborto anche per cause socioeconomiche; un emendamento dopo due anni le ha
    eliminate, ma il numero di aborti non è cambiato; semplicemente le motivazioni economiche sono state fatte
    passare come sanitarie, come il disagio psichico. Quindi avrebbe poco senso insistere su modificare questi
    aspetti della legge 194. Ce ne sono altri però che meritano attenzione, come il dato della sopravvivenza
    possibile, grazie ai recenti sviluppi tecnici, dei feti nati alla 25a settimana e di alcuni già alla 23a: alcune
    proposte di modifica della legge 194 propongono la limitazione dell’interruzione entro la 23a settimana; il
    che diventa già una complessa questione halakhica che andrebbe prima bene chiarita al nostro interno, anche
    se sono prevedibili conclusioni non univoche.
    Inoltre la realtà attuale in Italia è più complessa. Il dibattito sulla legge 194 va oltre la questione strettamente
    bioetica, si sta colorando di connotazioni meramente politiche, come se fosse un’opposizione tra forze di
    destra e di sinistra, che non deve coinvolgere la comunità.
    E ancora: nessuna delle due posizioni contrapposte è automaticamente conforme alla halakhà o alle sue varie
    sfaccettature. Tra l’altro, il maggior rigore per i non ebrei che la halakhà propone in questo campo sarebbe
    del tutto incomprensibile all’opinione pubblica, e controcorrente rispetto alle nostre tradizionali politiche che
    chiedono parità di diritti per tutti i cittadini.
    E poi chi dovrebbe intervenire? La rappresentanza politica dell’ebraismo italiano avrebbe grandi difficoltà a
    esprimere una linea unitaria e maggioritaria su un argomento che già divide emotivamente e sul quale
    neppure i “religiosi“ hanno una visione unitaria. Nella tradizione politica dell’ebraismo italiano i nostri
    rappresentanti intervengono per la difesa dei diritti religiosi, non per l’estensione dei divieti. Questo ruolo
    potrebbero esercitarlo autonomamente i rabbini, certamente sul piano educativo delle scelte individuali; più
    problematico sarebbe un loro intervento nell’ambito politico legislativo; non certo perché sia illecito in
    generale che i rabbini espongano le loro posizioni nel dibattito bioetico pubblico, ma perché questo caso in
    particolare è troppo complicato: molte nostre posizioni tradizionali sono in partenza controverse e i punti in
    discussione della legge sono diversi e vanno affrontati separatamente.
    C’è comunque un dato da tener presente: la posizione espressa dalla tradizione ebraica, complessa e
    articolata, si caratterizza, nel dibattito attuale, come una via di mezzo tra gli estremi, probizionisti e
    facilitanti. Per questo non solo non possiamo scegliere semplicemente tra i due opposti, ma dovremmo
    testimoniare la possibilità di una mediazione: se ci sarà un dibattito più specifico sui vari aspetti potremo e
    dovremo parteciparvi democraticamente proponendo le riflessioni della nostra tradizione.
    Riccardo Di Segni
     
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    Interessantissimo, grazie.
    שלום
     
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14 replies since 6/10/2015, 00:34   270 views
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